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Autore: Echocide    07/11/2016    3 recensioni
[Sequel di Miraculous Heroes]
Sono trascorsi alcuni mesi da quando la minaccia di Coeur Noir è stata sventata e il gruppo di Portatori di Miraculous è alle prese con la vita di tutti i giorni: le relazioni sentimentali, il nuovo mondo universitario in cui sono sballottati...
Ma Parigi non è mai tranquilla e una nuova minaccia giunge dal passato, assieme a una persona che sembrava persa per sempre.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero, romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what if...?, original character
Wordcount: 2.614 (Fidipù)
Note: Ma voi lo sapevate che a Parigi esistono ben 5 repliche della Statua della Libertà? E no, non è che i parigini hanno una malsana ossessione per il simbolo di New York, ma semplicemente perché fu un dono della Francia per commemorare l'indipendenza americana. Fra l'altro, fu un'idea di un progettista francese, tale Frédéric Auguste Bartholdi, che per il volto si è ispirato a quello della madre; mentre lo scheletro metallico, all'interno della gigantesca statua, è opera di Gustave Eiffel. Esatto, proprio l'autore della Tour Eiffel.
E dopo queste chicchette (da adesso in poi, mi metto l'audio di SuperQuark!), passiamo a...chiacchiere random! Nuovo capitolo e, ancora, non siamo entrati nel pieno dell'azione ma avevo messo in conto, quando iniziai con la stesura, che questa sarebbe stata una storia lenta.
Detto questo, come al solito, vi ringrazio per i vostri commenti, per il fatto che leggete le mie storie e mi supportate sempre.
Grazie di tutto cuore!



Il soffitto era bello.
Questo decretò Plagg, rimanendo sdraiato sulla scrivania con gli occhietti verdi rivolti verso l’alto, ascoltando distrattamente i rumori dell’umano che abitava con lui: la prima volta era stato preso alla sprovvista quando il biondo, nudo come un verme, era corso in camera perché si era scordato di recuperare i panni che aveva gettato sul letto.
Plagg aveva borbottato, voltandosi dalla parte opposta e pregando che ciò che aveva visto fosse rimosso dalla sua memoria.
Aveva pensato che il pericolo fosse scampato, tornando a dedicarsi alla bella forma di camembert ma il nudista si era dimenticato qualcos’altro e così era tornato nella camera, in tutta la sua gloriosa nudità, e Plagg aveva decretato che guardare il soffitto era l’unico modo per sopravvivere.
«Cosa stai facendo?» domandò Adrien, avvicinandosi ed entrando nel campo visivo del kwami: «Ti senti male per caso?»
«Se continuo a vedere cose che non dovrei vedere…sì, mi sentirò male.» dichiarò il kwami, alzandosi e tenendo lo sguardo sul viso del giovane: «Quante volte devo dirti…»
«Adrien. Scusa.» la voce di Sophie arrivò alle orecchie del felino, prima che la porta della camera si aprisse e la donna entrasse tranquillamente: «Ho provato a usare questo cellulare per chiamare Willhelmina, ma devo aver fatto danno. Di nuovo.»
«Madre!»
«Che c’è?» domandò la donna, alzando lo sguardo dall’apparecchio e notando il figlio con solo un asciugamano addosso: «E poi cos’è quel madre? Chiamami mamma, come facevi da piccolo. Mi fa sentire vecchia.»
Adrien si guardò attorno, tenendo l’asciugamano che, maledetto!, sembrava si stesse divertendo a scivolare verso il basso proprio in quel momento: «Mad…mamma, potresti uscire un attimo?»
«Perché?»
«Così mi vesto e poi posso aiutarti…»
Sophie fece scivolare lo sguardo sul figlio, scuotendo il capo e accomodandosi sul letto: «Hai una minima idea di quante volte ti ho visto nudo? Chi pensi che ti cambiasse i pannolini quando eri piccolo? Tuo padre?»
«Penso sia un po’ differente ora.»
«Aiutami con questo affare infernale e me ne andrò.» dichiarò la donna, porgendo l’apparecchio al figlio e rimanendo in attesa: «Altrimenti, dirò a Marinette come chiamavamo il tuo…»
«Ok! Ti aiuto.»
«No, voglio sapere come lo chiamavi!» s’intromise Plagg, sorridendo caloroso alla donna: «Signora Sophie, sarebbe così gentile da mettermi al corrente di questa informazione? Penso sia di vitale importanza per il mio lavoro di kwami.»
«Pensi sia di vitale importanza?» ripeté Sophie, sorridendo: «Beh, quando era piccolo, Adrien…»
«Mamma! Non dirglielo!»
«…lo chiamava pistolino.»
«Pistolino, eh?» mormorò Plagg, sorridendo mefistofelico verso il ragazzo che sentì uno strano brivido lungo la schiena, mentre sistemava il disastro fatto dalla madre sullo smartphone: «Grazie mille, Sophie. Sono certo che adesso farò molto meglio il mio lavoro di kwami.»
«Certo, come no.» borbottò Adrien, passando il telefono alla madre: «Eri solamente andata sullo store delle app e…»
«Dove ero andata?»
«Niente. Appena torno da lezione, ti spiego come usarlo.»
«Ho capito.» dichiarò la donna, rimanendo ferma e notando il ragazzo in impaziente attesa: «Me ne devo andare?»
«Sì. Vorrei vestirmi.»
Sophie sbuffò, alzandosi e raggiungendo velocemente la porta, aprendola e uscendo dalla stanza: «Ti ripeto che sono tua madre e so benissimo come sei fatto; anche se sei cresciuto non penso sarai tanto diverso da quando tuo padre…»
«Mamma!»
«D’accordo me ne vado!»
Adrien chiuse la porta, poggiando contro di questa la fronte e respirando profondamente: bene, a quanto pareva aveva appena provato ciò che sentiva Marinette quando lui la metteva in imbarazzo; si voltò, notando il suo kwami in ginocchio e con le zampette rivolte verso il cielo: «Cosa stai facendo?»
«Sto pregando i Sette Dei.» spiegò Plagg, sorridendo e voltandosi verso Adrien: «Li sto ringraziando per averci mandato Sophie, pistolino.»
«Usa di nuovo quel nomignolo e dico a Tikki che non fai altro che guardare il seno di Willhelmina.»
«Amico, sono un kwami.» dichiarò Plagg, balzando in piedi e indicandosi in tutta la sua minuscola grandezza: «Pensi che potrei fare qualcosa con la ex-Portatrice della Coccinella?»
«Quello no.» sentenziò Adrien, infilandosi le mutande e i jeans: «Ma penso che Tikki potrebbe farti passare una brutta mezz’ora.»
«Mh. Il moccioso non ha tutti i torti…»
«E non parlare come se non fossi nella stanza…»
Plagg sospirò, tenendo lo sguardo verde sul giovane e indicando prima sé stesso e poi il suo umano: «Quello che abbiamo è un patto da uomini: io non uso quel soprannome e tu non dirai niente a Tikki.»
«Promesso.» sentenziò Adrien, tornando in bagno e recuperando i pantaloni e la felpa che si era portato di là; il tutto sotto lo sguardo attento del kwami che, tornato dalla sua forma di camembert, si stava gustando uno spicchio.


Alex sbadigliò, girando il caffè americano che Fu gli aveva preparato con la colazione e osservando il vecchietto davanti il telefono: il capo basso, lo sguardo puntato verso l’apparecchio e i piedi che strusciavano nervosamente per terra: «Bridgette, seriamente, non so cosa dirti…» lo sentì mormorare il giovane, mentre cercava di captare il più possibile della comunicazione: «Sì, scusa. Willhelmina. Lo dimentico sempre…no, oggi tengo il centro aperto…no, domani pomeriggio va bene…mh. D’accordo. A domani, allora.»
«Hai un appuntamento con Willie?» domandò Alex, non appena vide Fu abbassare la cornetta e voltarsi verso di lui: «No, perché se vuoi casa libera, devi solo…»
«Tu non hai lezione oggi?»
«Sì, alle dieci. Quindi posso fare tranquillamente colazione e poi andare.» spiegò il ragazzo, sorridendo: «Allora? Ti vedi con Willie? Sarah e gli altri mi hanno narrato i vostri trascorsi…»
«Willhelmina è la ex-Portatrice della Coccinella e sarà sempre legata all’ex-Portatore del Gatto Nero.»
«Ma è morto. Due secoli fa!»
«Ciò non toglie che lei gli sarà sempre fedele.» dichiarò Fu, sedendosi davanti ad Alex e scuotendo il capo: «Purtroppo è la maledizione di coloro che trovano l’anima gemella: una volta scoperta non potranno mai più provare quel sentimento per nessun altro…»
«Quindi…»
«Sì, anche Adrien e Marinette. O Wei e Lila.»
«Mh.» Alex annuì, portandosi la tazza e bevendo una generosa dose del liquido caldo: «Pensa che anche…»
«Che anche Sarah e Rafael siano anime gemelle? Mh. Sì, credo di sì.» dichiarò Fu, lisciandosi la barba del mento: «Devo dire che come sensale ho fatto un ottimo lavoro.»
«Vedi di trovare anche a me l’anima gemella, maestro.» dichiarò Alex, finendo il caffè e afferrando un biscotto dalla scatola di latta: «Mi sento solo, tanto solo…»
«A tempo debito troverai anche tu la tua compagna.» sentenziò Fu, sorridendo al ragazzo: «Quando Sarah è venuta qui in Francia dall’America, non pensava certo che in questa città avrebbe trovato il suo vero amore, no?»
«No.»
«Quando meno te lo aspetti…»
«Arriverà. Capito l’antifona.» sentenziò Alex, alzandosi e togliendo velocemente la tazza dal tavolo per posarla in cucina: «Nel mentre vado ad annoiarmi ai corsi di informatica.»
«Non capisco perché hai scelto quell’indirizzo.» sbuffò Fu, scuotendo la testa e accompagnandolo fino alla porta: «Sei già bravo per conto tuo.»
«Il resto mi sembrava noioso.» sentenziò il ragazzo, sistemandosi gli occhiali e uscendo velocemente dall’abitazione: «A stasera, maestro.»
«A stasera, Alex.»


Sophie poggiò le braccia sulla scrivania di Gabriel, allungandosi in avanti e mettendo il mento sopra i polsi, studiando l’uomo mentre disegnava: «Qualcosa non va, Sophie? Non mi ricordo che eri così carente in buona educazione, prima.»
«Mi sto annoiando.» dichiarò decisa la donna, imbronciandosi: «Sono stata per quasi dieci anni imprigionata in una cella. Esco e dove vado a finire? Imprigionata in una casa.»
«E’ casa tua.»
«Sì, ma tu l’hai trasformata in una prigione.» sentenziò Sophie, alzandosi e poggiandosi contro lo schienale della poltrona: «Posso capire che là fuori c’è quel pazzo di Maus, che potrebbe catturarmi di nuovo – anche se non ne capisco il senso, dato che c’è un nuovo Portatore del Pavone, quindi non gli servo più – ma ciò non dovrebbe impedirmi di avere una vita! Voglio uscire, vedere di nuovo Parigi, conoscere…»
«Tu vuoi andare a conoscere Sabine e Tom, ammettilo.»
«Sì. Sono i genitori della ragazza che nostro figlio sposerà! Devo conoscerli!»
«Sophie…»
«E se non gli piaccio? E se avranno qualcosa da dire sul fatto che sono apparsa dal nulla?»
«Sophie…»
«Tu non capisci, Gabriel, ci sei sempre stato. Io…»
«Li invitiamo a cena.» sbuffò l’uomo, alzando le braccia al cielo e scuotendo il capo: «Così puoi conoscerli…»
«E non uscire di casa, eh?» concluse Sophie, fissandolo male: «Ok. Accetto il compromesso. Ma solo per ora e solo perché Willhelmina mi ha promesso di portarmi qualche abito, dato che tutto quello che ho è racchiuso nel borsone che ho portato dal Tibet.» si fermò, alzandosi e poggiando le mani sulla scrivania: «Ma non resterò rinchiusa per sempre, sei avvisato. Non ho intenzione di nascondermi.»
«Lo so, lo so.»
«Molto bene.» sentenziò la donna, battendo le mani e sorridendo: «Quando invitiamo Marinette e la sua famiglia?»


Lila sbadigliò, uscendo dall’edificio ove era la sua facoltà e prendendo immediatamente il cellulare, scorrendo velocemente i nomi, premendo poi su quello di Wei: «Ehilà, pasticcino!» esclamò, non appena il ragazzo rispose e rimase in ascolto, sentendolo ridacchiare.
«Pasticcino? Hai bevuto per caso?»
«No, esco solo da diritto costituzionale.»
«Oh. Capisco.» dichiarò Wei comprensivo, anche se Lila era certa che non avesse la minima idea di cosa stesse parlando: «Mi ha chiamato Rafael prima.»
«Che vuole il piumino?»
«Mi ha chiesto se voglio andare con lui, Adrien e Alex una sera a Le Cigale.»
«Mi stai chiedendo il permesso?»
«No, ti sto solo dicendo che abbiamo in programma questo.»
«Quello che mi domando è se riuscirete a staccare il gattaccio dalla sua principessa.» dichiarò Lila, sentendo Wei ridacchiare: «Sono seria, Wei.»
«Lo so. Beh, in qualche modo faremo.»
«Mh. Quasi quasi sento Sarah e Marinette per fare una serata di sole ragazze. E Alya. E’ tanto che non sento Alya.»
«E’ una bella idea.»
«Devo informarmi se ci sono locali di spogliarello maschile e il prezzo del biglietto…»
«Lila…»
«Ehi, sarebbe divertente! Immaginati la faccia del micetto se lo sapesse. O piumino! Oh, ti prego. Ti prego. Voglio fargli questo scherzetto! Ovviamente non porterei mai Sarah e Marinette in un locale del genere, sicuramente mi svengono dall’imbarazzo ancora prima di entrarci.»
«Che cosa ti hanno fatto di male quei due poveracci?»
«Niente. Mi diverto a tormentarli.»
Un lungo sospiro si levò da Wei: «Dove sei?» le domandò, dopo qualche secondo di silenzio: «Mercier ha ancora parecchio lavoro, ma forse posso liberarmi e venirti a recuperare.»
«Al momento sto passando davanti il mio vecchio liceo.» rispose Lila, fermandosi davanti il Loui-le-Grand e sorridendo: «Ci sono stata poco, ma mi manca.»
«Posso immaginare.»
«Parlando d’altro…» esclamò Lila allegra: «Cosa preparo da cena?»
«No!» esclamarono in contemporanea Vooxi e Wei al telefono: il kwami abbozzò un sorriso, tornando poi nel suo nascondiglio alla vista dello sguardo assassino che la ragazza gli lanciò: «Ci penso io, Lila.»
«Ci pensi sempre tu, almeno una volta…»
«L’ultima volta che hai provato a cucinare, hai dato quasi fuoco a casa.»
«Non è vero.»
«Lila.»
«Ok. Ho avuto un piccolo incidente con il forno.»
«Piccolo incidente con il forno?»
«La smetti. Non è carino rinfacciarmi i miei errori.»
«Lila. Era un cibo precotto e tu l’hai infilato ancora con la scatola in forno.» dichiarò Wei: «Non ti sto facendo notare i tuoi errori, ti sto solo pregando di farmi trovare casa quando torno dopo il lavoro.»
«Ah. Ah. Spiritoso.»


Sarah osservò l’enorme edificio e sorrise, alla vista di Rafael che stava uscendo proprio in quel momento; il ragazzo alzò la testa e, notandola, corse immediatamente verso di lei: «E’ tanto che sei arrivata?» le domandò, chinandosi e sfiorandole le labbra con le proprie: «Ho dovuto rincorrere una ragazza del mio corso per farmi ridare gli appunti.»
«Devo preoccuparmi?»
«Non so neanche come si chiama, mal fidata.» dichiarò Rafael, tirandole leggermente il naso: «Com’è andata oggi?»
«Ho avuto lezione con tuo padre.»
«Mh.» mormorò Rafael, posandole una mano sulla schiena e incamminandosi con lei: «Com’era?»
«La lezione era buona, come professore sa il fatto suo. Tu da quanto non lo senti?»
«Da quando siamo andati con lui in quel locale?»
«Come genitore direi che lascia a desiderare.»
«Ci sono abituato.» sentenziò Rafael, alzando le spalle e abbozzando un sorriso: «Almeno ora so dov’è. E’ già un bel passo avanti rispetto a prima.»
«Io non…»
«Sarah. I miei sono fatti così, si sono sempre comportati così fin da quando ero piccolo: per me è normale. Certo, magari mi dicevano quando tornavano a Parigi e passavano un po’ di tempo con me, ma a parte questo, è tutto regolare.»
«Però…»
«Ci sono abituato, apetta.» dichiarò il ragazzo, sorridendole: «E non sono solo: ho te, Flaffy, Mikko, il resto della nostra assurda banda. Rispetto a un anno fa, ho fatto passi da giganti. Non Credi?» dichiarò, sospingendola all’interno del grande parco, non molto distante dalla facoltà: «Quindi, non preoccuparti. E adesso, benvenuta ai Giardini di Lussemburgo. Sbaglio o avevi detto che volevi visitarli?»
«Adesso?»
«Beh. Perché no?» dichiarò Rafael, prendendola per mano e facendosi strada all’interno del parco: «A dir la verità, volevo mostrarti solo una cosa…» iniziò, percorrendo i vialetti sterrati e sorridendo alla vista di ciò che stava cercando: «Ovvero quella.» concluse, indicando un punto davanti a sé e sospingendo la ragazza in avanti.
«Ma è…»
«La Statua della libertà, sì.» assentì Rafael, sorridendo: «Una copia, in verità. Ce ne sono altre a Parigi e…beh, pensavo ti avrebbe fatto piacere…»
Sarah saltellò sul posto, abbracciando il ragazzo e baciandogli la guancia, prima di andare a fotografare la statua e sorridere, rivolta verso di lui: «Grazie.»
«Di niente. La prossima volta andiamo a vederne un’altra, ok?»


«Marinette? Tua madre ha detto che sei quassù.»
Adrien salì le scale che portavano alla camera della ragazza, osservandola immersa a lavorare alla scrivania, con gli auricolari nelle orecchie: sorrise, avvicinandosi silenziosamente e, posandole le mani sulle spalle, le mordicchiò il lobo; ridacchiò, vedendola sobbalzare e voltarsi irata: «Adrien!» esclamò la ragazza, togliendosi gli auricolari: «Tu…»
«Ehi, io ti ho chiamato, sei tu che non hai risposto.» dichiarò il ragazzo a sua discolpa, posando la borsa per terra e osservando il blocco da disegno: «Carino! Mi piace!»
«Sì?»
«Il vestito è molto femminile e la felpa…beh, ti sto già immaginando con quella addosso e magari niente sotto…»
Marinette cercò di colpirlo ma il ragazzo evitò il colpo: «Sei impossibile.» decretò la ragazza, tornando al suo disegno e osservandolo sedersi per terra accanto a lei; inconsciamente allungò una mano, carezzando la testa bionda e venendo subito catturata dalle dita del  ragazzo: «Oggi ho consegnato il progetto della sirena.»
«Mh. Quando saprai i risultati?»
«Settimana prossima. Spero.»
«Andrà benone.»
«Lo spero. Forse avrei dovuto impegnarmi di più: è il primo bozzetto che faccio e…»
«Marinette. I tuoi lavori sono sempre splendidi: lo dice mio padre, lo ha detto Iris…abbi fiducia nelle tue capacità, principessa.»
«Grazie, Adrien.»
«Sono qui per questo.» dichiarò il ragazzo, con un’alzata di spalle e sorridendo: «Conforto, spalla su cui piangere…»
«Noi dobbiamo ancora parlare.»
«Speravo te ne fossi dimenticata.»
«Ti risulta che io mi sia mai dimenticata qualcosa?»
«Purtroppo no.» sentenziò Adrien, guardandola dal basso e sorridendole: «Speravo che stavolta la tua super-memoria non funzionasse però.»
«Non ho una super-memoria.»
«Davvero? No, perché quando facciamo...» si fermò, indicando il soppalco e sorridendo lascivo: «Sai sempre…»
«Tu!»
«Oh, siete qui!» esclamò Sabine, apparendo dalla botola e sorridendo ai due ragazzi: «Adrien, potevi dirmelo prima dell’invito di tuo padre.»
«Dell’invito di mio padre?»
«Sì. Domani sera. A cena.»
«Ah.»
«Vado a dirlo a Tom.» dichiarò allegra, scendendo nuovamente le scalette e lasciando i due ragazzi da soli: Adrien aprì la bocca, scuotendo la testa e richiudendola, alzando lo sguardo e incontrando quello altrettanto confuso di Marinette.
«Tuo padre ha invitato a cena i miei?»
«Qui mia madre ci cova.»

   
 
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