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Autore: taisa    08/11/2016    4 recensioni
Per quanto possa essere complicata, rotta o distrutta, la famiglia resta sempre la famiglia.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bra, Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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FAMILY


A tutti


Vegeta stava stilando una lista. C’era qualcosa di particolare su quella misteriosa sfera e la loro prima intuizione portava ai negozi d’antiquariato. Avevano stabilito che era qualcosa di vecchio e antico, così si erano ritrovati a cercare tutti i negozi di antiquarie della città. Doveva essere un compito veloce ed indolore, ma questa si era rivelata una prospettiva lontana dalla realtà. Purtroppo si scoprirono al cospetto con una ricerca piuttosto tediosa, avendo compreso loro discapito che esistevano ben più esercizi del genere di quanti avessero previsto e nessuno era risultato utile.

C’era un motivo se Goku e Vegeta erano un buon team. Vegeta era quello preciso e organizzato, ma dal carattere intrattabile ed irascibile, Goku quello calmo e pacato che non sarebbe stato in grado di organizzare neanche una gita al parco. Così in ordine con i rispettivi caratteri, il primo era solito coordinare le operazioni elencando tutti i luoghi d’interesse per il caso in corso, il secondo era quello che faceva le chiamate.

Inutile dire che il contrario sarebbe stato un disastro. Goku avrebbe perso il filo del discorso prima di arrivare ad una conclusione, Vegeta avrebbe urlato come un folle al telefono pretendendo tutte le informazioni nei primi due minuti.

Così invece funzionava perfettamente.

Quando Vegeta arrivò all’inizio del terzo foglio, Goku rientrò in ufficio con le mani piene di snack raccolti alle macchinette della centrale. Questa era un’altra di quelle cose che negli anni avevano testato e perfezionato per non darsi reciprocamente sui nervi. Avevano entrambi la tendenza a richiedere una certa quantità di cibo, rendendo quindi necessaria una tappa ai distributori per rifornirsi di stuzzichini che finivano a rapida velocità durante la giornata. Per pura casualità, o perché Vegeta sapeva come sfruttare l’ingenuità del collega, era sempre Goku quello che si vedeva costretto a fare la gita. Ritenendola più un’opportunità per sgranchirsi le gambe che un’incombenza, non gli dispiaceva uscire di sovente dall’ufficio. Dei due il più sociale usciva per parlare con i colleghi in corridoio, sentire le novità ed ascoltare chiunque avesse qualcosa che voleva condividere con lui.

“Che ci fai qui?” gli domandò Goku, osservandolo come se lo trovasse fuori posto. Vegeta non si premurò di alzare nemmeno lo sguardo, “Sto lavorando, al contrario di te” scrisse un nuovo nome sull’elenco, “Comincia a fare quelle telefonate” brontolò in seguito, additando con la propria penna il foglio che aveva poggiato sulla scrivania dell’altro. Goku fece scivolare accanto ad esso gli snack che reggeva con entrambe le mani, “Non volevo dire questo, pensavo che fossi con Piccolo” specificò. Solo in quel momento le pupille scure e profonde del compagno di squadra si sollevarono dal foglio. La biro immobilizzata a metà di una frase, “Di cosa diamine stai parlando Kakaroth?” chiese a denti stretti, mal celando un certo fastidio.

L’altro alzò le spalle, “Beh, l’ho incontrato in giro dieci minuti fa, ha detto che aveva una riunione sul suo caso…” fece una pausa, “Pensavo ti avesse avvertito” “Quando?” domandò Vegeta. Goku lo guardò come se fosse impazzito, “Ti ho appena detto, diec…” “Non quello, cretino. Quand'è questa riunione?” volle sapere l’altro, poggiando la penna con forse troppa foga. “Bho, adesso credo. Perché, non ti ha detto nulla?” spiegò vago, aprendo il primo pacchetto di patatine che gli capitò a tiro.

“Brutto stronzo” imprecò Vegeta alzandosi con evidente nervosismo, mentre il collega si trovò a domandarsi a chi fosse indirizzato l’insulto, senza però dar troppo peso all’offesa. Con passo pesante Vegeta raggiunse la porta, ma poco prima di oltrepassarla si girò ad osservare Goku, sorprendendolo a cacciarsi una patatina in bocca, “Vedi di fare quelle telefonate” ordinò additandolo con la mano fasciata. “Ok” farfugliò di rimando con la bocca piena, osservando il socio uscire di fretta dalla stanza.


***


Con gli occhi scorse i segni dei pneumatici sull’asfalto appena fuori dall’albergo trivellato di colpi alla quale dava le spalle. Era un pessimo scenario, gli suggerì l’istinto di poliziotto. Un regolamento di conti in piena regola.

“Qual è la situazione” chiese al suo assistente e con estrema prontezza Dende estrasse un taccuino sulla quale aveva già annotato i primi appunti. “Undici morti” cominciò, il primo Piccolo lo scorse sul lato della strada, coperto da un telo bianco, “Un passante”, confermò il giovane al suo fianco. “Due cameriere che stavano pulendo la stanza accanto” continuò e Piccolo sollevò lo sguardo al secondo piano, dove si trovava la maggior parte delle vittime, ma i colpevoli non si erano soffermati a prendere la mira e avevano sparato con caotica precisione. Le due donne erano vittime del caso. “Poi?” esortò l’ispettore, Dende riprese “Tre guardie del corpo” Piccolo annuì, “Una donna non ancora identificata, forse uno dei legami che ancora non abbiamo nei nostri database” poi fece una lunga pausa, scrutando il capo di sottecchi. “Chi altri, Dende” lo esortò questi, avendo notato l’esitazione, “T… Tamburello” mormorò “Cosa?!” esclamò Piccolo, “Dannazione!” aggiunse a denti stretti. “C’è dell’altro” continuò l’assistente, “Fammi indovinare… Toma?” domandò Piccolo, trovando riscontro con un cenno del capo. “Caz…” bisbigliò tra sé il superiore. Un poliziotto in incognito e l’uomo che stava per smascherare… il lavoro di mesi appena finito in frantumi. Tutto da rifare.

“Ok, ne mancano due. Chi sono?” riprese Piccolo che non aveva perso il conto, incamminandosi verso l’albergo ed evitando detriti e staff che indaffarato si muoveva nell’adempimento dei propri doveri. “Il receptionist” disse Dende, proprio mentre i due superarono l’ingresso distrutto “E…” “Trunks” bisbigliò l’uomo, riconoscendo il corpo senza vita del bambino che giaceva in un lago di sangue su quel che restava del bancone all’ingresso. Pochi metri più in là anche il giovane receptionist.

Seguì il silenzio, mentre Piccolo osservò gli uomini della scientifica che sapienti erano intenti a muoversi per la scena, così come li aveva visti fare decine di volte.

Piccolo si ritrovò a fare il punto della situazione. Quattro vittime innocenti: il passante, le due cameriere, l’uomo all’ingresso. Un poliziotto, Tamburello. Cinque uomini al servizio del padre di Vegeta: Toma, le tre guardie del corpo e una misteriosa donna. Poi c’era Trunks, che balzò agli occhi dell’ispettore come anomalo.

All’apparenza la scena sembrava opera di un clan rivale, qualcuno che voleva vendicarsi per un torto subito. Nel suo lavoro ne aveva visti diversi e queste erano le modalità spesso riscontrate. Tuttavia non poté fare a meno di notare che tutte quelle vittime erano mine vaganti, persone che stavano per incriminarlo. Un poliziotto sotto copertura, l’uomo che stava per smascherare; chi fosse la donna era irrilevante per il momento. Piccolo intuì che nessuno di questi sarebbe mancato al capo, anzi… essersi liberato di loro era un grande vantaggio. Eppure, Trunks… il nipote? Possibile che avesse fatto premere il grilletto contro il nipote?

Trunks sembrava la conferma che fosse opera di un rivale, ma perché doveva trovarsi lì? Piccolo conosceva entrambi i genitori del bambino più o meno bene, sapeva che abitavano ad una certa distanza dal luogo del delitto. Sapeva inoltre che l’amabile nonno non aveva mai avuto contatti con Vegeta e la sua famiglia. Piccolo non era arrivato dov’era semplicemente fidandosi del prossimo. Aveva fatto dei controlli sul collega appena aveva scoperto il legame. Vegeta non era un doppiogiochista ne aveva le prove concrete.

Possibile che…

“Cosa ne pensi, Piccolo?” chiese Dende all’improvviso, incuriosito dal silenzio. “È dannatamente furbo” commentò il superiore incorniciando le braccia, “Vuole farci credere che è stato qualcun altro, ma questa è opera sua. Vuole dare un messaggio” “A chi?” domandò l’altro. “A tutti. Ai suoi, ai rivali, a noi...  a Vegeta” ponderò per un secondo, “Tamburello stava per prendere Toma, un poliziotto e un uomo compromesso. Entrambi eliminati. Un punto in meno per noi e un avviso per i suoi” si voltò ad osservare la strada “Non so se ha solo simulato un clan rivale o se è stato lui stesso a fare la soffiata. In ogni caso questo istigherà i suoi ad aprire il fuoco. Così ha una scusa per eliminare anche i suoi nemici” tornò ad osservare il bambino disteso al suolo “E un messaggio per Vegeta” non aggiunse altro.

Il problema era che, a parte il suo intuito, non aveva nessuna prova.

Dende sembrò sul punto di vomitare, distolse lo sguardo dalla scena e preferì leggere i propri appunti alla ricerca di qualcosa. Il superiore non seppe se lo lesse lì o se al giovane fosse venuto in mente per coincidenza, ma quando disse “Accidenti, ma la moglie di Vegeta non è quella incinta?” l’informazione gli suonò corretta, annuì. Piccolo provò molta pena per quella coppia che avrebbe messo al mondo un figlio, subito dopo doverne seppellire un altro. “Spero vivamente che tuo padre non lo sappia Vegeta, o avrà un altro modo per mandarti un messaggio” pensò tra sé.

“Quanto tempo vi serve ancora in questa zona?” chiese poi a uno dei laboriosi agenti, l’uomo si guardò attorno, “Una mezz’oretta” rispose, riprendendo a lavorare come se nulla fosse. Piccolo si voltò verso il suo assistente, leggermente sbiancato. Sapeva che non amava molto le scene del crimine, Dende era più il tipo da scrivania. “Ascoltami con attenzione” ordinò, costringendo l’altro a guardarlo, “Chiama in centrale, avvisali di aspettare venti minuti prima di informare Vegeta. Devono dirgli di venire qui” fece una lieve pausa “È preferibile che ci sia anche Son Goku” un amico gli sarà utile, pensò. Dende registrò le istruzioni nella propria mente ed annuì, ma Piccolo non aveva concluso. “Poi vai dagli agenti di guardia, riferisci loro che appena lo vedono arrivare lo devono bloccare. Vegeta non deve entrare in questa zona per nessun motivo” Dende annuì ancora, “Non m’importa quanto creativo diventa con i suoi insulti, nessuno si deve muovere fino a nuovo ordine” un nuovo cenno del capo. “Tu resta lì con loro e appena lo vedi arrivare corri ad avvisarmi” Piccolo sospirò. Intuendo di avere il via libera, e grato per poter lasciare il perimetro, Dende fece un primo passo verso la porta, ma prima di farne un secondo fu richiamato. “Dende, qualunque cosa tu dica e con chiunque parlerai non dire una sola parola riguardo a Trunks. Non voglio correre il rischio che sia qualcun'altro a dare la notizia a Vegeta” “Ricevuto” disse il giovane, che diligente andò a svolgere i suoi doveri.

Rimasto con i suoi pensieri, Piccolo osservò il viso pallido della giovane vittima, gli occhi azzurri ora senza vita. “Spero tu non abbia sofferto troppo” pensò sentendosi affranto… proprio non sopportava vedere il dolore inflitto ai bambini. In fondo aveva il cuore tenero.


***


Con uno spintone scostò un agente che si stava muovendo nella direzione opposta. L’uomo sembrò infastidito, lo guardò sul punto di protestare, ma quando lo riconobbe tacque preferendo continuare per la propria strada. Un secondo malcapitato ebbe sorte simile e anche questi decise di ignorare l’adirato ispettore che a suon di spintoni stava attraversando controcorrente la scia di persone. Non per nulla in centrale Vegeta era descritto come quello basso e sempre arrabbiato.

Se in un primo momento era troppo impegnato a farsi largo tra i colleghi per notarlo, dopo la terza o quarta spallata si rese conto che tutti i poliziotti intravisti fin lì appartenevano alla squadra di Piccolo. Pertanto una brutta sensazione s’impossessò di lui, rendendolo ancora più violento mentre smuoveva la folla da una parte o dall’altra.

Quando entrò nella stanza il suo presentimento si rivelò esatto. Nella sala riunioni erano rimasti solo Piccolo e l’assistente che lo seguiva come un’ombra. L’assemblea era già finita. “Che cazzo, Piccolo!” esordì avvicinandosi a grandi passi alla cattedra, sulla quale erano poggiate le carte che l’ispettore stava esaminando.

“Qual è il problema?” domandò questi, senza nemmeno sollevare lo sguardo da ciò che era intento a leggere. “Si può sapere perché non mi hai avvisato?” esclamò Vegeta, poggiando una mano sul punto del foglio che pareva essere di grande interesse per il collega. Piccolo restò immobile per alcuni secondi, poi si rivolse a Dende, che sembrò volersi trasformare nella parete. A lui regalò un lieve cenno del capo in congedo e il giovane collaboratore non si lasciò ripetere due volte l’ordine. Afferrò parte dei fogli, quelli che riuscì a prendere, e con molta fretta prese la strada della porta.

Piccolo sollevò il busto solo quando sentì l’uscio richiudersi. Incrociò le braccia ed osservò l’altro dall’alto dei suoi due metri d’altezza. “Io non ho nessun obbligo di informarti delle riunioni con la mia squadra. Della quale, vorrei ricordarti, tu non fai parte” Vegeta aggrottò le sopracciglia e digrignò i denti, “L’unico motivo per la quale ti aggiorno è per mero rispetto professionale”.

Vegeta intrecciò le braccia a sua volta, senza mai smettere di fissare il suo interlocutore da dietro le sopracciglia aggrottate. “Senza contare” riprese a dire Piccolo, “Che l’ultima volta in cui ti ho chiesto aiuto non hai fatto altro che peggiorare la cose” lo informò. “Che diamine stai dicendo?” chiese l’altro, preso alla sprovvista.

Piccolo sospirò, “Tuo padre ha fatto sapere tramite i suoi avvocati che non vuole più parlare con la polizia perché dice di non voler rischiare un nuovo assalto” “Cosa?! Sono tutte stronzate! Spero che tu non sia tanto idiota da credergli”. Il secondo sbuffo servì all’agente per mantenere la calma, meglio ignorare gli insulti. “No, ma lui voleva una scusa per evitare di parlare con me e i miei uomini e tu sei stato tanto gentile da fornirgliene una” “Figlio di puttana” ringhiò Vegeta, stringendo la mano fasciata attorno al proprio bicipite.

“Già che ci siamo, Vegeta. Ti comunico che sei in debito con me” riprese Piccolo, “Figuriamoci…” brontolò l’altro, cocciuto come sempre. L’uomo dalla carnagione verde fece spallucce, “Beh, sappi che i piani alti volevano sospenderti… o peggio. Non è successo solo perché sono riuscito a convincerli che eri lì in veste di figlio, non come poliziotto” Piccolo abbassò lo sguardo sulla scrivania e cominciò a raccogliere i fogli lasciati lì da Dende, “Dovrai solo pagare una multa” concluse. Vegeta inarcò un sopracciglio, “Quale multa?”. L’altro lo fissò per un lungo austero momento, poi tornò alle carte, “Ti arriverà” disse.

Con passo deciso e senza fretta si avviò verso la porta, poggiò la mano libera sul pomello e si bloccò, “Vegeta questa stanza mi serve esattamente così com’è. Sei pregato di non fare troppo casino qui dentro” concluse Piccolo, che senza attendere risposta uscì dalla sala.

Rimasto solo, Vegeta osservò per la prima volta la bacheca sulla quale erano stati appuntati tutti i nodi cardine delle indagini. I suoi occhi cominciarono a scorrerla in lungo e largo. C’erano tutti i sospetti, le congetture e tutti i dati di fatto, ma nessuno che arrivasse conclusivo a suo padre. Erano segnati i traffici di droga, le faide con clan rivali, il riciclo di denaro sporco… la sparatoria all’hotel.

Nella sua mente ripercorse gli sviluppi delle indagini di quell’evento, come un mantra. Era stato rinvenuto un cellulare sconosciuto sul luogo del delitto, ma non pareva appartenere a nessuno. Le impronte digitali avevano confermato che era stato usato dall’uomo al banco. Il numero chiamato era stato rintracciato ed era apparso un legame con il clan rivale e con gli uomini che avevano compiuto l’attacco. Mesi dopo i loro cadaveri erano stati ritrovati a seguito di un’altra sparatoria.

Tuttavia era nel frattempo emerso che il giovane receptionist era stato minacciato dagli aguzzini affinché desse loro il via libera dopo aver ricevuto il segnale. Stando alle prove e alla deduzione, il segnale era stato fornito dall’unica altra vittima nella hall… Trunks.

Gli artefici del delitto sapevano che al secondo piano si stava svolgendo una riunione tra Toma e una nuova recluta, Seripa, che erano l'obiettivo della scarica di proiettili. Entrambi, l’uomo e la donna, erano deceduti. Da quanto aveva intuito Piccolo, gli assassini sembravano sapere fin troppo bene in quale stanza si stesse svolgendo l’incontro. Infatti a parte le due malcapitate cameriere nella suite accanto, nessun’altra camera era stata colpita. C’era stata una soffiata, qualcuno che conosceva bene il luogo e l’ora dell’incontro e che avrebbe potuto escogitare un modo semplice per dare il segnale di aprite il fuoco. Tutti sapevano la risposta a quella domanda, ma nessuna prova sembrava legare il vero colpevole all’evento.

Trunks non era una casualità. Era stato ordinato di uccidere l’uomo al banco perché sapeva troppo e chiunque si trovava nella hall in quel momento era destinato a morire all’istante. Trunks aveva involontariamente fornito il segnale e si era esposto al fuoco.

Chi aveva spifferato tutto sapeva ogni ragguaglio nei dettagli, non perché era ben informato, ma perché ne era l’organizzatore. Suo padre aveva dettato luogo e ora dell’incontro facendo in modo che tutte le pedine scomode si trovassero lì. Scegliendo inoltre un posto facilmente accessibile a Trunks… il vero obiettivo. Tuttavia non c’era nessuna prova.

Vegeta scorse le foto delle vittime per lui senza nome appiccicate con cura alla bacheca. Infine si soffermò ad osservare l’immagine di suo figlio e su di lui indugiò per un lungo istante. Pensò a Bulma, “Ho perso lui perché ci è stato portato via e ho perso te a causa del dolore” aveva detto al cimitero, qualche ora prima.


CONTINUA…


  
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