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Autore: Nymphadora    14/05/2009    3 recensioni
Non avrei mai pensato di dover, un giorno, lasciare quella che fu la nostra casa da quando nacquero i nostri figli. Tutto ciò che avevamo costruito io e mio marito fin d'allora stava crollando come un castello di carte spazzato dal vento. Con le prime manifestazioni d' influenza, tutta la mia famiglia venne ricoverata d'urgenza all'ospedale più vicino. Guardai mio marito con gli occhi lucidi e il volto rigato dalle lacrime. Lui mi tranquillizzò, dicendo che ne saremmo usciti tutti illesi. Mio figlio Edward giaceva supino sul letto accanto a me. La febbre alta lo costringeva a contrarre il viso in una smorfia di dolore. Ricordai il giorno precedente, lui che giocava felice insieme alla sorella, Hayden. Hayden, lei che ogni giorno continuava a inseguire i suoi ideali, i suoi sogni e le sue passioni, ora lottava per la vita. I singhiozzi non cessavano: ogni pensiero, ogni ricordo mi costringeva ad arrendermi e far diventare, in tal modo, le lacrime padrone assolute dei miei occhi. "Presto, un medico!" Delle persone urlarono qualcosa di incomprensibile, quasi come un grido d'aiuto, e all'improvviso il via vai di gente si fece più intensa, arrivarono infermiere con siringhe, bacinelle colme di ghiaccio e medicine che, molto probabilmente, non avrebbero migliorato lo stato delle persone. In poco tempo, mi accorsi che si avvicinivano a noi Masen. Chi sarebbe stata la prossima vittima?
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Mia figlia Hayden stava morendo, ne ero certa.
E con lei mio marito, Edward Masen Senior.
Condussero subito Hayden all'obitorio, convinti che il suo battito cardiaco si fosse già fermato.
Come sarebbe stata la nostra vita senza di loro? E avremmo mai riavuto la nostra vita di sempre?
Uno spasmo colpì l'uomo che amavo. Gli infermieri continuarono a tamponargli col ghiaccio la fronte imperlata di sudore.
"Aiutatelo a respirare!" gli urli si diffusero in tutta la stanza illuminata dalla fievole luce delle candele.
Edward si addormentò, e fu un bene, poiché non sarebbe riuscito ad assistere alla morte del padre.
Se ne andò in meno di un'ora; e io rimasi lì, impotente nel fare qualsiasi cosa che avrebbe potuto salvarlo.
Cercai la mano bollente di mio figlio, che intanto si era svegliato e cercava con gli occhi mio marito e sua sorella.
Scossi il capo e capì tutto quanto. Una lacrima si ribellò e gli rigò il viso angelico; corse e scese giù per il suo mento.
Tutto quello che riuscì a fare fu di asciugargliela, usando tutta la forza che ebbi. La febbre ci indeboliva ogni giorno, e per abbozzare un sorriso serviva uno sforzo immenso.
In quel momento, passò un dottore. Biondo, di bell'aspetto. Sembrava che la malattia non l'avesse sfiorato.
Si avvicinò a noi con la speranza disegnata sul volto.
Ad un tratto, le mie labbra si mossero fino a formulare una frase: "Salvalo" e indicai Edward.
Il dottore mi guardò perplesso: in fondo, come avrebbe potuto salvarlo? Ma in quell'uomo c'era qualcosa di diverso che mi colpì. Gli occhi, di un oro brillante, mi dicevano che non era un semplice dottore.
Forse sarebbe davvero riuscito ad assicurare la vita a mio figlio.
"Farò il possibile" questa fu la sua promessa.
Venni sopraffatta dalla febbre, e mi chiesi se ciò che stessi provando in quel momento era lo stesso dolore dei miei cari.
Vidi per l'ultima volta lo sguardo implorante di Edward.
Arrivederci, amore. E lasciai per sempre quel mondo.
  
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