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Autore: Stella Dark Star    10/11/2016    1 recensioni
Delfina, figlia del banchiere Andrea de' Pazzi, ha solo quindici anni e nessuna vita sociale quando viene incaricata dal padre di entrare nelle grazie di Rinaldo degli Albizzi per scoprire ogni suo segreto e sapere in anticipo ogni mossa che farà in campo politico. Lei accetta con riluttanza la missione, ma ancora non sa che il destino ha in serbo per lei molto di più. Quella che doveva essere una semplice e innocente conoscenza, diventa ben presto un'appassionata storia d'amore in cui non mancano gelosie, sofferenze e punizioni. Nonostante possa contare sull'aiuto della madre Caterina (donna dal doppio volto) e della fedele serva Isabella (innamorata senza speranze di Ormanno), Delfina si ritroverà lei stessa vittima dell'inganno architettato da suo padre e vedrà i propri sogni frantumarsi uno dopo l'altro.
PS: se volete un lieto fine per i protagonisti, non dimenticate di leggere il Finale Alternativo che ho aggiunto!
Consiglio dell'autrice: leggete anche "Andrea&Lucrezia - Folle amore (da Pazzi, proprio!)" per vivere assieme ai protagonisti un amore impossibile.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo uno
 Il velo bianco e i capelli corvini
 
La gente cominciò a lasciare i banchi e a dirigersi più o meno ordinatamente verso l’uscita della chiesa, uomini e donne che si scambiavano l’un l’altro cenni formali senza arrischiare mai un sorriso o una parola di gentilezza. Per quanto impossibile, mi parve che ci fosse ancora più silenzio che durante la messa. In risposta a quel pensiero, forse per contrariarmi o forse per darmi ragione, le campane presero a suonare in una melodia festosa, riempiendo così la mia mente con il loro suono acuto. Vidi mio padre e mia madre scambiarsi un’occhiata complice e subito dopo mio padre mi sfiorò la spalla. Loro si unirono alla fila centrale che lentamente si dirigeva all’uscita della chiesa, io invece andai nella direzione opposta e imboccai la navata laterale, sperando di non dare nell’occhio. Quando la visuale si liberò, osservai con interesse il teatrino impostato dai miei genitori, il modo apparentemente casuale con cui avevano fermato e intrappolato la famiglia Albizzi giusto fuori dalla chiesa. Mia madre sfoggiò un sorriso studiato per intrattenere Madonna Alessandra, mio padre invece si occupò di Rinaldo e di Ormanno con l’eccellente scusa di discutere qualcosa riguardante la Signoria. Io mi ero avvicinata all’uscita molto lentamente, lasciando che la chiesa si svuotasse. Con le dita sfiorai distrattamente il velo bianco che mi copriva il capo e le spalle e che portavo abitualmente quando mi recavo in chiesa, sia per rispetto al Signore sia per volere di mio padre che preferiva tenere celata la mia fiorente bellezza. Sorrisi amaramente al vuoto. Per quindici anni mi aveva tenuta nascosta al mondo e adesso all’improvviso mi ordinava di uscire e mettermi in mostra! Come stabilito, sciolsi l’intreccio che mi copriva le spalle e lasciai che il velo scendesse liberamente lungo la mia figura.
“Giovane Ormanno, che dire di voi?”
Mio padre pronunciò quelle parole con tono volutamente alto affinché io sentissi e capissi che era giunto il momento. Ammirai l’abilità con cui si spostò durante la conversazione, di modo che il suo interlocutore fosse costretto a seguire la direzione da lui voluta. E così facendo, Rinaldo rimase in disparte.
Presi respiro e cercai di sfoggiare un sorriso spontaneo, sollevai un lembo della gonna e uscii dalla chiesa con passi leggermente saltellati come una bambina felice. I miei movimenti non furono improvvisati, poiché sapevo che così facendo il velo sarebbe scivolato via dai miei capelli per finire esattamente ai piedi di Rinaldo. Finsi di ammirare il sole che splendeva nel cielo, ma in realtà ero in attesa che la trappola scattasse. E così fu.
“Damigella, perdonate.”
Mi voltai repentina per far sì che i miei capelli ondeggiassero. Ero consapevole che la mia chioma corvina, lunghissima e dalle onde armoniose, era uno spettacolo per gli occhi, ma ugualmente fui compiaciuta di constatare che Rinaldo ne rimase colpito a sua volta.
Incontrai il suo sguardo per la prima volta. Uno sguardo fiero, duro, di chi sa cosa vuole e che lotta per ottenerlo. Ma non ero pronta a ritrovarvi in esso un luogo meraviglioso composto di un lago dalle acque limpide e azzurre, un prato di un verde rigoglioso ed un cielo grigio di nuvole cariche di pioggia. Azzurro, verde e grigio erano amalgamati, creando un colore impossibile da denominare. Non avevo mai visto occhi così. Rinaldo sbatté le ciglia ed emise un rumore di gola per schiarirsi la voce e così facendo mi riportò alla realtà.
“Damigella, il vostro velo.”
Abbassai lo sguardo e mi accorsi che in effetti la sua mano era protesa verso di me e le sue dita grandi e severe ne stringevano un lembo.
“Oh! Vi ringrazio Messere.” Il tono sorpreso mi uscì spontaneo, dato che per alcuni istanti avevo davvero dimenticato tutto. Allungai la mano e feci in modo che le mie dita sottili e pallide sfiorassero le sue, prima di riappropriarmi del velo.
“Siete molto gentile. Vi ringrazio.” Sussurrai.
“Mia piccola cara, mi auguro tu non stia dando noia a Messer Albizzi!” Mia madre s’intromise all’improvviso e si affiancò a me con quella sfacciataggine che a me non era affatto gradita.
Abbassai lo sguardo, imbarazzata: “Madre, per favore.” Ma subito lo risollevai, giusto in tempo per vedere l’espressione di pura sorpresa di Rinaldo, che volse lo sguardo da me a mia madre per verificare quanto aveva appena udito.
Ed ecco che fu la volta di mio padre di entrare in scena: “Noto con piacere che avete fatto conoscenza con mia figlia, Messere.”
Rinaldo inarcò un sopracciglio: “Mi chiedo come sia possibile che io non l’abbia riconosciuta. Eppure sono certo di averla già incontrata nel corso degli anni.”
“Sicuramente, amico mio! Ma…vi confesso che ho sempre tenuto Delfina lontano dai miei ospiti, essendo troppo giovane per partecipare a cene e feste formali.”
Incontrai di nuovo lo sguardo di Rinaldo e mi resi conto che qualcosa era appena cambiato. Potevo vedere la lotta in lui tra la curiosità di sapere di più e il sospetto che il nostro incontro non fosse così casuale. Ma tra le due parti vinse quella che speravo.
“Delfina?” Mi chiese con voce quasi sospirata.
Feci una riverenza: “Sì, Messer Albizzi. Lieta di fare la vostra conoscenza.” Anche dentro di me cominciò una lotta. Desideravo ardentemente conoscere meglio quell’uomo che fino a poco prima era stato solo una figura senza importanza nella mia vita, ma il peso del compito che mi era stato assegnato mi stava lacerando lo stomaco per obbligarmi a non farlo.
“Or bene, temo sia giunta l’ora di rincasare. Il pranzo sarà pronto e la cuoca starà disperando per il nostro arrivo!” Saltò fuori mia madre, spezzando l’incantesimo. Almeno contribuì a ricordarmi che oltre a noi vi erano anche altri personaggi a comporre la scena. Alessandra e Ormanno erano rimasti in disparte, alle spalle di Rinaldo, non essendo interessati alla mia presenza.
Mia madre e Madonna Alessandra si salutarono con fredda cortesia e freddi sorrisi, mentre mio padre mi avvolse le spalle con un braccio e mi spronò incoraggiante: “Non essere timida, Delfina. Saluta!”
Feci una riverenza sotto il peso del suo braccio: “Buona giornata, Messer Rinaldo.” E poi aggiunsi un volutamente tardivo e frettoloso: “Madonna Alessandra, Messer Ormanno.”
Madre e figlio risposero con disinteresse, Rinaldo invece si mostrò molto galante facendo un inchino e lanciandomi uno sguardo carico d’interesse: “Spero di rivedervi presto, Damigella Delfina.”
Sorrisi, ma non potei dire una parola perché mio padre si affrettò a trascinarmi via. Presa dalle mie emozioni, non mi ero nemmeno accorta che il velo era scivolato dalle mie mani. Lo compresi solo quando mi voltai, un momento prima di svoltare l’angolo della chiesa, e vidi Rinaldo con il mio velo in mano, intento a contemplarlo come una reliquia.
  
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