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Autore: Zomi    13/11/2016    4 recensioni
Cinquanta modi di amarsi...
Cinquanta momenti tutti loro...
Cinquanta attimi di una vita vissuta in due...
Cinquanta capitoli in cui i protagonisti saranno solo loro, Nami e Zoro, la loro storia, i loro caratteri e il loro amore...
Cinquanta capitoli, per cinquanta sfumature di un amore verde e arancione...
*Fanfiction offerta dal Midori Mikan: perchè a San Valentino non sono importanti i cioccolatini, è importante lo Zonami... ma non solo a San Valentino*
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Un po' tutti, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sfumatura 50: Perché io?

 
Strizzò la camicia, sbattendola all’aria fresca prima di stenderla con cura sul filo teso, lanciando un’occhiata veloce a Zoro, intendo dietro di lei ad allenarsi, numerando sottovoce flessioni su flessioni.
Storse il piccolo nasino da Gatta Ladra, piegandosi sulla cesta e afferrando un paio di pantaloni del capitano, notando distrattamente il nuovo strappo che li ornava prima di stenderli ad asciugare.
I movimenti di Nami erano meccanici, precisi e attenti, ma totalmente svolti senza la presenza mentale della cartografa.
La sua furba e arguta mente era impegnata in ben differenti attività che stendere il bucato fresco di lavatrice, e a volte, quei pensieri così vorticosi e intensi, tentavano di venire a galla coinvolgendo lo spadaccino immerso nei suoi esercizi, ma venivano frenati ogni volta dalla stessa navigatrice, che si mordeva il labbro con insistenza.
Strizzò una blusa di Robin, lisciandone le pieghe per bene, spostando il peso del proprio corpo da un piede all’altro indecisa se parlare o meno.
Stava per ripensarci quando le parole le uscirono di bocca con vita propria.
-Perché io?-
Zoro si fermò con le braccia tese puntate al pavimento in legno del castello di poppa, non certo che la domanda fosse rivolta a lui.
Ruotò piano il capo, osservando la figura della sua compagna intenta a stendere gli ultimi panni che occupavano la cesta, schioccando la lingua sul palato.
-Parli con me?- sollevò un sopracciglio scettico.
-Vedi qualcun altro?- strizzò una maglia, fermandola sul filo con due mollette.
Lo spadaccino fletté le braccia, sollevandosi e mettendosi schiena a terra e gambe piegate, iniziando gli esercizi per gli addominali.
-Perché tu cosa?- portò le braccia dietro il capo, iniziando a piegare il busto verso le ginocchia.
-Perché io tra tante- unì due calzini sul filo –Avresti potuto scegliere qualcun’altra come compagna di vita. Robin, per esempio, o una donna del tuo paese Natale o appassionata di spade-
Lo sentì sbuffare per lo sforzo dei piegamenti, respirando piano dietro di lei.
-Nah- parlò roco –Robin non era interessate, glielo’ho chiesto e…-
La cesta gli finì in testa con i pochi indumenti che ancora conteneva, nascondendo alla vista furiosa della cartografa il ghigno divertito del verde.
-Glielo hai chiesto?!- aggiunse uno scappellotto alla nuca del ragazzo, riprendendosi i vestiti fradici.
Zoro sghignazzò rivolgendole il suo solito sorriso sghembo, facendola innervosire maggiormente e costringendola a tornare al suo lavoro se non voleva sfogare la sua rabbia su di lui gettandolo a mare.
-Ovvio- la canzonò –Non crederai di essere stata sempre la prima della lista?-
-E tu non crederai che te la lasci passare liscia per questo tuo stupido scherzo!- sbottò, frustando l’aria con una canotta di Usopp, gettandola collerica sul filo.
Stupido buzzurro!
Lei parlava seriamente!
Voleva sapere davvero perché aveva scelto lei e non un’altra donna, più paziente magari e meno incline alle punizioni corporali sul proprio uomo.
Perché, si chiese, perché non la prendeva sul serio e non le diceva per quale assurda ragione aveva scelto lei e non, così per fare un esempio, la calma e gentile Robin, sempre paziente con tutti e dai rari ma solari sorrisi?
-Stavamo attraversando una fascia di mare molto burrascosa- lo sentì parlare, zittendo i suoi borbotti lamentosi e obbligandola ad ascoltarlo attenta.
-Le tempeste erano all’ordine del giorno e le paratie non riuscivano a reggere le forti ondate che si alzavano dal mare o le sferzate del vento- continuava i suoi piegamenti, non accennando a nessun sforzo mentre raccontava, mantenendo lo sguardo fisso davanti a sé.
-Quel giorno la tempesta era furiosa e il vento tagliava la pelle e le vele.  Tu eri al timone e strepitavi ordini cercando di farti sentire, ma il vento era così forte che sul ponte arrivavano solamente le tue imprecazioni- le strappò un piccolo sorriso, mentre le sue piccole mani tormentavano una salopette di Chopper, indecisa se appenderla o meno –Con Usopp stavamo tenendo tirata una corda dell’albero maestro, lottando contro le onde e cercando di non far spiegare le vele ormai a briglia sciolta. È stato un attimo: il vento si è alzato gonfiando un lembo di una vela che ha scagliato entrambi lontano dal ponte- prese un respiro profondo, congiungendo gomiti a ginocchia –Usopp è andato addosso al castello di poppa…-
-Si è inclinato qualche costola quella volta- mormorò Nami, ricordandosi l’evento.
-… e io sono caduto sui tuoi mandarini- si fermò nelle alzate per la prima volta, volgendo gli occhi sulla cartografa, studiandone la schiena dritta e le braccia molli a stropicciare un abito.
-I rami hanno attutito la caduta ma ne ho spezzati parecchi- inclinò il capo –Sei arrivata di corsa, annaspando tra le sferzate di pioggia e chiamandomi a gran voce: credevo mi avresti ucciso vedendo come avevo ridotto i tuoi adorati alberi-
-E invece…- Nami non accennava a parlare, ascoltava con attenzione non perdendosi una sola sillaba -… mi hai preso il capo tra le mani e mi hai chiesto se stavo bene-
Era certa che dietro le sue spalle lui stesse ghignando, con quel suo fare da sbruffone che cerca di nascondere le emozioni dietro a un sorriso storto, che da un po’ aveva perso inclinazione.
-Non ti importava che avessi distrutto l’unico ricordo di tua madre, della donna che ti aveva amato come se fossi sua. Non ti importava che la cosa più preziosa del mondo fosse stata danneggiata da me: ti importava che io stessi bene, che non fossi ferito, che fossi vivo-
Lo sentì alzarsi, e si affrettò a stendere la maglia che aveva tra le mani, cercando di riprendere la naturalezza dei suoi gesti mentre le mani calde di Zoro si posavano sui suoi fianchi e le sue labbra le sfioravano il collo.
-È lì che l’ho capito: venivo prima io per te, e poi tutto il resto- serrò le braccia attorno alla sua vita, facendola tremare e tentennare nei movimenti -È così che ho capito che eri quella giusta, è così che ti ho scelto, se mai ci fosse stato bisogno di scegliere-
Le baciò la guancia, allontanandosi con le mani nelle tasche e passi pesanti, lasciandola imbambolata a fissare la biancheria stesa ad asciugare.
-Stupido- sussurrò piano, imponendosi di ignorare il calore sulle guance arrossate e il sorriso che si apriva da sé sulle labbra,  mentre si carezzava a fior di dita la guancia dove le aveva posato un bacio –Tu verrai sempre prima di tutto per me-
 

 
   
 
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