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Autore: Huilen4victory    13/11/2016    2 recensioni
In un mondo di anime gemelle si nasceva come numeri uno per poi incontrare la propria anima gemella ed insieme diventare numeri due. Oppure nascevi numero uno per poi diventare un numero zero perchè non avere un partner equivale a non valere nulla.
Jungkook ha 23 anni, studia economia ed ha un lavoro part-time due volte alla settimana.
Jimin ha 26 anni ed ha appena iniziato a lavorare in ufficio.
Sono due persone molto diverse e non sono certo destinate a stare insieme. Hanno un tratto in comune però: sono entrambi numeri zero.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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00.23

 

 

Taehyung era praticamente rimbalzato dentro l'appartamento di Jungkook. Avevano provato a suonare il campanello e infine si erano risolti a utilizzare le chiavi di scorta perché nessuno era venuto alla porta. Era stato Hoseok a dover aprire la porta perché Taehyung era stato troppo ansioso per farlo e continuava a non centrare le chiavi dentro la serratura..

L'appartamento era vuoto.

Controllarono tutte le stanze ma, sfortunatamente, non c'era nessuno. Figuriamoci Jungkook.

Taehyung si lasciò cadere sul letto, preoccupatissimo.

"Chiamiamo Seokjin." Il maggiore disse allora, serio. Taehyung aveva annuito, grato che la sua anima gemella fosse lì, solido e affidabile come sempre nel momento del bisogno. Consegnò il suo telefono a Hoseok, che nella fretta lo aveva dimenticato a casa.

"Ciao, dimmi tutto Tae". Hoseok mise la chiamata in viva voce.

"Jin Hyung, sono Hoseok. Abbiamo un problema. Jungkook non è nel suo appartamento. Credo che non sia tornato qui sin dall'ultima volta che è uscito. Tutti i dispositivi sono freddi." Taehyung guardò stupito la sua anima gemella per l’intuizione. Non aveva neanche pensato di controllare.

Oh Hoseok.

Dall'altra parte della linea, sentirono il numero due sospirare pesantemente.

"Ok. Quindi. Ok. Fammi pensare. Ho chiamato Jimin ma lui non risponde ma questo un po’ me lo aspettavo. Ma non è importante ora. Avete qualche idea di dove potrebbe essere? Quando è stata l'ultima volta che l'avete visto?"

"Taehyung lo ha visto subito dopo pranzo e l’ha sentito tramite messaggio intorno alle quattro. Non abbiamo sentito di lui da allora."

"Va bene. Rimanete là finché non vi chiamo, nel caso in cui torni. Nel frattempo io farò qualche telefonata."

"Non dovremmo essere la di fuori a cercarlo?"

"No. A quanto pare i disordini erano più gravi di quanto io e Taehyung avevamo inizialmente pensato. Aspettate lì. Vi richiamerò. So che è difficile, ma cercate di non preoccuparvi troppo, ho la situazione sotto controllo." Disse Seokjin, determinato.

"Hyung va bene. Abbiamo fiducia in te. E grazie. Grazie davvero."

"Per favore, siamo amici, gli amici si aiutano a vicenda. A dopo allora."

"A dopo."

Hoseok riattaccò e prese per mano la sua anima gemella. Ora potevano solo aspettare.

Dall'altra parte della città Seokjin stava chiamando la sua anima gemella.

"Joonie. So che stai lavorando in questo momento, ma ho bisogno di te qui. Abbiamo un problema."

"Jin. Che tipo di problema? È grave? "Chiese Namjoon e Seokjin poté sentire il frusciò di qualcuno che si spostava velocemente. Non importava cosa, Namjoon ci sarebbe sempre, sempre, stato per lui. Seokjin non poteva amarlo di più.

“Abbastanza perché io debba chiamare la mia famiglia. Dobbiamo chiamare i Kim, Joonie. "

"Sto arrivando."

 

 

 

 

Le ore trascorrono lente quando non si è sicuri del proprio destino.

Tuttavia, anche se Jungkook era terrorizzato di fronte a una situazione più grande di lui, lui riusciva solo pensare a Jimin.

Lo immaginò a cena mentre guardava la televisione. Immaginò nella sua testa quello che avrebbe potuto essere la sua routine per quell’orario della giornata. Più di ogni altra cosa sperava che stesse bene. Che, anche se non riusciva a capire cosa stava succedendo, perché doveva pensare che Jungkook lo aveva piantato in asso, fosse quantomeno al sicuro.

Meglio confuso e odiando Jungkook che in una cella come lui.

Si chiese anche se alcuni dei suoi amici avessero intuito cosa gli fosse successo. Sperava che almeno Taehyung capisse che qualcosa non andava. O che Seokjin hyung gli avesse raccontato quello che era successo e che in qualche modo avessero quindi potuto notare le sua scomparsa. Persino la rabbia del biondo era qualcosa da augurarsi, se fosse servita a farli realizzare che la situazione non era normale.

In caso contrario, poteva solo sperare che, ad un certo punto, qualcuno sarebbe venuto per lui, a dirgli che cosa stava succedendo, perché era stato trascinato lì.

Nel peggiore dei casi, beh, sapeva che i prigionieri avevano il diritto di effettuare una chiamata e così contava su quello.

"Non è ovvio? Qui siamo tutti numeri zero. Deve essere successo qualcosa di grave e stanno provando a dare la colpa a noi. "

"Ma noi non abbiamo fatto niente di male!"

"Da quando in qua noi numeri zero abbiamo dei veri diritti?"

La conversazione andò avanti con quel tono per un po 'fino a quando una guardia non intimò loro il silenzio e chiamò qualcuno a tenerli d’occhio.

Dopo quello nessuno osò parlare e quando fu chiaro che sarebbero rimasti lì per un po', la gente iniziò a sedersi sulla panchina o sul pavimento, cercando di riposare. Erano stati ammassati in due grandi celle temporanee. Jungkook si augurava fosse un buon segno e non l'indicazione che il resto delle celle erano occupate. Era affamato ed esausto, ma lui non voleva, non poteva cedere alla sua stanchezza, nella speranza che qualcosa, qualcosa di buono potesse accadere.

Continuava ad agitarsi e a battere il cemento con un piede per distrarsi.

"Fermati. Non farai passare il tempo più veloce così."

Un uomo sulla quarantina gli sussurrò.

Jungkook si voltò verso di lui.

"Lo so. Ma non posso esattamente andare a fare una passeggiata per calmarmi." Rispose, cercando di tenere un tono basso e di non allertare la guardia.

"Vero. A giudicare dal tuo nervosismo devi avere qualcuno che ti aspetta a casa.” Disse l’uomo. Jungkook sapeva in qualche modo che non si riferiva ai suoi genitori.

"Forse,” rispose Jungkook. "Lo spero," si corresse accigliato. Si chiese brevemente cosa lo aspettasse una volta che fosse riuscito ad uscire. Perché non lo potevano tenere rinchiuso li per sempre, vero?

L'uomo rise con tutto il cuore.

"E hanno il coraggio di dire che non ne siamo in grado."

L'uomo disse.

Jungkook sollevò un sopracciglio.

“Di amare. Oh, credimi, so di cosa sto parlando, riconosco quell'espressione. Gioia e turbamento, preoccupazione e nostalgia. Anch'io ho qualcuno che mi aspetta a casa.” L'uomo elaborò.

"Tua...?"

"Mia moglie". L'altro numero zero rispose. "Anche se mi piace pensare a lei più come alla mia anima gemella."

Jungkook fu sorpreso dalle parole dell'uomo.

"C'è stato un tempo in cui anima gemella non significava essere un numero due. Ho fatto le mie ricerche. "L'uomo disse sorridendo.

Ma prima che potesse parlare di nuovo la guardia lo zittì ancora una volta. Subito dopo entrarono altre guardie. Jungkook si alzò pensando che finalmente avrebbero saputo qualcosa circa la loro situazione, ma invece gli agenti di polizia afferrarono l'uomo e lo trascinarono da qualche parte. Jungkook cercò di protestare ma l'uomo scosse la testa e le sue parole morirono in gola.

Afferrò le sbarre della cella, impotente.

 

Un paio di ore passarono. Forse meno, forse di più. Jungkook decise di rimanere seduto in un angolo. Pensò ai suoi amici e alla sua famiglia. A sua madre che si preoccupava per lui, ma per le cose sbagliate. A suo padre sempre così duro e severo che, nonostante i loro disaccordi, Jungkook sapeva che stava agendo per quello che credeva fosse il bene di suo figlio.

Ad un certo punto iniziò ad assopirsi.

Poi giunsero altri ufficiali. Sorpreso dal rumore, Jungkook si scosse.

"Jeon Jungkook!"

Il richiamo svegliò le altre persone nella grande cella.

"Sono io." Rispose mettendosi in piedi. Cercò di non agitarsi e non dare loro la soddisfazione di vederlo debole. Non venne trascinato come l'altro uomo e si limitarono a intimargli di seguirli.

Con la schiena dritta e senza dare a vedere le sue emozioni, li segui senza proferir parola. Lo condussero in quella che sembrava una stanza per gli interrogatori.

Ad aspettarlo c'era un uomo sulla cinquantina impeccabile in giacca e cravatta e con un’aria intimidatoria. L'uomo gli strinse la mano e disse semplicemente: "Jeon Jungkook. Sono il tuo avvocato. Sono qui per portarti fuori di qui."

"Ma cosa? Come? Non ho chiamato nessun avvocato."

"Kim Seokjin mi ha mandato qui. Adesso siediti per favore e lascia parlare me. Andrà tutto bene.” L'uomo lo rassicurò. Jungkook annuì. Stava ringraziando internamente il fotografo e aveva milioni di domande, ma prima che potesse aprire bocca un detective entrò e si sedette dall’altra parte del tavolo.

"A cosa devo l'onore di questa visita?” Chiese il detective che era seduto proprio di fronte a Jungkook. Sembrava conoscere l'avvocato molto bene come se l'uomo fosse una persona importante.

"Detective Lee, la prego ci risparmi il suo umorismo. Sono qui per fare il mio lavoro come lei il suo. Sono stato informato che il mio cliente è stato arrestato senza che ci fosse una vera motivazione per farlo. Il mio cliente non ha preso parte ai disordini di ieri sera. Ho testimoni che possono confermare che, al momento del primo episodio, lui si trovava ancora presso la sede universitaria. Se questo non è sufficiente posso mostrarvi una copia del registro di classe: aveva firmato la sua presenza." L'avvocato disse tirando fuori la copia menzionata. Jungkook tratteneva il fiato. L'avvocato continuò.

"E’ un giovane di23 anni incensurato, nessun legame con gruppi sovversivi. Quello che è successo ieri è offensivo, e dico offensivo per non usare il termine illegale.”

“Il giovane Jeon Jungkook qui presente è stato trovato ieri nel luogo dei disordini, proprio in mezzo alla folla di sovversivi responsabili degli attacchi contro la comunità accaduti ieri. E' stato trovato nel luogo del reato ed è stato quindi scortato alla stazione di polizia più vicina in attesa di giudizio e di una formale accusa.

“Tutto ciò è inutile e lei lo sa detective. Ho avuto accesso ai video che possono confermare il suo non coinvolgimento, con diverse altre prove che attesteranno ulteriormente la sua innocenza. Siete solo irritati perché le cose vi sono sfuggite di mano e ora per evitare altre proteste state cercando di contenere la situazione arrestando tutti i numeri zero che si sono trovati vicino al luogo dell'attacco.”

Il detective si alzò irritato, ma poi un altro agente entrò nella stanza in apparenza per comunicargli qualcosa. Doveva essere qualcosa di importante perché l’espressione del viso mutò in un attimo.

"Capisco. Jeon Jungkook può andare."

"Come pensavo. Jungkook, andiamo. Sei libero." L'avvocato disse sorridendo.

Incredulo, Jungkook rimase congelato al suo posto, ma l'avvocato, il suo avvocato, gli fece cenno di alzarsi in piedi e a lui non rimase altro che fare come gli era stato detto.

Come in trance seguì l'uomo in corridoio e poi fuori nell'atrio della stazione di polizia, proprio lì davanti alla reception, c'erano Seokjin e Namjoon.

Jungkook e Seokjin non erano andati d'accordo in un primo momento, il biondo lo aveva visto con sospetto e il più giovane per questo non era riuscito a farselo piacere. Tuttavia il suo rapporto con Jimin aveva ammorbidito il loro rapporto, ma il massimo del contatto fisico che si fossero mai scambiati era stata quella carezza sulla testa che il biondo gli aveva fatto quando Jungkook era venuto a chiedergli informazioni su Jimin.

In quel momento, però, a Jungkook non importava di essere in una stazione di polizia e della loro abituale timidezza, corse, oltrepassando il suo avvocato e tuffandosi nella braccia aperte del maggiore lo strinse forte.

"E' finita". Il numero due sussurrò abbracciandolo di ritorno. Namjoon che era appena dietro di lui sorrise.

Tutti alla stazione di polizia sembravano intenti ad osservarli di soppiatto, soprattutto Seokjin, sembravano guardarlo con la reverenza che si riservava alle persone importanti. Namjoon andò a ringraziare l'avvocato e Jungkook avrebbe voluto fare lo stesso, ma l'uomo scomparve poco dopo.

"Andiamo. Taehyung e Hoseok stanno aspettando qui fuori." Il biondo sussurrò gentilmente, il braccio ancora sulle sue spalle.

Jungkook annuì.

Probabilmente era l'alba. La notte si stava spegnendo nei colori chiari del mattino. Non aveva trascorso troppo tempo dentro quella cella, tuttavia gli era davvero sembrato un tempo eterno. Si chiese preoccupato cosa sarebbe accaduto agli altri o all'uomo che era stato trascinato da qualche parte all'interno della stazione di polizia.

Tuttavia, il treno dei suoi pensieri fu interrotto da un Taehyung che gli saltò letteralmente addosso. Dal momento che non aveva mangiato nulla da mezzogiorno, Jungkook rischiò quasi di perdere l’equilibrio, debole com’era.

Lo abbracciò comunque.

"Cazzo Jungkook ci hai spaventato a morte." Taehyung sussurrò all'orecchio. Quando il suo migliore amico, infine riusci a staccarsi per lasciarlo respirare fu travolto dalla forza dell’abbraccio di Hoseok.

"Hoseok hyung," Jungkook lo chiamò, profondamente commosso. Non importava la situazione, non importava le incomprensioni o il fatto che il suo hyung stesse male, fosse stato male tutto quel tempo, lui era lì per Jungkook. Erano la sua famiglia.

"E’ meglio se ci spostiamo da qui." Disse Namjoon non senza gentilezza. Alla fine riuscirono a districarsi e seguirono Namjoon e Seokjin verso la loro auto. Jungkook era ancora stordito, incapace di comprendere ciò che era appena accaduto e come era stato improvvisamente liberato, ma era ancora grato a Seokjin soprattutto perché aveva deciso di essere lui a guidare.

"Oh Kookie non hai idea di che notte è stata!" Taehyung esclamò nel suo orecchio sinistro. Era stato costretto a sedersi tra il suo migliore amico e la sua anima gemella e nessuno dei due sembrava in grado di levargli le mani di dosso.

"Ci siamo davvero spaventati per un momento. Quando Taehyung mi ha chiamato ho cercato di fare il più velocemente possibile. Poi siamo andati a controllare il tuo appartamento, ma ovviamente non eri lì. Entrambi siamo andati in panico." Hoseok disse alla sua destra.

"Infatti. Ma Hoseok mi ha fatto ricordare di chiamare Seokjin hyung e grazie a dio che l’abbiamo fatto! E 'stato grande!"

"Voi avreste fatto lo stesso per me," disse Seokjin dal suo posto di guida.

"Sicuro ma questo non diminuisce la nostra gratitudine hyung. Se non fosse stato per voi due non so come avremmo fatto." Hoseok rispose sorridendo.

"Riesci a credere che Seokjin è un Kim? Un Kim! La famiglia presidenziale Kim! Con il suo nome e le risorse di Namjoon, siamo riusciti a scoprire dove ti avevano portato. Mi dispiace se ci abbiamo messo così tanto, ma abbiamo avuto bisogno di tempo per raccogliere le prove! Credo di aver svegliato metà del consiglio studentesco ma chissenefrega!” Continuò Taehyung.

"Grazie, a tutti voi." Disse Jungkook improvvisamente.

"Grazie, Seokjin hyung. Veramente. Ti ringrazio. Grazie Namjoon hyung per aver fatto tutto questo per me.”

"Non ci ringraziare, siamo amici no?" Il compositore disse, abbagliandolo con le sue fossette.

Seokjin sorrise con calore dallo specchietto retrovisore.

"E non so neanche da dove iniziare a ringraziare voi due. Sono in debito con voi due per più di questa sera. "

Hoseok scosse la testa. "E’ tutto a posto, Kookie."

A quelle parole seguì un silenzio strano. Sia Taehyung che Hoseok gli stavano incollati, mentre l’altra coppia controllava il suo stato dagli specchietti. Dopo un po’ ricominciarono a parlare, raccontando altri dettagli, ma Jungkook non stava ascoltando.

"Non lo abbiamo detto ai tuoi genitori, ci dispiace." Disse Taehyung. "Siamo stati così impegnati nel cercare di tirarti fuori di li che ci è completamento sfuggito di mente, ma non appena arriviamo a casa chiamali Kookie." Jungkook annuì. Lo avrebbe fatto, ma dopo.

Perché c'era un grande vuoto li dentro, più grande dell'assenza dei suoi genitori, più grande persino della paura che lo aveva accompagnato in quelle lunghe ore. Più grande di tutto perché lui non c'era.

"Dov'è Jimin?" Chiese Jungkook.

Un silenzio pesante seguì quella domanda.

 

 

 

 

Jimin aveva spento il suo telefono ed era rimasto seduto sul tavolo della cucina per un'ora. A pensare.

Il suo capo aveva appena chiamato e gli aveva detto che c'era stato qualche inconveniente in ufficio, non aveva spiegato cosa stava succedendo, ma aveva dato a Jimin due giorni di vacanza.

Jimin pensò che fosse periodo di ispezione e così non aveva insistito. Il suo capo apprezzava le sue capacità e il suo duro lavoro e lo aveva messo in un ruolo di responsabilità nel reparto di contabilità. Ma l'ufficio centrale e la maggior parte delle persone in carica non si fidavano di un numero zero in qualsiasi tipo di posizione elevata, anche in una posizione innocua come la sua. Così, quando era tempo di ispezione, il suo capo era solito assegnarli altri compiti. Fu sorpreso delle ferie improvvise ma non era come se fosse stato licenziato e forse avrebbe potuto usare quel tempo per sistemare e riflettere sulla sua situazione.

Stava forse affrettando le cose, stava pensando troppo? Aveva cercato di contattare Jungkook ma senza alcun risultato, neanche Taehyung gli rispondeva e così si era stancato. Aveva spento quindi il telefono e l’aveva lasciato da qualche parte.

Ironia della sorte, ora che aveva il tempo, non sapeva che cosa farci.

Jungkook stai bene? Hai cambiato idea?

Forse aveva visto questa situazione sin dall’inizio nel modo sbagliato. Forse questa di per se era una risposta. Aveva sempre saputo dopotutto dei timori di Jungkook. Quindi c'era una cosa, solo una cosa che poteva ancora fare.

Si alzò di scatto.

Corse verso la sua camera, tirò fuori una valigia da sotto il letto e cominciò a riempirla con vestiti, articoli da bagno e tutto il necessario per un viaggio di due giorni. Poi prese un borsone e cominciò a riempirlo con tutte le cose di Tao e come se fosse sotto un incantesimo prese la gabbia di viaggio per il gatto e sistemò l’appartamento mettendo in ordine quanto sparso in giro. Poi portò il gatto nella gabbietta, la valigia e la borsa dentro la sua auto.

Solo allora si fermò. Si rese conto di non aver mangiato nulla e che quello che stava facendo era probabilmente la cosa più spericolata che avesse mai fatto dopo quella volta che aveva trovato il coraggio di traslocare dalla sua prima casa. Tornò per controllare se avesse dimenticato qualcosa. Si fermò sulla soglia della sua porta e con le chiavi in mano, diede un’ultima occhiata al suo appartamento.

C'erano ancora i fiori che Jungkook gli aveva regalato, messi in bella mostra in un vaso sul tavolino del salotto. Notò che una delle rose aveva iniziato ad appassire.

Chiuse la porta.

 

 

 

 

 

“Non vuoi riposare un po' di più?" Chiese Taehyung mentre guardava Jungkook infilare alcuni vestiti in un borsone. Si era offerto di dare un passaggio a casa a Jungkook in modo che Hoseok potesse continuare a riposare visto che aveva un turno più tardi quel giorno.

Dopo essere usciti dalla stazione di polizia lo avevano portato a casa loro dove Seokjin aveva cucinato uno dei suoi pasti speciali per tutti. Fu solo dopo che ebbero la pancia piena che gli disse che Jimin se ne era andato.

Il più giovane aveva voluto andare alla sua ricerca il momento stesso in cui quelle parole avevano lasciato le labbra di Seokjin ma nessuno glielo aveva permesso. Sembrava visibilmente scosso, pallido e stanco. Non avrebbe concluso nulla in quelle condizioni.

"Non so dove sia andato. Ha spento il telefono e non è a casa, ha anche preso Tao con se. Ma posso provare a indovinare. "Seokjin disse con un sospiro.

Jimin sembrava essere all'oscuro della situazione, ossia che un sacco di numeri zero erano stati arrestati e che alcuni numeri due con un po 'di coscienza avevano cercato di tenere fuori dai guai più numeri zero possibile. Come dei capi che davano ai loro dipendenti zero delle ferie per non farli circolare in strada. Jimin non era rimasto per informarsi aveva solo preso la sua macchina e se ne era andato.

"Sto bene Taehyung. Ho appena trascorso una notte in una cella ma a parte questo non mi hanno fatto niente." Jungkook disse chiudendo il borsone e prendendo una giacca leggera. Taehyung gli aveva dato uno dei suoi vecchi telefoni perché non voleva lasciarlo andare in giro senza un dispositivo.

Taehyung sospirò.

"Vorrei venire con te. Ma."

"Lo so," disse Jungkook sorridendogli.

"Starò bene Taehyung, davvero. Seokjin mi ha dato l'indirizzo e i treni sono ancora funzionanti. Inoltre se finisco in una cella di nuovo ora so di poter dire che sono amico di un Kim. Anche se è ancora strano pensare a Seokjin hyung come un membro della famiglia presidenziale. Cioè stiamo parlando di Kim Seokjin.” Cercò di scherzare Jungkook.

"Per favore non scherzare. Abbiamo avuto così tanta paura ieri.

"Anche io. Ma questo è più importante. Devo andare."Jungkook disse determinato." Taehyung sospirò di nuovo. "Lascia che ti dia un passaggio in stazione almeno." Jungkook accettò.

Il tragitto verso la stazione fu tranquillo. Il più giovane continuava a guardare fuori dalla finestra, la sua mente sembrava vagare da qualche altra parte, con qualcun altro.

Non ci volle troppo tempo per arrivare, Taehyung fece in modo di controllare più volte i dintorni e fu irremovibile nel lasciare Jungkook davanti alla porta principale.

"Vai a casa. Io me la caverò,” il numero zero disse issandosi la borsa su una spalla e inclinando la testa di lato. Taehyung guardò questo Jungkook, così cresciuto, così sicuro e così pronto a combattere non per se stesso, ma per qualcun altro. Qualcuno che amava. Non era più una fiamma gelida ma il sole che riscalda dolcemente l'aria.

Stai davvero mostrando al mondo come un numero zero può essere felice.

Così annuì e fece come gli era stato detto. Lasciò Jungkook in stazione e tornò a casa.

 

 

 

Taehyung si stava togliendo le scarpe all'ingresso, quando udì dei passi leggeri avvicinarsi. Alzò lo sguardo. Eccolo lì, la sua anima gemella, il suo Hoseok. Aveva i capelli arruffati e gli occhi erano ancora semichiusi, ed era a piedi nudi anche se lui tormentava Taehyung non-stop affinché non andasse scalzo in giro perché non voleva che si prendesse un raffreddore.

Era bellissimo.

"Sei tornato." Sussurrò.

"Certo. Perché non avrei dovuto." Taehyung indossò le pantofole e si mosse lentamente verso Hoseok.

"Pensavo saresti andato con Jungkook. Per aiutarlo."

Taehyung lo guardò con tutto l'amore che gli era possibile trasmettere.

"Tu sei il mio numero uno, Hoseok. Lo sei sempre stato. Lo sarai sempre.” Taehyung disse coprendo gli ultimi passi che li separavano.

Hoseok chiuse gli occhi.

Taehyung poi lo abbracciò stretto, contento di essere più alto perché Hoseok si incastrava così bene tra le sue braccia.

"Mi dispiace se ti ho fatto pensare, dubitare che potesse essere altrimenti. Mi dispiace così tanto."

“No a me dispiace. Perché lo sapevo. Sapevo come stavano le cose, ma anche così non potevo smettere di guardare voi due e sentirmi... "Geloso. Messo da parte. Hoseok si afflosciò per la vergogna. "Sono venuto meno a entrambi."

"Non c'è niente, niente che tu abbia fatto che mi farà mai pensare che sei venuto meno Hoseok. Niente. Perché hai messo me e chi amavo prima di qualunque cosa, prima di te stesso, perché mi hai amato e mi hai protetto e hai amato e protetto chi sapevi era importante per me. Avevi ragione Hoseok. Avevi ragione, lui era da un pezzo che riusciva a cavarsela da solo, ma ero io ero quello che ostinatamente si attaccava al passato, permettendo che si infilasse tra di noi.”

“Mi hai detto che era una parte di te come non avrei potuto amare una parte di te? Non ho fatto niente di speciale. E poi è Jungkook, è impossibile non volergli bene.”

Hoseok disse come se quello che aveva fatto non fosse stato qualcosa di straordinario.

"Allora continuerai ad amare questo me che è solo me?" Taehyung sussurrò tra i suoi capelli.

"Che stronzata stai dicendo, ti amerei anche se ciò che rimanesse di te fosse solo un quarto."

Taehyung rise.

"Sono contento. Perché questo solo me amerà solo te, così tanto che presto non saprai cosa fare di me.” "

"Ne dubito."

"Sfida accettata." Taehyung mormorò prima di staccarsi, guardare la sua anima gemella negli occhi e poi finalmente baciarlo.

Non si era tutto magicamente sistemato. Avrebbero avuto bisogno di tempo, ma Taehyung avrebbe fatto del suo meglio. Per dare a questa bella persona quello che si meritava e altro ancora.

E forse lui non ci avrebbe creduto in un primo momento, ma con il passare dei giorni, uno dopo l'altro, allora Hoseok avrebbe capito di essere anche lui una parte di Taehyung, quella vitale senza la quale Taehyung non sarebbe stato nulla.

"Ti amo." Sussurrò sulle labbra.

"Ti amo anch'io."

 

 

 

 

 

 

Jungkook continuò a guardare fuori dal finestrino del suo sedile. Pensò a come le cose si erano capovolte in sole 24 ore. Si sentiva svuotato ed esausto, ma non poteva ancora fermarsi, non poteva riposare. Non fino a quando non avesse avuto Park Jimin di nuovo tra le sue braccia.

 

 

 











NdA: credo questo sia uno dei miei capitoli preferiti. Ci siamo quasi (commossa).
   
 
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