These
violent delights have violent ends
And
in their triumph die, like fire and powder,
Which, as they
kiss, consume.
[W. Shakespeare, Romeo and Juliet, Act 2- Scene 6]
[W. Shakespeare, Romeo and Juliet, Act 2- Scene 6]
Quella notte o quel giorno, non lo avrebbe mai capito, rimase a lungo in bilico tra il sonno e la veglia. Sognò sua madre, che le preparava i biscotti, con i suoi capelli di un color miele dolce, il sorriso rassicurante. Sentì il respiro lieve di Julian che le dormiva accanto, con il braccio allungato verso di lei, come se la stesse cercando anche nei suoi sogni. Rivide il viso di suo fratello, quando era ancora piccolo che giocava con le macchinine. Dee e Audrey che litigavano per qualche stupidaggine. Il viso di suo cugino mezzo nascosto nella penombra, intento a fotografare qualcosa. E poi Michael e Summer, con le loro facce sorridenti. Tom che mai come quel momento, le era sembrato così lontano e distante.
Socchiuse gli occhi e Julian era lì. Non lo aveva mai visto con il viso così disteso, rilassato. Respirava piano e poteva vedere il suo petto che si alzava e si abbassava. Nella penombra, tra l'oscurità e il suo sguardo annebbiato dal sonno, a Jenny parve un alieno venuto da un mondo distante. E in definitiva era questo. Non poteva esistere nel mondo un essere tanto perfetto, così bello. E improvvisamente tutto era sparito. Si strinse a lui e, forse inconsciamente, lui la richiamò tra le sue braccia. Sorrideva, dolcemente, come un bambino davvero felice per la prima volta.
Quando si risvegliò si voltò immediatamente verso Julian. Due fari azzurri la investirono: Lui era inginocchiato vicino a lei con un enorme vassoio carico di cibo.
-Ti ho svegliata?-
-Mh, no.- Mormorò stropicciandosi gli occhi. Lui le posò il vassoio sul letto, proprio accanto a lei. -Mangia.- ordinò.
Lei stava per alzarsi quando si ricordò di essere, ancora, nuda. Avvampò per la vergogna, nascondendosi sotto le coperte.
-Non dirmi che ti vergogni di farti vedere nuda da me.- sorrise, con il suo modo di allungare la bocca, sarcastico.
-Bhè, diciamo di si.- Balbettò.
Lui rise ancora più forte, di gusto. Le porse una camicia candida, e le diede un lento bacio sulle labbra. -Mi piaci così.- poi un bacio più veloce. -Nuda, con i capelli disordinati e tutta rossa in viso.-
Jenny cercò di ignorarlo, e si sforzò a fingere una faccia offesa. Indossò in fretta la camicia, abbottonandola tutta, mentre lui si era voltato per concederle un po' di privacy. Di schiena, Julian le sembrò ancora più alto con le sue spalle dritte e larghe, coperte solo da una T-shirt nera di tessuto leggero.
Quando lui si voltò lei era ancora più bella. Aveva gli occhi un po' assonnati, sembrava quasi una bambina nella sua camicia di tessuto leggero e i capelli legati in modo disordinato.
-Tu non mangi?- domandò mentre si imburrava un toast.
-Non ho fame.-
-Neanche un po'?-
-Mangia tutto. Non hai toccato cibo da quando me ne sono andato.-
Jenny lo guardò negli occhi. -Perché sei andato via?-
Lui sollevò lo sguardo, diventando improvvisamente serio. -Dovevo cercare una cosa.- Poi fece comparire una biro nera e le prese la mano. Disegnò una specie di occhio, o qualcosa di molto simile, e una mezza luna. Lo fece con estrema cura, mettendoci cinque minuti e poi rimase li a guardare il suo operato. Quando alzò lo sguardo, Jenny lo osservava con aria interrogativa.
-E' una specie di amuleto.- Spiegò. -Se lo disegni in questo modo, gli altri uomini ombra non ti vedranno e non ti sentiranno. Ma devi fare attenzione: se qualcuno sa di questo segno smette di funzionare su quella persona.-
Annuì seria. Come aveva immaginato Julian era davvero preoccupato.
Lui abbassò lo sguardo. Si sedete sul letto, in silenzio, senza mai distogliere gli occhi dalla sua mano.
-Devo parlarti di una cosa importante.-
Jenny lo guardò, deglutendo il pezzo di toast alla marmellata e burro che stava mangiando.
Sorrise in modo nervoso -Andiamo, se dici una cosa del genere mi farai preoccupare-
Lui la guardò con gli occhi più espressivi che avesse mai visto.
-Vedi quella porta accanto al letto?-
Jenny spostò il suo sguardo alla porta che, ci avrebbe giurato, non c'era la sera prima. Nera e lucida, con un'incisione fatta in modo pulito, preciso, senza la minima increspatura, che sembrava brillare nella penombra. Annuì, spostando lo sguardo dalla porta al suo viso.
-Se attraversi quella porta sarai di nuovo a casa e nessuno di questo mondo potrà raggiungerti. Nessun uomo ombra, nessun incubo, nessuna creatura.-
-Neanche tu?-
-Neanche io.- e nel dirlo le sembrò incredibilmente triste. -Sarai al sicuro, con la tua famiglia, con i tuoi amici, con Tom e vivrai la vita che hai sempre voluto.-
Non c'era rabbia nelle sue parole. Non c'erano emozioni. Come uno specchio che non riflette più tutto ciò che ha davanti.
-Perché me la fai vedere proprio ora?-
Lui rimase in silenzio, spostando lo sguardo da lei alla porta, senza guardala negli occhi.
-Se tu volessi tornare da loro, io non ti fermerei.-
Julian continuava a rigirarsi la biro tra le mani. Seduto sul ciglio del letto, non osava alzare gli occhi, o si sarebbe dovuto scontrare con i suoi, verdissimi. C'era una malinconia nella sua voce, qualcosa di arcano, una tristezza infinita.
-Se tu attraversassi quella porta io non farei nulla per impedirtelo.- ripeté ancora una volta. -Ma non potresti più tornare qui.-
Jenny deglutì ancora una volta, guardandolo con attenzione, studiandolo. Non era un trucco. I suoi occhi erano dolorosamente sinceri. Lui si schiarì la voce, come se si sentisse a disagio. Si alzò di scatto dal letto, concludendo il discorso con un fugace -Bhè, ti dovevo dire solo questo...- Ma Jenny lo fermò. Di scatto, senza neanche pensare a cosa stesse facendo, lo afferrò per il polso costringendolo a fermarsi.
-Julian, aspetta!-
Lui si districò dalla sua presa, ma rimase immobile, rivolgendole la schiena. Era come se aspettasse una sentenza, trattenendo il respiro.
-Posso pensarci un po' su?- domandò incerta.
-Per tutto il tempo che riterrai necessario.- e uscì dalla stanza.
Finendo la colazione, Jenny ripensò alla notte prima, alla porta, a lei e Julian. Forse lo aveva ferito. Ma aveva desiderato così tanto rivedere il suo mondo, che non poteva non pensarci. Cosa avrebbe dovuto fare? Forse tutti la stavano cercando, come avevano fatto per Summer quando era scomparsa. Forse, dall'altra parte della porta c'era Tom, disperato, senza sapere dove fosse e se stesse bene. E sua madre e suo padre, suo fratello. Non sapeva neanche quanto tempo fosse passato da quando era scomparsa.
Ma avrebbe avuto davvero il coraggio di lasciare solo Julian? In quel mondo freddo, senza nessuno che gli stesse vicino. Solo come una rosa sulla cima di una montagna impervia, mentre il ricordo di lui nel tempo si sarebbe inesorabilmente affievolito e sarebbe rimasta solo una copia, di una copia, di una copia di quel che era veramente Julian? Tutte le sue sfaccettature che si sarebbero perse negli anni, il tono della sua voce, il modo di parlare, il suo sguardo, felice, triste, arrabbiato, entusiasta, sarcastico. Tutti gli aspetti di lui che a volte odiava, altre volte amava, che diventavano opachi ingogliati dalla sua memoria ormai anziana. Perché, ne era certa, lui non avrebbe mai smesso di osservarla.
Poteva immaginare la scena: Julian, che nascosto tra le ombre la osservava diventare anziana, incurvarsi mentre i suoi capelli diventavano grigi e il suo viso si riempiva di rughe. E lui mutava insieme a lei, diventando giorno dopo giorno sempre più mostruoso.
Non poteva accettarlo. Non lo avrebbe permesso. Non avrebbe sopportato un minuto di più l'immagine dell'uomo ombra solo nell'oscurità. Si alzò dal letto, anche se le gambe le facevano ancora male e, guardandosi allo specchio sul comò, cercò di sistemarsi come poteva i capelli e uscì dalla stanza, cercando Julian.
Il corridoio era, di nuovo, poco illuminato, ma poteva ancora vedere qualcosa.
Girò a destra, fino ad arrivare alla sala. E Julian era sempre lì, seduto sulla poltrona illuminato dal fuoco. La luce verde e le ombre lo colpivano in modo perfetto, e lui restava immobile assomigliando sempre di più ad un personaggio dei film di fantascienza. Di una bellezza alienante. Niente nell'universo poteva essere paragonato a lui. Strano e perfetto.
-Julian.-
-Hai deciso?-
Non poteva non notare quella note di preoccupazione che echeggiava nella sua voce. Gli si avvicinò. Gli occhi che con la luce variavano dal blu al verde al viola. E lei si sedette sul bracciolo accanto a lui, appoggiandogli una mano sulla spalla. Lui la prese e iniziò ad accarezzarla, in modo delicato. Una silenziosa supplica.
-In realtà no.- Rispose lei dopo un lungo silenzio. -Vorrei solo capire cosa sta succedendo. Perché proprio ora hai deciso di darmi una via di fuga? Non è da te rinunciare ad un gioco.-
-Non sto rinunciando ad un gioco.- Il suo sguardo era fermo sulle fiamme, la voce chiara e controllata. -Ma non voglio più che tu sia una mia prigioniera.-
Lo guardò con attenzione e lui continuò -Hai visto la spiaggia fuori dalla porta? E' così questo mondo: Posso creare qualsiasi cosa, ma tutto svanisce prima o poi. Il sole non è caldo come quello vero. Il mare prima o poi si dirada. La nebbia e l'oscurità inghiottono tutto ciò che creo... L'unica cosa reale, qui dentro, siamo solo io e te.-
-Ne parli come se ti disturbasse.-
-E' così.- e dopo un lungo silenzio aggiunse -Non posso controllare quello che dici o pensi. I tuoi movimenti, i tuoi sguardi, le tue parole sono tutte fuori dal mio controllo. Una volta mi avrebbe disturbato questa mia mancanza. Adesso mi rincuora.-
-Ti rincuora?-
-Mi fa sentire meno solo. Ogni giorno, con te, è una sfida. Ma adesso è finita. Hai vinto. Non è più divertente giocare quando c'è sempre qualcuno che disturba le partite.-
Era chiaro che si stesse riferendo agli uomini ombra.
-Vorrei giocare ancora un po'-
-No. Ho detto che hai vinto.- La sua voce ferma e decisa per un momento la fece spaventare. -E' un gioco pericoloso. Se continui, non giochi solo contro di me.-
-Possiamo giocare insieme contro di loro.-
Julian alzò lo sguardo, studiandola. Come se cercasse della paura nel suo sguardo, un qualche segno di esitazione da prendere e levigare come un coltello da usare contro di lei.
-Lo possiamo fare, possiamo stare nella stessa squadra.-
-Si. La "Idiots squad"-
Jenny rise per quella improvvisa battuta e lui la seguì con uno dei suoi classici sorrisi sornioni.
-Saremmo la peggiore squadra del mondo.-
-Andiamo, siamo forti insieme!-
-Ci ucciderebbero in un attimo!- disse ridacchiando-
Lei rise. Le piaceva, le piaceva da matti quando lui faceva in quel modo. E finalmente il clima si era alleggerito, perfino il fuoco sembrava di un verde più brillante. I suoi occhi continuavano a studiarla, mentre lei rideva.
-Non ho mai visto degli occhi più belli dei tuoi.- Disse Julian tirandola a sé. Fece scivolare le sue mani trai capelli di lei, guardandola come nessuno l'aveva mai guardata prima. Giocando con le ciocche dei suoi capelli si avvicinò alle sue labbra e le diede un lento bacio.
Non era sensuale, non era come quelli che si erano scambiati nel corso del tempo. Non c'era lussuria nei suoi gesti. Solo una lenta, disperata ricerca di contatto fisico. Con la sensazione che se solo si fosse staccata da lui per un momento sarebbe sparito. Non la incantava più. Era come vederlo senza tutte le sue maschere. Semplice e indifeso, ma allo stesso momento forte e deciso.
Non sapeva dire per quanto tempo rimasero in quel modo. Sapeva solo che stava talmente bene tra le sue braccia che non si sarebbe mai allontanata da lui se solo avesse potuto.
-Adesso devo andare.- disse spostando una ciocca di capelli dal suo viso.
-Torna presto, ok?-
-Certo.- rispose lui. -Stasera ho una sorpresa molto speciale per te.-
Ci aveva messo ore per truccarsi e sistemarsi i capelli. Con la cipria coprì i due grossi lividi sulla schiena in modo che non si vedessero. Indossò un vestito color verde bosco, che le copriva le spalle, stretto in vita con la gonna che le arrivava alle ginocchia. Semplice e senza troppi fronzoli.
Si guardò allo specchio e per un momento si vide bella come la descriveva sempre Julian. La vita sottile e i capelli che in quel periodo le erano cresciuti fino ad arrivarle ai fianchi. Non era molto brava nel truccarsi e non aveva esagerato, ma si era impegnata al massimo per essere bella per lui.
Quando uscì dalla sua stanza, Julian era lì, metà in ombra, metà illuminato da una luce fiocca, poteva vederne solo metà viso, come una luna calante. Sembrava stupito del suo cambiamento, come se non si aspettasse di vederla con i capelli arricciati e fermati da un fermaglio di perle, con la gonna che le accarezzava le ginocchia. La guardava come un bambino che vede il sole per la prima volta.
Lui indossava un completo elegante, completamente nero, con i capelli e gli occhi che sembravano cambiare colore ad ogni suo movimento, più scuri o più chiari seguendo la luce del corridoio.
-Non sei mai stata più bella.-
Jenny arrossì. Glielo aveva detto molte volte quanto, per lui, era bella. Ma mai con quel tono così formale e reverenziale, come un uomo di chiesa. Le prese il braccio e lo incatenò al suo, sfiorandole il fianco. Non camminarono molto, e come molte altre volte, la condusse davanti ad una porta con delle incisioni.
-Spero non sia una spiaggia.- Disse Jenny con un sorriso -Non ho il costume.-
-E' qualcos'altro, ho bisogno di festeggiare questo giorno con te.-
Jenny rimase interdetta. Ma prima che potesse chiedere qualcosa Julian aprì la porta e l'accompagnò dentro.
Jenny dovette trattenere il fiato, altrimenti avrebbe urlato dallo stupore.
Fuori dalla porta, bianca e lucida, come quelle delle fiabe, si apriva d'avanti a lei la più bella balconata che avesse mai visto. Fece tre passi, guardando ogni minimo dettaglio, riconoscendo le lampade che aveva visto una volta in un ristorante francese. La veranda, era l'esatta copia di quella durante la festa in maschera quando ancora andava a scuola, la prima volta che avevano ballato insieme. L'ennesimo trucco per farla sua. Solo che, questa volta, era più piccola e riservata e, anche se non riusciva a crederci, si affacciava sulle strade di Parigi.
Da dov'erano, si potevano vedere i palazzi, la Senna con all'orizzonte la torre Eiffel, come mai lì aveva vista prima.
-Come..?- Non riusciva neanche a chiederlo. Si affacciò dalla terrazza, guardando quel paesaggio meraviglioso. Quando era ancora una ragazzina, aveva sempre sognato di andare a Parigi con un principe azzurro. Poi era arrivato Tom, era cresciuta, e la voglia di andare a Parigi era sempre rimasta dentro di lei, stretta e in un angolo, per far posto a sogni più moderati, meno impegnativi. Non che andare a Parigi fosse impossibile, ma c'era sempre qualcosa che la fermava. Il diploma, la laurea, il lavoro, il matrimonio.
-Siamo sull'hotel Pullman. Da qui si vede benissimo sia la senna che la Torre.- Le spiegò Julian, affacciandosi, accanto a lei, alla ringhiera in marmo. -Quella è la Avenue Charles Floquet, e da quella parte c'è l'Avenue Gustave Eiffel.-
Intorno a loro si estendevano parchi meravigliosi. I ponti sulla senna erano tutti illuminati e la Torre sembrava ricoperta di stelle, uno spettacolo unico.
-E' bellissimo.-
-Tutto per te.- Si voltò verso di lei, e gli occhi sembravano vibrare con tutte quelle luci che dondolavano riflesse nei suoi occhi. Prese la sua mano tra le sue, guardandola attentamente. -Ho pensato che Parigi fosse la meta più adatta per il nostro primo anniversario di matrimonio.-
Jenny lo guardò stupita. Era davvero già passato un anno?
-Non pensavo fosse passato così tanto tempo.-
Julian sogghignò, tra l'amareggiato e il divertito. -Qui il tempo è mutevole. Un anno passa in un soffio, dieci anni sono come cento. Neanche io ho idea quanto tempo sia passato sulla terra. E' passato un anno e sembravano fossero trascorse solo poche settimane. Domani potresti svegliarti e saranno passati dieci anni.-
-Ma è terribile!-
-Dipende cosa fai con il tempo che hai.- Strinse la sua mano, poi fece scivolare l'altra sul suo fianco. -Il tempo passato con te, per me, è stato più breve di un battito di ciglia.-
Seduti a tavola, Julian la guardava attraverso il bicchiere di vino bianco. Facendo dondolare il bicchiere, Jenny non riusciva a non pensare a cosa stesse pensando. Un piano da qualche parte suonava una dolce canzone.
-Balli con me?-
Julian aveva puntato gli occhi su di lei. Le era venuto in mente che non avevano mai ballato insieme per il puro piacere di farlo. Era sempre stato lui a prendere l'iniziativa, a cercarla, e tutte le volte era un modo per ammaliarla, per costringerla a giocare. Faceva sempre parte dei suoi piani.
Voleva essere lei a prendere l'iniziativa, solo per una volta. Julian la studiava, come se lo avesse, ancora una volta, stupito.
Si alzò dalla sedia, girando intorno al tavolo piccolo e rotondo, imbandito. In piedi davanti a lui, gli tese una mano per farlo alzare.
Sorrise, guardando il suo sguardo un po' perso, ma solo per una frazione di secondo. Prese la sua mano e la portò in un angolo della terrazza illuminata dalle stelle. Con le mani strette sui suoi fianchi, con le braccia di lei incrociate intorno al suo collo, gli accarezzava i capelli. Lui la guardava come un diamante estremamente prezioso che stringeva tra le mani. Non si era mai sentita così amata. Neanche con Tom. Aveva qualcosa nel suo sguardo, una dolce richiesta di aiuto.
E mentre loro ballavano, Julian con la sua voce profonda le cantava, sussurrandole all'orecchio, una canzone che non sentiva da tempo che, ricordava, sua madre cantava mentre cucinava la domenica mattina, con gli occhi innamorati rivolti al padre.
"Suzanne takes you down
to her place near the river
You can hear the boats go by
You can spend the night beside her
And you know that's she half crazy
But that's why you want to be there"
La fece girare su se stessa, senza mai staccare le mani dal suo corpo, sfiorandola con la delicatezza di un gatto nero. Le sue mani morbide, il suo viso, il suo sguardo la fecero arrossire. Il modo in cui la guardava era unico al mondo. Cantava con voce profonda, e le parole la sfioravano come se avessero una consistenza. Era totalmente incantata.
"And just when you mean to tell her
that you have no love to give her
then she gets you on her waveleght
and she lets the river answer
that you've always been her lover"
Per tanto tempo aveva descritto Julian come un demone. Ammaliante come il diavolo. Un principe delle tenebre. Così bello e seducente che avresti venduto l'anima per un suo bacio, e nello scambio avresti persino avuto l'impressione di guadagnarci. Julian che con un bacio ti fa perdere i sensi. Julian che balla, con la sua maschera a coprirgli il viso, in modo che potesse vedere solo i suoi occhi incantatori.
E per tanto tempo, ai per lei, era stato solo quello. Crudele, cattivo e capriccioso. L'amava, è vero, ma non l'avrebbe mai lasciata libera di decidere da sola.
Una minaccia, ecco cos'era stato.
Si era sempre chiesta cosa avrebbe fatto, se un giorno per caso, lui si fosse presentato davanti a lei e le avesse semplicemente detto che l'amava, senza ricorrere a tutti quei trucchi.
Perché a guardarlo adesso, mentre cantava una delle canzoni più dolci che avesse mai ascoltato, e il suo viso sembrava quello di un angelo,Julian non sembrava altro che un angelo.
Aveva sempre detto che non sarebbe mai potuto cambiare quel che era, ma non si rendeva conto che era già cambiato da diverso tempo.
"And you want to traver with her
and you want to travel blind
and you know that she will trust you
for you've touched her perfect body with your mind"*
Rimasero lì a ballare quel valzer finché non finì la canzone. E Julian la strinse ancora di più tra le sue braccia quando la musica cambiò diventando ancora più lenta e dolce. Con il viso affondato tra i suoi capelli, lo sentiva fremere mentre la abbracciava con forza e dolcezza allo stesso tempo.
-Julian?-
-Promettimi solo una cosa.- sussurrò solleticandole il collo con il naso. -Che quando andrai via, prima di lasciarmi e tornare dalla tua famiglia, ti prego... dimmelo. Non sparire all'improvviso.-
-Julian,io...-
-Promettimi solo che mi permetterai di dirti addio.- Quando alzò lo sguardo, Jenny lo fissava impietrita, mentre osservava i suoi lucidi. Oceani profondi e glaciali, un blu impossibile. Non aveva mai visto Julian con un simile sguardo. Così disperato, così bisognoso. Il blu si rifletteva tra il luccicore delle lacrime, che non volevano scendere, troppo orgogliose. Sarebbe stato troppo.
-Non vado da nessuna parte. Lo giuro, lo giuro. Resto con te.- Gli prese il viso tra le mani, abbracciandolo forte, e lo baciò con così tanta disperazione perché sapeva che altrimenti lo avrebbe perso.
Due forti rintocchi la fecero sussultare. Poi ancora uno. E un altro.
-Dobbiamo andare.- mormorò Julian guardando la porta.
Le prese la mano, e la trascinò fuori dalla porta. I colpi continuavano a rincorrersi prepotenti. Lui le sembrò così agitato che non osò chiedere nulla. Con il cuore a mille, lui la fece entrare nella sua stanza. -Vattene.- le ordinò mettendola davanti alla porta.
La porta nera, quella che l'avrebbe portata a casa.
-No, ti prego, fammi restare con te.-
-Non so se riuscirò a fermarli.- Aveva cercato di abbracciarlo, ma lui la teneva lontana con le mani strette intorno ai suoi polsi. -Loro vogliono te. Sei una loro proprietà. Io non sono sicuro di poterli mandare via ancora una volta. Ti uccideranno. Ti tortureranno e faranno qualsiasi cosa con te e io non potrò fare nulla per aiutarti!- Jenny continuava a scuotere la testa, terrorizzata.
-Se vado via loro cosa ti faranno?-
-Per favore, Jenny. Non posso permettere che ti facciano del male.- Stava urlando adesso. Non di rabbia, ma di disperazione.
-Li hai mandati via tante volte.- Continuò lei.
Julian si girò di scatto, guardando la porta con rabbia. -Resta qui.-
Jenny indietreggiò, piangendo. Mentre lui la lasciò chiudendosi la porta alle spalle.
Seduta sul letto decise di aspettarlo. Forse, Julian, aveva reagito così solo perché era preoccupato. Ma lei aveva fiducia in lui. Era sempre riuscito a fermarli, sempre. E tutte le volte che quell'uomo ombra l'aveva aggredita c'era riuscito solo perché lui non c'era. Doveva solo aspettare. Non c'era nient'altro che potesse fare.
Intanto da dietro la porta continuavano i colpi. I rintocchi si facevano sempre più forti, costringendola a tapparsi le orecchie, mentre la stanza tremava, come se un terremoto stesse scuotendo tutta la casa. La polvere scivolava dalle travi e la pittura iniziò a sgretolarsi, lasciando a vista i mattoni. Le voci si facevano sempre più prepotenti nel corridoio, furiose e cattive, ma non riusciva a cogliere cosa stessero dicendo. Non riusciva a distogliere lo sguardo dalla porta, pregando che entrasse Julian con uno dei suoi sorrisi sornioni, dicendole che li aveva mandati via. Il cuore le batteva all'impazzata. Avrebbe voluto sapere cosa stesse succedendo, uscire e vedere con i sui occhi se lui stesse bene, ma aveva paura. Se fosse uscita, di certo, avrebbe messo in una brutta situazione Julian.
Così rimase lì, ad aspettare che lui tornasse.
Doveva essersi addormentata perché si svegliò di colpo non appena sentì la porta aprirsi di scatto e chiudersi violentemente. Si alzò in fretta ma ci mise qualche secondo per mettere a fuoco Julian che, con le spalle appoggiate alla porta, scivolava mollemente a terra.
-Oh Dio, Julian!-
Ricoperto di sangue, respirava prendendo grandi boccate d'aria. I vestiti erano strappati, e poteva vedere i grossi tagli attraverso il tessuto nero. Sembrava perdere sangue anche dal viso, ma non capiva dove fosse ferito, e si teneva il fianco, tremando.
-Cos'è successo?- domandò spaventata, correndo verso di lui.
-Non ti avvicinare!- urlò lui, con una mano protesa verso di lei. Tossì forte, stringendosi le braccia al corpo, dolorante. -Non ti avvicinare Jenny, potrei farti del male.- mormorò ancora. Sembrava furioso. Non lo aveva mai visto così arrabbiato, così fuori controllo.
Jenny rimase ferma, aspettando che lui si calmasse.
Lentamente, Julian iniziò a respirare più lentamente, non tremava più, o almeno, non come prima.
-Stai meglio?- domandò preoccupata.
-Si.- Rispose lui, chiudendo gli occhi per un momento. -Mi dispiace, ti ho spaventata?-
-Da morire.- mormorò lei, sedendosi accanto a lui. -Pensavo che non saresti più tornato.-
Non voleva dire cosa stava pensando. Julian era in pessime condizioni, e quelle ferite sembravano fargli incredibilmente male.
-Ti prendo qualcosa per medicare quei tagli.- stava per alzarsi ma Julian la tirò vicino a sé
-Non ti preoccupare, guarirò presto.- sussurrò.
-Cos'è successo?- Con il lenzuolo gli puliva il viso sporco, mentre lui restava immobile, con gli occhi chiusi.
-Pensavo ci fosse solo uno di loro. Ho pensato che al massimo potessero essere in due.- spiegò.
-Invece?-
-Erano una ventina.- Socchiuse gli occhi solo, pensò Jenny, per vedere se era terrorizzata come aveva immaginato. E lo era. Anche più di quanto pensasse Julian.
-Jenny, non ho molto tempo.- disse alzandosi. Ancora dolorante, restava in piedi, ma appoggiato alla porta, come se non fosse del tutto certo di potersi reggere da solo. -Sono riuscito a tornare da te solo perché ho giurato che ti avrei consegnata a loro.-
Jenny tremò a quelle parole. Non poteva essere vero, non lo avrebbe mai fatto. Lui strinse ma mano intorno al braccio, tenendola ferma e appoggiando la mano sulla maniglia. Quando avrebbe aperto la porta, ne era certa, gli uomini ombra l'avrebbero divorata.
Julian aveva già abbassato la maniglia, senza mai incrociare il suo sguardo.
-Non posso.- Julian la guardò negli occhi, con una tale determinazione che le pupille sembravano vibrare. La trascinò davanti alla porta nera, mentre quella che portava in corridoio si gonfiava e si restringeva. Le voci gridavano furiose, come se avessero visto l'improvviso voltafaccia di Julian.
-Devi andartene subito!- esclamò aprendo la porta.
Dietro di lei si aprì il nero, un vento freddo la pervase.
-Non ti voglio lasciare.- con le lacrime agli occhi, lo guardava disperata. Non voleva, non poteva lasciarlo lì.
-Ti prego, non ho più molto tempo.- la supplicò guardando la porta che continuava a gonfiarsi.
-Cosa ti faranno?-
-Non importa, vattene ti prego.-
Da sotto la porta iniziò a filtrare uno strano fumo nero, denso, come se avesse una sua fisicità.
-Jenny, io ti amo.- le sussurrò. -Ti amo, ti amo. Quindi ti prego, vattene. Se ti facessero del male non potrei sopportarlo. Sarebbe peggio di qualsiasi tortura.- La spinse ancora verso la porta, continuando a parlare. Jenny piangeva, singhiozzava. Non sapeva cosa dire. Non voleva lasciarlo.
-Promettimi che non tornerai più qui.-
Sul bordo della porta, Jenny si stringeva a Julian. Lo guardò terrorizzata, stringendosi a lui per la camicia. Julian le prese le mani e la allontanò da se, ma continuando a tenerla per le braccia.
-Ti prego Jenny, giurami che non proverai in nessun modo a tornare in questo posto. A casa sarai al sicuro, quando si richiuderà questa porta, nessuno potrà raggiungerti. Ma tu mi devi giurare che non tornerai, ok?-
Jenny non sapeva cosa dire. Avrebbe voluto continuare ad urlare, gridare ma lui sembrava così disperato che ogni sua supplica la spezzava. Il fumo era opprimente e si sentiva mancare. Le gambe erano così molli che non appena lui l'avrebbe lasciata andare, sarebbe caduta nel vuoto.
Quando lui la tirò a se per baciarla, capì subito che sarebbe stato l'ultimo. Tutto il suo corpo sembrava essere diventato etereo, si confondeva nell'aria, con gli occhi che brillavano e i capelli che sembravano fatti di pura energia. La stanza era completamente buia. E il suo bacio, lento e disperato, fugace, un secondo, dieci anni, tutto confuso, come se per un momento esistessero solo loro due nell'oscurità.
Ma alla fine, sapeva che sarebbe finita in quel modo.
Julian che la lascia andare, la porta che sbatte, e lei che sprofonda nell'oscurità.
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*Leonard Cohen-Suzanne
Direi che merito un applauso solo per essere riuscita a pubblicare il capitolo così velocemente. Ripeto, la mia università è il male puro e presto sarò costretta a concentrarmi sulla tesi, quindi cercherò di pubblicare il più possibile quando ne avrò il tempo (classica scusa insomma ahah)
Ora, prima dei ringraziamenti, vorrei raccontarvi una cosa che mi è capitata di recente.
Essendo una dipendente da twitter, pubblico sempre i link dei miei capitoli, che siano sul gioco proibito o su altri argomenti, o ancora più spesso i miei scleri mentre scrivo, che ammetto che sono molto più frequenti dei capitoli in se. Quindi ogni tanto capita che qualcuno legga la storia e magari non avendo un profilo efp preferiscono scrivermi in chat privata.
Qualche giorno fa pubblico il capitolo precedente a questo, e una ragazza molto carina (che saluto!) mi contatta in chat e iniziamo a commentare la storia finché, ad un tratto, non ci mettiamo a parlare di musica. Mi fa notare, con ragione, che nelle primissime pagine del primo libro (quando Jenny entra nel negozio per intenderci) ci viene presentato Julian e in sottofondo si sente della musica elettronica. Quindi mi fa notare che si, le mie storie sono molto carine e ben scritte, ma che dovrei sviluppare questo tema dato che spesso descrivo Julian mentre suona il piano o mentre canta. Cosa che, a suo dire, ed ha ragione, io non faccio visto che cito sempre canzoni come behind blue eyes dei The who o, come in questo capitolo, Leonard Cohen.
Questa cosa mi ha mandato in pappa il cervello.
Come avrete capito, se magari vi è capitato di andare a cercare le canzoni che spesso cito, sono una patita di metal e rock, quindi non me ne intendo molto di musica elettronica (tolto il fatto che io mi ero completamente dimenticata di questo particolare. L'ho proprio rimosso) al massimo ascolto Eminem per dire, che poi so tipo 3 canzoni ma perchè il mio fidanzato ne era ossessionato(che vitaccia hahah)
Quindi dovete scusarmi se anche voi avete avuto questa sensazione, ma io proprio non me ne ero neanche accorta.
Però perdonatemi, se la Smith si permette di riesumare una canzone come Nether Lands dei Dan fogelberg (Like the songs that the darkness composes to worship the light...) io cito Leonard Cohen, i The who, e se mi fate incazzare metto anche una scena dove tutti gli uomini ombra fanno headbending con le canzoni del Avenged sevenfold (So che qualcuno apprezzerebbe, un saluto a Davide che ci segue sempre senza che la sottoscritta lo minacci) Ma a parte gli scherzi fatemi sapere se secondo voi ne abuso di questa storia o se magari vi da fastidio. Facciamo un piccolo sondaggio insomma, non pensavo che potesse stonare con la storia, alla fine tutto si può migliorare e infondo se scrivo su un sito pubblico è perché a me piace davvero tanto sapere cosa pensa la gente.
Vabbè scusate il mio sclero, ma è tardi e mi si sta fondendo il cervello.
Ah, fatemi sapere che musica ascoltate, tranquilli, a differenza di come appaio, non solo così razzista in fatto di musica. Voglio dire, non ho ucciso mia sorella quando si era fissata con il mondo di Patty, posso resistere a qualsiasi cosa. Tra l'altro se volete sapere un'altra bella novità, da quando lavoro con il 3D (tre anni ormai) il pc non ce la fa più e ogni volta che finisco di scrivere la storia (magari riesco a prendermi una serata libera e quindi vado avanti per tutta la notte) puntualmente quando salvo si impalla tutto. Non so neanche più quante volte ho scritto questo capitolo, robe che a me viene voglia di uccidere tutti che mamma mia chi siete voi uomini ombra se mi si impalla di nuovo il pc vi mangio.
(Jessica campionessa olimpionica, medaglia d'oro, in scleri notturni)
Grazie a chi commenta la storia, mi rendo conto che faccio passare troppo tempo ogni volta.
E non vi preoccupate, la prossima volta scriverò di Julian su una bella decappottabile con il catenaccio d'oro e la canottiera bianca con tutti i finestrini abbassati mentre a tutto volume ascolta musica House.
Mh che bella immagine.
Vebbè, mi rendo conto che la mia nota ha quasi superato la lunghezza del capitolo.
Parlo troppo.
Un salutone
Jess
PS:
so che tutti state aspettando con ansia il ritorno di Tom
perchè vi piace tanto, keep in touch ahahah