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Autore: Natsumi Raimon    15/11/2016    2 recensioni
Harry si reca ad Hogwarts per un discorso commemorativo sulla Guerra, ma mille sorprese sono pronte a travolgerlo.
Dal testo:
Sorrise. Non ricordava che le classi fossero così piccole, o forse era lui ad essere cambiato…
Era quasi piacevole, attraversare i corridoi in pietra, calpestare i tappeti polverosi e sentire i bisbiglii concitati dei quadri, vederne il movimento da una cornice all’altra, mentre spargevano la notizia a macchia d’olio in tutto il castello: Harry Potter era a Hogwarts.
Quando la McGrannitt gli aveva chiesto di tenere un discorso per onorare i caduti della Seconda Guerra Magica al suo trentesimo anniversario, sia James che Harry stesso avevano storto il naso, contrariati. Erano stati Hermione, Albus e Lily ad insistere perché Harry vi andasse e accontentasse l’anziana Preside.
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Harry deglutì e chiuse gli occhi.
-Papà…-li riaprì e vide Lily guardarlo, imbarazzata.
Le guance avevano superato il fuoco della chioma mentre gli occhi marroni, presi da Hermione, erano spalancati in un’espressione turbata. -Juls, il mio ragazzo.-completò con voce strozzata, la stessa voce che uscì ad Harry, scosso da sussulti al pensiero della sua bambina accanto ad un essere maschile non imparentato con lei.
-Il tuo cosa?-
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Famiglia Potter, Harry Potter, Hermione Granger, James Sirius Potter, Lily Luna Potter | Coppie: Albus Severus Potter/Scorpius Malfoy, Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
- Questa storia fa parte della serie 'Potter's Family'
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Sono passati trent’anni. Va tutto bene.
 
 
 
 
 
Sorrise. Non ricordava che le classi fossero così piccole, o forse era lui ad essere cambiato…
Era quasi piacevole, attraversare i corridoi in pietra, calpestare i tappeti polverosi e sentire i bisbiglii concitati dei quadri, vederne il movimento da una cornice all’altra, mentre spargevano la notizia a macchia d’olio in tutto il castello: Harry Potter era a Hogwarts.
Quando la McGrannitt gli aveva chiesto di tenere un discorso per onorare i caduti della Seconda Guerra Magica al suo trentesimo anniversario, sia James che Harry stesso avevano storto il naso, contrariati. Erano stati Hermione, Albus e Lily ad insistere perché Harry vi andasse e accontentasse l’anziana Preside.
 
Non potrei mai immaginare nessun altro lì a rendergli onore, Harry, gli aveva detto la moglie quella stessa mattina, cambiando l’acqua alla ciotola del vecchio Grattastinchi, che, sdraiato a pancia in sù, sembrava rivolgergli uno sguardo d’approvazione. 
O forse voleva solo essere coccolato.
 
E così era lì, appoggiato al vetro freddo della finestra, guardando James volteggiare agile attorno al campo da Quidditch insieme al resto della squadra di Grifondoro. Avrebbe riconosciuto quella scheggia scarlatta dovunque.
 
James era spericolato e impudente come lo era stato lui, una furia sul cam…
-Oh, ti prego! Al…se non mi aiuterai a ripassare Pozioni per la verifica di Luma giuro che non ti farò più le coccole per un mese!-
Harry si voltò di scatto, la voce nasale che aveva appena sentito era indubbiamente quella di Scorpius Malfoy.
Da poco si era dovuto abituare all’idea di avere l’erede di Malfuretto accanto al figlio, ogni tanto pensarvi gli provocava un brivido, ma aveva accettato l’idea quando aveva visto il modo in cui Scorpius guardava Albus, riconoscendo nei suoi occhi grigi un’ammirazione e un’amore che si avvicinavano all’idolatria.
 
I due ragazzi, ancora inconsapevoli degli occhi di Harry puntati su di loro, continuavano a battibeccare in mezzo al corridoio.
Albus, sistemandosi la tracolla sulla spalla e stropicciando la divisa, sbuffò -Va bene, va bene. Ti aiuterò in Pozioni, ma dovrai starmi a sentire, okay? Non puoi semplicemente sederti, distrarti e flirtare mentre cerco di spiegarti qualcosa!-
Scorpius roteò gli occhi -Ah, ci proverò…ma non posso garantirti nulla perché non resisto quando ti atteggi a professore.-
Albus gli mollò una gomitata in mezzo alle costole e sorrise, afferrando la mano del ragazzo e trascinandolo via.
Harry ridacchiò, riconosceva nei modi di Albus l’influenza di Hermione.
Era preciso, attento, coscienzioso, dolce e maturo, forse più di quanto non lo fosse lui alla sua età e senza avere il peso del mondo sulle sue spalle.
 
Sorrise, aveva una famiglia serena, non avrebbe saputo immaginare nulla di meglio da desiderare per il suo futuro. Era gratificante, passeggiare in quel luogo che aveva visto l’Harry Potter tormentato dagli obblighi dell’essere il Prescelto, l’Harry Potter innamorato per la prima volta, l’Harry Potter felice e spensierato, anche solo per qualche istante, e sapere che tutto era andato per il verso giusto, che ogni sacrificio era stato ripagato dai sorrisi dei suoi bambini.
 
Il sole stava tramontando, aveva tinto il cielo d’arancio pallido e le candele del castello avevano iniziato a scuotere i filamenti dei loro stoppini per poi prender fuoco e rischiarare i corridoi.
Harry vide un’ombra passare rapida sul muro e poté giurare a se stesso di aver sentito un ringhio sommesso, si girò lentamente, riconoscendo gli occhi giallastri di Mrs Purr II, la gatta che Gazza aveva ricevuto in dono dopo la morte di Mrs Purr da un misterioso benefattore.
Era stata Hermione a decidere di regalargliela e Lily si era occupata di recapitarla, dopo anni ad inseguire generazioni di Malandrini era giusto che qualcuno ricompensasse l’anziano custode.
La stessa Lily, notò Harry improvvisamente, che stava sfrecciando lungo il corridoio con passo felpato. Istintivamente, Harry si nascose dietro il largo arazzo raffigurante una qualche battaglia tra Folletti e Maghi, ve ne erano state troppe perché potesse ricordarle, e si sentì imbarazzato.
Perché diamine doveva nascondersi? Non stava facendo nulla di male! Anzi, la sua bambina sarebbe stata contenta di vederlo.
Sgusciò fuori dall’arazzo e si diresse verso il corridoio percorso da Lily, si fermò un momento, senza riuscire a scrollarsi di dosso la sensazione di doversi fermare e andar via, di star disturbando la privacy di sua figlia che certamente lo immaginava giù, in Sala Grande, a prepararsi per il suo discorso, ma attraversò comunque il corridoio e si voltò verso l’apertura che conduceva alla scalinata mobile, Lily stava tornando al suo dormitorio.
Raggiunse a grandi falcate la scala e prima che questa si muovesse saltò a piè pari sul bordo del pianerottolo e sorrise, ricordando quante volte aveva percorso quei passi, da ragazzo, quando le sue gambe erano decisamente più agili e gracili.
 
Saltellò da un corridoio all’altro finché non arrivò, con un sorriso estatico dipinto sul volto, davanti al ritratto della Signora Grassa e spalancò la bocca.
Avrebbe potuto ospitarci un elefante, sibilò quella voce critica nella sua testa mentre lui annaspava e cercava di schiarirsi la voce, dando segno della sua presenza.
 
Forse puoi scappare…puoi dartela a gambe e nessuno lo saprà mai. Fallo adesso, scappa! Scappa!
 
La mia bambina…come si permette di toccare così la mia bambina?
 
Grugnì qualcosa che risultò essere a metà strada tra un gemito disperato e un ringhio sommesso, ma ebbe comunque l’effetto sperato.
L’essere che fino a qualche secondo prima aveva visto avvinghiato alla sua piccola, impegnato in un wrestling verticale alquanto disturbante -le mani avvolte attorno alla sua vita, quelle di lei tra i suoi riccioli crespi, le bocche incollate in un bacio ardente-, sobbalzò e lasciò andare la giovane, andando ad urtare con la schiena robusta una delle vecchie armature del castello.
Harry sperò che questa lasciasse andare l’ascia che teneva stretta tra le mani metalliche e riuscì a immaginare e gustare la scena senza provare il benché minimo rimorso.
Quando poi osservò con più attenzione il ragazzo, Harry fu totalmente atterrito da una nuova, terribile consapevolezza, che si arrischiò ad esprimere non senza sentire un tuffo al cuore.
-E tu saresti?-
Harry sperò intensamente che il giovanotto, già ampiamente nei guai, non desse fondo alle sue paure. Del resto tante persone, maghi e streghe, avevano capelli così biondi, lineamenti così finemente cesellati, una mascella quadrata e due intensi occhi verdi, e quella lievissima fossetta sul mento non significava nulla.
Nulla.
Il ragazzo raddrizzò la schiena, rispondendo con un tono deciso nel quale Harry avvertì la stessa vena d’orgoglio paterna -Julian, signore. Julian McLaggen.-
 
McLaggen. Ah, è un incubo.
 
Harry deglutì e chiuse gli occhi.
-Papà…-li riaprì e vide Lily guardarlo, imbarazzata.
Le guance avevano superato il fuoco della chioma mentre gli occhi marroni, presi da Hermione, erano spalancati in un’espressione turbata. La ragazza alzò il viso e si rivolse a Julian -Juls, ti presento mio padre…- poi si voltò verso Harry e lo implorò con lo sguardo, mormorando -papà, questo è Julian, il…mio ragazzo.- completò con voce strozzata, la stessa voce che uscì ad Harry, scosso da sussulti al pensiero della sua bambina accanto ad un essere maschile non imparentato con lei -Il tuo cosa?-
Lily alzò gli occhi al cielo -Il mio ragazzo, papà.-
Julian le sorrise, avvampando e allungò un braccio ad un Harry stordito, stringendogli la mano.
-è un piacere conoscerla, signore. Mio padre parla spesso di lei.-
Harry quasi soffocò -Tuo padre? Di me?-
Julian annuì -Dice che quando eravate compagni si comportava da idiota e che l’ha colpita con una mazza da Battitore durante una partita.-
 
Il viso di Harry, al ricordo, acquistò una sfumatura verdastra.
 
Almeno è un tipo schietto.
 
-Ah, già.- mugugnò.
Julian sorrise, e Harry si stupì nel constatare che nulla nel suo sorriso aperto, nulla nella sua fila di perle bianche, ricordava il ghigno sghembo e irritante di Cormac. Notò poi che uno dei canini, il destro, era particolarmente affilato, a differenza della dentatura perfetta del padre. -Il mio vecchio era un po’….particolare da studente, lo so. Le assicuro che mia madre ha contribuito a mettergli la testa a posto.- 
Harry, dal canto suo, cercò in tutti i modi di sopprimere il sorrisetto che gli premeva sulle labbra, ma non poté evitare di lasciar segnare almeno quel punto al ragazzo. 
Vide le spalle di Lily rilassarsi impercettibilmente, la tensione sul suo volto era svanita in quello scambio di sorrisi e Harry, con una fitta al cuore, fu certo che il ragazzo dalle mani lunghe era importante per lei.
E doveva esserlo anche per lui.
 
Sbuffò -Si, immagino che dovrei andare. Devo fare questo discorso in Sala Grande e dovrei prepararmi…è stato un piacere conoscerti, Julian. E salutami tuo padre.- mugugnò, girando i tacchi e andandosene dopo aver stretto rapidamente la mano del ragazzo, con forse fin troppo entusiasmo.
 
Lily mormorò qualche parola al giovane, poi spiccò un balzo verso le scale e raggiunse il padre.
Ansimò -Papà…volevo solo…grazie.- sussurrò, incontrando le iridi smeraldine di Harry, al di là dello spesso vetro delle lenti.
Harry tese un braccio e le strinse la spalla -Non è poi così male…certo, dovrò lanciarmi un Oblivion per dimenticare i primi secondi, in cui eravate…lasciamo perdere. Comunque devo davvero andare a prepararmi.-
Lily sorrise e lo abbracciò, stringendo le braccia magre attorno alla sua vita e affondando il viso nel suo petto.
 
 
 
Harry si guardò nervosamente attorno, James e Albus erano ben visibili al tavolo di Grifondoro, agitavano le mani aperte zittendo chiunque osasse aprire bocca. Lily era seduta davanti a loro, con il viso rivolto verso di lui e la schiena appoggiata a Julian, sospirò e raddrizzò la schiena, lasciando che gli occhi vagassero sul resto della sala, persino la tavolata di Serpeverde era in silenzio, ed Harry sospettò che fosse la mano di Scorpius, la cui testa biondo platino sfrecciava da un capo all’altro del tavolo come un serpente all’attacco, a mantenere l’ordine.
 
Si schiarì la gola.
-Oggi, sono stato chiamato qui, nella scuola che mi ha visto crescere, come uomo e come mago, per ricordare coloro che sono caduti contro Tom Riddle, nella Seconda Guerra Magica. Potrei parlarvi di ognuno di loro.
Erano amici, parenti, compagni, colleghi…volti familiari, volti conosciuti.
Potrei raccontarvi di ognuno di loro, di come li ho visti battersi al mio fianco, nella speranza di poter costruire un mondo migliore.
Potrei ma nessuna parola li riporterà indietro…e allora mi limiterò a dir loro grazie.
Grazie dal profondo del mio cuore, perché se oggi sono qui, e parlo con voi, se sono in piedi, vivo, se vedo i miei figli in mezzo a voi e i miei figliocci e nipoti…se questa serenità che mi è stata donata è stata possibile…è grazie ad ognuna di quelle vite.
Se oggi i vostri genitori escono alla luce del sole, lavorano, amano, vivono, respirano…è merito loro.
Ogni sorriso dalla mia famiglia esiste grazie a loro. Non sarei qui senza il sacrificio dei miei genitori, non lo sarei senza quello di Albus Silente e Severus Piton, non lo sarei senza Remus Lupin e Ninfadora Tonks o Fred Weasley e Colin Canon.
Erano amici, parenti, compagni, colleghi…e ci hanno salvato da un futuro fatto di tenebre e sofferenza. E meritano la nostra profonda riconoscenza.-
 
Harry sorrise lievemente, guardando, accanto a James, i capelli di Ted Lupin colorarsi di azzurro, viola, rosso e giallo, mentre Albus e Jam gli stringevano affettuosamente la spalla, vide Lily sorridergli apertamente e alzargli i pollici mentre Julian univa le mani in un applauso.
Tutta la Sala lo seguì e Harry sentì il volto scaldarsi, andava bene così.
 
Sono passati trent’anni.
Va tutto bene.
 
 
 
   
 
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