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Autore: id_s    15/11/2016    2 recensioni
Il tuo cuore ha compreso il mio,
nel profondo della notte profumata
ho ascoltato rapito il suono della tua voce...
il tuo cuore ha compreso il mio.

**
Si guardano di nuovo, oro fuso nel piombo, luce sul gelido ghiaccio; basta un attimo, ma la connessione è immediata: perché forse tutto quello di cui hanno bisogno i loro cuori è di qualcuno che li comprenda, che abbia cura di loro come nessuno ha fatto mai, e perché, finalmente, nei rispettivi occhi hanno scorto un’anima con lo stesso identico tormento.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Elastic Heart - Dramione.'
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IL TUO CUORE HA COMPRESO IL MIO

 
 

 

 

 

 

 

Hermione cammina per le strade di Londra, è maggio ma il vento leggero della sera le entra nelle ossa, la fa rabbrividire. Cerca di stringersi un po’ di più nel suo impermeabile beige, lei, come se quel pezzo di stoffa nel quale si nasconde – cercando di coprirsi, celarsi all’altrui sguardo – possa essere in grado, in qualche modo, di restituirle quel calore che le manca. Con uno sguardo al cielo plumbeo, carico di nuvole e di promesse sussurrate a mezza voce, cerca di autoconvincersi che quel vuoto che sente in fondo al cuore non è qualcosa di più.
È sempre stata brava in ogni cosa, lei – “la strega più brillante della sua età” – e non ha mai, neanche per un attimo, accettato l’idea di arrendersi ad un’evidenza scomoda, ad una verità che non le piacesse; e d’altra parte lei, l’unica strega in una famiglia di Babbani, ha imparato ben presto che anche l’impossibile, talvolta, può essere possibile; e per quale motivo dovrebbe dunque accettare qualcosa che potrebbe facilmente essere cambiato, con la sola forza di volontà e un po’ di impegno da parte sua? Mentre una leggera pioggia inizia a cadere su di lei che, incurante, non si premura nemmeno di accelerare il passo, il rumore dei suoi stivali sul cemento sbiadito del marciapiede sembra coprire per un attimo quella strana morsa che la attanaglia da un po’, divorando dall’interno la sua tranquillità; ciò che cerca di ignorare, che non vuole identificare, è la sensazione che forse a star da sola lei proprio non ce la fa più.

 

 

Draco Malfoy ha sempre avuto una miriade di difetti: viziato, indolente, snob, cresciuto in una teca di vetro e convinto che i limiti di essa fossero tutto ciò che al mondo bisognasse sapere. È stato difficile, per lui, aprire gli occhi e scoprire che il mondo non si piega al volere dei soldi, non sempre, e che – spesso – ci son cose il cui prezzo non è quantificabile in denaro. Talvolta, il prezzo per sbagliate credenze di una vita intera è la vita stessa. Perché Draco non vive più da quando la guerra magica è conclusa, si limita a sopravvivere, fingendo di essere indifferente all’astio, il disgusto, la compassione di chi – guardandolo – vede in lui solo un codardo, il figlio di un Mangiamorte, un doppiogiochista che, alla fine, dalla vita ha ricevuto un conto anche piuttosto salato. Sta camminando per strada e non sa neanche lui dove, che non sempre è necessario avere una meta, quando i pensieri ti confondono la mente e non ti lasciano dormire: a volte basta camminare, basta l’illusione di avere qualcosa da fare o meglio, di star facendo qualcosa in quel momento. Di star cambiando qualcosa. Suo padre è ormai ad Azkaban da sette anni, e lo sguardo costantemente nostalgico e sofferente di sua madre non è più sopportabile, non per lui e per le sue spalle ancora giovani, anche se provate dagli schemi di una vita che non è quella che lui avrebbe sognato: non ce la fa a stare al Manor, girovagando per le sale male illuminate e fredde, circondato da poca servitù i cui sguardi, però, sono un continuo promemoria di ciò che tutti pensano ormai della famiglia Malfoy, da quando Lucius non è più con loro.
Continua a camminare, Draco, neanche la pioggia lo ferma più: con le mani in tasca e lo sguardo fisso sulla punta nera delle sue scarpe lucide, non può ignorare il suo cuore di piombo che, forse, desidererebbe solo di poter essere amato.

 

 

 

Fa freddo. È quasi buio, ed Hermione si guarda intorno spaesata: non sa neanche lei dove i piedi l’hanno portata, ma la cosa certa è che quella non è esattamente la via di casa, e neanche lei è certa di conoscere quella zona. Sospira, portandosi una mano sul viso stanco: nonostante la pelle così fresca tradisca i suoi ventiquattro anni, negli occhi stanchi la maturità di chi ha visto troppo è palese, palpabile quasi, a malapena nascosta dalla patina di gentilezza della quale è così abituata a rivestirsi. Si avvicina all’unica figura che riesce a scorgere, lì come lei, fermo sul marciapiede: sa solo che è un uomo ed è completamente vestito di nero, ed ha paura – forse è l’ultima persona a cui chiedere, chi lo sa? – ma, d’altra parte, non potrebbe neanche smaterializzarsi lì, davanti ad un babbano, e in un modo o nell’altro a casa ci deve tornare.
«Mi scusi» la sua voce è bassa e cristallina, un po’ timorosa «mi saprebbe dire che via è questa? Ero distratta e mi sono persa, non ho idea di come tornare al corso principale…»
L’uomo alza il volto di scatto, la scandaglia con gli occhi, è sorpreso da quella voce dolce che sembra appartenere alla sua memoria, ad un passato lontano ma impossibile di dimenticare: e lei è lì, con i suoi occhi dorati decisi e gentili, timidi, e la fronte appena aggrottata; Hermione Granger, la paladina del Mondo Magico, tramutata in un’incredibile donna dal tempo che li ha divisi e che quasi ha cancellato l’uno dalla memoria dell’altro.
«Granger?» risponde incerto, quasi timoroso di spezzare l’incanto di quel momento, quell’attimo in cui i loro occhi si sono incontrati e lei si è specchiata nel grigio freddo delle sue iridi, rimanendo incastrata in esse e nel dolore che vi ha letto e che – nonostante tutto – è riuscito a prenderla e farla sua, perché la sua dannata empatia non la abbandona mai.
«Draco» è il sussurro a mezza voce della ragazza, le cui dita sono scattate verso la bocca fine, in un gesto di stupore. Accenna ad un mezzo sorriso, lei, quasi timorosa: è cambiato qualcosa? Mi odi, ti ricordi di me, cosa ha provocato la nostalgia nel tuo sguardo?
Il ragazzo quasi ride tra sé, scrolla la testa. «Mi sembra assurdo che sia proprio tu. Quanti anni sono passati?»
Hermione si stringe nelle spalle, il sorriso si accentua un po’ di più perché il suo interlocutore sembra amichevole, diverso dalla persona che era abituata a conoscere.
«L’ultima volta che ti ho visto è stata alla cerimonia dei diplomi, sei anni fa. Ti trovo bene…» mormora, ma la sua occhiata eloquente – avrebbe dovuto permeare il suo sguardo di indifferenza, ma proprio non ce l’ha fatta – rende evidente anche al giovane quanto in realtà lei non sia cambiata. Cosa sai, Mezzosangue? Cosa hai capito da un semplice sguardo, tu, la strega più brillante che abbia mai conosciuto? L’unica persona ad aver mostrato un minimo di umanità quell’ultimo anno, lì ad Hogwarts, quando la consapevolezza di chi fossero realmente i Malfoy aveva distrutto ogni rapporto – per quanto fittizio – che Draco fosse riuscito a creare in quegli anni di scuola, lasciandolo solo e senza più certezze ad affrontare una vita che, man mano, sfuggiva sempre più al suo controllo.
«Sono cambiate parecchie cose da allora. Dove stavi andando?» il ragazzo pronuncia la domanda solo per fare conversazione, perché non è pronto a lasciar andare via la Grifondoro per poi vederla sparire per sempre, perché – anche se un motivo apparente manca – i suoi occhi sul suo viso sono come un balsamo per lui, hanno un potere calmante che nessuno fino ad ora aveva mai avuto su di lui: la sua anima sembra placarsi, i pensieri si acquietano e tutto, ogni fibra di sé, si concentra sulla dolcezza dello sguardo della Granger.
Lei si stringe nelle spalle, si mordicchia un labbro in un gesto quasi nervoso. «Da nessuna parte, a dire il vero. Avevo solo bisogno di… camminare un po’»
Si guardano di nuovo, oro fuso nel piombo, luce sul gelido ghiaccio; basta un attimo, ma la connessione è immediata: perché forse tutto quello di cui hanno bisogno i loro cuori è di qualcuno che li comprenda, che abbia cura di loro come nessuno ha fatto mai: e perché, finalmente, nei rispettivi occhi hanno scorto un’anima con lo stesso identico tormento.

 
   
 
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