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Autore: Eleonora_Vasile    19/11/2016    1 recensioni
Nico Di Angelo è un ragazzino normale, che va in una scuola normale e frequenta amici poco normali. Un giorno Will Solace, un biondino addirittura più rompiscatole di Jason, avrà la fantastica idea di trasferirsi nella sua scuola e Nico, cercando di dimenticare Percy, dovrà imparare a sopportarlo...
Intanto la scuola è in fermento: sembra che miss Hera voglia riaprire i giochi scolastici e dividere con Ottaviano l'istituto nelle due vecchie fazioni: greci e romani. Gli amici di Nico hanno un piano, ma questo non sembra includere il ragazzino...
Genere: Comico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: I sette della Profezia, Nico di Angelo, Nico/Will, Quasi tutti, Will Solace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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~~Nico fece scivolare il braccio sul torace di Will. Sentirlo così vicino… il suo respiro regolare… si sentiva fremere fin dentro le ossa. Era bellissimo e perfetto in ogni particolare: i capelli scompigliati, la bocca sorridente anche nel sonno, la lieve muscolatura che lasciava intravedere la maglietta…
Aveva una faccia innocente, come da bambino, le lievi lentiggini sulle guance… gliele sfiorò. Aveva la sensazione che avrebbe potuto rimanere in quel modo per sempre. Gli vennero in mente i ritratti che faceva sua sorella: con la punta della matita riusciva a incidere l’anima delle persone su un foglio di carta, come per magia. Gli sarebbe piaciuto poter disegnare Will in quel momento… tracciare il suo profilo, indugiare sui suoi occhi, il viso… Eppure Hazel gli aveva confessato di non riuscire mai a fare un ritratto di Frank. Forse amare una persona te la faceva vedere così perfetta, così difficile da replicare da non riuscire mai a disegnarla. Gli appoggiò la testa sul petto, come la sera in cui si era innamorato del ragazzo. Era ormai buio quando trovò la forza di alzarsi. Guardò Will ancora una volta cercando d’imprimersi quell’immagine nella mente. Chiuse lievemente la porta.
L’ospedale era attivo come di giorno. Un ragazzo lo aspettava fuori. Jason alzò gli occhi su di lui.
- Dai, vieni qua. – Nico gli si avvicinò e Jason gli stropicciò i capelli.
- Se non avessi ancora negli occhi la tua voglia di fare sesso con Will potrei dire che sei giù di morale. – Nico si sentì arrossire e si allontanò. Il più grande rise.
- Ehi Nico! – lo chiamò.
- Non. Dire. Mai. Più. Una. Cosa. Del. Genere.- lo minacciò.
- Va bene, va bene.
- Dov’è mia sorella?
- Se n’è andata. Era a dir poco infuriata. – Nico sentì stringersi lo stomaco.
- Avete… avete sentito tutto? – domandò, cauto.
- Oh… - Jason ammiccò. – Molto più di tutto. – Nico gli assestò un pugno in pancia.
- Smettila. Io e Will non abbiamo fatto niente.
- Certo, certo. – disse il biondo poco convinto.
- Jas? Devo ricordarti che ho 14 anni? Piuttosto devo chiamare mia sorella. E se è andata a casa? Adesso è buio… non so se sperare che sia lì o no… - borbottò, mentre componeva il numero.

- Beh, allora a domani. – disse Leo, in imbarazzo. Cosa doveva fare? Abbracciarla? Baciarla?
- Ok… - Calypso si guardò intorno un po’ sperduta, come se non riconoscesse casa sua.
- Allora cia… - cominciò a dire Leo prima che Calypso gli tappasse la bocca con le labbra. Leo si lasciò
andare mentre sentiva distintamente il suo cuore battere velocemente. Sentì un rumore provenire all’interno della casa. Calypso si allontanò.
- Oh, accidenti. Spero che non fosse il suono di mio padre che apriva il mobile dei fucili. Devo andare.
- Il che?
- E devi andare anche tu. Soprattutto tu. Questo non è successo, ok?
Leo sentì nuovamente uno strano rumore. Forse era il mondo che gli crollava addosso.
- Cioè… te… noi…? – a quel punto Calypso s’intenerì.
- Spero di baciarti di nuovo, presto. Non davanti ai miei adesso, va bene? Ciao Leo. – gli sorrise.
La ragazzina rientrò in casa e Leo sospirò. Calypso aveva quello strano potere di farlo sentire bene, pensò mentre ripartiva con la Argo II.
- Hazel non risponde. – comunicò Nico, preoccupato.
- Andiamo a casa? – chiese solo Jason. Nico non sapeva cosa rispondere. Che cos’era casa? Sapeva che Jason lo avrebbe ospitato, ma per quanto tempo? Si sentiva un po’ vuoto. Forse aveva bisogno di metabolizzare bene cosa era successo.
- Ok. – rispose indeciso. Vide Hazel davanti a casa di Jason, li aspettava fuori dal cancello: riconobbe da lontano i ciuffi ribelli. Hazel era stretta nel suo giubbotto e aveva le lacrime agli occhi. Ma non piangeva: stava dritta e avanzava sicura verso di loro.
- Voglio dei nipotini. – fu la prima cosa che disse. – Tanti, rumorosi nipotini. Quindi vedete di sbrigarvi tu e Solace.
Nico aprì la bocca, poi la richiuse. – Te devi tornare a casa.
- Neanche per sogno. Non senza te. – affermò lei, categorica.
“Fratelli minori” pensò solo Nico.
- Beh, casa Grace è aperta a tutti. – sorrise Jason.
- Sicuro che non disturbiamo? – chiese la ragazza, e per un attimo a Nico sembrò fosse la vecchia, gentile Hazel.
- Certo. Chi vuoi che ci sia a casa?
- Bene. – Hazel tornò rigida. – Perché non ho nessuna intenzione di tornare da quello stronzo.
- Da chi scusa? – chiese Nico, preoccupandosi sul serio. Era probabilmente la prima parolaccia che sentiva a dire a sua sorella. Poi fece un mezzo sorriso – Mi sembra un nome appropriato.
- Bene, allora siamo tutti d’accordo. Entrate, e fate come se foste a casa vostra. – li accolse Jason, mentre Nico si sentiva lentamente morire dentro.

Nico sbatté fuori dal materasso il piumone. Jason ne aveva sistemato uno comparso da chissà dove vicino al suo letto, mentre Hazel dormiva nella camera di Talia, la sorella di Jason, che andava al college. La mamma di Jason e Talia era impazzita e aveva avuto un incidente mortale quando i ragazzi erano piccoli mentre loro padre, Giove, la tradiva ripetutamente. Attualmente viveva a New York  inseguendo chissà quale affare. I due ragazzi erano praticamente cresciuti da soli, un po’ come lui e Hazel del resto. Poi Talia era andata a studiare e Jason era rimasto solo. Eppure quella casa non corrispondeva a quella che una persona qualsiasi avrebbe potuto immaginare sapendo che Jason era un adolescente che viveva senza genitori: non era disordinata, non c’erano cartoni di pizza o bottiglie di birra per terra, in realtà non c’era neanche una macchia o un cucchiaio fuori posto, solo qualche libro lasciato sul divano. L’odore che si percepiva nelle stanze però era inconfondibile: odore di Jason. Quello che si portava a scuola, sulle magliette, sui libri scolastici… Si chiese se un giorno si sarebbe abituato e lo avrebbe considerato il suo odore.
Nico non dormiva. Prima era venuta la rabbia, poi le lacrime, poi entrambe. Si sentiva a tratti insensibile, ad altri arrabbiato e confuso. Una spiacevole sensazione gli attanagliava lo stomaco e non lo faceva dormire. Con la mente ripercorreva quella giornata, avanti e indietro. Gli bastava un attimo per risentire le urla di suo padre nelle orecchie, per rivedere il suo sguardo ferito. Certo, aveva già immaginato qualche volta il suo coming out, ma nei suoi sogni i suoi parenti lo accettavano per quello che era o lo ignoravano come al solito. Non che pensasse che tutte le sue fantasie si avverassero, ma forse, inconsciamente, ci aveva creduto davvero. “Da quando ti importa così tanto di ciò che dicono gli altri?” “Da sempre” si rispose. In pubblico poteva fingere quanto voleva, ma le parole, le persone, lo ferivano, ancora. Per quanto ogni volta si ripromettesse che non sarebbe più successo ci ricascava, sempre. Quello che era successo quel giorno… era come una freccia avvelenata… sentiva il veleno diffondersi nel suo corpo, mischiarsi al suo sangue, arrivare al cervello… stava facendo la cosa giusta?
Nico sbatté fuori dal materasso il cuscino.
Come poteva essere sicuro di quello che sentiva? E se avesse avuto ragione suo padre? Forse il suo posto non era lì. Forse doveva tornare da lui e dirgli di essersi sbagliato, o qualcosa del genere. Come avrebbe reagito? Non era così legato a suo padre, ma in un certo senso si sentiva perso. Solo.
Si premette le mani contro la fronte: continuare a rimuginarci non portava a niente. Si alzò e andò in camera con sua sorella. Sembrava troppo seria, anche nel sonno. Si chiese se tutta quella faccenda non avesse rotto qualcosa dentro di lei – qualcosa di irreparabile. Respirava regolarmente e tutto in lei gli era familiare. Non voleva che cambiasse. Si sentì immediatamente in colpa. Le diede un bacio e tornò in camera di Jason. Aprì la finestra per fare entrare un po’ di aria gelida: sarebbe stata una lunga notte.
Quando Jason aprì gli occhi dopo una notte tranquilla e senza sogni, fece appena in tempo a registrare la spettrale figura del suo migliore amico, Nico Di Angelo, che si fiondava nel letto.
- ‘Ddo a dormire. – borbottò il ragazzino, sprofondando la faccia del materasso.
Il cuscino si trovava chissà come dall’altra parte della camera mentre il piumone era steso su tutto il pavimento.
- Buongiorno anche a te, Nico. – ironizzò. In mezzo ai ciuffi di Nico comparve una luce e “Demons” risuonò per tutta la stanza.
- Spegni. – ordinò il ragazzino, senza cambiare posizione. Jason, avvicinandosi, vide che era il cellulare di Nico che squillava: Will Solace stava chiamando.
- Nico. È Will.
- Sto dormendo. – lo informò il ragazzo.
Il cellulare smise di squillare e sulla home comparve la scritta “4 chiamate perse da Will”.
- Ok, fa come vuoi…
Jason si diresse verso la cucina. Sentì dei rumori dalla camera di Talia. Entrò e trovò Hazel che disegnava sul letto.
- Ho sognato mio padre che mi sgozzava. – precisò Hazel mentre entrava, senza alzare gli occhi dal disegno. Giusto. Jason doveva abituarsi all’allegria dei fratelli Di Angelo la domenica mattina. Tuttavia Hazel dopo qualche secondo alzò lo sguardo e sorrise con comprensione.
- Buongiorno, Jason. – lo salutò, tornando la Hazel di una volta. – Vuoi che ti aiuto a preparare la colazione?
Hazel era un ottima cuoca e Jason non poté fare a meno di chiedersi se fosse lei a cucinare per tutti in casa.
Dopo qualche minuto la porta si aprì all’improvviso e comparve Nico Di Angelo: aveva i capelli arruffati, i vestiti stropicciati del giorno prima. Aveva delle profonde occhiaie, molto più evidenti del solito, sotto gli occhi, ed era pallido e ansimante. Sembrava più magro del solito.
- Ho mal di pancia e ho vomitato … ho paura di essermi preso qualcosa ieri … torno a letto … non svegliatemi per favore. – il ragazzino rabbrividì e chiuse la porta. Jason fissò il punto in cui era comparso ancora qualche secondo, per poi voltarsi verso Hazel, che aveva assunto una espressione terrorizzata.
- Si sarà veramente beccato qualcosa. – la rassicurò. – Lasciamolo riposare.

Il giorno dopo Nico non si presentò a scuola e Reyna cercò Jason per tutto l’intervallo. Il ragazzo biondo le raccontò della malattia di Nico.
- Ma almeno parla con Hazel? – dopo che Jason scosse la testa, Reyna si sentì sprofondare. – Sono un po’ preoccupata.
- Non dirlo a me. – fece una voce alle sue spalle. La ragazza si voltò e un Will Solace dall’aria stanca per la prima volta da quando lo conosceva non la salutò con un sorriso.
- Nico non risponde alle mie chiamate. Per quanto ne so, potrebbe essere morto. – commentò sofferente. – Che accidenti succede?
- Nico sta poco bene. – disse Jason. Will lo studiò.
- Me lo hai già detto. Se non mi vuole vedere, potrebbe anche dirmelo. – Will girò i tacchi e se ne andò. Dopo essersi scambiata un’espressione cupa con Jason, Reyna lo seguì.
- Will, aspetta! – lo richiamò. Il ragazzino non si voltò, ma rallentò il passo affinché lei lo potesse raggiungere senza fatica.
- Will, che ti prende? – gli domandò, senza staccargli gli occhi di dosso. – Sai meglio di me che Nico non ti eviterebbe per nulla al mondo. Sai che lui … ti vuole molto bene. Sta passando un brutto periodo, cerca di capire … anzi, lo dovresti capire, no? Prova a metterti nei suoi panni.
Will si fermò e fece una risata vuota.
- 33 chiamate. E 478 messaggi. Puoi non credermi ma è così. È proprio questo il problema. – Will la guardò negli occhi e alla ragazza sembrarono infinitamente tristi. – Io mi sto mettendo nei suoi panni. Credo di sapere cosa sta succedendo a Nico. Si sta sentendo in colpa. Si sta mettendo in dubbio. – Will prese fiato. – A me non è mai successo, ma ne ho sentito parlare e ti assicuro che non è niente di buono. Nico può fare il duro quanto vuole, ma nessuno dovrebbe sopportare un peso del genere. Questa situazione – riprese. – è ciò che lui ha sempre temuto in fondo. Sentirsi sbagliato. Una sensazione con cui deve aver combattuto da sempre. Cominciava a sentirsi accettato, finché questa non è stata la conferma … la prova … - Will non sembrava saper come continuare. Si fermò e a voce più bassa disse – E io sono la sua arma del delitto. È per questo che non sa più come comportarsi con me.

Nico urlò più forte che poté. Sentiva i polmoni e la gola bruciargli, ma non emetteva nessun suono. Nessuno lo avrebbe sentito comunque. Si premette le mani sulla fronte … se solo non avesse avuto tutti quei pensieri … lo stavano uccidendo. Cosa stava combinando? Doveva alzarsi, doveva andare a scuola con i suoi amici, parlare con sua sorella, con Will… il pensiero del ragazzo lo bruciò. Come poteva capire cosa pensava del ragazzo quando non sapeva neanche cosa pensare di se stesso? Doveva tenerlo lontano, solo un po’. Il tempo di capire, di decidere. Ma l’idea di alzarsi e di guardare in faccia chiunque non gli permetteva di muoversi, di respirare… come poteva continuare a pensare a tutto questo? I campi, i suoi amici, sua sorella, suo padre, Will, Nico … si sentiva in trappola. Ricordava quando leggeva notizie di ragazzi che si suicidavano e pensava “Io non lo farei mai”. Si era sempre chiesto cosa potesse portare al suicidio quelle persone: la sua vita era stata difficile, ma mai avrebbe osato immaginare una cosa del genere, oltrepassare un confine del genere…
Almeno fino a quel giorno. La possibilità di poter cancellare tutto lo allettava, lo affascinava … sarebbe bastato poco, e non avrebbe più dovuto alzarsi da quel letto, mai più … sarebbe scomparso, così come i suoi problemi, nulla sarebbe più stata una sua responsabilità, niente litigi, niente addii … niente sguardi troppo difficili da sostenere … era così semplice …
Nico urlò di nuovo e questa volta per davvero: uscì un suono rauco, privo di rabbia, solo un po’ di disperazione. Si premette le mani sugli occhi e sulla fronte.
No. Era sbagliato. Non avrebbe dovuto neanche pensarlo. Non voleva più rimanere solo ed essere obbligato ad ascoltare i suoi pensieri. Prese un libro a caso dalla scrivania di Jason e cominciò a sfogliarlo da metà. Improvvisamente non era più Nico, non aveva più tutti i suoi problemi: era un giovane mago che si stava intrufolando nel bagno dei prefetti per capire come funzionava un misterioso uovo dorato e vincere la seconda prova del torneo dei Tremaghi…

   
 
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