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Autore: Danmel_Faust_Machieri    19/11/2016    1 recensioni
Sword Art Online e i Souls Game: questa serie vuole provare a coniugare queste due componenti.
Io e il mio coinquilino abbiamo seguito Sword Art Online affascinati dall'idea su cui è stato costruito: l'essere intrappolati in un gioco. Purtroppo siamo rimasti delusi dalle potenzialità inespresse di questo anime. Essendo anche due Souls Player recentemente ci è venuta un'idea: un mondo simile a quello di SAO con un universo narrativo come un Souls. Ci è sembrato qualcosa di interessante: abbiamo creato i personaggi, studiato le meccaniche di gioco e la lore. Naturalmente ci saranno citazionismi più o meno espliciti e ci auguriamo che possa essere un'idea di vostro gradimento.
Naturalmente ci teniamo alla vostra opinione quindi non fate i timidi e fate sentire la vostra voce :)
Siamo Danmel_Faust_Machieri e Djanni e vi auguriamo buona lettura!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Alla locanda era riuscito sì e no ad ottenere  l’ubicazione di quel posto, di quella che in tempi remoti si supponeva fosse uno dei ritrovi di Fastre ed i suoi uomini. Si presentava come una scarna casetta di tronchi di legno, dispersa nel folto di una foresta di pini in una zona poco transitata del piano sette, non più grande di una trentina di metri quadri, consumata nel corso degli anni dalle più svariate intemperie meteorologiche. Semplice, la si poteva quasi definire anonima. Proprio per questo sarebbe potuto essere tranquillamente un nascondiglio sicuro, specialmente se bisognava nascondere azioni illecite ad occhi indiscreti.
“Azioni illecite?” si ritrovò a pensare Claudio “in fondo sono cose Solamente scritte in vari oggetti, a volte mi scordo che prima del log-in degli utenti nel mondo di gioco non è effettivamente successo nulla”
Si avvicinò alla vecchia porta e la spinse. Questa si mosse lentamente verso l’interno, cigolando come il manubrio di una di quelle vecchie biciclette in ferro, rivelando un interno sobrio ma sorprendentemente curato. C’era poco ma c’era tutto e niente, sia nella zona cucina che in quella soggiorno, sembrava eccessivamente vecchio. Si rese contro che l’interno era tranquillamente vivibile. E ciò non gli tornava per nulla. Uscì nuovamente per dare un’altra occhiata alla capanna. Niente, visibilmente vecchia dall’esterno e quasi normale all’interno, non troppo dissimile da molte stanze delle locande in cui avevano bazzicato prima di costruire la sede della gilda. Tornò dentro ed ispezionò gli ambienti, per cercare qualche indizio che riconducesse quel luogo a Fastre e, possibilmente, ad una parte degli oggetti che portavano il suo marchio. 
Ripensò a come era riuscito ad ottenere le informazioni su quel posto…

l sole stava sorgendo stanco, circondato dalle nubi, illuminando qua e là dei tetti di case, qualche albero che combatteva per un filo di luce e i volti dei giocatori che passeggiavano per le vie della Città d'Inizio alla ricerca di qualcosa che solo loro potevano sapere. Alessandro, a quell'ora, si trovava già nel cortile della scuola ad attendere l'arrivo dei ragazzi in compagnia di Riccardo; il chierico era stato invitato dal barbaro a quella lezione per mostrare ai ragazzi come si poteva combattere con l'aiuto di un healer all'interno del party e come si potevano comportare i giocatori appartenenti a questa classe.
Intorno alle otto di mattina il cortile iniziò pian piano ad affollarsi e, dopo aver aspettato che tutti i ragazzi si sistemassero, Alessandro iniziò a parlare "Buon giorno ragazzi!"
"Buon giorno maestro!" risposero i ragazzi. Era stato il barbaro a chiedere ai giocatori di non chiamarlo "professore", gli aveva chiesto addirittura di chiamarlo semplicemente "Gabél" ma, siccome alla maggior parte di loro non sembrava appropriato quella informalità, le due parti si venarono incontro optando per l'epiteto di "maestro".
"Oggi vi voglio presentare un mio caro amico" disse Alessandro dopo aver ripreso la parola "Questo è Symon, è un chierico che lavora insieme alla gilda Aesculapii e oggi mi aiuterà a spiegarvi l'importanza di un healer all'interno di un party". Un ragazzino che avrà avuto all'incirca 14 anni  alzò timidamente la mano; il barbaro lo vide e gli diede la possibilità di esporre la domanda che annunciava quel gesto.
"Maestro, il signor Symon fa parte come lei della Prima Linea?" chiese a bassa voce.
"Sì" rispose Alessandro sorridendo "Ed inoltre fa parte della mia stessa gilda"
Un altro ragazzo, forse di poco più maturo del precedente, allora domandò "Quindi ha partecipato anche lui alla bossfight del piano 19?"
"Esattamente" rispose allora Riccardo.
"Maestro" proferì una ragazza che avrà avuto circa la stessa età di Alessandro e Riccardo "Secondo lei quando saremo pronti ad affrontare una bossfight ?"
Alessandro venne spiazzato da quella domanda improvvisa: sapeva che stava preparando quei ragazzi per combattere ma pensare di affrontare una bossfight era tutt'altra cosa… Quei ragazzi sarebbero stati mai pronti ad affrontare una sfida del genere.
"Beh…" iniziò adire il barbaro "A dire il vero non so… Ma in quanti di voi vorrebbero prima o poi unirsi alla prima linea?"
La ragazza che aveva parlato fu l'unica ad alzare la mano nei primi 5 secondi poi altre mani si alzarono lentamente; Alessandro riuscì a contare 13 mani in mezzo ai 133 giocatori che stavano imparando a combattere. Quei 13 ragazzi avevano un coraggio da vendere e lui se ne rendeva conto, eppure dovevano sapere che era terribilmente pericoloso avventurarsi oltre quelle porte da cui si poteva non far ritorno… Ma presto un nuovo pensiero si fece largo nella mente del barbaro: i player killer ormai erano una realtà sempre più vicina… Altri 10 giocatori erano morti in soli due giorni e tutte le morti erano state attribuite a dei giocatori… se i ragazzi si fossero dovuti scontrare contro quelle persone spregevoli? Stava a lui prepararli, doveva riuscire a farli diventare più forti, doveva farli sopravvivere a quel mondo! Non era il momento per indugiare, non poteva esitare.
"Va bene ragazzi! Voi tredici che avete alzato le mani rimarrete con me dopo l'orario delle lezioni per degli allenamenti extra… Riuscirete a diventare degli ottimi membri della prima linea ora però e meglio iniziare i nostri allenamenti"
La mattinata proseguì senza ulteriori interruzioni; Riccardo si rivelò essere un grande insegnante per i 22 chierici che seguivano gli allenamenti di modo che Alessandro riuscì ad impartire anche qualche lezione di tattica in combattimento. Quando arrivarono le dieci i ragazzi lentamente si separarono dai due insegnanti; non appena il cortile si fu svuotato il chierico si voltò verso l'amico "Ti ricordi vero che in cambio di questa "lezione" tu devi venire in missione con me oggi pomeriggio?"
"Sì, sì" rispose svogliato il barbaro "partiremo dopo gli allenamenti speciali quindi… Intorno alle 16?"
"Va bene allora ti aspetto fuori dalla scuola" rispose Riccardo allontanandosi e salutando l'amico.

Il piano 20 era formato da radure immense che si perdevano dietro le schiene di piccole colline che celavano l'orizzonte vuoto e sconfinato, il tempo autunnale tingeva quelle radure con qualche ciuffo giallo e fiori dalle tinte fredde quasi a imitare il vento che li carezzava. Lorenzo ammirava quell'immensità dalla cima di una piccola collina e ripensava a cosa sarebbero stati in grado di scrivere Blake e Gray davanti a quello spettacolo. Si guardò intorno e vide, poco lontano, un piccolo villaggio formato da case di paglia e legno: doveva essere quello il villaggio di Manae. Il monaco aveva ricevuto da Clereo l'informazione che su quel piano c'era un villaggio razziato da un leone con la quale pelliccia l'NPC sarebbe stato in grado di tesserne una veste. Lorenzo raggiunse il villaggio in poco tempo e notò che c'erano pochi NPC in giro, i vetri delle finestre erano rotti, i tetti consumati e le travi marce, malconce, rotte; quel villaggio era ridotto a un paese fantasma. Il monaco iniziò a parlare con gli NPC e un vecchietto lo indirizzò verso una caverna a nord del villaggio raggiungibile seguendo per un tratto il sentiero e poi errando qualche secondo per i prati. Lorenzo raggiunse in breve tempo lo spiazzo di prato indicatogli, davanti a lui, lungo un leggero pendio, una voragine nel suolo formava l'ingresso della tana della fiera; ci volle poco perché lei si palesasse: un leone enorme, grande il doppio rispetto ad uno normale con degli artigli e dei denti neri, lunghi come sciabole e affilati come rasoi. Il monaco lo studiò un attimo, vide comparire la barra della vita sopra di lui e, similmente a quanto accadeva per i boss, non vi era una sola barra ma tre, impilate l'una sull'altra; i boss di norma ne avevano 6 e quel dettaglio poteva indicare che quell'essere era considerato un minibus. Lorenzo sorrise e disse a bassa voce "Ed ecco l'ora che fra' densi vapori, onde l'alpestre Ararat si corona, i nostri amanti scendono in terra. Oh come il cor mi batte!" si mise in posizione con  i pugni alzati e il leone iniziò a caricare contro di lui. "Pfui!" sospirò lui "Byron in italiano non rende" e, scansando l'assalto della bestia, gli tirò un montante sotto il ventre sottraendogli 1/8 dei punti ferita presenti nella prima barra. Il leone rimase inerme per qualche secondo il che diede al monaco la fiducia per provare a tirargli un pugno sul muso ma, mentre il ragazzo aveva già avviato l'assalto, la bestia sollevò la zampa destra e, abbassandola con veemenza, ferì Lorenzo al braccio destro. Il monaco balzò indietro guardando i suoi HP scendere di 1/12 "Simpatico il micetto" sorrise e, correndo verso l'avversario, evitò una zampata orizzontale e scivolò sotto la bestia e, non appena si fu fermato sotto la sua pancia gonfia, tirò una raffica di pugni finché la bestia non fece un balzo indietro ruggendo. La prima barra di vita della creatura si era svuotata per 7/8. Ma il monaco non lasciò alla bestia un attimo di respiro, applicando un'immensa forza sulle gambe fece uno slancio in avanti e, non appena fu difronte alla bestia, gli tirò una ginocchiata sotto il mento svuotando così del tutto la prima barra di vita. Il leone reagì subito mordendo la spalla del giovane, il quale sbiascicò una furente bestemmia e balzò indietro stringendosi la spalla con la mano sinistra, io suoi HP erano pochi più della metà ora. Non aveva tempo per pensare a quale sarebbe stata la tattica migliore per attaccare il felino era tornato alla carica e cercò di travolgere Lorenzo che, a sua volta, provò a trattenere la carica incrociando le braccia davanti a sé ma, seppure riuscì a contenere la forza del nemico, i sui HP raggiunsero la pericolosa zona gialla, il colore che annunciava la perdita del 50% dei punti salute. "Porca troia… Se continua così rischio forte… Beh potrei fuggire con un marchio del ritorno… No, non ne avrei il tempo… Devo studiare qualcosa… Ma cosa…" il ragazzo rifletteva così evitando i vari attacchi della belva ma non riusciva a trovare una via d'uscita, un punto debole o un'apertura che lui potesse sfruttare. Da quando la vita del leone era calata di un'intera barra l'impeto e la rapidità degli attacchi erano aumentati notevolmente. La belva cercò nuovamente di azzannare il ragazzo ma, lui, prontamente lo evitò con una capriola indietro e, quando smise di indietreggiare, vide la belva avvolta da un turbine di fiamme e la seconda barra degli HP di questa scendere di 2/5. Lorenzo non riuscì a spiegare quelle dea provvidenziale si fosse schierata dalla sua parte finché un urlo non proruppe alle sue spalle "Lorenzo, azzardati ancora una volta a sfidare un mini boss da solo e ti dovrai scontrare direttamente con me!"
Il ragazzo allora vide Camilla con lo scettro stretto in mano "Camilla! Grazie per l'aiuto ma… Come facevi a sapere che mi trovavo qui?"
"Ti sembra il momento migliore per discuterne?! Concentrati sull'avversario!" e dicendo così la ragazza evocò un muro di fuoco tra l'amico e la bestia, la quale interruppe subito il suo assalto.
Il ragazzo non si fece ripetere due volte quel consiglio, batté tra loro i pugni e intorno a loro divampò una leggera aura di fiamme color rubino, balzò attraverso il muro e iniziò ad azzuffarsi con il felino. da quel momento iniziò una battaglia di assalti e ritirate, di fiamme roventi che brillavano riflesse dagli artigli cupi del leone, quei colori erano incorniciati dal prato verde e danzavano come scintille di una brace ormai spente su cui un ragazzo si ostina a soffiare nell'illusione che quei tizzoni non si spengano. L'incontro, dopo l'arrivo provvidenziale di Camilla, vide trionfare i due ragazzi nonostante le svariate difficoltà date dalla forza di quella belva. Sul corpo esanime del leone era comparsa l'icona di un oggetto droppato; Lorenzo lo raccolse, si chiamava "Pelliccia del leone Aena" ed era un materiale, capì di avere tra le mani quello che cercava.

"Breve piè, di cui segue Amor la traccia;
e di spoglie sì belle alma più bella:
mostrato ha il Cielo in voi quant'ei potea"
Dopo aver finito di recitare il sonetto con queste parole Nicolò fece un profondo inchino davanti alle persone che si erano raccolte intorno a lui per ascoltarlo. La folla era composta da qualche NPC, una decina di giocatori adulti e cinque bambini seduti per terra a gambe incrociate. Il bardo salutò i giocatori in fretta e furia, si fece largo tra la folla continuando a ripetere da capo quel sonetto, controllò il ricavo ottenuto da quell'esibizione e tornò a sedere al tavolo del caffè dove era seduto prima.
"Molto bravo!" disse Linton applaudendo "Ma di chi era?" 
Il generale aveva invitato il ragazzo a prendere un caffè con lei per discutere di alcune questioni legate alla prima linea e alla situazione generale di quel mondo.
"Era un sonetto di Alfieri al quale sono molto legato… Ed è la prima cosa che mi è venuta in mente quando è venuto da me quel bambino" rispose Nicolò ridendo. Infatti, quando i due giocatori si erano appena seduti al tavolo per bere qualcosa, un bambino di circa dodici anni, riconoscendo il bardo, gli aveva afferrato la manica della giacca e gli aveva chiesto di raccontare qualcosa e, il ragazzo, sorridente, era andato in centro alla piazzetta a raccontare con quelle parole che tanto amava.
"Perché dici che ci sei molto legato?" domandò allora il comandante mentre un cameriere poggiava sul loro tavolo due tazze di tea.
"Perché è un sonetto che sembra legare tra loro stil novo e romanticismo e poi…" il ragazzo fissò un attimo il liquido nella tazza agitato dal roteare del cucchiaino "… se non si considera il colore dei capelli, sembra che parli di una ragazza che conosco" e sorseggiò il tea per celare una smorfia di triste nostalgia "Comunque" iniziò poi a dire scostando dalle labbra la tazza e sorridendo "di cosa volevi parlarmi?"
I due ragazzi discuteranno dei vari problemi che assillavano la prima linea: l'assenza prolungata di un giocatore del calibro di Ashel, la ricerca della nuova boss-room e il fatto che molti giocatori stessero abbandonando la prima linea dato che i boss diventavano sempre più complessi… Stavano parlando di come dividere le squadre di esplorazione per ispezionare il nuovo piano quando Linton aprì il suo menù e fece caso all'ora indicata in alto a destra e salutò il ragazzo prima di tornare alla sede della gilda del Sangue di Drago. Nicolò rimase lì, seduto, a sorseggiare il suo tea mentre scribacchiava con il suo guanto nuovo su un quadernetto rilegato in pelle; il vento autunnale faceva danzare qua e là alcune foglie gialle che si posavano poi stanche in terra, i giocatori vagavano per quella piazza, alcuni tenendosi mano nella mano e stringendosi tra loro per vincere quel freddo che iniziava a nascere. Nicolò guardava quella piazzetta così popolata di vita e pensava, rifletteva, rimaneva assorto nello scarabocchiare parole sul suo quaderno; la sua attenzione venne poi catturata da un falco che si appollaiava sullo schienale della sedia dove, fino a poco prima, sedeva Linton. Il falco osservò attentamente il bardo e lui lo guardò curioso e, dopo qualche secondo, lo riconobbe.
"Mi avevano detto che c'era un bravo professore di lettere qui alla Città d'Inizio!" disse una ragazza alle spalle di Nicolò.
Lui si voltò e riconobbe, nel volto di quella ragazza, Arcoas "Arcoas!" proruppe lui felice "È da una vita che non ci vediamo!"
"Già… Scusami se non mi sono fatta sentire…"
"Va tranquilla! Immagino che tu abbia avuto di meglio da fare che inseguire un vecchio trombone come me" rise il bardo.
"A dire il vero…" Arcoas voleva dire un qualcosa ma la sua voce si fermò in gola.
"Che maleducato" disse Nicolò illuminato da un'idea improvvisa "Non ti ho offerto niente! Vuoi una tazza di tea, di caffè, una cioccolata?"
"Ah…. Ehm… Prendo una cioccolata grazie"
Nicolò realizzò l'ordine tramite il menu mentre chiacchierava amichevolmente con la ragazza, si raccontarono cos'era successo nelle loro vite da quando si erano divisi, parlarono dei boss che difendevano gli accessi ai vari piani, della prima linea, dei cambiamenti che c''erano stati alla Città d'Inizio e di tanto altro. Parlarono per circa un'ora, senza interruzioni, finché una ragazza che camminava per la piazza li vide e, riconoscendo Orpheus, gridò il suo nickname. Il bardo si voltò e riconobbe Euridice, la ragazza grazie alla quale aveva acquistato la sua sfera di cristallo e che lo aveva avviato all'utilizzo del bastone da passeggio.
"Orpheus! Allora non mi hai abbandonata da solo nel mio inferno!" urlò lei gettandosi al collo del ragazzo.
Nicolò cercò di non essere ribaltato all'indietro con la sedia dall'impeto della ragazza poi, non appena lei si fu staccata da lui, disse "Ci mancherebbe altro tesoro mio"
Arcoas sbarrò gli occhi infastidita "Perché la chiami "tesoro"?"
Euridice si voltò verso la ragazza e disse acida "Beh siamo Orfeo ed Euridice… È scontato che ci chiamiamo così tra di noi"
"Euridice…" inizio a dire Nicolò un po' imbarazzato "A dire il vero il mio nome è alla latina il tuo è italianizzato…"
"Non fare il pignolo adesso, caro!" rispose allora Euridice.
 "Ma… Io… In realtà… Ma…" iniziò a balbettare il ragazzo e Arcoas iniziò a ridacchiare tra sé e sé vedendo l'espressione buffa che assumeva il volto di Nicolò.
"E ora mi spieghi chi è lei?" chiese la ragazza in piedi accanto al ragazzo.
"Lei è Arcoas, una ragazza che ho conosciuto tempo fa"
"Ah…" Euridice divenne cupa in volto e si voltò arrabbiata "Va bene, me ne vado via, non volevo disturbare voi due piccioncini… Ciao" poi se ne andò via.
Nicolò rimase confuso per qualche secondo poi si voltò verso Arcoas e lei, con lo sguardo di chi sa quando mettere la felicità degli altri davanti alla propria, disse al ragazzo "È meglio che tu vada con lei…"
"Grazie per essere così comprensiva… Giuro che ci rivedremo presto…" dicendo questo Nicolò si alzò dalla sedia e iniziò ad inseguire la ragazza "Vieni a seguire una mie lezione quando vuoi!" disse poi ad Arcoas voltandosi per un istante.
"Perché riuscivo a capire solo te Teresa…" bisbigliò il ragazzo tra sé e sé mentre inseguiva quella figura che, alla lontana, gli ricordava la sua amata ancora smarrita tra il buio di un sonno che non voleva finire.

Era capitato in un piccolo villaggio ai piedi di una zona montuosa, probabilmente gli NPC erano idealmente dei minatori che forse estraevano carbone o qualche altro combustibile simile a giudicare dalle tracce di fuliggine che aveva visto sui volti e gli arti degli avventori della locanda. Qui aveva fatto la solita domanda al barista, che aveva risposto con uno dei soliti messaggi standard di gran parte di quel genere di NPC: inutili informazioni sui clienti, prezzi dei prodotti, consigli su quale birra prendere e via discorrendo. Il ladro non finì neppure di ascoltarlo, semplicemente si staccò dal banco e si diresse fuori. Aveva imparato che quando gli NPC iniziavano con quelle manfrine quasi mai riusciva ad ottenere informazioni utili. Anche per forza: era un mondo di gioco immenso e non era possibile che gli sviluppatori fossero riusciti ad elaborare dialoghi unici per ogni personaggio. 
Una volta fuori dal locale venne attratto da un rumore a fianco dell’edificio. Non si preoccupò neppure di cosa potesse trovare, in fondo era pieno giorno e la zona sebbene non fosse la più lussuosa del mondo non era sicuramente pericolosa. Girò l’angolo e vide un uomo a terra, sicuramente non un giocatore, abbandonato schiena contro il muro. Era vestito di stracci, una tunica logora e giallognola che gli copriva a malapena la cintola, delle brache in tela marroni e strappate in più punti strette in vita da un laccio in cuoio. Un barbone, sicuramente.  Aveva gli occhi chiusi, le mani scorticate , i calzari in corda di canapa rotti e teneva davanti a sé una scodella in rame ossidata, probabilmente per le offerte. Attirò subito l’attenzione del ladro. Claudio non ne era sicuro, ma c’era qualcosa in quell’uomo che lo incuriosiva. Ok che era un senzatetto, va bene che quello in fondo era un gioco, ma chiedere l’elemosina in un vicoletto secondario non garantiva idealmente troppe possibilità che qualcuno passasse di lì e lasciasse qualche moneta. Decise di fare una prova ed interagire con quel curioso personaggio. Parlò una, due, tre, quattro volte ma nulla, neppure un grugnito. Stava per andarsene, senza alcuna voglia di perdere altro tempo, poi pensò ad una cosa talmente tanto banale da risultare stupida. Analizzò la scodella e subito nel suo HUD apparve la notifica col saldo delle sue monete ed un indicatore di cifre sotto, quattro numeri tutti impostati sullo zero. Non dovette neppure a pensare a cosa fare. Iniziò con una decina di monete, ma tutto quello che ottenne fu un cenno del capo. Un ringraziamento sicuramente. Salì a 50 monete. Pensò subito che molto probabilmente doveva arrivare a 9999 monete, ma gli parevano troppe. Provò con somme sempre maggiori, senza ottenere nulla, solo cenni e ringraziamenti. Si rassegnò e versò la somma massima “Se, ultracidio alle mie finanze eh” si trovò a pensare. Nello stesso momento in cui completò la transizione il barbone iniziò ad esclamare:
-Buon uomo! Buon uomo! Lei è davvero una persona gentile! Con questi Stan potrà rimettersi in sesto… Oh ma lei è un ladro- l’uomo si alzò- allora credo che questo potrebbe tornarle utile: una volta mio nonno, che Larmet l’abbia preso con sé, era solito raccontarmi diverse storielle su… oh mi scusi, ma la mia memoria è annebbiata dall’alcol- si rimise seduto, senza staccare gli occhi nocciola da Claudio. Tossì un paio di volte, poi riprese:- Ah ecco, su quando lui ed i suoi amichetti erano partiti alla ricerca di un certo ladro famoso… diceva che lo avevano incontrato nel folto di una foresta ad un giorno di marcia da qui, verso sud- l’uomo rise sotto gli occhi attoniti di Claudio, che non si aspettava sicuramente di riuscire ad ottenere informazioni del genere in un modo così inusuale. Poi dopo un cenno col capo il barbone si alzò, barcollò a destra e sinistra prima di voltare le spalle ed avviarsi verso l’ingresso della locanda, probabilmente a sperperare il tesoretto regalatogli da Claudio.

Improvvisamente, durante l’ispezione del rifugio di Fastre, Claudio urtò accidentalmente uno scaffale su una delle pareti divisorie, inclinandolo leggermente. Seguì un rumore di ingranaggi che si muovevano ed uno scocco secco, chiaramente proveniente dall’esterno. Un meccanismo segreto. Sapeva dove lo avrebbe condotto. Uscì dalla baracca e notò subito il cambiamento. Adesso su uno degli alberi era visibile uno spazio vuoto, dove si riusciva ad infilare sì e no la mano guantata. Non perse tempo. Sapeva che lì dentro c’era l’ennesima parte di un set, forse un anello o un pugnale date le dimensioni del nascondiglio. Corse verso il tronco, pronto a fare un altro piccolo passo avanti nella sua ricerca. Infilò la mano nel buco e strinse il pugno. Nel nulla. Tastò in giro, ma non c’era assolutamente niente. Liberò la mano e tirò un pugno contro l’albero, sfogando tutta la sua delusione. Passò la mezz’ora successiva a cercare nei dintorni ulteriori cambiamenti, cercando altri interruttori, leve, scomparti, senza trovare nulla. 
“Tutta questa fatica per nulla? Mille monete buttate nel cesso? Impossibile!”  cacciò un urlo, cercando di liberarsi dallo stress. Inutile. Gli sembrava  di aver buttato tantissimo tempo, tempo utile per andare avanti nel gioco, esplorando aree nuove e sbloccando nuovi piani. Invece niente, tempo perso. Trasse un profondo respiro, cercando di dar ordine ai propri pensieri. Fu in quel momento che si accorse della presenza di due persone su uno degli alberi attorno alla casupola.
-Chi è là!?- gridò. Delle due figure una sparì nel folto della foresta, scappando lontana, senza neppure dare il tempo al ladro di inseguirla. L’altra invece si fece cadere dal ramo su cui era appollaiato, atterrando su un tappeto di foglie morte. Era una figura alta e slanciata, coperta con una cappa di stoffa fine e nera come la pece. Le brache erano grigio scure e rinforzate, i calzari neri. Non riuscì a scorgere altro. neppure quando la figura iniziò a parlare.
- Bene bene bene! Chi abbiamo qui?- la figura ridacchiò- Ashel, colonnello della prima linea! Uno dei due player consapevoli
-Ci conosciamo, forse?- chiese il ragazzo
-Certo che no! Le persone nella mia posizione meno vengono riconosciute in giro meglio è- impugnò un coltellaccio dalle forme spartane, con la lama seghettata ed arrugginita- Ti basti sapere che gli oggetti che tu cerchi interessano anche ad un mio amico. E queste tue ricerche oggi le facciamo finire.
Claudio scoppiò a ridere, guardò quello che era palesemente un altro giocatore e gli chiese:
-Aspetta, aspetta… tu mi vuoi sfidare?
-No- rispose l’altro-Ti voglio solo minacciare… e consigliare di non metterti contro certa gente- scoppiò in una fragorosa risata- Certo che ti voglio sfidare “colonnello”.
Claudio non riuscì a far a meno di notare con quanto sarcasmo il tizio incappucciato avesse pronunciato quell’ultima parola
-E se mi rifiutassi? Perché insomma tu, lasciatelo dire, non mi fai molta paura… da solo poi…
- Così, signor Ashel, lei si ritiene tanto superiore a me?
-Si. Senza voler infierire troppo sul tuo essere scarso….- temporeggiò qualche istante- senti amico, io non ho fatto nulla a te e tu non hai fatto nulla a me, tranne forse rubare l’item dentro quel tronco, che sicuramente ora ha con sé il tuo amico che si é defilato. Ma hey, ci sta. Questo è un gioco, sono cose che capitano. Senza rancori ed ognuno per la propria strada dai. Viaggia va’.
Detto questo si girò di spalle, in direzione di dove era venuto, per tornare sul sentiero su cui aveva lasciato il cavallo. Ghignò. Era arrivato tardi, ma nessuno poteva impedirgli di cercare quel giocatore che era scappato col malloppo. Magari avrebbe chiesto qualcosa a quella figura incappucciata. Massì qualche colpetto leggere, una veloce dimostrazione di abilità e quello stronzetto alle sue spalle se la sarebbe fatta addosso ed avrebbe cantato come un canarino. 
La riduzione degli Hp lo sorprese ed il dolore secco al centro della schiena gli fece digrignare i denti. Si portò una mano in quel punto, ma fu subito fermata da una salda presa a tenaglia.
-Non ci siamo capiti allora- era la voce di quell’individuo, che proveniva subito dietro di lui –tu da qui non esci.
Claudio si staccò di botto, cercando di mettere più distanza possibile dal nemico. Vide i sui hp che, oltre ad aver perso il 25% della loro interezza in pochissimo tempo, ora iniziavano anche a scendere. “Avvelenamento e sanguinamento, perfetto” riflettè Claudio, cercando di mettersi in guardia e prepararsi ad un nuovo assalto “Questo fa sul serio”. Agì in brevissimo tempo. Prese una pozione per il veleno, al sanguinamento ci avrebbe pensato in un secondo momento. Impugnò le due lame, giusto in tempo per flettere un nuovo fendente. Assestò poi un veloce colpetto sul braccio avversario, che non preoccupò minimamente l’opponente. Quello continuò col suo assalto furioso, senza dare alcun segno di falle nella propria tecnica. Lo avrebbe ucciso, era quello il suo obbiettivo. Claudio sapeva di essere più forte, ma quella lama era intinta in svariati veleni, ora si sentiva infatti anche molto stanco, non riusciva a far compiere ai propri muscoli i movimenti che il cervello ordinava. Sarebbe morto lì, lo sapeva. Non aveva neppure troppa paura, non riusciva semplicemente né a pensarci né a rendersi effettivamente conto di cosa gli stesse per succedere. Si sentiva come sott’acqua. Veleni, droghe… e chissà cos’altro gli aveva iniettato quello stronzo. Stava per finire tutto. Ad ogni colpo parato le sue braccia cedevano sempre di più, le sue gambe si squagliavano sotto al peso dei colpi. Morire… non la aveva mai realmente contemplata come possibilità, il morire dentro LSO eppure era proprio quello che stava per accadere. Non avrebbe più rivisto i suoi parenti, gli amici, Roberto, Nicolò, Aldo, River… Phones… e neppure Luna…
“Dove sei Luna?” si chiese “Già.. non ci sei…”

Camilla e Lorenzo erano appena tornati nella Città d'Inizio e stavano discutendo tra loro.
"Ancora non mi hai spiegato come hai fatto a trovarmi" disse il monaco pretendendo una risposta.
"Credi davvero che Nicolò sia l'unico della gilda ad avere una sfera di cristallo?" rispose sorridente Camilla.
Il ragazzo fece una faccia sconsolata "Vuol dire che ora ci sorveglierai come se fossi nostra madre?"
"Come ti permetti di parlarmi così?!" chiese la ragazza canzonando il ragazzo avvalendosi di un tono materno per poi proseguire la strigliata di capo che aveva iniziato in precedenza riguardo l'imprudenza dell'amico.
Erano quasi arrivati nella piazza centrale quando, lungo una via, videro da lontani un gruppo formato da 4 giocatori che indossavano la stessa armatura: questa era formata da un elmo in ferro cremisi che copriva interamente il loro volto, l'armatura che ricopriva il loro corpo era fatta dello stesso materiale e da essa, qua e là, spuntavano fuori dei drappi gialli; si trattava della tenuta ufficiale della gilda delle Guardie Notturne.
"Certo che il soprannome di "Fiamme vivaci" se lo meritano tutto" ridacchiò Lorenzo tra sé e sé poi, all'improvviso, il ragazzo si accorse di un quinto giocatore che perlata con quei quattro: aveva la stessa armatura ma non indossava l'elmo. Anche lui si accorse dei due ragazzi e subito si separò dal suo gruppo per raggiungerli. Camilla riconobbe il giocatore: si trattava di Zarathustra.
Non appena questi fu difronte ai due amici si rivolse alla ragazza dicendo "Scusa se mi permetto ma tu eri per caso presente alla riunione organizzata da Orpheus e dagli altri?"
"A dire il vero sì…" Camilla era paonazza in volto.
"Beh piacere di conoscerti, qui mi chiamo Zarathustra" e il ragazzo, sorridendo dolcemente, porse in avanti la mano.
"I-io mi chiamo Mineritt… Piacere mio" disse la ragazza stringendogli la mano.
"E ho capito che qui sono di troppo!" irruppe Lorenzo "Beh… Io vado a cercare Orpheus e Gabél. Ti lascio in buona compagnia Mineritt" aggiunse poi allontanandosi con sguardo malizioso.
"Hamlaf!" gli urlò dietro la ragazza ma lui sparì veloce in un vicolo alzando la mano in segno di saluto.
"Era un tuo amico?" domandò allora il ragazzo.
"Sì… Siamo all'interno della stessa gilda"
"Ah capisco… Comunque ti andrebbe di venire a fare due passi? Io ho appena finito il mio turno di ricognizione quindi sarei libero"
"Ehm… Non dovrei avere altri impegni quindi… Va bene" sorrise Camilla contenta.
I due percorsero tutta la piazza osservando gli altri giocatori e dialogando tranquillamente tra loro, si spinsero fino alle mura cittadine, dove le case erano meno fitte, e ammirarono la bellezza dell'autunno che si rifletteva per le strade di quel mondo popolate dalle foglie che si concedevano un riposo dopo aver sventolato per la nascita della primavera e l'appassire dell'estate.
"Scusa Zarathustra, ma, prima, hai detto che avevi finito il giro di ricognizione… Eppure tu sei a capo della gilda delle Guardie Notturne se non sbaglio… Come mai anche te ti occupi di faccende così…"
"Così banali intendi dire?" ipotizzò lui sorridente "Beh è perché non voglio che all'interno della mia gilda ci sia una gerarchia troppo accentuata come in quella capitanata dal generale Linton… Mi piace pensare che tutti i giocatori siano allo stesso livello anche se poi, spesso, quelli più in gamba si ritrovano a dover dare consigli ed aiuti hai più impacciati"
"Capisco cosa vuoi dire… Infondo anche tra noi della gilda Vitriol non esiste una vera e propria gerarchia… Certo, Ashel è molto più in gamba di tutti noi e per quello lo abbiamo eletto capofila invece Orpheus è simile a un incoraggiatore… Non so se mi spiego. È un ragazzo che ti sa sempre capire e che sa dire la cosa giusta nel momento giusto e poi è sveglio…"
"Sarà a causa di tutti quei libri che ha letto ahahahah!" rise il barbaro.
"Scusa come fai a sapere di questa sua passione?" domandò Camilla confusa.
"Quando mi ha contattato prima della riunione a cui abbiamo partecipato mi ha ricevuto nel suo studio e… Vabbè puoi capire no?"
I due scoppiarono a ridere e continuarono la loro passeggiata tranquilli mentre il sole iniziava leggermente a calare oltre le mura cittadine.

Da quando il ladro lo aveva portato  davanti a quella casa abbandonato Roberto era perennemente in giro per i piani. Il quel rudere aveva infatti trovato un NPC che gli aveva fatto una lunghissima manfrina sull’onore, sul rispetto e sui duelli. E dopo il discorso gli aveva rivelato di essere quasi un giustiziere, una persona alla quale si rivolgevano tutti quelli che consideravano il proprio onore macchiato da una qualche persona. Roberto non ci mise molto a capire dove volesse andare a parare. Era compito suo, in quanto unico giocatore in quella che sembrava un’infinita questline popolata di NPC, vendicare i vari torti subiti sfidando a duello le più svariate classi di combattenti. Ne aveva già battuti tre in una settimana, in scontri sempre più impegnativi, senza arrivare ancora mai a rischiare veramente di non farcela, ed ancora il suo “datore di lavoro” parlava solo di incarichi e mai di ricompense. Non che gli dispiacesse, in fondo era esperienza e soldi facili, però moriva dalla curiosità di sapere cosa ci fosse alla fine di quella lunghissima serie di duelli, dato che Claudio gli aveva assicurato che ne sarebbe valsa la pena. In quel momento si trovava a sonnecchiare nei campi attorno a Mariedo, indeciso sulla mossa successiva. Era appena stato da Kri, l’NPC che lo stava mandando in giro per il mondo di gioco, ma non lo aveva neppure trovato. La spiegazione più convincente a cui arrivò per giudicare quella sparizione era che i successivi duelli erano ubicati in piani non ancora sbloccati. Camminò un po’ per i terreni appena arati, affondando coi piedi nella terra appena smossa, divertendosi a colpire con la punta della spada i pezzetti di legno marcio o le pietre che ogni tanto sbucavano dal suolo e nel mentre fischiettava un motivetto che aveva in testa. Si rendeva conto che non stesse facendo nulla, che quello era tempo perso, però in mattinata Claudio gli aveva detto che doveva parlargli e che gli sarebbe arrivata la comunicazione di dove si sarebbero incontrati. Considerando che erano settimane che non si sentivano… no, niente congetture, avrebbe prima aspettato di sentire cosa gli avrebbe detto l’amico.

"Ora mi puoi spiegare perché siamo qui?" domandò Alessandro a Riccardo guardandosi intorno.
I due ragazzi erano partiti quel pomeriggio sul tardi per raggiungere un dungeon sul piano 19 del quale nessuno aveva mai completato l'esplorazione. Era una grotta sotterranea lungo le quali parete si affollavano antichi geroglifici e segni incomprensibili i quali richiamavano un'aurea di misticismo e di antiche discipline arcane.
"Ieri in "clinica" è venuto un'esploratore che si era cimentato nell'esplorazione di questo luogo… Mi ha confidato che non ci sono nemici ma solo prove da superare quindi ho pensato che noi due da soli saremmo bastati"
"Se non ci sono nemici perché è dovuto venire da voi a farsi curare?"
"Perché se si fallisce una prova si attivano delle trappole"
"E quando avevi intenzione di dirmi questo piccolo particolare!?" esclamò il barbaro furioso.
"Ahahah! Non ti preoccupare! Con la mia testa riusciremo a risolvere ogni enigma"
"Enigmi?! Non avevi detto che erano prove di varia tipologia?!"
"Oh ecco quella deve essere la prima!" disse indicando un altare al centro di una stanza illuminata da fiaccole azzurre.
"Mentecatto che non sei altro!" urlò Alessandro all'amico che si stava avvicinando all'altare.
Non appena i due amici furono difronte alla grande pietra di forma cubica si accorsero che su di essa erano incisi tre triangoli uno interno all'altro in modo che i vertici del triangolo al centro coincidessero con i punti medi dei lati del triangolo più esterno e, i vertici del triangolo più interno facevano lo stesso con i punti medi dei lati del triangolo al centro. Poi si accorsero che in alcuni punti dei triangoli erano collocate delle bigie: sul vertice più alto del triangolo esterno ce ne era una con sopra inciso il numero 1, sul vertice in basso a sinistra dello stesso triangolo una con il numero 3, nel vertice in basso del triangolo di mezzo una col numero 6, nel vertice alto del triangolo più interno una col numero 9, sul vertice in basso a destra del medesimo una col numero 5 e sul punto medio del lato di sinistra una con sopra riportato il numero 8; avanzavano così sei spazi vuoti, ciascuno in corrispondenza di un vertice o di un punto medio, in cui, evidentemente andavano inserite le bigie che si trovavano accanto all'incisione ed esse riportavano rispettivamente i numeri 2, 4, 7, 10, 11 e 12. 
Poi, improvvisamente, davanti ai due comparve la scritta "Colloca le altre gemme in modo che la somma dei numeri nei perimetri dei tre triangoli sia 39".
"Bon genio… Vediamo un po' cosa riesci a fare"
Riccardo si mise a riflettere un po' "Allora… Nel triangolo più esterno abbiamo una somma 10… Quindi servono tre numeri che diano 29… In quello di mezzo la somma è 20 ci serve quindi un 19 e per il più interno che ha già in sé un 22 ci serve un 17… 17 lo possiamo ottenere solo sommando 11, 2 e 4… Quindi il 19 lo otteniamo con 10, 2 e 7 e il 29 lo otteniamo con 7, 12 e 10… Allora mettiamo le gemme così"
Riccardo prese le gemme e mise il 12 nel vertice in basso a destra del triangolo più esterno, il 7 nel vertice in alto a destra del triangolo di mezzo, il 10 nel vertice in alto a sinistra dello stesso triangolo, il 2 nel vertice in basso a sinistra del triangolo più interno, l'11 nel punto medio della base dello stesso triangolo e il 4 nel punto rimanente.
Una porta al di là dell'altare si aprì.
"Hai ancora poca fiducia nel tuo amico?" domandò compiaciuto Riccardo.
"Sta bon che ci aspettano altre prove"
Di fatto i ragazzi dovettero superare altre tre prove, tutte diverse tra loro, prima di raggiungere quella che aveva l'impressione di essere l'ultima prova. La stanza era tutta circondata da mura formate di mattoni dal colore quasi dorato e, su di essi, ricami di una lingua appartenuta a tempi antichi brillavano di verde mentre fiamme rosse illuminavano tutta la stanza. Sopra al blocco di pietra, questa volta, c'era una scacchiera con accanto otto pezzi identici che richiamavano la regina degli scacchi. Davanti ai due comparve un messaggio che recitava "La regina negli scacchi può spostarsi di qualsiasi numero di caselle in qualsiasi direzione: verticale, orizzontale e diagonale. Disponi le otto regine sulla scacchiera in modo che nessuna di esse si trovi sulla linea di movimento di un'altra regina"
"Ok… Questo è difficile…" sospirò Alessandro prendendo atto della complessità dell'enigma.
"Mmm… Mi sembra un enigma dei giochi del professor Layton…" osservò Riccardo pensieroso.
"Cosa?! Quindi lo sai risolvere?" esclamò sorpreso il barbaro.
"A dire il vero non sono mai riuscito a risolverlo…"
"Ma porca troia… Come ne usciamo da questa situazione? Immagino che non appena disporremo le otto regine nella posizione sbagliata qui si attiveranno chissà quali trappole!"
"Mmm… Dai cercherò di riflettere…" e così, Riccardo, si mise a terra e con la punta della sua mazza iniziò a disegnare per terra delle scacchiere in cui cercava di disporre i pezzi sotto forma di X in mezzo ad un delirio di imprecazioni e bestemmie. Dopo una mezz'ora abbondante il ragazzo non aveva ancora trovato il bandolo della matassa, si alzò in piedi e bestemmiò sonoramente "… Sto bestemmiando più di Lorenzo"
"Non ti preoccupare… Lui è imbattibile nel bestemmiare… Comunque nulla?" domandò Alessandro dopo averlo rassicurato.
"NULLA, NULLA, NULLA!!!" urlò l'amico.
"E se ti dicessi che io ho la soluzione?"
"Ti direi che non mi devi prendere per il culo"
"Facciamo così, se lo risolvo mi offri da bere 'sta sera ok?"
"Mah! Guarda; potrei anche offrirti una cena completa se lo risolvessi"
Alessandro allora sorrise sotto i baffi e si avviò verso l'altare, prese le otto regine e le dispose nel seguente modo: la prima in d8, poi le altre in g7, c6, h5, b4, e3, a2 ed infine f1.
Riccardo osservò a bocca aperta l'aprirsi della porta difronte a loro dopo pochi secondi.
"Ahahah! Giuro che 'sta sera ti mando in bancarotta!" rise sguaiatamente il barbaro.
"Ma come diavolo hai fatto?" domandò il chierico che ancora non riusciva a chiudere la mascella.
"Ahahah non te lo dico mica!" e, mentre i due continuavano a scontrarsi con domande perplesse e risposte vaghe, giunsero in una stanza dove al centro si trovava un piccolo scrigno; Riccardo si avvicinò e, con il cuore in gola, lo aprì: esso conteneva un lungo cannocchiale in legno con delle rifiniture dorate.
"Un cannocchiale? Pensavo che avremmo trovato un'arma potente, un'arma magica o qualcosa del genere" sbuffò sconfortato Alessandro.
Riccardo lesse ad alta voce la descrizione:
"Cannocchiale del tempo; oltre a fungere da comune cannocchiale, questo antico artefatto, una volta richiuso, può essere utilizzato per imprigionare la momentanea apparenza delle cose. Basta dar fuoco alla miccia e aspettare qualche secondo"
Il chierico allora richiuse il cannocchiale in se stesso e notò che, facendo così, spuntava fuori una breve miccia da un buchino. Rimase lì ad osservarlo per qualche secondo poi emise un grido di felicità "OH MIO DIO!!! HO CAPITO DI COSA SI TRATTA"

Erano tutti lì,vicino a quel monolite che tanto piaceva al ladro, nei pressi di Rajudai, ad aspettare le parole del ragazzo. Bhe, non proprio tutti, si accorse Luna. C’erano Roberto, Hyrtang e River. Tutti quelli che erano stati contattati da Claudio. Il ragazzo era seduto ai piedi del monumento, a parlare con gli amici, raccontandogli quella storia che lei aveva già sentito appena uscita dalla piana del Puteo. Ripensò a come il suo ragazzo aveva ucciso quel giocatore… aveva provato a dirgli di non colpevolizzarsi troppo, che era stato quello lì il primo ad attaccare e che lui a cercato fino alla fine di non torcergli un capello, ma niente. Evidentemente il rendersi conto che era diventato un assassino lo aveva turbato. 
“ No, turbato è riduttivo. È rimasto scioccato da quell’esperienza”. Si ricordava le parole esatte con cui gli aveva descritto quei momenti:
“Con uno sforzo assurdo riuscì ad evocare il mio famiglio, che lo distrasse quel tanto che bastava per consumare una delle due panacee che ero riuscito a trovare. Non ho nemmeno preso in considerazione l’usare un marchio del ritorno. Quello stronzo me la avrebbe pagata, ogni singolo colpo, ogni singolo attimo che avevo vissuto in quello che scoprii essere non più di un minuto. Gli feci di tutto. Feci il possibile per fargli capire che stava per morire. Lo inchiodai a terra, lo seviziai … e più vedevo la consapevolezza iniettata in quegli occhi e più io continuavo, più lui implorava di farla almeno finita alla svelta e più io mi muovevo lentamente. Lento ed inesorabile. E non posso negare che su momento mi piacesse da impazzire. Quando poi mi sono reso conto di quello che avevo fatto… Beh, la storia la sai. Sono corso alla sede della gilda e ti ho detto quelle cose. Fine della storia” 
Lo guardò ricordare agli amici quei momenti e vide che intanto che parlava singhiozzava. Stava per mettersi a piangere. E ciò era indicativo di quanto quell’avvenimento lo avesse sconvolto. 
L’unico lato positivo era che finalmente si aprisse con qualcuno e sapeva che avrebbe ricevuto il sostegno necessario per smetterla di pensare all’uomo che aveva ucciso. O almeno questo era ciò che sperava

Euridice era seduta sotto ad una pianta che ricordava un salice, circondata da dei piccoli fiori gialli che, in quel mondo, venivano chiamati narri e guardava il sole che lento si nascondeva dai suoi occhi e sentiva il suo caldo rosso abbracciarla con una carezza che non si può descrivere. Si rannicchiò in sé stessa stringendosi le ginocchia tra le braccia e nascose il suo volto in quella stretta. Ogni tanto i rami dell'albero parevano poggiarsi sulle sue spalle come a dire "Siamo qui con te; sfogati se vuoi" ma nessuna lacrima riusciva a far breccia nei suoi occhi…
"Sei veramente brava a sfuggirmi" disse un sorridente Nicolò comparso improvvisamente davanti alla ragazza.
Lei alzò lo sguardo e, vedendolo, fu presa dall'impulso di fuggire, scappare. Si alzò in fretta e gli diede le spalle ma lui le afferrò la mano costringendola a restare. Lei si fermò, senza voltarsi verso il ragazzo, si fermò come chi ha paura di guardarsi alle spalle per paura che dietro ad esse si trovi un mostro.
"Sembra quasi che le parti si siano invertite" disse Nicolò… La ragazza non poteva vederlo ma sapeva che quelle parole lui le diceva col sorriso sulle labbra… Il suo sorriso…
"Ascolta… Io non sono il tuo Orfeo… Io sono un altro mondo… Il tuo Orfeo si è voltato a guardarti perché aveva paura che tu non ci fossi… io invece ho guardato la mia Eurydice perché avevo capito che non era giusto portarla indietro… Io mi voltai perché era la cosa giusta… Tu non meriti uno come me e, sinceramente, non ho mai capito perché alcune di voi si innamorino di me… Non l'ho mai capito…" Nicolò lasciò andare la mano della ragazza e lei se la strinse in seno, non aveva più voglia di fuggire, l'avrebbe ascoltato, un'altra volta; lui iniziò a parlare quando il vento piegava lenti narri "Ascolta…Non scegliere me… Ti prego… Sono un uomo difficile… Un mostro troppo affezionato al suo ego… Superbia… Orgoglio… è ciò che dimostro e l'incapacità a vivere in un mondo che non è stato macchiato dall'inchiostro… inchiostro… un mare nero in cui affondo… da solo… eppure… così contento se tra i miei versi mi confondo… Sono volubile come un vento che, repentino, diventa tempesta alimentato da ogni sentimento… e nella follia di questa testa avanza spazio solo per poesie, sogni e una furiosa protesta contro questo mondo di agonie! Innamorato, da tutta la vita, ma di ideali, fantasmi ed utopie… La mia è una notte infinita in cui, anche io, solo di rado, intravedo una stella sfinita" 
Euridice si voltò e lo guardò negli occhi, lei si sarebbe persa per sempre nei suoi occhi… Ma il pianto sopraggiunse e allora, vedendo quei cristalli di sentimento, Nicolò l'abbracciò a sé bisbigliandogli nell'orecchio "Scusami…"

La locanda era gremita come al solita; al primo piano la taverna di Mecho era la più frequentata chissà perché poi. I giocatori si davano appuntamento lì per raccontarsi le avventure della giornata, per ritrovarsi semplicemente con gli amici o per evadere, anche solo per un'istante, da quel mondo… Ma la cosa più bella di quella locanda è che Mecho era un player, non un NPC. Mecho era un bardo che, dopo aver raccolto una buona somma d'oro si era comprato la locanda e aveva deciso di crearne un luogo in cui i giocatori si potessero rilassare tranquillamente. Questi avrà avuto circa 21 anni, aveva dei capelli neri che gli arrivavano fino alle spalle, un pizzetto ben curato e gli occhi azzurri. 
"Allora Orpheus?" domandò il bardo al socio "Come te la passi? Ti vedo un po' giù"
"Ah… Guarda Mecho non me ne parlare… Pesavo di essere bravo a capire le persone e invece…" Nicolò bevve due sorsi dal suo calice di vino e poi sospirò.
"Problemi con le donne vero?" disse il locandiere/barista.
"Diciamo pure di sì…"
"Vabbé, allora, in questo caso, il primo giro lo offre la casa" e mentre si allontanava per andare a parlare con altri clienti aggiunse, sempre rivolto al bardo "Ma il secondo lo paghi doppio"
"Sì… sì… Aspetta cosa?!" 
Mentre Nicolò finiva di bere il suo bicchiere di vino e si preparava ad ordinarne un altro arrivarono al suo tavolo Lorenzo e Camilla.
"Ben arrivati signori" sorrise il bardo distrattamente.
"Scusa il ritardo ma lo nostra socia doveva flirtare un po' " disse il monaco canzonando la maga.
"Ah sì?" domandò Nicolò divenuto raggiante in volto "E sentiamo un po'… Con chi, con chi?"
"Certo che siete proprio dei villani… Io e Zarathustra abbiamo solo chiacchierato un po' "
"Se con "per un po' " indichi tutto il pomeriggio capisci anche te che non rendi bene l'idea" rise Lorenzo.
"Fottiti" bisbigliò la ragazza a denti stretti ordinando da bere.
I due ragazzi scoppiarono a ridere finché la voce di Alessandro non chiese "Cosa è successo che rischiate di ribaltarvi dalle sedie?"
"Oh ragazzi! Ben arrivati" iniziò a dire Lorenzo salutando Alessandro e Riccardo "Comunque stavamo parlando delle recenti conquiste si Camilla. Ahahahah!"
"Sul serio?" domandò il chierico con fare malizioso "La nostra maga inizia a far strage di cuori?"
"Giuro che se non la smettete vado a bere da sola al bancone" li minacciò Camilla.
"Scusa, scusa… Giuro che adesso smettiamo" promise Nicolò a nome di tutti.
"Non vorremmo che allontanandoti ne conquisti altri due o tre…" bisbigliò divertito, a bassa voce, Lorenzo che, a causa di questa battutina ricevette uno scappellotto dal bardo che stava cercando di trattenere una risatina sotto i baffi.
"Allora" disse il monaco massaggiandosi la testa dove l'aveva colpito l'amico "Come è andato il vostro pomeriggio?"
"Io preferirei non parlarne" rispose Nicolò iniziando a bere il secondo calice di vino della serata "Piuttosto… Alessandro a cosa ti serviva risolvere l'enigma che mi hai esposto?"
Riccardo sentendo quelle parole si girò di scatto verso il bardo esclamando "Cosa scusa?!"
"Massì… Ale mi ha inviato il testo di un enigma questo pomeriggio chiedendomi di aiutarlo a risolverle"
"Ah ecco qui come hai fatto maledetto!" disse il chierico rivolgendosi, questa volta, al barbaro "Ti sei rivolto a uno che ha giocato a tutti i giochi di Layton e che quindi sapeva già la soluzione!"
"A dire il vero Nicolò ha giocato a tutti i giochi di Layton tranne "il paese dei misteri", che è il gioco che conteneva l'enigma" ribatté Alessandro dopo aver bevuto qualche sorso dal suo boccale di birra.
"Già, già" confermò il bardo "Però, fortunatamente, sono riuscito a risolverlo in fretta se no sarei impazzito"
"A chi lo dici" sospirò a bassa voce il chierico.
"E cosa avete trovato in questo dungeon di enigmi?" domandò Lorenzo
Riccardo ridacchiò sotto i bassi "Eheheheh! Ora vedrete!"il ragazzo si alzò e si mise in piedi davanti al lato più lungo del tavolo e posò il Cannocchiale del tempo.
"Ma cos'è 'sta roba?" domandò Camilla osservando l'oggetto.
"Non farti domande e venite tutti qui vicino a me!"
I ragazzi si guardarono tra loro confusi e poi seguirono il comando di Riccardo.
"Bene ci siamo? Ale stringiti un po' di più… Ok ora va bene! Camilla puoi fare un incantesimo e accendere la miccia del Cannocchiale?"
"Io dovrei sprecare del mana per una roba che ti ostini a non spiegare?!"
"Ti pregooooooo" la supplicò il chierico.
"Va bene!" e Camilla batté tre volte con lo scettro a terra accendendo così la miccia; dopo qualche secondo, quando questa fu consumata interamente si sentì il suono di una piccola esplosione interna all'oggetto.
"Ma che cazzo… L'abbiamo rotto?" domandò Lorenzo.
"Nono!" disse euforico Riccardo "Nicolò hai un foglio da prestarmi?"
"C-certo…" rispose il ragazzo non comprendendo il perché di quella richiesta; aprì l'inventario e gli passò il foglio.
Riccardo dispose l'oggetto sopra al foglio e dopo aver digitato un paio di comandi sul foglio apparve una foto che ritraeva il momento appena passato.
"Oh mio Dio!" esclamò Camilla raggiante "È una specie di macchina fotografica!"
"Ma è bellissimo!" si aggregò a dire Nicolò.
"Wow" si limitò a dire Lorenzo.
"Visto!? In questo modo, nonostante questo mondo ci incateni come schiavi, potremo avere dei ricordi delle belle esperienze trascorse come gilda Vitriol!" osservò Riccardo.
Tutti furono presi da un'improvvisa allegria, guardavano i loro volti contornati da quegli abiti così diversi da quelli di sempre e ridevano canzonandosi per le facce buffe o assurde che avevano assunto in quell'attimo congelato, ma nella mente di Nicolò irruppe un pensiero: guardava la prima foto della gilda Vitriol e capiva che mancava qualcuno…
"Ragazzi!" disse in tono solenne guardando gli altri negli occhi uno ad uno "Dobbiamo ritrovare Claudio"
   
 
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