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Autore: PanRayuki    20/11/2016    1 recensioni
Quando tutto ti sembra perduto. Quando persino chi hai intorno non crede più in te. Nel momento in cui sei a terra e nessuno ti porge più la propria mano per aiutarti... ecco. È proprio in quel momento che l'oblio si mostra come unica via d'uscita... ma se tu volessi rialzarti comunque? Se quella mano tanto desiderata... fosse la tua?
Riusciresti a combattere con tutto quanto contro?
Allora cadi una, due, trecento volte, ma ricordati che rialzarsi si può, anche con il mondo intero contro, e sarà allora, nel barlume di speranza ritrovata, che riuscirai a ritrovare la fiducia perduta da troppo tempo ormai.
Combatti, vivi, sogna, cadi.
Rialzati e CONTINUA LA LOTTA!
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eevee, Nuovo personaggio, Team Rocket, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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«Anche stavolta niente Pokémon.»
«Perdeeente!»
Quelle voci risuonavano come una condanna a morte, come un qualcosa che non avrebbe lasciato alcuna via di scampo alla povera mente di Clover, svegliatasi nel cuore della notte a causa di un incubo che aveva appena dimenticato. Portò sfinita le mani alla testa, digrignando i denti e sussurrando frasi piene di sofferenza.
«Andate via..! Andate via! Lasciatemi in pace!»

Il sole splendeva ancora una volta sui tetti delle case di Biancavilla, in particolare, i caldi raggi di luce passavano meticolosamente attraverso le finestre della stanza del laboratorio, coperte a malapena da una trasparente tenda di fine tessuto arancione. Clover si era aggrappata al peluche di Eevee mezzo trasandato e fissava il vuoto di fronte a sé, come se fosse in uno stato di trance: aveva ricordato quel che la notte aveva invece lasciato correre; le labbra disegnavano una smorfia che, unita allo sguardo, completava l'espressione piena di dolore e disperazione nel suo viso ancora una volta rigato dalle lacrime.

Sono solo uno stupido errore!, pensò adirata mentre stringeva forte il Pokémon di pezza. Avrebbe certamente continuato a formulare frasi del genere, se non fosse che, in quell'istante, Oak e Tracey varcarono la soglia della porta. Il professore, rammaricato, osservò la situazione, intuendo immediatamente che qualcosa non andava. Era inutile chiederle come stava, ma Tracey non era dello stesso pensiero.
«Buongiorno Clover, come ti senti? Va meglio la gamba?»
«Come potrebbe andare meglio? Sei diventato cieco?!» sbuffò lei guardandolo con iracondia, irritata; Tracey rabbrividì a quella frase, lasciandosi poi superare da Oak.
«Ho una sorpresa per te.» disse con fare misterioso; Clover sobbalzò, eliminando dal suo volto la rabbia che venne sostituita dallo stupore.
«Una sorpresa?» ripetè confusa.
«Eh sì. Ci vorrà ancora un po' di giorni prima che succeda e sarebbe bello renderti partecipe.»
«Non riesco a seguirla.»
Tracey intervenne rivolgendosi al professore.
«Si riferisce a..?»
Oak annuì ed immediatamente sulle labbra del giovanotto si piazzò un sorriso soddisfatto; Clover era confusa più che mai.
«Di che state parlando?» Chiese sospettosa.
«Lo vedrai molto presto. Tracey.»
«Sissignore. Torno subito!» Confermò allegro uscendo dalla stanza.
Clover sospirò: non sapendo cosa avessero intenzione di fare, aveva deciso che sarebbe stata un'inutile perdita di tempo farsi delle domande su cosa stavano organizzando, perciò si alzò dal letto con l'ausilio di una stampella e si diresse verso il bagno. Prima di chiuderne la porta, diede una rapida occhiata verso Oak, storse il naso ed entrò per sistemarsi un po'.
Sciacquate anche le mani, appoggiò la mancina sulla maniglia, restando però bloccata a fissare la propria immagine riflessa nello specchio accanto: quella figura dalle sue stesse sembianze... non la riconosceva e, ben presto, un'espressione triste e malinconica si fece spazio sul suo viso.
Non dovevo essere io la sopravvissuta. Sarebbe stato meglio se..., pensò mentre spalancava la porta.
«Cos--»
«Ta-daaan!» esordì inaspettatamente Tracey, gongolando. L'attenzione della ragazzina venne attratta da ciò che c'era tra le sue braccia: un uovo Pokémon; Oak sorrise, invitandola a tornare a sedersi sul morbido letto.
«Perché lei...» cominciò lei intimidita venendo interrotta dall'uomo con indosso l'immancabile camice bianco.
«Ieri avresti dovuto iniziare il tuo viaggio Pokémon, dopo tanti anni d'attesa. Ho ragione?»
Clover annuì.
«Quindi non è giusto che a tredici anni tu sia ancora impossibilitata dal partire.»
Gli occhi della ragazzina iniziarono a brillare colmi di speranza, mentre Tracey passò soddisfatto l'uovo al professore.
«Gli altri allenatori hanno scelto dei pokémon allevati con noi. Tu potrai allevarlo dalla nascita.»
Le espressioni di Clover mutarono repentinamente in una miriade di emozioni che stanzavano dalla sorpresa alla paura per terminare con l'imbarazzo e l'agitazione.
No. Non possono... farlo davvero. No. Io... o forse sì? Oddio! Si sta avvicinando! Fanno sul serio? Oddio! Che faccio? Io--
«Ecco a te.» finì Oak, consegnandole quell'uovo che la ragazza rimase a fissare imbambolata per un buon minuto e mezzo prima di riportare lo sguardo sull'uomo.
«... è davvero... per me?» Chiese con lieve titubanza.
«Certo. D'ora in poi dovrai prendertene cura.»
A quel punto Tracey le si fece vicino, piegandosi sulle ginocchia. «Sai di che Pokémon si tratta?»
Clover negò con un cenno del capo, facendo fare un risolino al giovane, soddisfatto.
«Ora torna a riposarti. Ti chiamiamo noi per pranzo.»
«Okay..?»
Ricambiati i saluti, Clover fissò quelle macchiette, s'infilò poi sotto le coperte e strinse a sé l'uovo, lasciando che la felicità finalmente potesse riappropriarsi del posto che le spettava.

Vi fu una quiete quasi idilliaca durante il resto della mattinata, fin quando il sonno felice della piccola venne bloccato, lasciando spazio alla realtà. Tracey aveva cucinato qualche bistecca con tanto di zuppetta e contorno; Oak era al telefono e la ragazza si era accomodata con una stampella ed uno zainetto, pronta a banchettare.
«Quello zaino..?»
«Ho qui con me l'uovo: visto che non riesco a camminare con questo in mano, l'ho messo nello zaino!» rispose tutta allegra e soddisfatta, dondolando la gamba sana. Appena terminato con la chiamata, Oak sorrise ed a quel punto  si accomodò a tavola.

In seguito a quel lauto pranzetto, Clover chiese se fosse possibile prendere qualche libro dalla biblioteca, ma Tracey l'aveva già preceduta: un elenco di manoscritti di suo interesse sul come crescere un pokémon ed allenarlo era lì sul tavolo sparecchiato che l'attendevano; afferrò lo zaino e tornò in camera con il ragazzo al seguito. Le ore passarono e Clover si stava divorando gran parte dei libri fornitele dall'assistente sotto una coperta in cui, in parte, aveva avvolto con cura l'uovo. Quella sera, la gamba destra iniziò a darle più problemi del solito, ma lei scosse la testa: voleva uscire dal laboratorio e fare una passeggiata minimale, così Oak annuì e non si fece problemi ad aiutarla mentre Tracey le teneva lo zaino. Delia, accompagnata da Mr. Mime andò loro incontro.
 «Buonasera professor Oak. Tracey, Clover.» iniziò lei sorridente, ricevendo di tutta risposta i saluti del professore e dell'assistente; Clover passò oltre, quasi intenzionata a dare il tutto e per tutto in modo da vedere no spiraglio di luce nella sua guarigione.
«È ancora scossa, immagino.»sospirò la donna dai capelli rossi.
«Guarirà molto presto, vedrete. Deve solo accettarlo.»
«Povera piccola...» rispose inizialmente Delia recuperando successivamente la sua solita vivacità. «... ah, giusto! Avete detto che Ash e i suoi nuovi amici verranno qui, no?»
«M-mh.» annuì Tracey, sapendo già dove volesse andare a parare lei.
«Riacquisterà la sua allegria allora, ci scommetto!»ridacchiò coprendosi la bocca con la mancina, quando improvvisamente sentirono un tonfo, seguito da un'imprecazione.
«Clover! Va tutto bene??» chiese correndole incontro Tracey, ricevendo un grugnito infastidito.
«Sì. Tutto bene. Uno schifo!» rispose rossa di rabbia mentre si rialzava, nella sua testa già mille pensieri si stavano formulando, abbassandone a raso terra l'autostima.
«Pazienta, Clov--»
«Pazienta?! PAZIENTA?!» esordì urlando, «Non è giusto!! Non ho fatto niente di male! NIENTE! E mi ritrovo in questa situazione! Ci metterà una vita a guarire questa cazzo di gamba e non oso immaginare a quanto ci vorrà per tutto il resto! TUTTO PER COLPA DI--» il discorso furente venne bloccato da un caldo abbraccio che Delia, rattristata, diede alla piccola, lasciando che in pochi istanti la rabbia mutasse in... una valle di lacrime soffocate.
«Passerà Clover. È una fortuna che almeno tu sia sana e salva.»

Quella notte, Clover non riuscì a chiudere occhio: seduta sul letto in pigiama, prese a guardarsi intorno, ad osservare il proprio uovo che, qualche volta, sembrava quasi muoversi. Sospirò e si rimboccò le lenzuola, in preda a una miriade di pensieri non propriamente adatti.
Un incubo si ripresentò: la morettina stava rivivendo l'incidente d'auto. Le risate sulle battute dei suoi genitori, le risposte al padre e poi l'urlo.
«ATTENT--!» una luce abbagliante ed il suono del freno del camion che coprì la voce terrorizzata della madre, fece diventare in pochi attimi tutto nero, fino a quando una visione sfocata s'incentrava su una macchina ridotta a sardina, un braccio che pendeva dal finestrino rotto ed i volti completamente sfigurati dal sangue che sgorgava, fecero rabbrividire ancora una volta la piccola che, in preda alle ultime sue forze, allungò il proprio braccio coperto di schegge di vetro verso di loro, per poi venire ricoperti dalle voci di uomini e donne vestite con una divisa rossa che tentavano di tenerla sveglia.

«Ugh!» accennò Clover svegliandosi di soprassalto, mentre uno spiraglio di luce dell'alba faceva capolino sul suo viso sudato.
«... sono un caso disperato. Dovevano essere loro a salvarsi.»sussurrò depressa, quindi portò lo sguardo sul suo pupazzetto e sull'uovo a cui diede una piccola carezza. «Non sono degna di essere la tua allenatrice.» alzò la testa ed iniziò a cercare d'incamminarsi verso la porta, quel giorno sarebbe dovuto arrivare quel gruppo di ragazzi visti al videotelefono, ma non aveva nessuna intenzione di conoscere qualcuno di nuovo, voleva solo una cosa: tornare coi suoi.
Uscita dalla stanza guardò la propria porta dove trovò un biglietto post-it con sopra scritto "Noi andiamo a prendere Ash ed i suoi amici, per le 11 saremo di ritorno, fa la brava che fra poche ore ormai si schiuderà anche l'uovo. Tracey ti ha lasciato la colazione pronta sul tavolo. A dopo! - Prof. Oak", scosse la testa ed iniziò a puntare il soffitto del laboratorio.

«Buongiorno professore!» esordì allegro il ragazzo con la felpa blu e bianca, dalla pelle ormai abbronzata, prima che venisse travolto dall'abbraccio della madre Delia.
«GH-- mamma-»
«OH PICCOLO MIO! BENTORNATO A CASA! Mi sei mancato così tanto!»
«Così mi uccidi però--» rispose Ash, soffocando sotto le risate divertite di Serena, Clem e Lem.
«Ben arrivati a Kanto, ragazzi. Io sono il professor Samuel Oak, lui invece è il mio assistente Tracey Sketchit.» affermò solare il professore. 
«È un piacere conoscervi! Io sono Serena e loro sono Clem e Lem.»
«Siamo onorati di fare la vostra conoscenza!» risposero loro in coro con gli occhi luccicanti.
«Tu come stai Tracey?» domandò al vecchio amico, liberatosi dalle grinfie della madre; ricevendo di risposta un "tutto bene, qui!". Saliti tutti quanti sul furgoncino di Oak, si diressero verso Biancavilla, dove tuttavia... si ritrovarono una piccola folla attorno al laboratorio.
«Che sta succedendo..?» 
«Non ne ho idea Tracey, che sia successo qualcosa a Clover?», quel pensiero fece accapponare la pelle ad alcuni dei presenti nell'abitacolo. Una volta scesi, cercarono di farsi strada tra la gente, per poi scoprirvi la ragazzina che, in qualche modo, era riuscita a salire sul tetto, generando del panico. Più in là, l'agente Jenny con un megafono tentava di farla desistere dal compiere un balzo. 
«Qualsiasi cosa sia successa, non ne vale la pena! Credimi!»
«Agente Jenny!»
«Professor Oak.»
«Mi dia quel megafono. Ascolta Clover! Qualsiasi pensiero ti sia passato per la testa, non dargli retta. I tuoi genitori non vorrebbero vederti in questo stato e nemmeno saperti fare un gesto simile.»
«Resta lì, vengo a prenderti!»si aggiunse di scatto Ash, correndo verso l'ingresso della struttura. 
«Aspetta Ash!» proferì con timore Lem, ma, in ben poco tempo, l'allenatore spuntava già dalla finestra accanto; la poliziotta nel frattempo dava indicazioni sull'organizzazione del soccorso da parte dei vigili. 
«Forza, dammi la mano!» 
«A quale scopo?»
«Cosa stai dicendo? Non puoi stare lì sopra, è pericoloso!»
«Non credi che forse io ne sia già al corrente e che sia proprio questo il motivo per cui sono seduta qui?»
«Non vuoi diventare una brava allenatrice?»
Voglio solo stare bene... a costo di dover porre fine a tutto., pensò lei quando intervenne finalmente con determinazione, Ash.
«Noi siamo tutti qui per te.»
«... eh?»
«Esatto, siamo proprio venuti per aiutarti. Andrà tutto bene e vedrai che... con la positività potrai star bene il prima possibile. Guarirai presto e il fatto che tu sia riuscita ad arrampicarti quassù è già un bel miglioramento considerando le tue condizioni attuali.»
«Pika, pikachu!» esordì allegro dalla spalla di Ash, Pikachu. Il ragazzo dai capelli corvini allungò allora il braccio verso di lei, porgendole la mano.
«Che ne dici allora? Torniamo giù?»
Questo ragazzo... ha ragione., sul suo viso finalmente si fece spazio un sorriso che sembrò illuminarla, quindi cercò di afferrargli la mano, ma...
CRACK.
«ASH!» urlò la ragazza mentre scivolava nel vuoto, quegli attimi di paura portarono Clover a pensare a quale grandissima cazzata avesse mai fatto, non poteva arrivare così la sua fine. Non per un gesto così stupido. Chiuse gli occhi ormai in attesa del peggio, quando, a pochi passi da terra, si ritrovò a riaprirli, sbalordita: Mr. Mime di Delia aveva utilizzato psichico per salvare la vita alla piccola e poggiarla a terra delicatamente sotto il sollievo di tutti.

All'interno del laboratorio, il gruppo si riunì nel salone...
«Ero di fronte ad un bivio ormai.» rispose colpevole, Clover.
«Non sono brava a fare niente, non sono in grado di socializzare. Ho avuto un momento di smarrimento e... ho pensato che forse farla finita era la cosa migliore.» 
«Clover...» sussurrò Ash, preoccupato.
«Tutto è bene quel che finisce bene. Andrà tutto bene.»
«Grazie Delia. In tutto questo però, non ho fatto altro che pensare a me stessa, non vi ho minimamente dimostrato quanto io vi sia veramente grata per ciò che state facendo per me. Grazie!» concluse sorridendo verso i presenti.  
 

«Il professor Oak ti ha già dato un pokémon?», domandò Serena, allegramente. Clover la guardò, quindi rivolse lo sguardo alla mensola su cui vi era uno zaino con sopra adagiato un uovo che iniziava a tremolare.
«Sì. O meglio... dovrebbe schiudersi a breve... eheh...» disse lei mentre, sul suo volto, si dipinse un'espressione felice, trepidante dell'attesa.
«... non vedo l'ora di sapere che pokémon sarà!»
«Ehi. Non è che forse..??», annunciò sorpresa dai movimenti continui dell'uovo, Clem. Clover si alzò con la stampella e raggiunse il mobile, osservandolo; appoggiò l'attrezzo di deambulazione e prese fra le mani l'oggetto, entusiasta e curiosa.
«Eh sì. Direi che ci siamo proprio!» aggiunse trionfante Oak sotto tutti quanti gli occhi dei presenti, mentre una luce prese ad abbagliarli.
Qualsiasi pokémon nasca, mi prenderò cura di lui. Sarò fiera di essere la sua allenatrice e amica..!, riflesse in quei pochi istanti, Clover.  

  
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