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Autore: Piperilla    21/11/2016    3 recensioni
In un mondo come quello moderno, in cui l'unicità di ogni persona rappresenta un Universo a sé, le cose non sono mai o bianche o nere. Eppure, è così che appaiono Richard e Agathe: lui, ormai un uomo fatto, algido, composto, più simile a un gentiluomo d'altri tempi che non a un uomo d'affari e di cultura del ventunesimo secolo; lei, ancora adolescente, dal temperamento impetuoso e la lingua tagliente, con l'argento vivo addosso e a prima vista impossibile da fermare: non potrebbero essere più diversi. Come il bianco e il nero. Tra due estremi ci sono un'infinità di sfumature... quante ne servono perché due mondi - e due persone - apparentemente agli antipodi si incontrino a metà strada?
[Tratto dal capitolo 40]
«Non mi illudo che possa bastare così poco per legarti a me» replicò Richard. [...] «Anche se vederti questi gioielli addosso me ne dà la piacevole illusione ».
«Se ti assecondassi, finiresti per credere che sia la realtà» mormorò lei.
«No, mia piccola Agathe, mai» sospirò Richard contro la sua pelle. «Quest’illusione è amara e non mi appaga. Quello che voglio è che sia tu a legarmi a te. Sii pure la mia carceriera».
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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A Richard era occorsa una mezz’ora abbondante per riuscire a sgusciare fuori da casa Williams e, cosa più importante, da solo: Séline sembrava essersi cosparsa di colla da capo a piedi, perché la sua presa su di lui era talmente ostinata da risultare inquietante.
   Finalmente al sicuro in casa propria, l’uomo si lasciò cadere nella sua poltrona preferita, gettò indietro la testa e sospirò pesantemente: la cena a casa Williams non era stata una delle sue idee migliori, perché non c’era nulla che fosse andato come aveva previsto. Voleva più d’una cosa e non ne aveva ottenuta nessuna.
   Un whisky, gli serviva un whisky.
   Richard era nel bel mezzo del terzo bicchiere – i primi due li aveva mandati giù d’un fiato; quello aveva deciso di sorseggiarlo lentamente – quando Damon irruppe nel salotto. Nessuno dei due si scompose: ormai gli ingressi improvvisi e non autorizzati in casa Prescott sembravano essere diventati la prassi.
   Damon si buttò di peso nell’altra poltrona e si strofinò la fronte.
   «A che devo il piacere?» chiese il padrone di casa, piuttosto disinteressato.
   L’altro storse il naso. «Avevo bisogno di tranquillità» borbottò. «A proposito: sai spiegarmi per quale motivo Agathe si trova in casa mia e urla senza sosta da mezz’ora?»
   Richard, che fino a quel momento non aveva prestato nessuna attenzione all’amico, si raddrizzò di scatto.
   «È a casa tua?» ripeté.
   «Sì» confermò stancamente Damon. «E credo lo sappia l’intero vicinato, visto quanto strilla: domani si ritroverà senza voce». Socchiuse gli occhi. «Ma tu non hai risposto alla mia domanda».
   Richard sbuffò piano dal naso. «Cosa vuoi che ne sappia, io, del motivo per cui è tanto arrabbiata» commentò.
   «Be’, in qualche modo c’entri, lo so» ribatté Damon. «Lei sembra ritenerti responsabile, quindi qualcosa devi aver fatto».
   «Non ho fatto nulla» borbottò Richard, vagamente offeso.
   «Non sei convincente» gli ritorse contro Damon. «E poi, se non avessi fatto nulla, per quale motivo Agathe ce l’avrebbe tanto con te?»
   L’altro si spazientì. «Non ci sto capendo nulla. Vuoi spiegarmi per bene che succede?»
   Il suo migliore amico sbuffò. «Va bene, adesso parto dall’inizio. Una mezz’ora fa, forse qualcosa di più, Agathe è arrivata a casa mia, infuriata come raramente l’ho vista: è corsa quasi subito in camera di Lara, e lì ha iniziato a urlare talmente forte che, anche se ero chiuso nello studio, potevo sentire quasi alla perfezione quello che diceva. E visto che stava urlando contro di te, ne ho dedotto che c’entrassi tu».
   «Che cosa urlava?» chiese Richard, interessato.
   Damon fece una strana smorfia. «Non ho capito granché, ma ho distinto con certezza le parole “Stupido damerino tronfio e impotente”» tossicchiò divertito, «e poi un suggerimento piuttosto colorito su dove potresti ficcarti il bastone da passeggio».
   «Ha messo in dubbio la mia virilità?». Se possibile, lo storico sembrava ancora più interessato. «Deve essere davvero furiosa!»
   «Lo è» confermò Damon. «Quindi te lo chiedo di nuovo: che cosa le hai fatto per farla arrabbiare così?»
   «Te lo dico io!» intervenne una terza voce: Alan si scaraventò nella stanza, senza fiato, e puntò il dito contro Richard in un chiaro gesto d’accusa. «Stando alle mie fonti, questo imbecille» esordì tagliente, «stasera ha partecipato a una cena a casa Williams…».
   «Sei andato a ficcarti in casa sua dopo averla lasciata? Non mi pare molto sensato» commentò Damon.
   Ma Alan non aveva finito. «In qualità di accompagnatore di Séline Dubois» terminò velenoso.
   Damon si voltò verso Richard tanto in fretta da proccurarsi una dolorosa fitta al collo.
   «Sta scherzando, vero? Dimmi che se l’è inventato!» lo supplicò.
   Il silenzio di Richard fu una risposta più che sufficiente.
   «Non se l’è inventato» si rispose da solo Damon, sconsolato. «Ma come ti è venuto in mente?»
   La testa di Richard ebbe uno scatto involontario. «Dovevo farle capire una volta per tutte che tra me e lei è finita» disse frustrato.
   «Credimi, Rick: l’aveva già capito» rispose rabbioso Alan.
   «No, non l’aveva capito affatto» ribatté il padrone di casa. «L’avete vista, le ultime volte che ci siamo incontrati: c’eravate anche voi. Mi guardava, mi salutava… parlava con me!» esclamò come se fosse stata una prova inattaccabile. «Si comportava con naturalezza, come se non ci fossimo mai lasciati…»
   «O come se fosse andata oltre?» suggerì sarcastico il giornalista. «Perché tutto quello che ha fatto è stato mettere in pratica un suggerimento che le ha dato la cara Penelope: le aveva spiegato che se voleva davvero mostrarsi indifferente a te e a tutto quello che avete condiviso allora doveva essere rilassata e non avere timore di parlarti come a un qualsiasi altro conoscente; e che al contrario, evitarti sarebbe stato un chiaro segno che provava ancora qualcosa per te». Il volto di Alan era purpureo per l’indignazione. «Quella poveretta non ha fatto altro che assecondare la tua decisione e tu, invece di capirlo e lasciarla vivere tranquilla, le hai mosso un affronto tale da mandare al diavolo tutti i suoi sforzi!»
   «Non c’è da stupirsi che stia strillando insulti su di te tanto da bruciarsi le corde vocali» decretò Damon.
   «Quello che mi piacerebbe capire è cosa c’entra Noah in tutto questo» intervenne Alan. «Ho sentito qualcosa in proposito…»
   «Oh, per una volta posso essere io a rivelarti qualcosa» rispose il dottore. «I primi cinque minuti che ha passato in casa mia, Agathe li ha spesi a urlare non contro Richard, ma contro Noah: da quanto sono riuscito a capire, stasera ha finalmente accettato di uscire con lui. Ma visto che quel ragazzo non si smentisce mai, le ha ficcato una mano sotto la gonna dopo neanche cinque minuti che era salita sulla sua macchina: per tutta risposta, Agathe gli ha spaccato il naso con un pugno ed è corsa a casa mia».
   A sorpresa, Richard scoppiò a ridere, soddisfatto e compiaciuto. Gli altri due lo fissarono sbalorditi.
   «Gli ha… gli ha… gli ha…» singhiozzò esilarato lo storico. «Oh, Dio, quella donna non si smentisce mai!»
   «Non è che ci sia tanto da ridere» disse Damon. «Sono andato a prenderlo, gli ho risistemato il naso come potevo e ho dovuto… persuaderlo a non sporgere denuncia contro di lei».
   «Mi sorprende che ti sia riuscito» commentò Alan.
   L’altro scrollò le spalle. «Nella foga le ha fatto un bel paio di graffi e qualche livido sulle cosce, in dei punti inequivocabili: persino suo padre sarebbe costretto ad ammettere che quella di Noah è stata un’aggressione sessuale in piena regola e che la reazione di Agathe è stata legittima difesa».
   «Be’, tanto meglio: magari stavolta Noah imparerà la lezione. Moses ne sarebbe felice…» disse Alan. «Anche se quando saprà cos’ha fatto suo fratello a Will andrà fuori di testa…»
   «Quello che non ho capito» proseguì Damon, «è perché Agathe abbia deciso di uscire con Noah: voglio dire, non l’ha mai sopportato e fa l’impossibile per evitarlo… insomma, non ha senso che di punto in bianco abbia cambiato idea, no?».
   «Forse c’è qualcosa che ci sfugge» rispose Alan a denti stretti: avevano notato come, mentre Damon parlava, lo sguardo di Richard si fosse fatto sfuggente. «Magari può illuminarci il nostro migliore amico. Richard?»
   «E io che ne so?» bofonchiò a mezza voce l’interpellato.
   «Già sentita» disse Damon, ironico. «Non ci risponderà mai, Alan».
   «Vero» convenne il giornalista.
   «Magari, però, possiamo fare qualche ipotesi e vedere se indoviniamo» suggerì il dottore.
   «Fantastica idea» annuì l’altro.
   «Vuoi avere tu l’onore?» chiese Damon.
   Alan accennò un inchino. «Molto volentieri».
   Richard sbuffò esasperato. I suoi amici lo ignorarono.
   «Sentiamo, allora» disse Damon con esagerata solennità.
   Il giornalista finse di riflettere. «Allora… Richard partorisce una delle sue solite idee geniali e approccia Séline Dubois; lei lo porta con sé a una cena di famiglia a casa di sua sorella, Agathe se lo trova di fronte – con Séline appicciata a lui come una cozza allo scoglio, se ho inquadrato almeno un po’ il personaggio – e decide di rendergli la pariglia: chiama Noah, sapendo benissimo che Richard lo ammazzerebbe a mani nude se solo fosse certo di farla franca, e pur detestandolo gli dà appuntamento per quella sera stessa, uscendo con lui proprio sotto il naso del nostro genio nella speranza di farlo infuriare almeno quanto lui aveva fatto inferocire lei uscendo con sua zia». Alan si voltò verso Damon. «Che dici, potrebbe essere andata così?»
   Damon inarcò le sopracciglia con fare beffardo e lanciò uno sguardo significativo a Richard, il cui volto si era chiazzato di rosso. «Ho come l’impressione che tu abbia colto nel segno, amico».
   «E va bene, è vero!» esplose Richard. «Prima Agathe ha cercato di mettere in imbarazzo sua zia tirando in ballo in modo apparentemente casuale il suo ultimo fidanzato – e sarebbe anche riuscita nell’intento, se solo m’importasse qualcosa di Séline – poi ha guardato suo padre con quella faccia d’angelo che sa fingere tanto bene e gli ha detto che Noah le aveva chiesto di uscire ma che era pronta a dire di no perché “la famiglia è più importante…”». Sbuffò. «Come se non fosse stata lei, a chiedergli un appuntamento lampo solo per farmi dispetto!»
   «Chissà da chi ha preso l’idea» disse sarcastico Damon.
   «Non l’ho fatto per quel motivo, lo sapete che è così» replicò stizzito Richard.
   «Sì, sì, ce l’hai già detto: volevi che Agathe capisse qualcosa che aveva già capito» rispose Alan, alzando gli occhi al cielo. «Ed è riuscita nel suo intento?»
   Lo storico s’imbronciò; distolse lo sguardo e non rispose.
   «Io lo prenderei per un sì» lo punzecchiò Damon. «Ancora non lo vuoi ammettere, eh, che sei innamorato di lei e non importa quanti ostacoli ci siano, continuerai a esserlo?»
   Richard alzò a metà le mani, poi le lasciò ricadere con un gesto rassegnato.
   «E se anche lo ammettessi, che cambierebbe ormai?» disse amaro. «Ho commesso più errori in questi ultimi nove mesi che nella mia intera vita, e quel che è peggio, inizio a perdere il conto delle volte in cui l’ho pensato o detto; mi sono intestardito e ho continuato a sbagliare pur sapendo di farlo».
   «Intelligente, non c’è che dire» commentò acido Alan. Damon gli diede uno schiaffo sulla spalla e lo fissò col rimprovero negli occhi.
   «Non ti ci mettere anche tu» lo redarguì.
   «Cosa?». Alan spalancò le braccia, offeso. «Agathe è stanca e ha il diritto di esserlo. Richard è mio amico, e gli voglio bene, ma ha rovinato tutto con una caparbietà tale da far impallidire chiunque. E poi lo sa da solo che ormai Agathe non tornerà indietro per nessun motivo».
   «Ha ragione lui». Richard lasciò andare un respiro lento e pesante. «Me l’ha detto, quel giorno, proprio in questa stanza, che avrei fatto bene a essere assolutamente certo della scelta che avevo preso, perché se l’avessi lasciata, per nessuna ragione al mondo sarebbe tornata da me».
   «E tu l’hai fatto lo stesso. Bravo!» disse Alan, senza pietà.
   Damon gli diede un altro pugno. «Smettila» sibilò. «Così non lo aiuti».
   «E cosa può aiutarlo, a questo punto?» chiese il giornalista. «Se ha preso in considerazione anche solo per un secondo l’idea di tornare da Agathe, allora di sicuro ha già pensato a tutte le possibili variabili presenti sul tavolo; e visto che continua a non parlare e a ragionare, significa che sa con certezza che non c’è niente che può fare per far sì che lei cambi idea».
   Richard si strofinò il collo con la mano, in imbarazzo. «Mi conoscete bene, eh?»
   «L’hai scoperto adesso?» sbuffò Alan, offeso. «Io ti sopporto da ventiquattro anni, Damon da tutta la vita, e tu non sei l’unico a possedere delle buone capacità di osservazione».
   «Torniamo alle cose serie». Damon guardò Richard con serietà. «Ci tieni ancora ad Agathe?»
   «Sì» rispose subito lui.
   «Vuoi tornare con lei, stavolta per non lasciarla più?» chiese ancora Damon.
   «Sì, è quello che voglio» disse Richard.
   Damon si appoggiò allo schienale della poltrona e gli rivolse un’occhiata penetrante. «Allora un modo forse c’è».

Agathe non aveva ancora smesso di urlare; aveva ripetuto ogni insulto che le era venuto in mente contro Richard – ed erano tanti: Lara aveva perso il conto al numero ventisette – quattro volte, e adesso si stava sforzando di trovarne di nuovi perché l’unica alternativa a strillare come un’arpia impazzita era tornare a casa, prendere lo storico per il collo e tirarglielo fino a ucciderlo.
   «Dio, Lara, se potessi lo ammazzerei!» gridò con voce arrochita: la gola le doleva da morire, ma questo non le avrebbe impedito di continuare. «Ti rendi conto? Venire a casa mia con Séline! No, dico: Séline! Che diavolo ci troverà in lei?»
   «È bellissima» disse sincera Lara. Agathe le scoccò uno sguardo tradito e lei scrollò le spalle. «Che c’è? È la verità, e comunque l’hai chiesto tu».
   «Bene, è molto bella» assentì l’altra tra i denti. «Che altro?»
   Lara incrociò le braccia. «Potrebbe bastare, ma tu non lo accetti perché in quel caso la domanda ovvia diventa: se Prescott si accontenta di una donna bellissima ma un po’ stupida, allora perché si è innamorato di te? Solo» Lara alzò la voce per impedire che Agathe la interrompesse, «che dimentichi l’altrettanta ovvia risposta: magari adesso si accontenta di nuovo di donne belle ma stupide perché ha capito di non avere abbastanza carattere per tenere testa a quelle intelligenti».
   «Questa non è una risposta ovvia, ma solo una delle tante possibili» replicò Agathe. «E comunque, lui il carattere ce l’ha».
   «Non posso credere che continui a difenderlo!» esplose Lara, alzando le braccia al cielo. «Come diamine puoi essere arrabbiata con lui e comunque difenderlo?»
   «Non posso farci niente!» gridò l’altra in risposta. «Se Thomas ti lasciasse, tu smetteresti di amarlo solo per questo?»
   «E allora torna da quell’imbecille e convincilo a tornare sui propri passi!» strillò la sua migliore amica.
   «Non mi vuole!» urlò Agathe a pieni polmoni.
   «Sì che ti vuole, ha solo paura!» ululò Lara ancor più forte.
   «Non è colpa sua!» ruggì Agathe.
   «Certo che è colpa sua!» tuonò Lara. «È venuto a casa tua con Séline appiccicata addosso!»
   Di colpo, Agathe si afflosciò. «Magari lei gli piace davvero, magari vuole solo una donna che non gli complichi la vita…»
   Lara si accigliò al tono lamentoso dell’altra. «Non azzardarti a piagnucolare per lui» l’avvertì.
   «Non piagnucolo» bofonchiò Agathe con una voce che dimostrava l’esatto contrario.
   L’altra assottigliò lo sguardo. «Agathe» iniziò in tono minaccioso, «se ti deprimi un’altra volta per quello stupido damerino, io…».
   «Che farai? Mi ripeterai quanto siamo stupidi tutti e due?» borbottò Agathe.
   «Tu sei diventata stupida di sicuro» decretò Lara. «Si può sapere come t’è venuto in mente di uscire con quel viscido pervertito di Noah?»
   Agathe sbuffò. «Speravo di far infuriare Richard almeno la metà di quanto lui ha fatto infuriare me» ammise. «Non credo d’esserci riuscita: quando ho detto che uscivo con Noah, non ha fatto una piega».
   «Proprio una bella idea, dare corda a uno che non perde occasione di palparti» disse sardonica Lara.
   «Oh, smettila» replicò stizzita Agathe. «Che avrei dovuto fare?»
   «Non lo so» rispose Lara, sempre più sarcastica. «Magari… ignorarlo?»
   «Come se fosse facile» s’irritò l’altra. «Al posto mio, tu che avresti fatto?»
   «Avrei pianto fino a consumarmi gli occhi, ma questo è quello che avrei fatto io» disse secca Lara. «Tu sei più il tipo che si vendica…»
   «Quindi siamo d’accordo sul fatto che ho agito esattamente come chiunque mi conosca si sarebbe aspettato» la interruppe Agathe.
   «No, perché di solito ti vendichi senza metterti nei guai» precisò bruscamente Lara. «E dopo quello che è successo a Novembre alla boutique di Armani, per te uscire con Noah è un modo sicuro per procurartene».
   «Be’, sul momento non mi è venuto in mente niente di meglio» sibilò Agathe.
   «E si vede. Non ci voleva molto, a escogitare qualcosa di più efficace e meno rischioso per la tua incolumità» concluse l’altra.
   Le due ragazze si scambiarono uno sguardo torvo.
   «Quell’uomo mi fa perdere la testa» confessò Agathe dopo un po’. «Non sempre in senso buono. Ha una capacità di farmi infuriare al punto da smettere di ragionare che… che… non si spiega!»
   «Invece si spiega benissimo, e con una sola parola» replicò Lara. «Amore».
   «Bella fregatura» sbuffò Agathe, sedendo sul letto dell’amica. «Avrei preferito non innamorarmi affatto: un cuore arido ha molti meno problemi».
   «Neanche la tua bisnonna ragiona così, e lei ha novant’anni» ribatté Lara. «E tu hai detto la stessa cosa dopo Colin».
   «Colin aveva ferito soltanto il mio orgoglio» disse l’altra. «Richard ha fatto un po’ peggio».
   Lara alzò le braccia al cielo, poi le lasciò ricadere con aria sconsolata.
   «Quindi adesso che si fa? Vuoi tornare a essere com’eri dopo Colin ma prima di Richard?»
   Agathe scosse la testa. «Non credo che potrei neanche se lo volessi… e poi non avrebbe senso, vero? Se cancellassimo tutte le brutte esperienze che viviamo, ripeteremmo gli stessi errori all’infinito e non diventeremmo migliori…»
   A sorpresa, Lara sbuffò una risata.
   «Forse io avrei dovuto iscrivermi all’Accademia d’Arte Drammatica, ma tu hai la stoffa per essere una gran filosofa!»
   
 
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