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Autore: JeiBieber_Smile    21/11/2016    2 recensioni
Non tutti conoscono Justin Bieber, ma tutti conoscono The Storm. Riesce a padroneggiare l'aria, l'acqua e la natura con facilità, infondo è stato scelto per poter aiutare il mondo.
Ma cosa pensate farà quando incontra lei, una goffa ragazza dagli occhi verdi, da cui non riesce a stare lontano?
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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03. Chapter Three
The Storm.
Chapter Three - "Quale impegno?"

"Quindi oggi pomeriggio siete tutti a casa." esordì Justin, guardando i bambini giocare in giardino. Avevamo parlato per tutto il viaggio del ritorno, aveva una voce così tranquilla che riusciva a trasmettere tranquillità anche a me.
"Mancherebbe solo la mamma, ma lei è..impegnata." mentii, sentendo un peso sullo stomaco. Non mi piaceva mentire, sopratutto in quei casi.
"Allora verreste a casa nostra nel pomeriggio?" mi chiese, girandosi verso di me e incrociando il mio sguardo. Finalmente.
"Be', dovrei chiedere se papà ha altri impegni, ha appena avuto una promozione e non so cosa comporta.. Potrei farti sapere." abbassai lo sguardo, non riuscivo più a reggere quell'unione troppo forte.
"Potresti darmi il tuo numero." sussurrò, avvicinandosi al mi orecchio. Instintivamente arrossii come una cretina.
Rebecca, calmati, ti ha solo chiesto il numero, anzi, tecnicamente non te l'ha nemmeno chiesto. Quella stupida vocina mi stava dando sui nervi, altamente.
"Potresti darmi il tuo cellulare, o saresti in grado di ricordare tutte le cifre a memoria?" alzai un sopracciglio sfidandolo, ma persi non appena si leccò le labbra per poi sorridere.
Le sue labbra erano così desiderabili. Erano chiare e gonfie, ma non troppo. Sembravano così morbide da poter baciare e sopratutto mordere e..
Rebecca, ti sta porgendo il cellulare da due minuti mentre tu lo stai scopando con gli occhi. SVEGLIA. Sussultai e, arrossendo sempre più, presi il suo cellulare e digitai velocemente le cifre che componevano il mio numero.
"Le tue mani sono velocissime.." sussurrò, facendomi arrossire sempre di più. Ma solo io notavo una nota di doppio senzo?
"Quando hai cinque fratelli da accudire impari a fare tutto velocemente." ridacchiai, per poi porgergli nuovamente il cellulare. Mi girai e cominciai a camminare verso casa seguita da Mirabelle e Jhonny, sentendo però il suo sguardo penetrarmi. "Rebecca?" mi girai immediatamente.
"Sì?" chiesi, aggrottando le sopracciglia.
"A dopo." mi sorrise, per poi scomparire dentro casa sua.
Sorrisi anch'io, per poi entrare. Non parlavo così tanto con un ragazzo da anni ormai, da quando mamma si era ammalata. Avevo abbandonato la mia vita sociale ma non Charly, con lei ero in grado di parlare anche una nottata intera. Ma Justin, era così carino e dolce nei miei confronti..
"Justin è il tuo amico del cuore?" mi chiese Mirabelle, facendomi sussultare. Magari, pensai. Magari ad averlo un ragazzo così bello come fidanzato.
"No, tesoro, come puoi pensarlo?" le chiesi a mia volta, fiondandomi in cucina.
"Meglio, perché tu sei mia." urlò Jhonny, prima di abbracciarmi.
Come potevo non amarli?
"Chi è il tuo fidanzato?" chiese Ryley entrando in cucina, con gli occhi completamente infuocati. Era sempre stato un fratello iperpossessivo e iperprotettivo. Anche se eravamo gemelli e desiderava proteggermi, poteva anche fare a meno di far scappare tutti i ragazzi che mi si avvicinavano. Come quel Toby del corso di elettronica. Cavolo se era bello, ma il mio caro fratellino, non appena aveva saputo che saremo usciti insieme gli ha tipo bucato tutte le ruote della macchina. Non so se mi spiego.
"Justin." rispose Mirabelle al mio posto, saltandogli addosso. Mi appoggiai al marmo della cucina per poi passarmi le mani sulla faccia, stava per scatenarsi l'inferno.
"Non è il mio fidanzato, gli ho solo dato un passaggio fino a casa." mi avvicinai a Ryley. "E comunque, ciao anche a te." gli baciai una guancia, ricevendo in cambio un grugnito.
Gli diedi le spalle e mi misi ai fornelli, cominciando a cucinare.

Dopo mangiato si è sempre più stanchi, ma io ovviamente non potevo permettermelo. Papà e Ryley giocavano con i bambini mentre io ero intenta a pulire tutta la cucina. Alyssia aveva fatto volare la pasta ovunque, mentre papà aveva fatto cadere una bottiglia d'acqua a terra. Insomma, se dovevo giudicare e dire chi aveva combinato più guai sicuramente avrei detto papà, ma era di famiglia essere imbranati. Così, non appena finii di pulire la cucina, salii di sopra e pulii un po' tutte le camere da letto e il corridoio.
Avevamo una casa abbastanza grande grazie al lavoro di mamma. Era un chirurgo, era bravissima nel suo mestiere. Aveva passato tutta la sua vita in ospedale, e purtroppo stava anche per perdere la vita in uno stupido ospedale. Percorsi il lungo corridoio bianco, dov'erano appesi i vari quadri di famiglia. Arrivai in uno stanzino dove avevamo messo tutto l'occorrente per pulire casa e posai al suo interno ciò che avevo preso poco prima. Ne avevo approfittato del fatto che fossero tutti in salotto, almeno avevo modo di fare le cose in pace. Non mi piaceva molto pulire, preferivo farlo quand'ero in casa da sola e con la musica a palla, così potevo scatenarmi senza essere presa in giro. Insomma, avevo diciannove anni e non uscivo mai di casa, dovevo pur sfogarmi in qualche modo.
Non appena finii di sistemare le camere di tutti, andai in camera mia per sistemarla. Cominciai col fare il letto, mi piaceva il copriletto che mi aveva regalato la nonna dall'Inghilterra.

'Wen I met you in the summer, to my hertbeat suond. We fell in love, as the leaves turned brown.' mi girai verso il mio cellulare che squillava, mi avvicinai alla scrivania dove lo avevo precedente poggiato e lo presi tra le mani. Era un numero che non avevo salvato in rubrica.
"Pronto?" chiesi, prendendo in mano il portapenne e un paio di fogli che dovevo mettere a posto.
"Hei, Rebecca." il portapenne mi cadde da mano, così come i fogli. Era Justin.
"Hei, Justin." lo imitai, riprendendomi dallo choc. "A cosa devo questa chiamata?" chiesi, raccogliendo da terra i fogli e il portapenne.
"Girati verso la finestra." ridacchiò, corrugai le sopracciglia e feci come mi disse. Lui era dall'altro lato del vialetto, in quella che doveva essere la sua camera, e mi stava salutando con la mano. Alzai anch'io piano la mano, salutandolo. "Comunque ti ho chiamata per sapere cosa ha detto tuo papà." lo notai sedersi sul bordo della finestra, mi mordicchiai un'unghia dal nervoso. E menomale che avevo fatto la ricostruzione.
"Cavolo, non ho ancora chiesto!" mi picchiettai una mano sulla fronte, provocando la sua risata. Era stupenda anche da dentro uno stupido aggeggio elettronico.
"Va a chiedere adesso." mi incitò, facendomi un gesto dalla sua finestra. Alzai gli occhi al cielo e sbuffai, facendo svolazzare una ciocca di capelli marroni.
"Devo proprio?" mi lamentai, provocando la sua risata. Mi sedetti anch'io sul bordo della finestra, guardandolo attentamente. Non volevo assolutamente allontanarmi e perderlo di vista, anche se solo per un secondo.
"Sì, ti chiamo tra cinque minuti." mi fece un'occhiolino, per poi attaccare. Sbuffai ancora, perché dovevo perdermi quella scena stupenda? Scocciata, finii di mettere a posto quelle poche cose che rimanevano e scesi in salotto, sedendomi sulle gambe di Ryley.
"Oggi ho incontrato Justin, il figlio dei nuovi vicini," cominciai deglutendo, attirando lo sguardo di papà, ma sopratutto, di Ryley. "mi ha chiesto se volevamo andare da loro per prendere un caffé e conscerci meglio." gesticolai, per poi grattarmi la nuca. "Cosa gli dico?" storsi il naso e guardai un punto x nella stanza, non mi sarebbe dispiaciuto stare il pomeriggio con lui.
"Fa venire loro qui, se proprio vogliono." sbottò papà, alzandosi e prendendo il cellulare. "Però alle sette vado che non vedo la mamma da martedì." annuii e presi il cellulare, quando Justin mi richiamò. Ryley si sporse per vedere chi fosse a chiamarmi, ma io corsi di sopra a rispondere.
"Papà mi ha chiesto se volete venire voi qui, anche adesso." dissi  senza fiato e velocemente, farsi tre rampe di scale a chiocciola correndo solo per non essere sentite non era facile.
"Sicura? I miei fratelli sono terribili, ti metteranno la casa sotto sopra." ridacchiai e mi diedi uno schiaffetto sulla fronte, ma ricordava che avevo cinque fratelli piccoli?
"Justin, ho cinque fratelli. Due bimbi in più o due bimbi in meno non è che facciano la differenza." scossi la testa e ridacchiai ancora. "Vi aspettiamo." dissi, per poi attaccare. Mi dispiaceva un sacco, ma dovevo prepararmi. Così mi spogliai velocemente e misi un jeans a vita alta chiaro, una maglia bianca con delle collane disegnate e una camicia a quadri che andava dal viola al lilla, e aveva anche alcuni richiami in bianco. Volevo per lo meno sembrare presentabile, in tuta non lo ero un granché. Indossai delle Air Max bianche, un po' di profumo e via!
Scesi di corsa le scale e mi fiondai in cucina. Dato che non erano ancora arrivati ne approfittai per fare un dolce, o meglio, presi un ruoto, versai al suo interno due buste di preparato per dolci e infornai. Veloce e buonissimo, brava Becky.
"Ti sei vestita così carina solo perché viene il nuovo vicino?" mi fulminò Ryley, prendendomi a mo di sposa. Alzai gli occhi al cielo e gli picchiettai un braccio.
"Stupido." arrossii per poi scendere dalle sue braccia. "Posso vestirmi come mi pare." annuii a me stessa e mi fiondai alla porta, non appena sentii il campanello. Feci un respiro profondo e aprii, ritrovandomi davanti uno dei sorrisi più belli del mondo.
"Buonasera, entrate pure." sorrisi gentilmente, facendo spazione. Entrarono prima due bambini, un maschietto e una femminuccia. "Ciao Jax!" gli scompigliai i capelli, mi abbracciò.
"Hai campione, ha già fatto colpo." Justin fece l'occhiolino a suo fratello, che gli diede un pugno e scappò da Jhonny che quel pomeriggio non aveva voluto fare il suo solito sonnellinno.
Justin aveva una famiglia stupenda. Pattie era una donna molto dolce e comprensiva. Non era alta quanto il marito o il figlio, ma aveva degli splendidi occhi blu e un sorriso che faceva invidia. Era molto giovane per avere un figlio così grande, eppure aveva una forza assurda. Jeremy, invece, era piuttosto alto e, come il figlio, aveva più tatuaggi. Era molto simpatico e anche a lui piaceva molto l'hockey come a mio papà e mio fratello, infatti tutti e quattro gli uomini cominciarono a parlare di hockey in salotto mentre io e Pattie restammo in cucina a preparare la merenda.
"Da quanto tempo siete qui a Los Angeles?" mi chiese Pattie, tagliando la torta in tredici fette. I capelli le scendevano lungo il viso ed erano in perfetto contrasto con i suoi occhi blu.
"Da dieci anni, ma ci sono ancora cose a cui devo abituarmi." ridacchiai. "Ad esempio il caldo che fa qui, in Inghilterra non si toccano i trenta gradi nemmeno in estate mentre qui è normale sfiorare anche i quaranta."
"Effettivamente sarà difficile anche per noi che veniamo dal Canada." esordì, le passai un piatto per poter mettere al suo interno le varie fettine di torta. "Tua mamma non è in casa? Mi sarebbe piaciuto tanto conoscerla, ho saputo che è un bravissimo chirurgo." sospirai e presi dei bicchieri.
"Purtroppo è in ospedale." deglutii, posandoli sul tavolo.
"Be', è il suo lavoro no?" mi sorrise rassicurante, le sorrisi anch'io con rammarico. "O no?" ripetè, notando la mia espressione.
"A dire il vero, non penso sia il suo lavoro stare su un lettino e lottare contro un tumore." deglutii ancora, per poi sospirare. Pattie rimase per un secondo bloccata e con la bocca socchiusa, pochi secondi dopo però mi abbracciò forte.
"So che non è facile e so che non mi conosci ancora bene, ma sappi che puoi contare su di me." mi staccai piano dal suo corpo e le sorrisi. "Va bene?" annuii.
La moka si riempì di caffé, così che tutti gli elementi erano pronti. Portai sul tavolino in salotto il dolce, il succo di frutta, il caffé e i vari bicchieri. Era bello avere compagnia, finalmente non mi sentivo più tanto sola in una casa enorme. Justin osservava ogni mio movimento e sinceramente mi sentivo un po' sotto pressione, i suoi occhi erano così magnetici e penetranti.. quei suoi occhi color caramello, i più belli che avessi mai visto. Per alcuni poteva anche non essere così, ma quegli occhi erano davvero magici per me. Avevano un non so cosa di speciale, mi riuscivano a trasmettere sicurezza e pace. Ma anche confusione e imbarazzo, proprio come in quel momento. Sentivo il suo guardo fisso e avevo paura di arrossire da un momento all'altro. Ryley sembrò accorgersene, così che chiese a Justin di salire di sopra per scegliere un videogioco con cui giocare. Justin annuì e lo seguì, mentre io da stupida mi persi a fissare il suo fondoschiena salire le scale a chiocciola.
Era davvero bello. E non il fondoschiena, anzi, anche il fondoschiena.
Ma lui, lui era bellissimo.

-

Si erano fatte le sei, e la testa mi stava scoppiando. I bambini giocavano tranquilli e tutti parlavano tra di loro, eppure sentivo che non era giusto ciò che stavamo facendo. La mamma non c'era e noi ci stavamo divertendo, senza di lei. Lei era su un letto di ospedale e noi a fare amicizia con i nuovi vicini. Mi sembrava tutto maledettamente sbagliato, così decisi di salire un po' in camera mia.
"Scusate, vado un attimo al bagno." dissi, per poi scomparire. Era passata mezz'ora ma di scendere non ne volevo sapere. Preferivo stare chiusa in camera, da sola, piuttosto che fare un torto del genere alla mamma. Non era giusto, non era affatto gius..

Toc. Toc. Toc.


Mi girai di scatto verso la porta. "Avanti." dissi con voce flebile, per poi stendermi di nuovo.

"Non ti senti bene?" mi chiese una voce, che riconobbi come quella voce. I brivi mi corsero dietro la spina dorsale e mi immobilizzai. "Sei qui da più di mezz'ora." continuò, avvicinandosi sempre più. Solo guando sentii la sua mano accarezzarmi la schiena, decisi di alzarmi. A malavoglia, ma lo feci. Mi sedetti sul letto.
"E' tutto okay." gli sorrisi con un sorriso che di più falsi non se ne vedevano in giro.
"Non sembra." si sedette al mio fianco, guardandomi negli occhi. "Cosa c'è che non va?" abbassai lo sguardo e sospirai, non avevo voglia di raccontargli tutto. E lui sembrò capirmi. "Permettimi di fare questo allora." sussurrò, per poi avvicinarsi piano al mio corpo e stringermi in un abbraccio.
Uno di quegli abbracci che ti rassicurano, che ti danno forza. Uno di quegli abbracci che solo poche persone riuscivano a darti, uno di quegli abbracci che desideri ricevere ogni qual volta ne senti il bisogno. Poggiai la testa tra l'incavo del suo collo, sentendo il suo profumo. One Million, era un odore inconfondibile. Mi lasciai cullare dalle sue braccia per un paio di minuti, mi sentivo così protetta e dannatamente bene.
"Sai, Becky, dovresti chiudere le tendine quando ti cambi.." mi sussurrò Justin all'orecchio, facendomi sussultare. Sbarrai gli occhi e mi staccai, dandogli poi uno scappellotto dietro la testa.
"Sai, Justin, dovresti chiudere gli occhi quando vedi qualcosa del genere." gesticolai e mi corprii il viso con un cuscino dall'imbarazzo. "Sapevo io che prima o poi sarebbe successo." mormorai, sentendo la sua risata accentuarsi sempre di più.
"Becky credimi, uno spettacolo così bello non lo vedevo da tanto." ridacchiò ancora, per poi abbracciarmi ancora e poggiare il mento sulla mia spalla.
"Adesso non avrò più il coraggio di guardarti in faccia." mormorai ancora con la testa contro il cucino, completamente rossa.
"Sai quante ragazze non dovrebbero guardarmi più in faccia, allora?" ridacchiò, cullandomi ancora come faceva prima. Corrugai le sopracciglia e sentii qualcosa allo stomaco. Dalla sua affermazione mi aveva fatto capire di aver visto nude tante ragazze, ma era una cosa di cui non doveva importarmene. Insomma lo conoscevo da un giorno e mezzo e mi aveva solo abbracciata, la vita era sua e poteva farci ciò che voleva. Ma allora perché un fuoco si accese dentro di me e la voglia di far diventare sterili tutte quelle ragazze era diventata sempre più forte?
"Justin, dobbiamo andare." irruppe in camera Jeremy, che non appena notò che suo figlio mi stava abbracciando si irrigidì subito. "Adesso." sottolineò, lasciandomi ancora più perplessa.
"Ci sentiamo dopo." Justin si alzò e mi lasciò un bacio sulla fronte, per poi uscire dalla stanza velocemente dietro suo padre.
"Ma sei pazzo? Non puoi comportarti così con una ragazza che hai conosciuto appena, ricordati del tuo impegno." sentii dire da Jeremy, e il che mi incuriosì parecchio.

Che impegno?

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Buonaseraaa!
Mie dolci donzelle, ciao!
Come state oggi, tesori miei? Io ancora un po' scossa..
Da cosa? Dal Purpose Tour.
Purtroppo non ero presente e ciò mi fa star male, ma so che tutte quante noi siamo importanti per Justin non solo chi va al concerto.
Alla fine, è grazie al sopporto di tutte noi messe insieme che Justin va avanti.
Per cui, sapere che nel mio piccolo ho uno scopo mi fa star meglio.
Voi avete assistito al concerto, tesori miei?
Com'è andata, com'è stato, che emozioni avete provato?
Voglio sapere tuuuuttissimo!

Ma bando alle ciance! E ciancio alle bande.
I nostri amici qui non sono troppo dolciosi?
Io sto cominciando a shippare questa coppia, i Jecky lol.
Ma voglio sapere i vostri commenti tesori miei.
Come vi è sembrato il capitolo?


Mi aspetto un vostro parere, tesori miei. Mi mancavo tantissimo i vostri commenti, sapete?
Grazie infinitamente per avermi sopportata lol.
Al prossimo capitolo, bellezze.
Much love.
-Sharon.

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Se volete, qui c'è il mio Instagram (chiedete il follow back sotto una foto).
Se volete leggere la mia prima FF, ecco 'Do you believe in love?'
E per leggere la mia seconda FF, ecco a voi 'We Can Fly To Never Neverland'
Ah, sto scrivendo una nuova FF, passate anche qui 'Look in my eyes, what do you see?'
 
   
 
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