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Autore: Stella94    23/11/2016    3 recensioni
Dal primo capitolo:
"─Dove andrai?
Gli domandò con voce gracile, quasi con timore. Perché non voleva pensarlo nuovamente lontano, non voleva pensare che stava per perderlo ancora, non voleva pensare che non poteva più raggiungerlo, che lo aveva riabbracciato solo per dirgli addio.
Jon si voltò verso di lei. Il fuoco gli illuminò il profilo del viso più maturo di come ricordava. Aveva occhi grandi e profondi, due cerchi oscuri ricolmi di ombre nelle quali ci si specchiava vedendosi fragile, vulnerabile, un fuscello nella balia della tempesta.
─Dove andremo semmai."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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                                                        Lo scudo dal mondo      
   
 
 
 
 








─E così adesso sono tua moglie?
Sansa gli dava le spalle, stesa sul materasso avvolta dal lino e calde pellicce, mentre Jon si spogliava dei suoi abiti fradici e freddi come ghiaccio. Nonostante fosse ben coperta, e priva dei suoi indumenti umidi, Sansa Stark continuava a tremare. Se di freddo o di paura non riusciva del tutto a capirlo.
─E’ molto più sicuro, soprattutto per te. Gli uomini tendono ad essere più rispettosi nei confronti delle donne sposate. Ancora di più in presenza del marito.
Sansa non poteva dargli torto ed era stata una mossa astuta, che lei stessa avrebbe dovuto prevedere. Tuttavia non riusciva a smettere di pensare.
È questa la mia vita adesso? Sarò la moglie di mio fratello? È così che ci vedrà la gente d’ora in poi?
─Dovremmo anche cambiare i nostri nomi. ─ Proseguì Jon mentre si muoveva facendo scricchiolare le assi del pavimento ─Quelli che abbiamo non vanno bene.
Ancora.
Sansa aveva già vissuto l’esperienza di essere una fuggiasca, costretta a mentire per non destare sospetti. Era stata Alayne Stone, un tempo. Una bastarda, proprio come Jon. Alayne aveva avuto un passato tormentato, e un padre da cui rifugiarsi che l’aveva fintamente protetta, per poi tradirla nel momento in cui era stata troppo vulnerabile e sciocca da sentirsi al sicuro.
Ora chi sarebbe stata? Una moglie, a quanto pareva. La moglie di un uomo dai riccioli neri come l’inchiostro e gli occhi profondi, tanto da poterci annegare dentro.
La moglie di un uomo che non sarebbe mai stato il suo uomo, e l’unico uomo che non aveva mai capito per davvero.
Siamo solo dei topolini in gabbia. Alla fine in un modo o nell’altro riescono a scappare. Ma vengono schiacciati subito dopo, nel tumulto di una libertà che non sanno gestire.
Sansa si sentiva già schiacciata.
Si girò lentamente e scorse Jon stagliato contro la finestra, a coprire la sua nudità solo uno straccio lungo che Liana aveva lasciato nel caso avessero voluto lavarsi.
Jon era pallido, eppure il suo corpo sembrava emanare calore. La luminosità soffusa delle candele creava giochi di luce sul suo petto duro, dai muscoli ben delineati. Vide ognuna delle sue cicatrici.
I tagli della morte.
Quella al centro del petto, più giù sul costato, una accanto al cuore, e ripensò a quanto avesse perso e a quanto le fosse stato dato.
Jon era tutto quello che lei non aveva mai visto in un uomo, ma immaginato che ci potesse essere.
Forme definite, virili, che i segni del dolore non avevano reso meno allettanti.
Puntò lo sguardo dritto contro la parte, nel momento in cui Jon si rese conto che lo stava fissando.
Stupida.
─Ci troverà non è vero? ─ Chiese, quasi come se non fosse una domanda, il sussurro di un incubo ─E’ solo questione di tempo. Non potremmo sfuggirgli a lungo.
─Non ci troverà nessuno ─ Non l’aveva mai sentito parlare così, imperioso, quasi irritato ─Domani mattina riprenderemo il nostro cammino. Avremo vestiti asciutti e qualcosa nello stomaco. Non siamo molto lontani da Porto Bianco.
─Ramsay non si fermerà davanti a nulla ─Sansa si strinse il lenzuolo contro il seno, sentiva le lacrime bloccate in gola. Voleva lasciarle andare, ma si rifiutava di credere che fosse ancora quella ragazzina ingenua e dal pianto facile ─ È l’odio a renderlo tanto determinato. Sarebbe capace di bruciare il Nord intero pur di vedermi strisciare ai suoi piedi implorando pietà. Tu non lo conosci nel modo in cui lo conosco io.
─E lui non conosce me.
Quando Sansa si girò ad osservarlo, Jon teneva lo sguardo rivolto verso il pavimento, i riccioli ancora umidi che gli pendevano sul viso incorniciandolo di nero. Con i pugni chiusi, stava fermo, mezzo nudo, come se si preparasse ad una sanguinosa battaglia.
C’era una strana determinazione nel suo sguardo, una certezza che quasi la fece ricredere delle sue parole. Jon sembrava una roccia in quel momento, una fortezza. Se ci avesse impiegato tutte le forze non sarebbe potuto passare nessuno oltre. E lì Sansa fu sicura di volersi nascondere. Forse Ramsay davvero non l’avrebbe vista. E non avrebbe visto lui. Forse.
─Non voglio che ti faccia del male.
Ammise, accorgendosi solo in quel momento di quanto fosse incerta la sua voce, il corpo scosso incontrollabili tremiti.
Non era solo per il freddo, che ancora le intorpidita il corpo provato, facendole battere i denti. Era per l’improvvisa e spaventosa consapevolezza delle sue scellerate azioni.
Fuggendo da Grande Inverno non solo aveva condannato se stessa ad una morta quasi certa, ma spinto nello stesso baratro chiunque avesse avuto la sfortuna di incappare nel suo cammino, offrendole aiuto e confortevole protezione.
Se Jon fosse partito senza di lei, nessuno gli avrebbe mai dato la caccia e neppure minacciato la sua vita. Ma nel  nasconderla dietro quella roccia che era il suo corpo di cicatrici e muscoli, si era automaticamente tramutato in un bersaglio facile da centrare.
E Jon aveva troppo onore nelle ossa per tirarsi indietro. Sarebbe stato lì inerme, con le braccia spalancate, pronto a farsi colpire pur di accettarsi che nessuno le facesse del male.
Ma erano colpi, affondi e frecce destinate a Sansa e a lei soltanto. Quante altre persone dovevano morire affinché lei riuscisse a sgattaiolare via sana e salva dalle trappole in cui era finita incastrata?
Si rese conto che c’era ancora molto della bambina ingenua e innocente in lei quando lacrime calde cominciarono a scendere lungo le guance. Sotto le lenzuola sembrava essersi formata una cappa di vento e gelo, che sferzava la sua pelle nuda sconquassata dai tremiti del freddo.
Era paura e terrore, senso di colpa e angoscia. Odiava farsi vedere in quello stato, soprattutto da Jon. Ci aveva provato con tutte le forze ad atrofizzare le sue più cruente sensazioni.
Stupida. Stupida. Stupida.
─Nessuno mi farà del male. ─ la rassicurò Jon, le braccia tese lungo i fianchi ─Sansa, stai tremando. Vieni qui.
E poi lo vide avvicinarsi, mezzo nudo, con solo uno straccio a coprirgli la virilità. In brevi falcate raggiunse il letto, le ginocchia piegate sul materasso.
Sansa lo osservò quasi intimidita, le dita che stringevano le lenzuola fin sotto al mento.
─Cosa vuoi fare?
Gli chiese sbigottita.
Cosa credi che stia per fare, stupida? Rimbombò una voce melliflua nei suoi pensieri in subbuglio. Credi davvero che sia capace di approfittarsi di una situazione simile?
All’improvviso vide la sua stessa paura attraversare l’espressione di Jon, paralizzato, colpevole, imbarazzato, gli occhi scuri grandi quanto monete d'inchiostro. Si fece subito indietro, quasi come se il letto fosse fatto di carboni ardenti, e puntò lo sguardo dritto a terra, le guance sembravano aver preso una colorazione più accesa.
─Perdonami, Sansa ─ Ammise, sinceramente a disagio, i riccioli neri che gli coprivano la fronte e gli occhi ─Ti ho vista tremare, e ho pensato che se ti avessi abbracciato... sono stato uno sciocco. Perché mai avrebbe dovuto farti piacere...
─Proteggimi ─ allungò un braccio verso la sua direzione, un dolce invito a non avere più indugi. Perché lo voleva, con tutta la luce che aveva impresso nei suoi occhi di cielo ─Ti prego. Stammi accanto. Non lasciarmi. Tienimi più che puoi. Dammi calore. Sono stanca di avere freddo.
E c’era una sorta di desiderio nello sguardo di Jon, come uno sberluccichio di comete bianche stagliate contro il buio.
Si stese sul materasso mantenendosi ad una debita distanza. Appoggiato sul fianco osservava Sansa come in una fabbricante attesa, sembrava quasi che si stesse imponendo di stare fermo.
Fu Sansa stessa a tuffarsi contro la sua pelle, schiudendo piano le labbra al contatto con il suo corpo sorprendentemente caldo. A quel punto Jon si sentì libero di circondarla con le braccia, e tenne stretta la presa, facendosi carico del suo gelo e delle sue paure, asciugando le sue lacrime e dissipando ogni incubo crudele, di un passato che non avrebbe mai potuto cancellare.
Immobile, nella sua confortevole presa d’acciaio, Sansa provò una strana sensazione, simile alla gioia ma più timida, percettibile quanto uno sfarfallio d’ali nello stomaco.
Eppure c’era, e la faceva stare bene, come non era mai stata prima. Quello era un abbraccio diverso, che non aveva nulla a che fare con la menzogna e il disprezzo. Era un abbraccio e basta. Quello fra tanti, che si dona e si vuole ricevere.
Sansa alzò leggermente lo sguardo, scoprendo che Jon la stava già osservando, solo pochi strati di stoffa a coprire le loro nudità.
Il ragazzo aveva ancora i capelli umidi, e si stavano formando graziosi riccioli lungo le sue tempie, sull’attaccatura del collo dietro la testa. Tenebre e sprazzi di luce si rincorrevano nei suoi occhi grandi e aperti, le labbra piene leggermente schiuse come per dire tutto e negarle qualsiasi segreto.
Jon era bello, pensò. Indubbiamente, inoppugnabilmente, indiscutibilmente bello, in una maniera selvaggia e proibita che le fece chiedere quante donne fossero state disposte a fare follie per uno solo dei suoi sguardi.
A lei era servito implorare la sua protezione e un braccio teso. Ed eccolo qui, la sua fortezza contro il mondo, la sua unica promessa, quella speranza in cui non aveva mai creduto.
Forse gli Dei questa volta le sue preghiere le avevano sentite, perché fu certa di diverse cose in quel momento.
Che quella stretta poteva durare anche per sempre. Che in Jon le piaceva specchiarsi, perché le mostrava solo il meglio di lei e le cose che voleva vedere. E che c’era qualcosa dentro, che si muoveva veloce, contorcendosi senza farle male. Era calda, grande, imponente, nello stomaco sembrava prendersi tutto lo spazio che avesse. Una cosa a cui non sapeva dare un nome, ma che per qualche ragione era arrivata. Era arrivata con lui.
─Non capisco cosa ci sia in te ─ Sussurrò sentendo la sua voce distante, come se non le appartenesse ─Ma non mi fai avere più paura. Cancelli tutto, lo rendi solo un incubo al risveglio. Avrei dovuto avere cura di te.
Sentì la mano grande di Jon passare sulla sua guancia e poi immergersi nei capelli, proprio sopra l’orecchio.
─Avrai cura di me adesso, come io avrò cura di te ─ E Sansa sapeva che era vero, non c’erano dubbi nella sua espressione amorevolmente sincera ─E’ una promessa, capito? Non sentirai mai più freddo. Sarò sempre qui, pronto a scaldarti con tutto quello che ho dentro.
In realtà sotto la pelle sentiva un incendio. Era davvero possibile?
Lui lo rendeva possibile.
Rimasero in silenzio, ad ascoltare i loro respiri, mentre anche l’ultima briciola d’imbarazzo sembrava scivolare via insieme alla paura. Pareva che quell’abbraccio avesse cambiato tutto quanto, ora Sansa era capace di vedere prospettive che non aveva mai osato sperare.
Non può ferirmi più nulla.
Jon continuava a tenerla stretta, un braccio piegato dietro la sua testa, l’altro appoggiato sulla spalla.
 Lei stava di fianco, avvolta nel lenzuolo bianco di lino, nuda e viva, seguiva i contorni del viso del ragazzo studiandone le linee dure, tipiche degli uomini del Nord. Anche lui la stata osservando, ma in modo diverso, meno curioso, quasi assorto.
Con l’indice Sansa tracciò i contorni del suo mento, reso più ispido dalla barba incolta. Seguì il profilo della mascella, quello più morbido del lobo dell’orecchio. Delineò la cicatrice che aveva sulla fronte, fino sotto l’occhio aperto e vigile. Accarezzò la forma del naso, raggiungendo la linea che separava le narici.
Poi si fermò ed osservò le labbra morbide e piene, schiuse a prendere respiri sempre più profondi.
Erano belle labbra, che una donna avrebbe trovato piacevoli da baciare, pensò con un po’ di invidia.
Quante avevano avuto un simile privilegio?
Sansa sapeva che agli uomini della confraternita in nero era proibito avere mogli, ma dubitava seriamente che molti di loro rinunciassero del tutto ad avere rapporti sessuali con chi era ben disposto ad accettare di esaudire i loro bisogni.
Dovevano essere state tutte donne fortunate, sospettò, e forse belle, più belle di lei. Meno rotte di lei.
─Tu gli assomigli molto.
Mormorò appoggiandogli le dita sulla bocca per accarezzargliela piano. Era morbida proprio come aveva sospettato.
─A chi assomiglio?
Jon le parlò contro la pelle. Il fiato caldo del ragazzo sui polpastrelli fu una piaceva sensazione.
─A nostro padre ─Rispose Sansa continuando a toccarlo ─Ma tu sei più luminoso. Sembra quasi che dentro di te ci sia una stella.
A quel punto Jon le afferrò la mano, delicatamente, baciandole il palmo. La barba incolta era un pizzico contro le dita, ma Sansa trovò gradevole il contatto.
Lo vide spostarsi leggermente, ora incombeva su di lei riempiendole la realtà del suo corpo, e dei suoi occhi tanti profondi da poterci quasi annegare dentro. Ci stava annegando. Le mancava il respiro.
─Dove vuoi che brilli allora?
La risposta le venne naturale, come addormentarsi e spalancare le palpebre al mattino. Come se le fosse sempre stata dentro, ed era lì solo per quel momento.
─Sopra di me.
E non seppero quanto tempo rimasero li a fissarsi, a dirsi tutto senza dire niente.
I respiri che s’incontravamo a metà strada, diventando un solo fiato.
Alcune mani distese sulle lenzuola, altre sulle pelle. Occhi grandi, stanchi eppure vivissimi. Le labbra appena schiuse, petto contro petto, la vergogna, il dolore e il rimpianto, e poi quell’affetto. Diverso, come un’onda calda che si agitava nello stomaco. I pensieri  confusi, troppi, inconfessabili e presenti. La paura a tenerli uniti, la stessa a tenerli distanti.
Bum bum bum.
I cuori che battevano.
Bum bum bum
Una melodia sconosciuta.
Bum bum bum
Sempre più forte.
Bum bum bum
Quanto sarebbe costato poter fermare il tempo?
─Ecco a voi. Una bella minestra di piselli e cipolle che… oh! ─ Liana rimase ferma sulla porta, tra le mani un vassoio sotto ciotole di zuppa fumanti. Era entrata senza bussare, spalancando la porta probabilmente rimasta socchiusa ─Perdonate, pulcini miei, non era mia intenzione interrompervi.
Jon si allontanò da Sansa con un balzo, come se all’improvviso il suo corpo fosse stato fuoco e lui sterpaglia secca pronta ad ardere fino ad incenerirsi. Aveva le guance rossissime, i pugni chiusi. In piedi, coperto solo da uno straccio, sembrava quasi un bambino, dall’aria colpevole dopo essere stato sorpreso a rubare dolciumi prima dell’ora di cena.
Sansa si strinse ancora di più sotto il lenzuolo, sperando di poter coprire anche la sua vergogna e l’evidente disagio.
─Non preoccuparti, Liana ─Anche la voce di Jon non sembrava più la stessa, ma incrinata, appena un borbottio. Sansa non l’aveva mai sentito tanto insicuro ─Noi stavamo…
─So cosa stavate facendo ─La donna posò il vassoio su una cassettiera accanto alla porta. Aveva un mezzo sorriso stampato sulla faccia rugosa, gli occhi languidi sembravano quasi emozionati ─Sono vecchia. Non stupida. Nel mondo ho visto molto più cose di quanto voi riusciste a immaginare. Passate una buona serata, pulcini.
E si chiuse la porta alle spalle, lasciando solo un vago olezzo di cipolle bollite e carne affumicata.
Sansa si rannicchiò sotto le coperte.
Quella donna pensava che lui e Jon stessero…
Non poteva neppure immaginarlo. Arrossì violentemente, sentendo il sangue diventare caldo sulle guance.
Jon era suo fratello. Una parte di se stessa. Jon era solo il suo scudo, la sua stella. Jon non si nutriva di lei brillava per coprirla dalle ombre del mondo.
Eppure… eppure… si chiese cosa avesse pensato lei se si fosse trovata davanti ad una scena simile. Un ragazzo e una ragazza, quasi nudi, una sopra l’altro su un grande letto dalle lenzuola bianche.
E così adesso sono tua moglie?
Forse anche Jon si stava chiedendo quanto male avrebbe fatto quella menzogna.
 

 
CONTINUA…
 
 
Ed eccomi qui con un nuovo capitolo! Questa volta non vi ho fatto aspettare tanto. Vi dirò, questo è uno dei miei capitoli preferiti fino ad ora, perché penso sia completo. C’è l’amore, l’imbarazzo, c’è l’affetto, quella voglia di scoprirsi ma anche la paura. C’è la confusione e il desiderio. È un mix di sentimenti. Spero sia piaciuto anche voi!
Come al solito vi ringrazio per le vostre recensioni, a chi legge, a chi mi segue. Non avete timore di scrivermi, mi farebbe piacere sapere i pareri anche di quelle persone che non ho mai conosciuto, che però mi seguono, perché siete il mio carburante. Senza di voi, la macchina va a rilento. Per cui recensite se ne avere voglia!
Per ora è tutto. Io vi abbraccio e vi mando un grosso bacio!
 
 
 
 
 
 
   
 
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