Fanfic su attori > Leonardo DiCaprio
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Autore: Magic Kismet    24/11/2016    0 recensioni
Mi trovai difronte un enorme casa vittoriana, vecchia e logora, dall’aspetto lugubre e freddo, rabbrividì, pensando a cosa era successo lì solo poco tempo prima. Chiusi gli occhi, con la speranza di non dover più ricordare, con la speranza di dimenticare, anche e forse soprattutto il suo nome
Genere: Erotico, Fantasy, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Ho passato notti insonni, al solo pensiero di Leonardo che leggeva il copione e la sceneggiautra, divorata dall'angoscia di cosa avrebbe pensato di me, del mio lavoro, della mia visione e delle mie prospettive riguardo il suo ruolo.
Arrivata di fronte alla Creative Artists la proccupazione di aver commesso un azzardo si fece sempre più forte, le mani iniziano a sudarmi ed il cuore cominciò a palpitare in modo eccessivo.
Entrata all'interno dell'ufficio mi accolse la stagista che questa volta mi fece direttamente accomodare nella stanza del suo capo, senza farmi attendere, con gentilezza e forse eccessiva cura. Aprì la porta ed io varcai la soglia.
Leonardo sedeva difronte ad Anthony, con in mano il contratto che Philppe mi aveva costretto a stillare per questo tipo di accordo. Milioni di anni passano davanti ai miei occhi, il tempo iniziò a scorrermi veloce sulla pelle, accapponandola, un susseguirsi di stagioni e mutamenti, di storie, sensazioni ed emozioni mi colpirono immobilizzandomi sulla soglia dell'enorme porta in ebano scuro del suo ufficio. Leonardo alzò lo sguardo ed incrociò il mio, imbarazzato e spaesato, un sorriso si irradiò sul suo volto ed io avrei voluto solo mettermi a piangere per quanto era bello. Sospirai di gioia infinita e nello stesso momento il dolore pungente e la paura di non essere abbastanza tornarono a farsi vivi nella mia mente, socchiusi gli occhi e mi avvicinai alla scrivania, con la paura di cadere a terra priva di sensi, cosa che per fortuna non accade.
«Ah, eccola qui Miss Matera!» esclamò Anthony accogliendomi in modo caloroso «Avremmo delle domande da sottoporle, riguardo al contratto» la sua voce arrivava flebile al mio apparato uditivo, il mondo era tornato ad essere un posto confuso e sfocato, lo stesso della prima volta che lo incontrai. Mi accomodai sulla poltrona con eccessiva goffagine, senza riuscire a distogliere gli occhi dal viso di Leonardo, che nel fratttempo mi porse la mano, io la strinsi educatamente accennando un sorriso. In preda all'ansia per poco non scivolai dalla comoda seduta della poltrona in pelle, dentro di me, una voce si fece strada, consigliandomi prontamente di evitare il suo sguardo, nel tentativo di placare l'emozione. Cambiai la direzione del mio volto ed il mondo tornò alla sua normalità così come il mio battito cardiaco.
«Credo che ora possiamo anche darci del tu, se sei d'accordo Christine» mi chiese Anthony educatamente con un sorriso stampato sulle labbra, lo stesso sorriso di chi ha appena comprato una ferrari mai utilizzata per pochi dollari.
«Certo, ma solo se anche Mr. DiCaprio è d'accordo» ricambiai il suo sorriso con ansia, cosa che fece assumere alle mie labbra più la forma di una smorfia. Ogni angolo della stanza era in quel momento preferibile al suo volto, ogni cosa era meglio che osservare lui e sentirmi ancora preda di istinti animali che credevo ormai repressi
«Chiamami pure Leonardo» un rumore assordante si fece largo nelle orecchie, il mio cuore mancò un battito, o forse più, ormai avevo smesso di sentirlo.
Riuscivo quasi a sentire il suo sorriso prima che raggiungesse il suo volto, cercai dentro di me una forza che forse non possedevo, per costringermi a guardare altro, dapprima mi concentrai sul piano della scrivania in ebano scuro, dove giaceva il mio contratto ancora non firmato.
«Vedi Christine, io e il mio cliente qui» disse Anthony indicando con un cenno della mano lui, lo scatenatore di tutto, quasi come per costringermi a voltarmi nella sua direzione, cosa che evitai di fare
«Leonardo» intervenne lui, con quella sua voce così soave da fare invidia persino agli angeli, Anthony ricambiò la sua occhiata e riprese il discorso da dove lo aveva lasciato «Bene, si, ecco, io e Leonardo qui, abbiamo dei dubbi sulla clausola numero ventitrè del contratto» si schiarì la voce «in cui viene esplicitamente dichiarato che se lui si dovesse rifirutare di svolgere le attività considerate necessarie dal regista» mi osservò «da te, in sostanza» tossì «dovrà risarcirti per l'assurda cifra di 80 milioni di dollari» nella stanza calò il silenzo, "stupide clausole di Philippe" pensai tra me, ed i morsi del panico tornano a farsi vivi più che mai, facendo controcere il mio stomaco dal dolore
«Sarebbe meglio inanzitutto specificare che cosa si intende per attività» concluse, Leonardo prese la parola, torturandomi con la sua cadenza perfetta
«80 milioni di dollari sono una cifra esagerata come risarcimento, non trovi? Io stesso non dispongo di una cifra simile» disse, nel frattempo il mio pensiero ritornò alla clausola 23 del contratto che esplictamente asseriva che il cliente aveva il dovere di rispettare la visione artistica del regista e della produzione che disponeva di lui al meglio, ovviamente nei limiti della decenza umana, scoppiai in una sonora risata, per il doppiosenso che spesso provocava timore negli occhi di chi lo leggeva. Ogni qualvolta che un attore si trovava di fronte quel contratto, era solito farsi sopraffare dalla paura di doversi concedere a chissà quale attività sessuale, sorrisi ancora imbarazzata dalla situazione, sotto gli occhi dubbiosi e infastiditi di Leonardo e Anthony.
«Non dovrai disporre di una cifra simile» balbettai «La clausola impedisce solo che al sorgere di minime difficoltà tu decida di abbandonare il progetto.. Ecco tutto» conclusi cercando di distogliere quanto più possibile lo sguardo da suo volto per evitarmi ulteriore imbarazzo.
«A quali attività intendi sottopormi?» ribadì con più enfasi, come se ancora non lo avessi preso sul serio. Si voltò stizzito verso di me e infastidido probabilmente dal mio cercare in continuazione di evitare il suo sguardo e mi fissò visibilmente nervoso negli occhi
«Nulla, solo una leggera attività fisica» sorrisi imbarazzata nel rendermi conto ancora una volta del doppio senso, «di palestra, inosmma tonificante, nulla di lussurioso come si potrebbe immaginare» sussurrai nel silenzio più totale e imbarazzante che avessi mai sentito
Lui rimase per un po' in silenzio e dopo averlo specificato letteralmente all'interno del contratto decise di firmare
«La donazione deve essere fatta entro domattina» ribadì con arroganza
«E' già stata fatta» risposi sollevata, lui restò senza parole a fissarmi con occhi pieni di domande, alle quali non avevo nessuna intenzione di risponde. Mi alzai velocemente senza salutare e mi diressi verso l'uscita, con in mano il contratto, appena firmato.
Salì sull'auto di Philippe in direzione di casa con ancora il battito cardiaco irregolare.
Accesi la radio, una canzone triste risuonava nell'abitacolo, ne colsi solo alcuni versi

"If you are a ghost, I'll call your name again"

La pelle mi si accapponò, spensi l'interruttore e mi feci avvolgere dal silenzio. Un enorme senso di incompletezza si andava sprigionando dentro di me cercai di respingere l'enorme voglia che avevo di tornare indietro e di dirgli che da quando avevo incontrato il suo sguardo nulla aveva più un senso.
Mi concentrai sulla strada, svoltando nella via parallela alla casa di Philippe, arrivai sul retro della sua enrme villa, spensi il motore e scesi dall'auto, dirigendomi verso il cancello alla ricerca di un citofono che però non trovai.
Con nervosismo risalì in auto per suonare il clacson e dopo pochi istanti il cancello si spalancò difronte a me.
Entrai nello spiazzale e parcheggiai l'auto, scorsi in lontananza la figura di Philippe che mi veniva incontro, arrivava dalla piscina sul retro ed era accompagnato da due ragazze, entrambe bionde e avvenenti.
«Dovresti comprare un auto» mi ammonì Philippe, indossava attillati slip bianchi che risultavano come un pugno in un occhio, per un uomo della sua età e della sua corporatura, disgustata volsi lo sguardo verso la mia moto e per fortuna ripresi a respirare.
«Abbiamo investito troppo in questo progetto, non è il momento di acquistare auto, questo!» esclamai
«Allora, ha firmato?» chiese sorseggiando dal suo bicchiere da cocktail ormai vuoto
«Si» risposi
«Hai già fatto la donazione?» domandò in tono snervante, ed immancabilmente il mio pensiero andò indietro nel tempo, a quando mi aveva promesso niente spiegazioni
«Si, questa mattina» dissi in un sussurro
«COSA?» esclamò furioso «Hai fatto la donazione prima che firmasse il contratto?» chiese in tono retorico «Ti è dato di volta il cervello forse? Certo che quel ragazzo ti ha giocato un brutto scherzo eh...» scosse la testa deluso «Guardami Chris! Non è da te un simile comportamento!» io abbassai lo sguardo come una bambina colta in fallo
«Non è come pensi» ribattei balbettando «Io sapevo che avrebbe firmato» risposi, la spiegazione sembrava anche più assurda dopo averla pronunciata
«Ah, si lo sapevi!» sospirò con disapprovazione «Sai benissmo che il film avrebbe avuto successo con o senza di lui, non capisco davvero Chris.. Con tutti gli uomini che ci sono, proprio lui!» esclamò prendensosi gioco di me
Senza degnarlo di una risposta saltai in groppa alla moto e mi dileguai il prima possibile da casa sua. Nella mente solo più voglia di casa, di tranquillità. Avevo così tanto bisogno di riposo che facevo persino fatica a rimanere concentrata sulla strada.
Arrivata davanti casa accostai la moto accanto al cancello, digitai il PIN ed entrai nello spiazzale.
Una volta entrata decisi di svestirmi completamente per potermi finalmente abbandonare sul letto ad un sonno ristoratore. Chiusi gli occhi e sprofondai in un ansioso dormiveglia, difronte a me vedevo ormai solo il suo viso.
Il suono del citofono mi svegliò di soprassalto, era un suono continunativo e imperterrito, chiunque mi stesse cercando aveva come primo obiettivo quello di svegliarmi ad ogni costo.
«Chi diavolo è!» urlai dall'altra parte della cornetta
«EHI CHRIS» mi aggredì una voce squillante «Sono Kristel, puoi scendere un secondo? Devo parlarti!» concluse, agganciai la cornetta al telefono, poggiato sopra il comodino accanto al letto, con foga, mi alzai controvoglia dal letto e mi diressi in bagno, mi sciacquai la faccia ed indossai un paio di fuseau neri ed una canottiera che lasciava intravedere il mio seno, infischiandomene completamente del galateo.
Scesi in giardino ed aprì il cancello.
Alzai lo sguardo e mi accorsi immediatamente che Kristel non era sola. Per un attimo ebbi un mancamento. Un'altra figura era accanto a lei, si trattava di Leonardo. Maledissi me stessa per non aver indossato qualcosa di più appropriato. Lei invece era vestita in modo impeccabile, i capelli legati in una lunga treccia sfasata, indossava un abito lungo da sera color cipria, mi domandai a chi potesse stare bene il color cipria e l'unica che mi venne in mente fu proprio lei. Alzai gli occhi al cielo, nuovamente, in sengo di profonda disapprovazione
«Non ti avevo mai vista così casual!» esclamò Leonardo sorridendo, lo scrutai dalla testa ai piedi. Era senz'altro un Dio. Indossava una t-shirt verde e un paio di pantaloni marroni, io ricambiai la sua battuta con un occhiolino e sorrisi imbarazzata, senza dire una sola parola
«Vi conoscete già?» il tono di voce di Kristel lasciava intendere quanto fosse seccata dall'intera situazione.
«Beh.. in effetti si» risposi con il sorriso sulle labbra
Kristel divenne verde di gelosia, la ignorai deliberatamente, godendomi la sua espressione che non avrebbe mai nemmeno avuto motivo d'esistere, ma all'epoca ero ben consapevole che la sua gelosia fosse legata solo al fatto che avrebbe preferito mettere in mostra il suo trofeo appena conquistato mentre quella situazione le provocava una profonda amarezza
«Diciamo solo che adesso lavoro per lei» le spiegò lui serio, come a volersi scusare.
Kristel lo squadrò dalla testa ai piedi senza preoccuparsi della mia presenza, sembrava quasi volerlo sbranare con gli occhi, certamente era furiosa perchè io lo conoscevo già, ma non si lasciò sfuggire l'occasione di mettersi in mostra, baciandolo appassionatamente.
Lui sorpreso, almeno quanto me per quel gesto così vorace, cercò inizialmente di divincolarsi, ma poi cedette al suo bacio, mentre il mio viso si contrasse in una smorfia fin troppo schifata nell'intravedere le loro lingue aggrovigliarsi. Abbassai lo sguardo sospirando ed iniziai davvero a sentirmi di troppo
«Scusate ragazzi! Spero non mi abbiate chiamata solo per farmi fare da spettatrice alle vostre, ehm come dire.. attività» li interruppi con voce seccata, scorsi lo sguardo di Leonardo attraverso il loro bacio, i suoi occhi riuscivano a perforarmi l'anima. Bruscamente Leonardo si liberò dal bacio di Kristel lasciandola confusa e furiosa allo stesso tempo. I nostri occhi restarono persi, gli uni negli altri ed un tumultuoso mischiarsi di sensazioni mi aggredì, impedendomi di distogliere lo sguardo dal suo e restammo così per alcuni istanti, nell'imbarazzo ormai evidente di Kristel.
«Ehm» si schiarì la voce «In effetti ero venuta per invitarti al nostro party questa sera» sorrise «Sai la fondazione di Leonardo ha ricevuto una cospicua donazione questa mattina, da un anonimo milionario» trattenni il fiato e mi voltai di scatto verso di lei, osservai ancora una volta la sua pelle perfettamente dorata dal sole, liscia come quella di una pesca, bellissima anche senza l'ausilio di trucchi e mi domandai come mai Leonardo le avesse raccontato una simile frottola
«Ma dai! Una donazione anonima?» chiesi voltandomi verso Leonardo e questa volta fu lui a distogliere lo sguardo dal mio, abbassandolo quasi come a volermi sottolineare la sua colpa
«Bene, se vuoi venire, porta qualcuno!» esclamò con la sua solita voce squillante «Allora a più tardi! Baci Baci».
Entrambi si voltarono e si dileguano nel vialetto di fronte casa.
Entrai in casa con la velocità della luce, mi distesi sul letto ed osservai il soffito per un tempo che mi parse infinito; ripensai a tutte le emozioni vissute durante la giornata. Milioni di pensieri affollavano la mia mente mentre cadevo in un sonno profondo.

Quando mi svegliai erano quasi le nove e mezza di sera. Mi alzai dal letto con la voglia di recarmi alla festa. Mi buttai sotto la doccia e mi lasciai scivolare via tutti i pensieri più assurdi. Indossai un abito elegante che tenevo di scorta nell'armadio nel caso mi si fosse mai presentata un occasione speciale, era un lungo abito bordeaux. Nella parte posteriore presentava un lungo ricamo in pizzo completamente trasparente che lasciava scoperta parte della schiena. Lo indossai e capii immediatamente di aver perso diversi chili dall'ultima volta che avevo indossato un abito da sera.
Lasciai i capelli sciolti in lunghe onde morbide e dopo aver messo un filo di trucco mi diressi verso casa di Kristel anche senza accompagnatore.
Appena fuori notai che il vialetto era stato intasato da una quantità sproposita di automobili. Passai attraveso numerose auto fino ad arrivare di fronte l'imponente villa di Kristel, che al contrario della mia era composta di 3 piani. Cercai di accelerare il passo, mentre tentavo disperatamente di non inciampare nel lungo vestito.
Ad accogliermi davanti la sua enorme piscina vi erano almeno una cinquantina di persone, intente a chiacchierare, a bere champagne e a concludere affari.
Afferrai un flute di Champagne da uno dei vassoi e lo bevvi tutto d'un fiato, dopotutto avevo bisogno di quello che ero solita chiamare "coraggio liquido".
Nel mio inesorabile vagare, mi resi conto che Kristel aveva invitato la crème de la crème di Hollywood, alcune persone le conoscevo, in primis c'era Philippe, il primo che incrociai
«Ma guarda chi c'è» sorrise beffardo «Christine!» mi scrutò dalla testa ai piedi «Non ti facevo una ragazza da festa» mi venne incontro a braccia aperte e mi strinse contro il suo petto, "dev'essere già ubriaco", pensai tra me, liberandomi dalla sua presa con imbarazzo
«Ciao Philippe... Anche tu qui?» domandai spostandomi il più lontano possibile da lui per impedirgli di rinnovare l'abbraccio
«Dopotutto sono io il misteriorso milionario!» esclamò compiaciuto

La situazione aveva preso ormai una piega decisamente imbarazzante così decisi che era meglio scomparire dalla sua vista. Lo lasciai a bearsi dell'abbraccio di due attraenti modelle bionde.
In fondo alla piscina, vicino gli alberi da frutto vi era un'intera zona immersa totalmente nel buio. Mi diressi in quel luogo che appariva ai miei occhi così intimo e privato, nella speranza di non incontrare più nessuno. Sotto l'enorme quercia trovai anche una piccola panchina in pietra. L'angolo era completamente immerso nell'oscurità della notte. Osservai la festa, esternamente, quasi come se mi trovassi su di un altro pianeta, l'enorme piscina azzurra illuminata, candele e luci soffuse rendevano tutta l'atmosfera un po' magica.
Andava tutto secondo i miei piani, fino a quando non intravidi una sagoma in lontananza procedere verso di me. Quel bellissimo angolo segreto, dopotutto non era rimasto segreto a lungo. L'ombra continò incessante ad avvicinarsi, con passi felpati ed eleganti, totalmente ignara della mia presenza sulla gelida panchina in pietra.
Era un uomo, mi arrivò ad un palmo dal naso. Era immobile difronte a me, eppure non si rendeva conto della mia presenza. Ormai avevo capito che si trattava di Leonardo, nessun'altro sarebbe riuscito a sembrare così maestoso immerso nel buio della notte. I suoi occhi erano in difficoltà cercava disperatamente di mettere a fuoco davanti a sé, senza riuscirci.
«Mi scusi, non sapevo ci fosse qualcuno» la sua voce era come al solito suadente ed armoniosa, un assolo d'arpa, una voce da pelle d'oca, un brivido freddo mi percosse la schiena
«Sono io, Leo» sospirai scoraggiata e anche un po' amareggiata per non essere stata riconosciuta.
«Io chi?» domandò nel tentativo di osservare nell'oscurità e anche se non riuscivo a vederlo percepivo il suo sguardo che cercava di bucare il nero della notte
«Christine» esclamai con il cuore palpitante d'eccitazione, sempre più convinta di essermi trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato
«Ah, ciao Christine» al solo pronunciare il mio nome mi sciolsi come un ghiacciolo lasciato al sole in un caldo giorno d'estate «Scusami ma con questo buio non ti avevo riconosciuta» si giustificò.
Indugiai in silenzio nella speranza che le sue parole mi restassero impresse nella mente così come la sua voce; poi continuò a parlare ed io andai in estasi «Come hai capito che ero io?» chiese sorpreso avvicinandosi a me in modo da lasciare la luce della festa filtrare su di noi illuminandomi lievemente il viso. Il pensiero di sentire la sua presenza anche nell'oscurità mi creava quasi una senzasione di malessere, ormai avevo l'impressione che sarei riuscita a riconoscerlo anche tra un milione di persone, sarei riuscita a captare il suo sguardo proprio come un sonar di un sottomarino
«Sarà il tuo dopobarba» esclamai sorridendo
«Non uso il dopobarba» rispose serio, ed io pensai che il suo senso dell'umoriso presentasse qualche difetto di fabbrica «Così alla fine hai deciso di venire?» mi chiese cercando di fare conversazione
«Si, anche se mi sono resa conto che questi party non fanno proprio al caso mio» mi spostai leggermente di lato in modo da lasciargli un po' di spazio sulla panchina, gesto che apprezzò. Attendevo con ansia qualche suo sbaglio nel sedersi al buio, ma a discapito delle mie aspettative riuscì nell'impresa in modo tutt'altro che ridicolo. Slacciò il secondo bottone della sua giacca scura lasciandomi intravedere la linea perfetta del suo corpo. La sua camicia bianca sembra quasi diventare fluorescente al buio, tentai di mantenere una parvenza di autocontrollo e mandai giù il groppo che ormai mi si era formato in gola e che mi impediva quasi di respirare
«Nemmeno a me entusiasmano. Preferisco restare solo» sentenziò con la sua solita aria enigmatica e misteriosa, sembrava quasi illegibile come un file danneggiato dall'usura
«Siamo in due allora» sospirai «Dove hai lasciato Kristel?» chiesi, facendo mente locale sul fatto che quest'uomo fosse impegnato in una relazione amorosa con la mia vicina ed in una relazione lavorativa con me, nel tentativo di placare i miei istinti
«Lei è rimasta alla festa, si diverte molto quando è circondata dalla gente» disse mentre osservava il vuoto «E' così bella, non trovi anche tu?» mi chiese, voltandosi verso di me, io di tutta risposta alzai gli occhi al cielo, consapevole di non poter essere vista e mi lasciai sfuggire un mugugno. Lui non rispose alla mia provocazione, così decisi che forse per me era arrivato il momento di andare via dalla festa.
Mi alzai di scatto e nello stesso istante un lampione a sensore di movimento ci folgorò con la sua luce accecante «Si è molto procace» risposi seccata, strizzando gli occhi nel tentativo di riabiutuarmi a quel bagliore, mentre la gelosia si faceva largo nel mio cuore
«Scusami Leonardo, ma ora devo proprio andare» risposi voltandomi di scatto, nella speranza di poter scappare il più lontano e il più veloce possibile. Mi osservai le scarpe ed il lungo vestito e non feci nemmeno in tempo a fare un solo passo Leonardo mi afferrò per un braccio con decisione, fermandomi. Imporvvisamente avvertii un capogiro, la sua pelle contro la mia e mille pensieri affollarono la mia mente
«Ho detto qualcosa che non va?» si voltò verso di me, la luce irradiava il suo volto e finalmente riuscivo a verderlo in modo completo. Indossava uno smoking nero, una cravatta nera e una camicia bianca, aveva le sopracciglia leggermente inarcate che gli conferivano un'aria severa, gli occhi erano spenti e le labbra socchiuse. Lo osservai e sentii una tristezza immensa pervadermi. Sembrava infelice, dolorante, ma allo stesso tempo riusciva ad essere dannatamente sensuale, così sensuale da far sembrare il mondo un posto insipido.
Mi soffermai ancora una volta sul suo volto con un movimento degli occhi che andava dall'alto verso il basso in una carrellata di immagini ad alto contenuto erotico.
All'improvviso tutti i miei difetti mi passano davanti agli occhi, tormentandomi la testa, mi vennero perfino elencati ad uno ad uno con eccessiva scrupolosità dalla mia coscienza che mi ammonì ancora una volta di non essere abbastanza
«Niente che non sapessi già» risposi fredda, con un gesto rapido mi liberai dalla sua presa e tentai di ricompormi, tirai su leggermente il vestito, ma nello stesso momento in cui alzai gli occhi per guardare la strada, trovai il suo sguardo. I suoi i occhi. Un improvviso bisogno di parlare mi pervase, avevo bisogno di dirgli molte cose, ma per quanto potessi cercare, non esistevano parole abbastanza adeguate per poterlo fare.
«Anche tu sei molto sensuale questa sera» esclamai pentendomi immediatamente di non essere riuscita a controllarmi
Lui sorrise imbarazzato senza rispondere, di fatto il mio commento non sembra interessargli, infondo era ben consapevole di esserlo.
Afferrai amareggiata il vestito e mi diressi a tutta velocità verso l'uscita.
Arrivata davanti alla piscina, salutai Kristel con un cenno della mano, lei mi sorrise, era intenta a bere e chiacchierare, e poi mi dileguai tra le auto ancora in sosta nel vialetto.
Arrivata di fronte al cancello di casa digitai il pin con mani tremanti, sbagliando un paio di volte, ritentai per l'ennesima volta con il cuore in gola e finalmente il cancello si aprì.
Un tintinnio alle mie spalle mi fece trasalire. Mi voltai spaventata. Leonardo aveva afferrato con entrambe le mani la ringhiera del cancello, la stava scuotendo. Il suo orologio emise un altro tintinnio e in quello stesso istante un lungo brivido mi accapponò la pelle. Rimasi impassibile ad osservarlo nella speranza che rompesse il silenzio e mi dicesse che cosa voleva e che cosa cercava, ma nulla.
Ritornai ad armeggiare con la chiave nel tentativo di aprire la porta di casa con mani sempre più malferme. Finalmente dopo diversi tentativi la serratura si aprì. D'improvviso però fece la sua comparsa una mano invisibile e oscura, si poggiò sul mio petto, bloccandomi sotto l'arcata della porta ed impedendomi di entrare in casa.
«Chris, fammi entrare» Urlò. Le sue parole erano veleno, la sua voce si ruppe dentro di me come un tuono, perforandomi la testa. Mi voltai nuovamente, per osservarlo, nel tentativo di scrutare la sua reale presenza. I suoi occhi erano languidi, le sue labbra carnose erano un richiamo sublime, era il canto di una sierena. Ebbi un altro mancamento, ritornai con la mente a quanto gli avevo detto poco prima e alla sua non reazione e provai un senso di dolore atroce
«Perchè dovrei?» chiesi retorica sorridendo amaramente
«Non lo so perchè, voi donne e i vostri perchè!» il suo tono era alterato, forse eccitato oppure entrambe le cose, non riuscivo a capire bene le sue emozioni e forse nemmeno lui ci riusciva un granchè
«Non posso» dissi entrando in casa e sbattendo alle mie spalle la porta in un tonfo che fece tremare le pareti. Ero amareggiata per quella scelta e per tutta quell'assurda situazione. Scivolai a terra e caddi in un sonno profondo popolato solo da sue immagini.*






















*Scusate, le revisioni, questo è il capitolo definitivo per il momento, credo che sarò costretta a rivedere i primi 3 capitoli in quanto il tempo verbale è completamente errato. Vi chiedo scusa, abbiate pietà ma sono sommersa da lavoro universitario e non ho tempo per modifice attualmente. Lasciatemi un commento (anche negativo sia chiaro!) che possa incoraggiarmi ad andare avanti o a smettere del tutto! Grazie Ciao
   
 
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