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Autore: DTmyRoom    17/05/2009    5 recensioni
-Io stavo scomparendo.- naturalmente non era una domanda. -Si.- -Perché sono qui?- Il suo tono si era improvvisamente indurito, e ciò fece spaventare ancor di più Sora. Abbassò il capo mortificato -Capisco… sei tu che mi stai trattenendo.- dedusse calmo Axel. -Io devo farti una domanda.- La mia prima FF su KH ^^Spero vi piaccia,siate severi ma non troppo nei commenti XD Ho usato Nvu come richiesto se siete passati di qui e non avete letto per favore datemi ancora fiducia ^^
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come richiesto ho usato Nvu, ora sembra un pò meno pesante di prima XD

spero vi piaccia ^^

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Si era già ripetuto almeno un migliaio di volte che in realtà non stava calpestando un pavimento, che in realtà i suoi occhi non stavano davvero vedendo quello che sembrava un cimitero senza croci e che quelle pareti non sorreggevano nessun soffitto.

Eppure l’eco dei suoi passi lo sentiva chiaramente, come sentiva una superficie solida sotto di se, come riusciva a vedere ogni singolo dettaglio di quelle strane tombe.

Per un attimo pensò stesse immaginando tutto e che in realtà stava solo precipitando nel vuoto verso un baratro infinito, buio e ostile.

Rabbrividì al pensiero di una cosa tanto spaventosa profondamente convinto che sarebbe stato meglio concentrarsi su altro. Ma i suoi pensieri rimasero concentrati sul mondo che stava calpestando: The world that never was.

Non esisteva come anche i nobody, eppure potevano ferire,eppure potevano uccidere. Chi non esiste non ha potere di vita o di morte su chicchessia, e Sora questo non riusciva a spiegarselo.

“Forse neanche loro riescono a capire.” Pensò.

“Forse è per questo che cercano di completarsi… disperatamente?

No, non possono disperarsi.”

Era rimasto imbambolato davanti alla 12° tomba: la “lapide-porta” era distrutta e la lastra ai suoi piedi recava due keyblade incrociati disegnati sopra, ma non era un bagliore cremisi, come tutte le altre 11, ma blu ad incorniciarli.

Quel nobody era vivo quindi e Sora non ricordava di aver mai visto quel 13°.

-Sora!- Lo chiamò la voce di una ragazza alle sue spalle che lo riportò alla realtà.

-Dobbiamo sistemare Xemnas ora che anche Luxord e Saix non ci ostacoleranno più.- continuò la ragazza.

-Hai ragione Kairi .E che mi ero incantato- disse sorridendo a mo di scusa.

-Sei sempre il solito.- disse ironico Riku, l’uscita venne accolta dalle risate del gruppetto, salvo per Sora che aveva del tutto ignorato la frase dell’amico ritornando ad imbambolarsi davanti a quella che non era una tomba. A chi apparteneva?Di chi era il vessillo nero che mancava all’appello?

Sora fissò intensamente i due keyblade che non aveva faticato a riconoscere: ultimamente aveva strani sogni in cui impugnava due keyblade identici. E ciò lo preoccupava.

 

“…Sei un buon altro…”

 

Improvvisamente questa frase si fece spazio tra i suoi pensieri con la stessa delicatezza e flemma di una spada infilata nello stomaco,portando con se l’immagine della persona che l’aveva detta.

Era lui a mancare dalla lista dei nessuno…chi era?Perchè aveva il keyblade?Forse non gli sarebbe importato normalmente ma aveva più volte sognato di trovarsi nei suoi panni. Dove l’aveva già visto?

In una foto.

In quella stessa foto che aveva trovato come indizio in una scatola insieme ad un ghiacciolo turchino.

Nell’immagine figurava il volto di quell’individuo sconosciuto insieme a Hayner, Pence e Olette. Fin da subito il nome del ragazzo misterioso gli era stato chiaro: Roxas.

Roxas era il suo nessuno, era stato Riku stesso a dirglielo.

Una parte di se stesso apparteneva ai suoi nemici? No, ormai era chiaro che Roxas li aveva traditi, se ne era andato, per sempre,ma non solo dall’organizazione, anche da se stesso.

Aveva forse vissuto troppo a lungo lontano dal suo other, troppo umanamente e non un singolo ricordo di Roxas faceva capolino tra quelli riacquisiti di Sora, perché?

Ormai i richiami dei compagni arrivavano lontani e ovattati alle orecchie di Sora, il prescelto del keyblade, colui che per la seconda volta avrebbe riportato la pace tra i mondi, colui in grado di aprire qualsiasi serratura non era in grado di accedere ad una parte di se stesso. hi era ad opporsi?Sora o Roxas?

Una distinzione inutile dato che erano la stessa persona, ma il suo nobody rammentava le memorie che Namine aveva rimesso insieme tempo prima.

Invece Sora era rimasto all’oscuro di tutto ciò che quella randagia parte di se stesso aveva compiuto in quell’anno in cui era rimasto assopito.

Lo attanagliò il terrore di non essere e di non poter più tornare se stesso, una paura tanto grande da schiacciarlo, tanto insopportabile da farlo impazzire e pazzo sembrò quando strizzò le palpebre premendosi le mani sulle tempie, come a tentare di concentrare tutto se stesso, il suo universo, nel cranio, per avere “a portata di mano” quella parte di se che non conosceva affatto, voleva trovare Roxas.

Il suo gesto “la fuori” scatenò il panico generale e mentre i compagni in preda alla preoccupazione cercavano di capire cosa gli stesse accadendo, dentro di se continuava a chiamare se stesso con un altro nome, ma, come era prevedibile,non arrivò a nulla .

Tentò di calmarsi, riordinando i pensieri, cercando di riunire tutto ciò che sapeva per creare un filo logico di eventi: Roxas era inevitabilmente legato a Twilight Town, aveva avuto a che fare con l’organizazione e in particolare con Axel, che voleva riportarlo in dietro e infine Riku lo aveva sconfitto portandolo da Ansem il saggio. Ma perché se ne era andato?

“Roxas rispondimi!” Gridò nel proprio cervello.

Niente. Solo silenzio.

Ed improvvisamente si abbatté come una doccia gelida,nella sua mente, il ricordo di aver sognato,una notte, la risposta.

Quella risposta che andò a rispolverare ogni singolo ricordo del biondino che si era appropriato dei suoi occhi e della sua mente portandoli a rendersi complici dell’occultamento di quelle memorie non sue, ma su cui aveva diritto di libero accesso.

 

“Perché il keyblade ha scelto me? Devo saperlo.”

 

E’ vero, aveva detto così al ragazzo dai capelli rossi che aveva cercato di fermarlo.

Questo, però, non mise la parola fine alla tortura psicologica del ragazzo, un altro dubbio spingeva insistente e doloroso nel suo cuore, un dubbio a cui non avrebbe mai potuto trovar chiarimento, nemmeno con la collaborazione del suo nessuno.

L’unica persona che gli avrebbe potuto rispondere era scomparsa alcune ore prima.

Quel dubbio sarebbe rimasto a pungergli la coscienza di tanto in tanto?No,non poteva sopportarlo.

Forse perché per la prima volta metteva in discussione la causa per cui aveva lottato fino a quel momento, o forse perché non voleva più provare un incertezza simile.

Fece l’impossibile per dare una risposta alle sue domande: una mente ed un cuore perfettamente in sintonia, con una volontà ferrea ed un keyblade possono fare miracoli, ed è ciò che accadde, un autentico,enorme e sinistro miracolo.

Si accasciò al suolo, ma quando il corpo pesantemente toccò terra, la sua anima era già altrove.

Non si poteva definire un luogo vero e proprio, lo avvolgeva il buio, o meglio il nero.

Portò le mani davanti agli occhi e le vide distintamente, poteva vedere i suoi piedi e le ciocche di capelli castani che dondolavano placidamente davanti alla fronte.

Si guardò un po’ intorno perplesso ma il panorama non mutava di una virgola.

 

-Non mi aspettavo che ci saremo, “rivisti”!-

 

Esclamò una voce alle sue spalle che lo bloccò. Non si girò, aveva riconosciuto il timbro roco del suo inaspettato interlocutore.

Sul volto di Sora si dipinse un espressione triste e spaventata, le sue pupille che non avevano nessun particolare a cui aggrapparsi galleggiavano in quei piccoli mari blu.

Degli strani brividi correvano lungo la sua schiena ed un misto di vergogna e timore lo portarono a sudare freddo o almeno così credette.

-Axel?- chiese incerto

-Suppongo di si…- rispose ironico l’altro –Convenevoli a parte. Dove siamo?- continuò.

-Non… non lo so.- Sora non si girò.

-Io stavo scomparendo.- naturalmente non era una domanda.

-Si.-

-Perché sono qui?- Il suo tono si era improvvisamente indurito, e ciò fece spaventare ancor di più Sora. Abbassò il capo mortificato

-Capisco… sei tu che mi stai trattenendo.- dedusse calmo Axel.

-Io devo farti una domanda.- lo disse più per scusarsi che per spiegare la situazione, l’altro non disse nulla.

-Sei sicuro di non provare sentimenti?-

Alcuni secondi di silenzio che sembrarono eterni; la domanda fluttuò incerta tra i due e più il tempo passava più Sora aveva paura di essere stato inopportuno.

-Assolutamente.- Una risposta che non lasciava spazio a repliche, ma per Sora non era abbastanza, il dubbio di essere un assassino anziché un salvatore gli stritolava il petto impedendogli quasi di respirare.

-Allora perché hai cercato di fermare Roxas quando tradì l’organizazione? Non eri forse dispiaciuto ? E Roxas? Perché aveva amici a cui era affezionato? Come è possibile? Tu…Lui…-

Stava urlando, sbraitava all’oscurità infinita senza trovare il coraggio di guardare il nessuno alle sue spalle.

Dal canto suo, Axel, sfoderò un’inaspettata pazienza, o forse la sua era rassegnazione?

-Roxas non è un nobody  comune. Per ogni nessuno esiste un Heartless e viceversa, ma in questo caso l’other di Roxas era umano, un umano con un cuore. E’ possibile che questo rendesse più vicini lui e il vostro cuore.

In quanto a me e agli altri… recitiamo, inevitabilmente siamo costretti a farlo, non parlerei nemmeno se non fossi spinto a farlo da una volontà dettata da un qualunque sentimento. Ma noi non abbiamo cuore. Facciamo finta di averlo. Ognuno di noi è la maschera di un personaggio ben prestabilito, ma sotto l’abito di scena non c’è l’attore, siamo poco più che fantasmi. Scriviamo il copione mentre lo recitiamo, man mano.

Ciò che mi rende apparentemente diverso e che ho scelto di non scrivermi più il copione da solo, era Roxas a suggerirmi in ogni modo, con un gesto o con una parola, come mandare avanti lo spettacolo.- La mano del rosso guantata di pelle nera si appoggiò amichevolmente sulla spalla di Sora.

-E’ meglio così…- continuò il nessuno-… fidati.-

Lentamente Sora portò lo sguardo su quella mano, da essa potè farsi un idea di come potesse essere ridotto il corpo del nessuno: era poco più di un alone da cui si staccavano frammenti di oscurità e pochissimi di luce.

Chiuse gli occhi e si voltò dall’altra parte spaventato,avevano ancora poco tempo.

-Perché vuoi consolarmi?- Sussurrò abbastanza forte da farsi sentire dal ragazzo.

La mano si ritirò scivolando lentamente.

-Perché? Perché sei stato tu a suggerirmelo…era quello che volevi, no?-

Seguì il silenzio, interrotto da suono del keyblade che appariva in mano a Sora, annunciandogli che era ora di andare. Ora davanti ai suoi occhi era emersa una serratura.

-Devo andare.- Durante tutto il colloquio le poche volte che aveva aperto bocca era stato per scusarsi o per fare domande, e anche stavolta Sora stava cercando il perdono.

Protese il keyblade verso la serratura, dalla sommità della grossa chiave scaturì un sottile fascio di luce, veloce come una stella cadente attraversò il grande foro, la serratura scattò e una porta bianca a due ante apparve.

L’arma scomparve dalle sue mani e dopo qualche istante d’incertezza si portò davanti al candido uscio, tirò le due maniglie per creare spazio sufficiente tra le due porte.

Dopo la soglia c’era luce, solo luce.

Non cambiava poi molto da dove Sora già si trovava, l’unica differenza era il colore.

Nero o bianco, luce o oscurità, bene o male. Scegliere da che parte stare o rimanere tagliati fuori dal mondo intero.

“Qui non c’è spazio per i nessuno. Spariranno ed è meglio così.”

Aveva già fatto un passo all’interno di quel mondo luminoso e anonimo, prese coraggio e si girò a guardare in dietro. Era pronto a salutare il nobody con il più smagliante dei sorrisi, per un attimo si domandò come mai era stato zitto tutto quel tempo. La risposta arrivò repentina.

Il sorriso gli si affievolì, gli angoli della bocca cedettero, gli occhi si sbarrarono, ogni piccola traccia di allegria soffocava e si spegneva. Un relitto, ecco cosa rimaneva di Axel.

La sua pelle era pallida, morta, grigiastra, i capelli solitamente dritti si piegavano verso il basso, il rosso brillante che li caratterizzava rassomigliava di più al colore di una foglia morta, il viso era scarno, privo di qualsiasi vitalità.

Gli occhi erano l’unica cosa a non essere cambiata, persino i due segni verticali sotto di essi non sembravano più a scopo decorativo, ma ferite aperte.

Sora non aveva mai visto tanto dolore in un’espressione, un’espressione che deformava il volto ormai trasparente del ragazzo.

Il cuore di Sora batteva irregolarmente, il suo corpo era rigido, paralizzato, ma fragile come una statua di sale.

La luce lo stava trascinando dentro la porta, lontano da quel mondo buio, e mentre scivolava via quello che era ormai il cadavere di Axel usò le ultime forze rimastegli per riportare sul proprio volto quel sorriso sghembo che tanto lo caratterizzava.

-Prenditi cura di lui.- solo queste stanche parole uscirono dalla bocca del fantasma.

Sora si ritrovò catapultato davanti ad una scena uguale a quella di un anno prima quando era stato costretto ad abbandonare un compagno nell’oscurità.

Ormai la luce stava invadendo completamente il suo campo visivo, riuscì però a vedere il nessuno che chiudeva gli occhi mandando il capo all’indietro mentre si dissolveva del tutto con un espressione di sollievo che gli rilassava ogni piccolo centimetro del viso.

In quel momento Sora si ridestò, sdraiato su una superficie dura, gli sguardi dei suoi amici pieni di apprensione inchiodati su di lui. Si tirò a sedere.

A testimonianza del suo incontro era rimasta solo una lacrima, in parte sua, a solcargli una guancia.

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In questa FF ho semplicemente messo alcune domande che mi sono posta incaricando Sora come mio "portavoce"
Ho scelto Axel per le risposte perchè è un personaggio che mi paice tanto ^^

spero vi sia piaciuto, lasciate pure un commento sincero ma non crudele U.U

  
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