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Autore: Radcliffe_    25/11/2016    1 recensioni
Peter Hale insegna teatro alla Beacon Hills. Lui chiama i suoi allievi (Jackson, Isaac, Lydia, Allison, Scott e Erica, lì per motivi diversi) “branco” e li fa mettere in scena uno spettacolo sui lupi mannari.
Stiles invece ha la sua bella vita da nerd e adora creare fake su Facebook più di quanto dovrebbe; e dall’altra parte c’è Derek, che ha voglia di vendicare sua sorella: questo lo porterà all’incontro sul web con Sean Jr Keller, il fake preferito di Stiles.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I baci non sono mai troppi








Non si era connesso per tutto il giorno, dopo aver inviato il messaggio, sperando di ricevere una qualunque sua notifica. Non successe, chiaramente, il che portò Stiles a depimersi nel suo banco di scuola durante chimica. Onestamente stava solo aspettando suonasse la campanella dell'ultima ora, per passare quelle due orette con Scott a fare i compiti: poi lui sarebbe andato a teatro e Stiles avrebbe potuto fare tutte le magiche cose che Stiles fa solo in camera. Cioè ballare su Drake e Rihanna e maneggiare un po' il fake. 
 
Quando suonò finalmente l'ultima ora, c'è un fuggi fuggi verso la porta ma Stiles oggi non ha voglia di correre. Se la prese alla leggera, godendosi i primini che fuggivano eccitati dalle classi e i corridoi che si svuotavano. Con questa storia del Sourwolf, Stiles aveva iniziato ad aver un po' paura di come la stesse prendendo. Si era ritrovato più volte a sperare una risposta e, okay, questo è normale; quello che non era norale era quanto ci fosse ossessionato. Quello no, non era normale.
Uscire da scuola e trovare un dolce venticello che gli scompiglia i capelli, era per Stiles il male. Prima di tutto perché odiava il vento, e il vento dolce, appunto, non poteva proprio esistere; secondo... cazzo, nessuno gli poteva scompigliare i capelli. Stiles fece per sistemarseli, mentre tentava di raggiungere la sua Jeep che occupava due posti di parcheggio (un giorno di questi si sarebbe ritrovato un bel vaffanculo scritto sul vetro...). Non fece in tempo a cercare le chiavi che si sentì chiamare.
    «Stilikki! Giusto?»
    Be', giusto no. Però si girò lo stesso e vide Deaton, il proprietario della libreria. Aveva fatto così tanto colpo per essere assunto che quello manco si ricordava il suo cognome... «Uh... sì?»
           «Non è che può aiutarmi? Sto spostando degli scatoloni con dei libri e se siamo in tre magari si fa prima?» L'uomo era bello robusto e Stiles era sicuro che se non avesse davvero avuto bisogno d'aiuto non l'avrebbe chiesto. Quindi si rimise le chiavi in tasca, tutto tranquillo e si avvicinò.
            «Sono pesanti? Sa, sono un ragazzo fragile»
            L'uomo sorrise. «Dammi pure del tu. E' andata bene a scuola?»
            «Sì dai» A Stiles Deaton stava simpatico, Danny gliene aveva parlato molto bene; non riusciva a non fare paragoni con suo padre. Aveva un senso molto paterno.
Davanti alla libreria, che da fuori sembrava un bar indie, era parcheggiato un furgoncino bianco di tela. Stiles era in estasi, al pensare che potesse essere pieno di libri... E bam. Fuori dal furgoncino chi esce? Il nipote di Peter Hale. Il nipote di Peter Hale, cazzo. La giornata di Stiles era appena diventata una potenziale giornata fantastica: gli era piaciuto un sacco stuzzicarlo quando lo aveva beccato al teatro. 
           Lui non lo aveva ancora visto. «Ciao! Anche tu qua?»
           Il ragazzo, dopo averlo visto, fece una leggere smorfia di dolore. Stiles lo prese come un complimento. Deaton guardò i due «Derek è un amico di famiglia, l'ho trovato in macchina ad aspettare l'uscita di scuola di sua sorella» spiegò, avvicinandosi al furgoncino e tirando fuori una piccola scatola con libri colorati. «Ne ho subito approfittato. Vi conosceate già?»
           Derek scosse la testa. «Fa teatro con Peter»
           «Ehm, no no. Sono andato a guardare. Una volta. Non sono molto il tipo» Lo corresse subito Stiles, un po' offeso. Sì insomma dai, lui che fa teatro? Mannò. Impossibile.
           «Va bene, io porto questi nella sezione bambini. Intanto potete tirare fuori gli altri scatoloni e metterli sulla porta?» E senza neanche aspettare una risposta, Deaton entrò e li lasciandoli.
           «Per un secondo» iniziò Stiles, prendendo un'altra scatola, «ho pensato facessi lo scaricatore di professione» ma non ricevette risposta dall'altro, che cercava di impilare due scatole una sopra l'altra. «Quindi tua sorella viene a scuola qui? Come si chiama?»
          Derek lo guardò, e improvvisamente gli sembrava interessato. Ma forse era solo una sua impressione. «Cora» rispose. «Conosci?»
         «Si chiama Cora Conosci o era una domanda? Scusa, non sono proprio abituato ancora a te che mi parli»
Derek si roteò gli occhi al cielo, rassegnato, e continuò il lavoro che gli era stato assegnato, in silenzio. Ma Stiles in silenzio non è che ci sapesse molto stare... Però fece uno sforzo per non risultare proprio così antipatico. Derek era un bel tipo: quando si erano visti la prima volta al teatro portava una maglietta a maniche corte verde scura, con dei jeans stretti neri, molto elegante alla fine. Ora indossava una giacca di pelle che nascondeva un po' le braccia, che Stiles aveva notato essere abbastanza grosse. Buon per lui, pensò. Magari lavora in palestra. Ma si decise a non chiedeglielo; lo avrebbe scoperto poi, no? Gli sarebbe piaciuto beccarlo in giro più spesso, ma in realtà prima del teatro non lo aveva mai visto in città.
          «Sai che ti dico?» gli disse, consapevole che non gliene fregasse più di tanto. «Scriverò un libro da grande. "L'arte del fake", di Stiles Stilinski» Stiles - visto come aveva reagito l'ultimo persona alla quale lo aveva detto (cioè: con il silenzio assoluto) - non si aspettava nessuna reazione. Ma Derek fottuto Hale, invece, si girò di scatto per guardarlo. E all'improvviso, cazzo, Stiles pensò davvero di averlo colpito. «Suona bene, vero?» lo incitò. 
Ma Derek Hale lo guardò, posò l'ultima scatola sullo scalino della libreria, e con la più totale non chalance se ne andò, dopo un «Saluta Deaton da parte mia»
Stiles è stato lasciato molte volte senza parole, al contrario della leggenda metropolitana che lo vede come protagonista: è un ragazzo che si sconvolge per poco, okay? Ma mai così. Mai era stato così sconvolto da una reazione di un altro essere umano. Sì, ok, il lavoro era finito, tutte le scatole erano state messe fuori dal furgone. Ma perché andarsene così? Insomma... Stiles stava parlando! Un po' di decenza. Stiles continuò a guardare Derek, che arrivato in una pulitissima e lucida Camaro nera, con abbordo la ragazza che Scott aveva presentato al gruppo l'altro giorno, già con la cintura allacciata ed il telefono in mano. Ha un paio di cose da assimilare: tipo, per esempio, il fatto che gli Hale dovevano essere dei cazzo di milionari per avere una macchina del genere così tenuta, o per esempio di come quindi ha conosciuto sua sorella e avrebbe potuto dirglielo. Ma in mente aveva ancora il volto di Derek che si girava, lo guardava con una espressione indecifrabile e semplicemente se ne andava.
          «Avete finito? Grazie mille» Deaton era ritornato ora, inconsapevole di quello che era appena successo. «Ora li dovrò sistemare in ordine alfabetico, chiamerò Danny per una mano»
          Stiles non stava ascltando nemmeno una parola, con lo sguardo fisso sul punto in cui era parcheggiata la Camaro che se n'era andata con a bordo i due fratelli. «Vado allora» disse, frastornato. «Ci vediamo lunedì per il primo giorno di lavoro»



            «Stiles?» Qualche ora dopo, erano di seduti sul letto sfatto; Stiles non aveva pensato a Sourwolf per tutto il giorno neanche una volta (...okay, forse una. Ma solo una!) e Scott, invece di studiare, maneggiava il computer dell'altro in cerca di una qualche risposta alla domanda 5. Quando Scott lo chiamò, il ragazzo in questione fece uno strano verso - simile ad un grugnito - per fargli capire d’aver sentito, concentrato sulla pagina di wikipedia sulle viscere delle lucertole. Perché rispodere come una persona normale era davvero molto faticoso. «Ti piacciono i ragazzi?»
Quello che si creò nello stomaco di Stiles, in quel momento, fu qualcosa di nuovo: un miscuglio di senso di colpa, ansia, paura e perché no, anche un po’ di vergogna. Si girò a guardarlo: Scott era sul suo letto a pancia in su, mentre teneva scomodamente il libro di biologia con una mano, sfidando la forza di gravità.
Stiles sbatté gli occhi. «Cosa?»
«C'è scritto qui»
Stiles non riuscì nemmeno a muovere la testa per vedere cosa Scott stesse guardando sullo schermo del computer. «Ti sembra strano?»
            «E’ solo che non me lo hai mai detto.»
            Stiles alzò le spalle. «No, ma dico… Non lo avevi capito?»
            «Non proprio» Si tirò su con i gomiti, lasciando cadere a fianco a sé il libro di biologia, un po’ confuso. «Forse un po’.» si corresse.
Stiles sorrise leggermente e tornò a guardare il libro.
    «Non ci pensare neanche!» gridò Scott, mettendosi a gambe incrociate sul letto, come un bambino. «Ora ne parliamo»
    «Che vuoi sapere?»
    «Non saprei» rispose Scott, mordendosi il labbro. «Ti piace qualcuno in particolare?» 
    «Dude, che conversazione imbarazzante» disse, coprendosi la faccia con le mani. «No, nessuno» 
    «Me lo dirai quando succederà?»
    «Ovviamente, Scott. A chi altro lo direi?»  
 

***

 
Scott e Isaac si erano ritrovati nell'aula del teatro da soli, mentre Peter e gli altri erano nella soffitta della scuola a cercare dei costumi o accessori che potessero migliorare i loro vestiti. Allison e Erica se ne erano andate insieme verso un'alra uscita che portava al corridoio centrale; Isaac le aveva viste mentre si separavano dagli altri. Erica era appena tornata, e era visibilmente cambiata: molto più tranquilla, ma allo stesso tempo evitava un po' lo sguardo di tutti. Non aveva detto nulla a Scott sull'averle viste - non sapeva ancora bene come fossero rimasti i due dopo la rottura - e per qualche motivo si sentiva come se gli stesse nascondendo qualcosa. Così buttò lì la conversazione.
«Dove credi siano andate Erica e Allison?» Poco sgamabile.
Scott sembrò cadere dalle nuvole, come Isaac aveva intuito. «In che senso?» 
«Non lo so, si sono staccate dal gruppo, pensavo -» Non fece in tempo a finire la frase che Scott scattò in piedi. 
«Scusami, è che cerco di parlarle in privato da un sacco ma non riesco mai» Scott lo guardò. «Torno subito, okay?» 
L'altro annuì, leggermente deluso. In realtà gli piaceva un sacco stare con Scott e parlargli, anche di qualsiasi cosa: la scuola, la famiglia, come stava, cosa mangiava oggi per cena. Era sempre un piacere una conversazione con lui e si sentì un po' come se avesse buttato via una occasione. Però, in un certo senso, non poteva certo biasimarlo; quindi lo guarda finché non sparisce dietro la porta da dove erano passate le due ragazze.


***


            «I baci non sono mai troppi con te»
Ed Allison era sicura che quello fosse il titolo di un libro ma non le importava più di tanto, perché Erica la stava baciando di nuovo. Ed era una di quelle cose che, Allison ne era sicura, non si sarebbe scordata facilmente: era paragonabile ad uno dei quei baci da film che Allison odiava così tanto, pieno di cliché e sdolcinatezza.
Erica non riusciva a respirare, e si sentì come quando da piccolina era andata troppo a largo e un'onda l'aveva sommersa: fu la prima delle tante volte in cui credette di morire. Avere sei anni e il ricordo della morte addosso. Ma Allison era una di quelle cose per cui Erica avrebbe sopportato molto di più; una di quelle persone per cui avrebbe compromesso qualsiasi cosa, compreso il respiro. Si accorse che l’amava lì, in un aula della scuola, mentre ripensava a quando stava per morire a sei anni. 
Poi la ragazza sotto di lei la allontanò. E credette di morire per davvero questa volta.
    «Erica...» il suo nome sussurrato da delle labbra aperte e sconvolte, con il tono di una persona che sta per piangere. Allison stava per piangere, perché si sentiva in colpa e non sapeva come rimediare. Perché, semplicemente, non può: non c'è rimedio per il rifiuto. Si lascia passare il tempo, si cambia, ma niente di tutto questo avrebbe reso le cose più facili. Era tutto una merda.
La bionda continua a tenere lo sguardo fisso sull'incavo delle clavicole che la maglietta di Allison lascia scoperte, bianche e delicate. Non vuole guardare altro. Vuole solamente andarsene di lì e non tornare mai più: magari andarsene in Italia, cambiare nome e vivere un'altra vita. La passione l'aveva acciecata, l'aveva fatta sperare. Era ora di tornare in sè e continuare ad essere la bambina quasi morta in acqua a sei anni. 
Si scosta da lei, lasciandole libero il passaggio. Se vuoi scappare, scappa, pensa. Poi invece non le dà il tempo, e inizia a correre lei verso l'uscita.


***


Scott adorava correre. Era un tipo sportivo, lo era stato fin da bambino: lacrosse, calcio, altetica, li aveva provati tutti. Ma non si ricordava di aver mai corso così veloce in vita sua. Sentiva il respiro pesante e l’aria come se fosse intossicata. Le aveva viste baciarsi. Aveva visto la sua ex ragazza baciare un'altra persona - tra l'altro un'amica di entrambi. Non sapeva chi era ad avere iniziato il bacio, o il motivo dietro ad esso: aveva solamente seguito Allison fuori dalla sala prove, mosso dalla curiosità, e le aveva viste baciarsi. Poi era iniziata la corsa verso il niente. 
Ed in quel momento avrebbe voluto non averla mai seguita e, ma solo per un attimo, mai conosciuta.
 

***


Da quando Scott se n'era andato, in camera di Stiles Stilinski era sceso il degrado: il ragazzo aveva sparato la playlist "canzoni tristi" più trash e ridicola che avesse trovato su youtube, si era steso sul letto e caricava in continuazione la pgina Facebook in attesa di una risposta. Sourwolf non aveva ancora neanche visulizzato il messaggio e ok, Stiles capisce che non tutti sono dei fissati dei social network come lo è lui, ma on controllare Facebook per un giorno intero! Insomma dove siamo, nel 2007? 
Quando decide di andarsi a fare un panino giù in cucina, e finalmente spenge quelle melodie odiose che riempiono la stanza, il telefono suona. E Stiles vorrebbe ammettere che no, non ha appena fatto uno scatto da record per vedere chi fosse - ma la realtà è una sola. Per di più, facendolo per niente visto che era semplicemente una chiamata di Danny.
«Pronto?»
«'Sera» La voce di Danny era accompagnata da un rumorio di sottofondo abbastanza fastidioso, di spostamenti vari. 
«Qual buon vento...?»
«Mi servirebbe un favore - Oh scusa... Aspetta» Stiles poteva sentire che Danny si era spostato fuori lontano dal rumore. Per qualche motivo lo sentiva un po' nervoso. 
«Dimmi pure»
«So che ti avevo hanno detto che avresti iniziato settimana prossima, ma ce la faresti a fare un salto domani? Perché ci sono stati un paio di imprevisti»
«Nessuno problema!» La giornata di Stiles si era appena capovolta in meglio e non vedeva l'ora di iniziare. «State ancora sistemando?»
«Siamo arrivati all "V", ormai è finita»
Stiles si morse il labbro prima di fare la domanda, forse anche un po' più forte del previsto. «Derek è tornato in libreria per caso?»
«Il nipote di Hale?» La voce confusa di Danny mutò velocemente e Stles capì che stava sorridendo, trattenendosi dal ridere. «Perché lo vuoi sapere?»
Stiles si sentì come se lo avessero colto ad aprire i regali di Natale prima del dovuto. «Era solo una domanda», borbottò. 
«E' amico di Deaton non ricordo da quanto. Ogni tanto viene a dare una mano, ma no. Oggi non è venuto»



Stiles aveva ricevuto così tante visite a sorpresa da parte di Scott da averne perso il conto, soprattutto da quando aveva preso il vizio di scavalzare la finestra ed entrare senza permesso: erano capitati svariati momenti imbarazzanti che Stiles avrebbe voluto dimenticare. Oggi, grazie tante, non era stato uno di questi.
Stiles se ne stava a modificare una foto di Iron Man da aggiungere sul fake, dopo aver attaccato la telefonata imbarazzante con Danny, in tutta tranquillità, quando era piombato in camera, con due occhi enormi e la fronte sudata. Mancavano venti minuti alle sei, quindi alla fine delle prove, il che gli fece subito capire che era successo qualcosa: ma non fece in tempo a dire nulla che Scott crollò sul tappeto in ginocchio ed iniziò a raccontare tutto a tempo record - poco meno di mezzo minuto di discorso. 
Stiles prese il telefono in tutta fretta, senza fare troppe domande, e chiamò Isaac.
    «Isaac! Casa mia, ora.»
    «Che è successo?»
    «Scott non sa se venire o se svenire.» Stiles rise per la propria battuta. « …No, davvero, vieni. E’ urgente: pigiama party da me.»

 
 

            «Molte ragazze si baciano sulla bocca»
Il pomeriggio, dopo il teatro, Stiles aveva chiamato Isaac e gli aveva ordinato di venire da lui. Avevano mangiato una pizza in silenzio insieme a Scott, che sembrava completamente assente ed Isaac si chiedeva che cazzo fosse successo. E Stiles glielo aveva detto, in modo molto eloquente nell’orecchio (“Allison si fa Erica –oppure il contrario?- Scott è distrutto. Grazie per essere venuto. Ma non in quel senso.”) e Isaac sentì i pochi pezzi andare al proprio posto. Ma nessuno sembrava intenzionato a parlarne ad alta voce fino a che, dopo aver parlato del tempo, Isaac esplose, mettendo in evidenza un fatto ormai noto a tutti.
            «Esatto!» confermò Stiles. «Lydia è piena di foto su Facebook dove sbaciucchia le sue amiche. Non che io le guardi» si affrettò ad aggiungere.
            «No» disse Scott, scuotendo la testa, guardando un qualcosa che loro non potevano vedere, come in trance. «Era un bacio così intimo… Ve lo giuro, mi sono sentito piccolissimo in confronto  loro. E’ stato assurdo, io…»
Stiles poté sentire la voce di Scott inclinarsi e il suo cuore si riempì di preoccupazione.
            «E’ stato come se l’intera classe si fosse riempita della loro felicità ed io fossi stato felice per lei, ma non con lei» Scott parlava a mala pena. «Io… Non so cosa farò ora»
            «Scott, ci sono centinaia di ragazze in questa città» fu Isaac a parlare «Abbiamo 17 anni e tantissime cose da fare ancora. Davvero, la supererai.»
Scott lo guardò e per un attimo parve abbracciarlo, poi ci ripensò e si sdraiò. Dopo neanche cinque minuti dormiva profondamente.
Stiles fece cenno ad Isaac di seguirlo e si alzò, sparendo di sotto. Quello guardò Scott: sembrava distrutto. Si alzò lentamente e seguì Stiles.


            «Non voglio fare il ganzo» borbottò Stiles, appena arrivato nell’altra stanza. L’unica cosa che voleva fare era svegliare per caso Scott. «Ma non piacevo io ad Erica? Che le è preso?»
            Isaac si sedette su una sedia della cucina. «Non lo so. Abbiamo parlato a lungo una volta. Mi disse che le piaceva qualcuno che non eri te ma…» deglutì «Non pensavo intendesse lei»
            «Tutto torna, praticamente» sussurrò Stiles tristemente «Mancava la lesbica confusa per essere un Glee Club degno di quel nome»


Tornati di là, si sdraiarono ai loro posti (Stiles aveva lasciato il letto ad Isaac e si era preso un sacco a pelo vicino a Scott)e si addormentarono. Ci fu un punto, durante la notte, dove Isaac sentì Scott muoversi nel suo sacco insonne. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma non trovava niente da dire. Poco dopo, il rumore inconfondibile di uno Stiles che è stato appena svegliato, con Scott che gli sussurra di fare piano. Si mettono a parlare di chissà cosa, e Isaac decide di non unirsi a loro. Per un attimo Isaac pensò di sapere esattamente la sensazione di piccolezza vissuta da Scott quel pomeriggio, poi si sentì un po’ stupido a pensare una cosa del genere. Quindi mentre Scott continuava a sussurrare a Stiles, Isaac fece educatamente finta di dormire, chiedendosi se mai avrebbe potuto avere una amicizia come quella.



   
 
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