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Autore: Elizabeth_2206    27/11/2016    3 recensioni
"Hallelujah ci porta attraverso un immenso spettro di luoghi emozionali, spiegando quanti tipi di alleluia esistono, e che tutte le alleluia perfette e infrante hanno lo stesso valore. E' un desiderio di affermazione della vita con entusiasmo, con emozione. Chiunque la ascolti chiaramente scoprirà che è una canzone che parla di sesso, di amore, della vita sulla terra. L'alleluia non è un omaggio ad una persona adorata, a un idolo o un Dio. E' un'ode alla vita e all'amore."
1900, Casa Hawkeye. L'arrivo di una persona cambia per sempre il futuro dei suoi abitanti. E' l'analisi dell'adolescenza di Riza e di come si trova ad interagire con tutti i tipi di amore che esistono. Il racconto di come le vite di quella ragazzina e di Roy Mustang si sono intrecciate per sempre.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Berthold Hawkeye, Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Hallelujah'
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Hallelujah
#2 – Homework
You say I took the name in vain
I don’t even know the name
But if I did, well really, what’s it to you?

Era passato un mese dall’arrivo di Roy, e Riza piano piano si stava abituando alla sua presenza. Ormai non faceva più caso alla spropositata quantità di panni da lavare – ma quel ragazzo quanto si cambiava? – e al caos che regnava continuamente nella stanza del giovane, che sembrava incapace di gestire quei tre metri quadri in cui dormiva.
Si era rassegnata anche al fatto che il ragazzo non riuscisse proprio a mangiare i pomodori: questa la trovava una cosa vagamente infantile, ma non aveva protestato quando Roy le aveva chiesto di non cucinarli.
Infondo, non è che piacessero granché nemmeno a lei.

Quel giorno era rientrata in casa verso mezzogiorno, dopo aver passato la mattinata alla scuola del paese. Sapendo che né Roy né Berthold erano soliti mangiare presto, e che probabilmente si trovavano entrambi nello studio del Maestro, decise di non disturbarli e riassettare la cucina, mentre rifletteva su cosa preparare.
Ad un certo punto un brivido le corse lungo la schiena, ed ebbe la netta sensazione che qualcuno fosse in piedi, dietro di lei.
Si avvicinò al piano cucina con passi lenti e misurati, trattenendo il respiro. Con una mano aprì il cassetto delle posate, ed estrasse un coltello da cucina. Contò fino a tre, e poi si voltò.
Rizaaa, dimmi che stai cucinando…”

Davanti a lei, Roy la stava fissando con una faccia estremamente annoiata. Il tono di voce era cantilenante e vagamente canzonatorio, e lei alzò gli occhi al cielo.
“Signore, non dovrebbe essere con mio padre, a studiare?”

Roy fece un sorrisetto, poi si voltò di lato, fissando fuori dalla finestra.
“Il tu, Riza. Quante volte devo ripetertelo ancora?”

La ragazzina alzò le spalle, notando ancora una volta che quell’espressione divertita non lasciava il viso di Roy. Quando il ragazzo era di quell’umore, farlo lavorare era una cosa impossibile. Sarebbe stata una lunga giornata.
“Non hai risposto alla mia domanda, comunque.”

Il ragazzo si voltò soddisfatto e, con un gesto elegante, spostò la sedia del tavolo e si sedette a guardarla.
“Il Maestro mi ha letteralmente sbattuto fuori dall’aula insieme ad un libro. Ha detto che doveva lavorare a qualcosa per cui non ero ancora pronto e che, se mai avessi voluto esserlo, avrei dovuto studiare quel libro da cima a fondo, prima. Dannato alchimista.”

Una smorfia gli comparve sul viso, e Riza quasi rise per l’espressione che aveva fatto. Poi però rifletté meglio sulle sue parole, e giunse alla conclusione che fosse meglio avvertirlo del probabile cambio di umore di Berthold che li attendeva nei giorni successivi.
“Quando mio padre lavora su questo genere di cose, è il caso che non venga disturbato. Ha un carattere molto volubile, soprattutto se si tratta di alchimia e soprattutto se si tratta della sua ricerca.”

Roy annuì; infondo anche lui, in quel mese, aveva avuto modo di incontrare quella parte del Maestro, ma si era solo limitato a sgridarlo per essere troppo lavativo o troppo entusiasta durante le sue lezioni.
“Ad ogni modo, non mi sembra che tu stia studiando il suddetto libro. Vai a prenderlo e siediti qui: ci vorrà ancora un’oretta prima che il pranzo sia pronto, e ti lascerò studiare con tutta calma.”

Roy provò a protestare, ma Riza gli lanciò uno sguardo infuocato, così si alzò per recuperare il libro.




Il pranzo ormai era quasi pronto, e Riza era molto soddisfatta del suo lavoro. Visto che l’inverno si stava avvicinando, aveva optato per un passato di verdure – rigorosamente senza pomodori – che aveva un profumo davvero invitante.
“Quindi, l’idrogeno ha tre isop.. isot… Oh insomma! Cos’è che erano? Ah, isotopi.”

Riza alzò gli occhi al cielo; era la stessa scena che si era ripetuta per quasi tutto il tempo. Sembrava che Roy non riuscisse proprio a memorizzare quelle poche righe che parlavano dell’idrogeno.
“Okay, va bene, sono isotopi. Adesso come si chiamano. Puoi farcela, Roy.”

La ragazzina corrugò la fronte. Quella era un’altra cosa della quale in quel mese si era resa conto: Roy pensava sempre a voce alta.
“Dunque, sono prozio, deur… deut… deutronio e trizio!”
“Deuterio.”

Riza si accorse solo dopo di aver parlato, e si portò le mani alla bocca con imbarazzo. Roy, perso tutto l’entusiasmo la fissava con la bocca aperta. Guardò il libro, poi di nuovo lei, e socchiuse gli occhi.
“Come fai a saperlo?”

Riza, facendogli cenno di togliere il libro dal tavolo, stese la tovaglia e cominciò ad apparecchiare.
“Sei rimasto fermo su quella pagina per quaranta minuti. Camminando per la cucina, l’ho riletta otto volte.”
“E l’hai capita?”
“In parte. Ma non ci vuole molto ad imparare tre nomi.”

Roy si zittì, subendo la frecciatina. Poi, con voce prima petulante, in seguito aggressiva, cominciò a lamentarsi.
“Ma io non capisco perché dovrei studiare queste cose! Ho imparato a fare le trasmutazioni più semplici in pochissimo tempo e sono quasi perfetto in quelle più difficili, ma il Maestro si ostina a non volermi dire nulla sulla sua ricerca e su quale sia la sua alchimia!”

Sbatté il libro sul tavolo, nell’impeto della foga, e respirò affannosamente.
Riza lo fissava con gli occhi spenti, i piatti da mettere in tavola ancora in mano.
“Ha ragione mio padre a dire che lei non è pronto."

Il ragazzò si voltò verso di lei, incredulo.
"Provi ad usare la mente brillante che sono sicura possieda, e trovi da solo la risposta alla sua domanda. Gli alchimisti infondo si occupano della scomposizione degli elementi, no? Allora provi ad elaborare lei una teoria, per cui lo studio egli isotopi di idrogeno siano utili. E’ questo che mio padre vuole da lei. Ma, se gli dimostrerà che non è in grado, ci metterà ben poco a sbatterla fuori da questa casa. La normale alchimia è per tutti, gli studi di mio padre…decisamente no.”

La voce atona della ragazzina sorprese Roy, ma ancora di più il fatto che fosse tornata improvvisamente al lei; non l’aveva mai vista così coinvolta per qualcosa.
Un dubbio gli sorse spontaneo, e quasi non si accorse di aver parlato.
“Ma a te cosa importa? Se anche sbagliassi nome, non capissi, o mi dimostrassi troppo ottuso per la sua alchimia, perché la cosa dovrebbe interessarti?”

Riza arrossì un poco, e chinò il volto, stringendo ancora i piatti al petto.
“In questa casa si sta bene, ora. Non mi dispiace che lei sia qui. E preferirei che non se ne andasse.”

Roy la fissò confuso, mentre finalmente lei posava i piatti e andava a prendere posate e bicchieri.
Attese per un po’ che aggiungesse qualcosa, ma quando capì che, per quel pranzo, non avrebbe ottenuto nient’altro, si sedette ed aspettò che la ragazzina lo raggiungesse per mangiare.










Note dell'autrice
Siamo arrivati al secondo capitolo. Evviva!
Tralasciando la santa pazienza che ho dovuto metterci per scriverlo (c'è stata una catena di inconvenienti che chiaramente volevano impedirmi di riuscirci, non c'è altra spiegazione) vorrei parlare di alcune cose.
La scena riguarda una 'qualsiasi' giornata, dopo un mese dall'arrivo di Roy. I due si stanno ovviamente conoscendo, ma la cosa su cui c'è da focalizzarsi è la reazione di Riza al nuovo stile di vita: ora  in casa ha una persona che le rivolge parola, le fa richieste e dimostra di essere viva. Lei trova questo cambiamento stimolante: le pulizie in casa in funzione del caos che Roy genera, l'attenzione nella cucina sulle cose che al ragazzo non piacciono, e così via.
(Aggiungo brevemente che mi sembrava carino il fatto che Roy, da ragazzino di città, non sopportasse i pomodori. E' un aspetto che verrà recuperato prossimamente.)
Ad ogni modo Riza si trova ad apprezzare il contatto umano all'interno della sua casa, per cui all'ipotesi che Roy se ne vada, reagisce ammettendo questo bisogno di una presenza.
Per quel che riguarda la citazione, è un riferimento all'ultima parte del capitolo, ovvero il discorso di Roy.
Un'ultima cosa: io credo che Riza sapesse, almeno in parte, di cosa trattasse l'alchimia di suo padre. Il fatto che la odiasse non vuol dire che non sia mai venuta a conoscenza di cosa lui stesse studiando. Inoltre credo che Berthold non abbia spiattellato in faccia a Roy l'Alchimia di Fuoco immediatamente: come lo stesso Roy dice nel manga, Berthold gli ha "insegnato solo le basi", ma gli avrà parlato anche dei suoi studi, in seguito, senza però rivelargli la formula.
Ho inserito anche una scena in cui Riza obbliga Roy a studiare: credo che questo, infondo, sia una cosa che nella loro vita è sempre stata così.
Avverto che il prossimo capitolò sarà legato strettamente al corrente.
Lasciate commenti, e fatemi sapere che cosa ne pensate!
A presto.
-Elizabeth
   
 
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