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Autore: Relou    27/11/2016    0 recensioni
-Non trovo nessun motivo per rimanerne così stupiti. Molly ha frequentato diversi uomini ma nessuno si è rivelato all'altezza ed erano tutti sbagliati perché, inevitabilmente, eravamo destinati a stare insieme. -
- Sherlock che parla di destino?! Questa è bella.. -
- Non che io ci creda, John, non essere ridicolo. Era per usare termini.. romantici. Insomma, quello è il tuo campo, io preferisco tenermene alla larga. – e così dicendo si lasciò cadere sulla sua poltrona accavallando le gambe in segno di chiusura dell’argomento.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mancavano tre settimane al matrimonio e Molly non aveva ancora trovato l’abito giusto. Si era impegnata. Aveva girato tutti i negozi migliori, o almeno così credeva, ma nulla sembrava andar bene. I tentavi di Mary di consolarla ormai sembravano poco convincenti e sinceri. Tre settimana e gli sposi non sapevano ancora cosa indossare. 
 
 
Sherlock faticava a mantenere la calma ma era necessario che lo facesse. La conversazione avuta con Mary non smetteva mai di ronzargli in testa. In qualche modo avrebbe dovuto affrontare quell’argomento con Molly  ma il come rimaneva ancora un mistero. Sherlock, immerso nei suoi pensieri, percepì improvvisamente un tonfo provenire dalla sua camera da letto. Senza perder tempo ci si precipitò, pronto ad affrontare chiunque stesse cercando di intrufolarsi in casa sua. Era solo in casa, non c’era neanche la Signora Hudson al piano di sotto. Sherlock aprì la porta con decisione e una folata di vento, arricchita da un profumo dolce e femminile, lo investì inaspettatamente. Cauto, come se si aspettasse un attacco nella stanza buia, si fece strada, con le orecchie ben tese. Sembrava non esserci più nessuno. Chiunque si fosse introdotto era già uscito da dove era entrato: dalla finestra. Accese la luce e un nuovo particolare attirò il suo sguardo. Sul suo letto c’era una busta. Lentamente avanzò per prenderla. Non fu sorpreso quando ebbe la conferma di chi fosse il mittente. 
 
 
La camera da letto era gelata . Sherlock aveva lasciato la finestra aperta per chissà quanto tempo. Molly stava mettendo in ordine la stanza quando un biglietto attirò la sua attenzione. Solitamente non si azzardava a ficcanasare a quel modo ma in quel periodo era così tormentata da dubbi e insicurezze che la parte più infantile prese il sopravvento. Il biglietto era stato accartocciato come qualcosa che si vorrebbe buttare ma era lì , in quel cassetto, sepolto da aggeggi ed esperimenti scientifici momentaneamente abbandonati. La carta sembrava costosa, era ruvida e un po’ pesante. Lentamente aprì il biglietto e una fitta le colpì il cuore come una pugnalata. Si sentii impallidire e una voce crudele nella sua testa non la smetteva di dirle quanto fosse stupida e che aveva avuto ragione dal primo momento. “Pensavo fosse un errore umano, l’amore, signor Holmes. “ era firmato con le iniziali LD ma Molly non era neanche arrivata a leggerle quelle due lettere che già la sua mente, d’accordo con il cuore, aveva svelato il mistero. La Donna aveva contattato Sherlock e chissà se l’aveva consegnato di persona quel biglietto, chissà se era un modo per dire che era tornata e poi , perché Sherlock non le aveva detto nulla. Si lasciò cadere ai piedi del letto ancora disfatto e senza che una lacrima le sfuggisse, ad occhi spalancati iniziò ad immaginare scenari di lei abbandonata all’altare, ad aspettare quell’uomo che non sarebbe mai arrivato. Una rabbia, rivolta più a se stessa, cominciò a travolgerla.






Sherlock aveva trascorso il resto del pomeriggio e poi della serata in giro con John, alle prese con un caso. Si era fatta quasi mezza notte quando tornò a Baker Street, perciò non era certo che vi avrebbe trovato Molly. Varcò la soglia di casa rumorosamente, quando si accorse di una luce soffusa data da una lampada accesa. Fu allora che si accorse del piccolo corpicino di Molly raggomitolato sulla sua poltrona. Le si avvicinò e tese una mano per accarezzarle la guancia. Le scostò poco i capelli e si accorse degli occhi rossi e gonfi, come se avesse pianto fino a poco fa. Una fitta gli attraversò il petto e allontanò la mano. Dovevano necessariamente parlare e senza giri di parole. Tese di nuovo la mano e la poggiò piano sulla spalla di Molly, voleva svegliarla ma senza spaventarla. Molly mugugnò qualcosa ma i suoi occhi rimasero chiusi. Per un attimo si chiese se non fosse meglio lasciarla riposare e parlarne appena fatto giorno ma una fessura formatasi dalla palpebra di Molly gli fece capire che non era più il caso di rimandare. 




 
- Ho trovato questa oggi, nella tua camera da letto. – Molly non aveva perso tempo, appena riaperti gli occhi non pensò nemmeno di salutarlo. Si era stiracchiata appena, per sgranchirsi dalla pessima posizione che aveva assunto sulla poltrona. Gli mostrò subito la lettera che aveva lasciato Irene Adler. 
- Perché non mi hai detto niente? – i suoi occhi erano ancora arrossati dalle lacrime incessanti che l’avevano certamente travolta prima che lui tornasse. In quel momento però non piangeva. C’era dell’incomprensibile imbarazzo nei suoi modi e nella sua voce ma anche qualcosa di simile alla rabbia. Tutto ciò però non sembrava indirizzato totalmente a Sherlock. Molly si sentiva in imbarazzo perché si era permessa di credere a tutto quello avevano vissuto negli ultimi mesi. 
- Te l’avrei detto. – Sherlock manteneva la distanza di sicurezza che lei stessa aveva imposto. La guardava negli occhi come se fosse deluso oltre che dispiaciuto. 
- Quando? – chiese Molly abbassando lo sguardo. 
- Stasera stesso o al massimo domani mattina. – 
 Molly fece un lungo sospiro e tornò a guardarlo. - No, quando l’hai incontrata? –
- Non l’ho vista, ho solo trovato la busta sul letto. – 
Le dita di Molly torturavano l’anello di fidanzamento. Sherlock temeva che quella volta non lo stesse facendo solo in cerca di conforto ma anche perché una piccola parte di lei, che probabilmente cominciava a crescere, pensava che sarebbe stato meglio toglierlo. 

- Non ti concedo di dubitare di me. – Sherlock cominciò a prendere posizione, deciso che avrebbe parlato a chiare lettere . -Come potrei concedere quel sentimento che chiamiamo amore ad una donna di cui non posso fidarmi? Per lei provavo attrazione, si, lo ammetto, era attrazione e rispetto. Provavo rispetto per le sue capacità, verso la sua intelligenza. Ma non era amore. C’è stato qualcosa tra di noi in passato ma nulla che possa oscurare ciò che abbiamo noi due, neanche se lei tornasse in questo momento. – i suoi occhi non volevano abbandonare quelli di lei che sembravano lottare contro un’altra ondata di lacrime. Molly non rispose. Il suo sguardo viaggiava dagli occhi di Sherlock all’anello sempre più giù sul profilo del dito. 
-Dì qualcosa Molly.. – Sherlock la stava sinceramente supplicando. Non avrebbe mai immaginato che potesse esserci tutto questo dolore e tutti questi dubbi nella mente di Molly. 



- Molly Hooper, tu non mi vedi più- quelle parole furono come una pugnalata, no,no, peggio di una pugnalata. Il dolore fisico poco dopo tace ma quello, quel dolore continuava a farsi strada e minacciava di aumentare se non fosse riuscita a trovare una soluzione, la risposta giusta. Sherlock mantenne il suo sguardo e non voleva cedere, i suoi occhi si erano fatti spiritati. Stava soffrendo. Molly Hooper stava facendo soffrire Sherlock Holmes. Una persona dal cuore più nero, avrebbe trovato la cosa quasi divertente e appagante, i ruoli si erano invertiti. Adesso soffriva lui. Ma Molly, lei no, non avrebbe mai potuto pensare di far soffrire quell’uomo che era sempre stato oggetto di un’attenzione e un’ammirazione che non conosceva limiti, come le concessione che gli dava sul lavoro. Molly Hooper non avrebbe mai trovato piacere nel soffrire altrui, soprattutto se si trattava del suo Sherlock Holmes. Nonostante tutto, Molly sentiva di essere sempre appartenuta un po’ a quell’uomo e anche lei vantava, nella parte più nascosta di sé che un po’ di Sherlock le appartenesse. Ma non come un oggetto, era tutto un lavoro di squadra. Un aiutarsi a vicenda che li salvava di continuo. In Molly si fecero strada il turbamento per quelle parole che non si aspettava, il disgusto per se stessa per aver causato tale reazione, il rimorso e poi la vergogna per aver dato inizio a tutto ciò. A Molly avrebbe dovuto bastare che era di Sherlock che si parlava, un uomo che non concedeva a chiunque i suoi.. sentimenti. Irene Adler perse  importanza, le due parole non dette persero importanza.  Ma non era comunque giusto che tutto quel suo dolore, tenuto nascosto solo per affetto e uscito fuori perché ormai troppo grande e opprimente, venisse messo a tacere così, con il rischio che potesse sbucare fuori alla vista di un’altra lettere, alla vista di quella donna che ufficialmente era stata l’unica ad aver mai attirato l’attenzione di Sherlock. Di lei, non aveva dubitato mai nessuno. 
- Io non voglio credere di essere stata semplicemente una stupida.  Ho sofferto, anzi soffro perché ti amo con tutta me stessa. – Molly non abbassò lo sguardo. Erano in un momento cruciale, erano arrivati alla resa dei conti. Sherlock rimase in silenzio, finché il suo sguardo non cedette. 
Molly decise che era ora di abbandonare la stanza. Afferrò svelta la maniglia con l’intenzione di sbattersi la porta dietro ma Sherlock la fermò – Io ti amo Molly . Ti prego non abbandonarmi. –  



 
 
 
 
Molly rimaneva incantata ad ogni superficie riflettente. Era luminosa, il ritratto della felicità. Il lungo abito bianco la fasciava stretta sul corpetto arricchito da pizzo che avvolgeva anche le braccia, poi si apriva morbido in una non troppo ampia campana di raso. Non era stato semplice trovare l’abito perfetto ma finalmente eccolo lì, perfetto come tutto ciò che la circondava, perfetto come l’uomo che le stava accanto e che non la lasciava sola un attimo. Tanti visi sorridenti e occhi commossi non vedevano l’ora di potersi congratulare con gli sposi, Sherlock avrebbe piacevolmente evitato quella parte. 
Lestrade poggiò una mano sulla spalla di Sherlock – Adesso non ti rimane che la prima notte di nozze. Sai in cosa consiste, vero? – Sherlock, reggendo il gioco, restituì il colpo sulla spalla all’ispettore – Certo. Pensavo di proporle una partita all’allegro chirurgo. – Molly arrossì violentemente e abbassò lo sguardo sperando di non essere notata. 

 
Gli sposi aprirono finalmente le danze. Sherlock prese dolcemente la mano di Molly e l’accompagnò al centro della pista da ballo. Una dolce canzone si diffuse per la sala. Le braccia di Sherlock cinsero la vita di Molly che si guardò intorno con imbarazzo ma anche con orgoglio per l’uomo che poteva vantare di avere tra le braccia. Ripensò al matrimonio dei Watson e a quanto le cose fossero cambiate da quell’ultimo grande evento. Lei era insieme a Tom e Sherlock.. con Janine, le sfuggì una smorfia. Sherlock la strinse più forte e all’orecchio chiese – A cosa stai pensando? Fra le mie braccia non devi aver paura di cadere. – 
Molly arrossì ancora una volta, quel giorno sembrava impossibile mantenere un colorito normale. 
- Pensavo a Janine. – face una pausa – Al matrimonio di John e Mary era tutto diverso. – 
- Tu eri felicemente fidanzata con Tom . – Molly ebbe da ridire sul “felicemente” . – Entrambi, adesso, siamo nel posto giusto con le persone giuste. – riprese Sherlock. Molly poggiò il viso sul suo petto e fingendo che non ci fosse nessun altro oltre loro, chiuse gli occhi e si fece trasportare dal loro ondeggiare lento e sincronico. Sherlock portò le sue mani alle spalle di lei che sollevò lo sguardo, le prese delicatamente il mento. Le pupille di Molly divorarono l’iride dall’emozione. Sherlock la baciò con passione, stupendo tutti i presenti che si lasciarono andare in sospiri e poi in applausi, qualcuno tossicchiò. La signora Hudson, asciugandosi le lacrime con un fazzoletto commentò – È proprio vero che il matrimonio cambia le persone. – Mary l’abbracciò, anche lei commossa.  
La canzone finì e mentre un’altra stava cominciando, John si avvicinò agli sposi – Mi permetti un ballo con la sposa? – Sherlock si distanziò da Molly e lasciò che fosse John ad accompagnarla in questo ballo. 



 
 
- Ti sei sposato. – il tono di Mycroft manteneva sempre una punta di veleno e sfida. 
- Già, adesso toccherebbe a te. – 
- Non dire sciocchezze. – i due fratelli Holmes guardavano i festeggiamenti da un piccolo angolo buio della sala. – Solo tu puoi farti travolgere tanto dai sentimenti. – 
- Alla fine sei venuto. – proseguì Sherlock ignorando il commento e continuando a guardare dritto di fronte a sé. Molly stava ancora volteggiando con John. 
- Non volevo assolutamente perdermi questo spettacolo. Non credevo ci sareste arrivati. – Mycroft indicò con un gesto della mano ciò che li circondava. – Un vero matrimonio, una sposa dalla discutibile felicità che ti attende. Credo passerò molto presto a trovarvi nel vostro.. nido d’amore. Muoio dalla voglia di vederti versione “adorabile maritino.” -  
- Sarai il ben venuto. – Sherlock non perse il buon umore. I commenti del fratello non lo scalfirono neanche un po’. 
- Bene, allora, ti faccio le mie più sentite congratulazioni, fratellino. – Mycroft si voltò con l’intenzione di abbracciare il fratello ma Sherlock con una smorfia si scostò – Ma per favore. Attento a non addolcirti troppo.- fece per andarsene, poi si voltò. – Quel vino dolce ha troppi zuccheri per la tua dieta. – 
 
 
 
 
 
Sulle note di All I want, dei Kodaline, Sherlock si ricongiunse a Molly che non vedeva l’ora di tornare tra le sue braccia. Mentre tutti ballavano, ridevano e festeggiavano felici, Sherlock e Molly ondeggiavano abbracciati al centro della pista affollata, complici come sempre, capaci di capirsi con uno sguardo, senza bisogno di troppe parole. Per loro era sempre stato così, Sherlock le aveva chiesto di sposarla senza che i due avessero avuto anni di fidanzamento alle spalle perché loro non  avevano bisogno di altre prove o certezze. Era utile solo decidere che era giunto finalmente il momento di dimostrare che entrambi volevano la stessa cosa, che ne avevano bisogno. Non era più necessario attendere o  credere che sarebbe stato giusto vivere separati. Insieme erano più forti, perfettamente in grado di dare all’altro ciò di cui aveva bisogno. Molly non dubitava più, non temeva più che Irene Adler o chiunque altro, potesse essere in grado di introdursi tra loro due. I dubbi e la sofferenza che avevano oscurato gli ultimi preparativi per il matrimonio, non li toccavano più. Erano un capitolo chiuso, senza pericolo di ritorno, perché anche se La Donna fosse tornata in quel esatto momento Sherlock avrebbe avuto tra le braccia, ora e per sempre, L’Unica donna, l’unica che contava davvero. 
Sherlock poggiò una mano sulla guancia accaldata di Molly, la guardò con quei suoi occhi color del ghiaccio ma in quel momento capaci di esprimere solo calore e prima di poggiare le labbra sulle sue disse – Ti amo, signora Holmes. – Molly emozionata dalla solennità di quelle poche parole, faticava a trattenere le lacrime – Ti amo, Sherlock Holmes. – piccole e timide lacrime infine sfuggirono al suo controllo, Sherlock le asciugò con il pollice e finalmente le sue labbra toccarono quelle di sua moglie che gli si sciolse tra le braccia, completamente sua. 
   
 
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