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Autore: gattina04    28/11/2016    5 recensioni
Tanti personaggi nuovi, le cui storie non sono mai state raccontate, sono arrivati a Storybrooke. E se tra questi si celasse qualcuno legato al passato di Hook? Come potrebbe reagire se una persona che credeva ormai perduta per sempre si aggirasse tra le vie di Storybrooke? E oltre a tutto questo cosa faranno Hyde e la Regina Cattiva?
Storia ambientata tra la quinta e la sesta stagione, cercando di immaginare ciò che sarebbe potuto accadere all'inizio di questa nuova stagione di OUAT.
Dal testo: "Non sapevo più chi guardare, non ci stavo capendo più nulla. Avrei voluto rassicurare Killian ma non sapevo neanche da cosa fosse turbato. Chi diavolo era quella donna?"
"Non era il solito bacio; sapevamo entrambi che aveva un significato diverso. Era un gesto disperato di due amanti costretti a lasciarsi troppo presto, era una atto di due innamorati separati dal destino"
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Regina Mills, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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23. Addio Sylvia
 
Killian
«Io Killian, sono io». Quelle parole mi penetrarono come una lama; ogni singola sillaba affondò nella mia carne lasciando ferite invisibili.
Non mi ero aspettato nulla di diverso, l’avevo in qualche modo già capito; lo sguardo di Emma, il suo dire e non dire, l’espressioni sul volto di mia madre, erano stati tutti indizi di grande aiuto. Però affermarlo così apertamente, esprimere il concetto a parole, era una cosa del tutto diversa. Capivo ciò che quella affermazione comportava, ma allo stesso tempo non volevo che quell’idea si imprimesse nella mia mente.
Sentii le dita di Emma stringere di più le mie, mentre mi fissava con sguardo preoccupato. Anche mia madre continuava a guardarmi aspettando che io dicessi o facessi qualcosa, mentre gli altri erano tutti ammutoliti a quella notizia. Vidi Jekyll boccheggiare ed intuii che anche lui era all’oscuro del sacrificio di mia madre.
«Sylvia…», balbettò, «che cosa intendi dire?».
«Esattamente quello che ho detto». Spostò lo sguardo da me a lui, cercando in qualche modo di sembrare coraggiosa, almeno quanto il gesto che stava per compiere. «Mi dispiace tanto».
«Ma non è giusto, non c’è niente che possiamo fare?». Era stata Mary Margaret a parlare. Era una domanda lecita ma anche inutile; lo leggevo sia nello sguardo di Emma che in quello di mia madre.
«No», rispose il coccodrillo. «Non avevamo altra scelta, ho solo potuto concedere a Sylvia il tempo per dire addio alla sua famiglia».
Sentendo quelle parole non resistetti più: mi alzai di scatto e uscii di corsa da quella stanza, da quella casa. Sentii qualcuno chiamarmi, ma avevo assoluto bisogno di un po’ d’aria e di un po’ di solitudine.
Mi sedetti sui gradini davanti alla porta d’ingresso, appoggiando la fronte sulla mano. Dovevo riuscire a pensare e a fare chiarezza in quello che provavo. C’era troppa confusione, troppi sentimenti contrastanti, il mio cuore era un tumulto di emozioni.
Mia madre stava per morire: quello era un dato di fatto. Aveva sacrificato sé stessa per concedere ad Emma la possibilità di vivere. Stava per dare la vita per lei, nel gesto più altruistico che avesse mai compiuto in vita sua.
Avrei mentito se avessi detto che l’aveva fatto per Emma. Chi volevo prendere in giro? Lei l’aveva fatto per me. Aveva capito a chi potevo rinunciare e aveva agito di conseguenza. Non le era importato perdere la possibilità di una vita felice con Jekyll, non le era più importato niente di sé stessa. Se in passato aveva fatto una scelta egoistica, in quel momento e con quel gesto aveva cancellato ogni suo errore. Aveva scelto me e la mia felicità prima di tutto e ne ero consapevole.
Sarei stato un ipocrita se avessi affermato di non aver provato un certo sollievo. Era ovvio che mi dispiacesse, che la morte di mia madre mi facesse comunque male, ma non quanto quello che avevo provato fino a pochi minuti prima, fino a quando non avevo stretto di nuovo Emma tra le braccia. Sylvia non era più parte della mia famiglia da molto, forse troppo tempo, mentre Emma era diventata tutta la mia vita. Era naturale per me preferire l’una al posto dell’altra; evidentemente chiedere entrambe era troppo.
Odiavo essere il tipo d’uomo che si riduce a vivere solo per la sua amata, ma nonostante ciò lo ero. Emma era tutto per me, anche perché non mi era rimasto nessun altro. Per molto tempo mi ero considerato senza famiglia ed erano passati solo pochi giorni da quando mia madre era rientrata nella mia vita. Emma invece era diventata la mia costante, il mio punto di riferimento, la prima persona che avrei voluto vedere al mattino e l’ultima alla sera.
Provavo un’infinità di sentimenti contrastanti. Era ingiusto che mia madre fosse costretta a sacrificarsi per concedermi ciò che in passato non ero mai riuscito ad ottenere; tuttavia allo stesso tempo era, in un contorto e perverso modo, giusto: era la conclusione logica della sua storia, la fine che le avrebbe permesso di riparare a tutti i suoi errori.
Ero arrabbiato con lei perché in un certo senso mi lasciava di nuovo, proprio nel momento in cui avevo pensato di poter recuperare una parte della mia famiglia. Però le ero anche immensamente grato perché mi stava regalando la possibilità di avere un futuro con il mio Vero Amore, una vita con lei che altrimenti non avrei potuto avere. Ero felice per il mio futuro con Emma, per il fatto che non l’avrei più persa, per essere fisicamente collegato a lei; ed ero triste perché non avrei avuto un futuro con mia madre. Non avevo mai pensato di poterla includere nella mia vita, ma adesso che mi veniva strappata via sentivo la mancanza anche di cose che non avevo mai desiderato.
Sentii qualcuno sedersi accanto a me sui gradini e delle dita affusolate affondare nei miei capelli. Non avevo bisogno di alzare la testa per capire chi fosse; c’era solo una persona capace di corrermi dietro e capace di darmi un certo conforto in un momento come quello.
«Mi dispiace tanto Killian», disse sforzandosi di trovare le parole adatte.
«No», la fermai, «Emma non lo fare».
«Ma è la verità», protestò. La sua mano si fermò sulla mia testa, fermando le sue dolci carezze. «Quando l’ho saputo, quando Sylvia e Gold mi hanno detto la verità, non volevo che lo facesse. Lei l’aveva già fatto, ma io non avrei voluto che mi salvasse in quel modo, che sacrificasse la sua vita per me. Io sono la Salvatrice avrei dovuto salvare anche lei, invece è avvenuto il contrario, in un modo del tutto orribile».
«Beh Emma è proprio questo il punto». Alzai la testa dalla mano e fissai un punto indefinito davanti a me. «Io non vorrei che non lo avesse fatto, non potrei mai volere una cosa del genere».
«Ma è tua madre…».
«Ma tu non saresti qui adesso ed io questo non lo potrei sopportare». Mi girai verso di lei e la guardai negli occhi, mentre la consapevolezza di quell’affermazione faceva breccia nel suo cuore.
«Sapeva che lei non mi sarebbe bastata, che avere lei ma non avere te non sarebbe stato sufficiente. Sapeva che l’unica cosa che desideravo veramente era avere un futuro con te; per questo l’ha fatto».
«Ha scelto te, stavolta ha scelto davvero te».
Sospirai chiudendo gli occhi. «Sai non credevo che esistesse una persona che avrebbe scelto la mia felicità al posto della sua. Penso che sia dovuto al fatto di aver vissuto come un pirata senza famiglia per troppo tempo».
«Ne esistono due, se è per questo. Io farei qualsiasi cosa pur di vederti felice». Mi rivolse un dolce sorriso che mi fece sciogliere il cuore. Emma non era il tipo da confessioni romantiche, ma quando ci si cimentava era assolutamente perfetta.
«Ed io per te, lo sai vero?».
Annuì e intrecciò le sue mani alla mia. Rimase in silenzio, forse riflettendo su cosa aggiungere. Non che ci fosse molto altro da dire.
«Sai», mormorò dopo un po’, «sai cosa mi ha detto tua madre per convincermi ad accettare il suo nobile gesto?». Rimasi in silenzio in attesa che continuasse, studiandola attentamente. Emma stava guardando le nostre mani unite insieme; era concentrata sui miei anelli, come se avessero potuto infonderle il coraggio di parlare.
«Mi ha detto», continuò, «qualcosa che credo tu capirai bene. Mi ha confessato che sebbene si sacrificasse per te, questo gesto le serviva per perdonare sé stessa». Capivo ciò che significava: era la parte peggiore di tutte. Sebbene gli altri ti perdonassero, riuscire ad assolvere sé stessi non era la stessa cosa. Riuscire ad ammettere di aver sbagliato in passato e di aver causato tanto dolore mi aveva fatto sentire debole; aver commesso quegli errori era stato un segno di debolezza e non era facile passare sopra ad un fatto del genere. Potevo capire perfettamente come per mia madre fosse del tutto identico. Il rimorso per ciò che aveva fatto, per aver abbandonato i propri figli, doveva averla perseguitata per tutta la sua lunga vita.
«Perdonare sé stessi è la cosa più difficile», ammisi. «Io l’ho perdonata e forse salvando te lei ha potuto finalmente trovare la pace».
«Allora perché non vai dentro e glielo dici? Sono sicura che vorrebbe sapere cosa provi in questo momento».
«Non so bene cosa provo», mormorai.
«Beh lo sai invece, ti fa solo male ammetterlo; ma lei ti sta concedendo la possibilità di dirle addio, quella stessa possibilità che non hai avuto quando eri piccolo. Cosa aspetti ad andare da lei? Sylvia ha bisogno di te adesso».
Non sapevo perché indugiavo, ma sicuramente avevo delle serie difficoltà nell’affrontare la cosa. Non ero un codardo, ma in quel momento mi trovavo del tutto arreso. Capivo che mia madre non desiderava altro che poter parlare con me anche se si trattava di un’ultima volta, ma avevo già affrontato la sua morte ed andare da lei sarebbe stato come rivivere quell’esperienza orribile.
«Non so cosa dirle», confessai. «Non so cosa fare, non so cosa si aspetti da me in questo momento». Era una mezza verità, ma sapevo che Emma mi avrebbe letto come un libro aperto.
«Non sarà come allora Killian», disse. «Sei preparato adesso, lei ti sta dicendo addio e questa volta non ci saranno seconde possibilità, non ci sarà un’altra occasione. Lei aspetta solo te; non credi che voglia passare gli ultimi istanti della sua vita con il proprio figlio? Con colui per cui sta dando letteralmente la vita?». Certo era naturale. Però il mio cuore era stato un po’ troppo lacerato nelle ultime ore e stavo cercando un modo per riuscire ad affrontare anche quel momento. Era come se avessi avuto di nuovo quattro anni e fossi stato nuovamente seduto accanto al corpo inerme di mia madre.
«Ascolta», continuò Emma, tirando su la schiena. «Dammi la mano». La prese tenendola stretta tra le sue e se la posò sul petto. All’inizio non capii cosa intendesse fare, ma poi compresi che voleva che ascoltassi il battito del suo cuore. Mi concentrai chiudendo gli occhi per poter sentire sue le pulsazioni anche da sopra i vestiti; e poi improvvisamente lo sentii, percepii esattamente ciò che voleva io sentissi.
Il suo cuore aveva lo stesso ritmo del mio: era come se fossero coordinati e avessero deciso di battere all’unisono. Sembrava che il mio corpo ed il suo avessero deciso di essere legati ed uniti anche in quello. Ad ogni battito mi sentivo più intimamente legato a lei di prima; i nostri cuori esprimevano esattamente ciò che provavamo l’uno per l’altra.
«Credo che abbiano iniziato quando Gold ha collegato la mia vita alla tua». Era logico che fosse dovuto a quello, al fatto che adesso eravamo uniti per la vita; lei non poteva fisicamente vivere senza di me, e probabilmente anch’io senza di lei. Era una delle meravigliose conseguenze che la morte di mia madre avrebbe comportato; non ci sarebbero più stati addii tra me ed Emma a meno che non lo avessimo voluto noi stessi.
«Tua madre», continuò, «ci ha regalato questo, ci ha permesso di realizzare il nostro futuro e fortificato, per quanto fosse possibile, la nostra unione. Killian l’unica cosa che desideravo, e so che la desideravi anche tu, era non doverti più perdere. Grazie a tua madre adesso non devo più aver paura di questo: non ci perderemo mai ed è in assoluto il regalo migliore che potesse farci».
«Lo so», sussurrai. «Non potrei sognare niente di meglio».
«Allora è giusto che tu adesso vada dentro da lei e le resti al fianco fino all’ultimo, perché questo è ciò che desidera tua madre e, nonostante tutto ciò che è successo tra di voi in passato, adesso tu sei in debito con lei. Glielo devi Killian anche se ti fa male; restare qua fuori non cambierà le cose, la perderai comunque. Per quanto tu possa essere spaventato o triste, lei ha bisogno di te in questo momento, almeno per un’ultima volta».
Aveva ragione: mi stavo comportando come uno stupido; lei lo sapeva e lo aveva fatto capire anche a me. In quel momento non doveva più importarmi di ciò che provavo io, ma solo di ciò che provava mia madre.
«Sono un idiota», affermai alzandomi.
Emma si alzò a sua volta, prendendomi per un braccio. «Solo qualche volta». Mi sfiorò una guancia con un dolce bacio.
«Però sei il mio idiota», sussurrò ad un centimetro dalla mia pelle.
«Sì, tuo per l’eternità». E questa volta lo sarei stato davvero. Alla fine neanche la morte avrebbe più potuto separarci. Era strano pensare che dovevo essere in parte grato a Gold per la realizzazione del nostro più grande desiderio; d’altra parte quel casino era tutta colpa sua, ed era per il suo errore che adesso mia madre ne pagava le conseguenze. Alla fine dei conti ero solo lei quella che dovevo ringraziare e quale modo migliore che restarle accanto fino alla fine?
«Sei pronto a rientrare?». La sua era una domanda, ma sapevo che la risposta era una sola.
«Sì, con te al mio fianco lo sarò sempre». Così dicendo, rientrai in casa mano nella mano con Emma, pronto per affrontare per al seconda volta la morte di mia madre.
 
Sylvia
Entrai in camera tenendo Jekyll per mano. Ero grata ad Emma per avermi concesso con uno sguardo di usufruire della privacy della sua stanza. Mentre Killian era scappato fuori, Jekyll era rimasto sconvolto accanto a me, non credendo alle proprie orecchie. Avevo dovuto scegliere chi affrontare per primo.
Se da una parte sarei voluta correre dietro a Killian, cercando di arginare il tumulto di sentimenti che doveva star provando, dall’altra dovevo sostenere anche la seconda persona che aveva un posto speciale nel mio cuore. Sapendo che Emma avrebbe aiutato Killian a calmarsi, a ragionare e ad affrontare il tutto, mi ero affrettata ad isolarmi con Jekyll, sperando di riuscire a fargli capire ciò che provavo. Dovergli spezzare il cuore in quel modo era terribile, ma doveva capire che non avevo potuto fare altrimenti.
«Che cos’è questa storia Sylvia?», domandò non appena ebbe chiuso la porta alle sue spalle.
Mi sedetti sul letto emettendo un profondo sospiro. Non sapevo da che parte iniziare e non sapevo se lui alla fine avrebbe capito. Il non aver scelto lui, il non aver scelto noi, era un’ulteriore ferita oltre a quella che avrebbe causato la mia morte.
«Mi dispiace Henry, mi dispiace moltissimo». Era la verità, ma non sarebbe stata sufficiente a farmi pentire della mia decisione.
«No, no, no, no». Iniziò a camminare su e giù per la stanza in preda all’agitazione. «È uno scherzo vero?». La sua era ovviamente una domanda retorica, e la mia era un’espressione più che esplicativa.
«Perché non me l’hai detto?», mi chiese con voce tremante. «Perché non mi hai chiesto aiuto? Perché non ti sei confidata con me?».
«Non avevo scelta, Jekyll. Non potevo dirtelo perché tu mi avresti convinta a non farlo ed io non volevo e non potevo essere dissuasa».
«Doveva pur esserci un’altra soluzione. Essere la vittima sacrificale… è assurdo!».
«Non lo è», ribattei. «Prova a metterti nei miei panni, cos’altro avrei potuto fare?».
«Salvare la vita di Emma morendo tu stessa? Andiamo Sylvia, sarebbe sicuramente esistita un’altra soluzione».
«Ma non l’avrei trovata in tempo». Riuscii ad afferrargli le mani, interrompendo quel suo frenetico andirivieni. «Siediti qui accanto a me e lascia che ti spieghi».
Fece come gli avevo detto, ma le parole gli uscirono quasi in automatico. «Hai scelto di morire piuttosto che di stare con me, di credere in noi. Come pensi che dovrei sentirmi? Adesso che avevamo superato tutto, tu hai deciso di non lottare più. Nessuna spiegazione potrà superare il fatto che tu non mi ami abbastanza da scegliere la vita piuttosto che la morte».
Aveva perfettamente ragione, ma io dovevo in qualche modo fargli capire il mio punto di vista. Non era solo per Emma e per Killian che avevo preso quella decisione: era per potermi finalmente sentire in pace con me stessa. Doveva capire che non avevo fatto quella scelta perché non lo amassi, ma perché non sopportavo più di convivere con i miei errori passati. Era stato il gesto che mi avrebbe finalmente permesso di passare oltre.
«Jekyll per tutta la vita, ho rimpianto di essere stata una codarda e di aver abbandonato la mia famiglia all'improvviso piuttosto che affrontare con loro la cosa. Non c’è stato un giorno che non abbia pensato a cosa fosse stato dei miei figli; ho immaginato per anni gli uomini che sarebbero potuti diventare. Non è stato solo il fatto di non vederli crescere a tormentarmi, ma di averli irrimediabilmente devastati. Ho scelto una vita vuota, piuttosto che morire circondata dall’affetto dei miei cari. Poi, dopo decenni di vita tormentata, ho incontrato te e tu sei stato una luce nelle tenebre. Per quanto la nostra storia sia stata difficile e complicata, mi hai reso felice, così tanto da pensare che avrei potuto provare a costruire qualcosa con te».
«Allora perché questa scelta?», mi interruppe.
«Perché nonostante io volessi con tutto il cuore avere un futuro insieme a te, restavo pur sempre un’anima tormentata, che non riusciva a perdonare i propri errori. Quando venendo qui a Storybrooke ho incontrato Killian e ho visto il dolore e l’odio nei suoi occhi, tutto ciò che tu eri riuscito a farmi dimenticare è tornato a galla, confermando le mie peggiori paure. Il fatto che lui abbia dovuto affrontare mille difficoltà, e con lui anche Liam, mi ha ricordato che io ne ero direttamente responsabile».
«Forse ne eri responsabile, ma nessuno ti avrebbe chiesto di morire per farti perdonare. Nessuno chiederebbe tanto».
Scossi la testa cercando le parole giuste. «No, è ovvio che nessuno mi avrebbe chiesto una cosa del genere e non è per questo che lo faccio. Come posso riuscire a spiegarti?». Era davvero un discorso complesso, forse il fatto che lui non avesse figli non l’avrebbe aiutato a capire. «Prima di scappare io avrei fatto di tutto per i miei figli, è un amore diverso ed incondizionato. Averli abbandonati, anche se alla fine sarei morta comunque, mi ha reso una pessima madre e mi ha fatto tradire tutto ciò in cui credevo. Non avevo mai pensato di poter fare una cosa del genere ed invece l’ho fatta. Una madre dovrebbe amare i suoi figli, invece io ho finito per ferirli.
Così quando Emma si è sentita male, ho letto negli occhi di Killian un dolore così devastante che non sono riuscita a sopportarlo. Lui non poteva perdere anche lei ed io non potevo permettere che mio figlio soffrisse in quel modo; è ovvio che rivolgendomi a Tremotino, io non mi aspettassi di dovermi offrire come agnello sacrificale, ma quando lui mi ha detto che l’unica possibilità era che qualcun altro morisse al suo posto, io non ho più avuto scelta. Per quanto io ti possa amare, e credimi ti amo tantissimo, non sarei potuta sopravvivere con la consapevolezza di non aver fatto tutto ciò che potevo per salvarla. Non avrei sopportato di leggere il dolore straziante negli occhi di mio figlio, sapendo che salvando lei e perdendo me lui avrebbe sofferto di meno. E non è solo questo, era il gesto che mi serviva per rimediare a ciò che avevo fatto, ma non perché me lo ha chiesto lui – Killian mi avrebbe perdonato comunque lo so – ma perché così facendo per la prima volta da molto tempo mi sono sentita in pace con me stessa. Prendendo la scelta giusta stavolta mi sono sentita di nuovo la madre amorevole che ero un tempo, mi sono sentita libera». Mi asciugai le lacrime che avevano cominciato a rigarmi le guance ed aspettai che lui assimilasse tutto ciò che gli avevo detto.
«In pratica non avresti potuto amarmi con quel peso sulla coscienza?». La sua era una domanda retorica, ma volevo che lui capisse ogni singolo aspetto di quell’intricata situazione.
«Avrei potuto, ma non sarebbe stato giusto nei tuoi confronti. Non avresti avuto la vera Sylvia, ma quella divorata dai rimorsi. Per quanto tu mi possa amare e rendere felice, non saresti riuscito a farmi perdonare me stessa». Nessuno ci sarebbe riuscito, neanche Killian in persona.
Jekyll si tolse gli occhiali e si appoggiò una mano sul viso. «Non è giusto», mormorò e dal suo tono seppi che aveva compreso. Non lo accettava ma lo capiva, come sempre.
«Henry», mormorai togliendogli la mano dal volto per poterlo guardare negli occhi. «Io ti amo tantissimo mi devi credere e non avrei mai voluto ferirti in questo modo. Odio tutto questo; non vorrei mai darti un dolore simile, ma l’alternativa non era praticabile. Mi dispiace così tanto; vorrei tanto chiederti di perdonarmi, ma non so se potrai mai farlo».
«Certo che ti perdono Sylvia», replicò sbuffando. «Il tuo è un gesto più che nobile, non c’è nulla che debba farti perdonare». Lo baciai dolcemente lasciando che le nostre lacrime si mischiassero insieme esprimendo tutto il nostro dolore.
«Ti amo», sussurrò sulle mie labbra.
«Ti amo anch’io, per quanto possa valere».
«Vale moltissimo invece». Mi baciò di nuovo, con più passione, sapendo che quelli erano gli ultimi baci che ci scambiavamo. In fondo eravamo abituati a separarci, solo che quella volta sarebbe stato per sempre. Evidentemente non era mai arrivato il momento giusto per noi.
«Non era destino», disse quasi leggendomi nel pensiero. «Non era destino che noi stessimo insieme».
«Già». Mi allontanai di qualche centimetro dal suo viso, solo per poterlo guardare dritto negli occhi e potergli prendere il volto tra le mani.
«Promettimi», mormorai incatenandolo al mio sguardo, «che sarai di nuovo felice, che farai di tutto per esserlo, che approfitterai del fatto di essere finalmente libero per fare ciò che hai sempre desiderato. Promettimi che se ne avrai occasione ti innamorerai di nuovo e che non penserai a me con tristezza, ma che invece sarò un bel ricordo». Dovevo lasciarlo andare ed era una cosa terribile, ma allo stesso tempo necessaria.
Non rispose ma si limitò a fissarmi con sguardo triste. Non avrebbe voluto affermare una cosa del genere, ma io avevo bisogno di sapere che lui sarebbe andato avanti anche senza di me.
«Lo so che non sarà facile», insistetti, «ma voglio che tu viva la tua vita nel migliore dei modi. Ti prego promettimi che lo farai».
«Lo prometto». Le sue parole furono solo un sussurro, ma alleggerirono ulteriormente l’enorme peso che avevo sul cuore. Lo baciai di nuovo, sapendo che quello era il nostro ultimo momento di intimità e che purtroppo si stava per concludere. C’era un’altra persona che dovevo affrontare e che dovevo salutare prima di andarmene.
Mi asciugai il viso con la manica del vestito, tentando in qualche modo di ricompormi, mentre Jekyll iniziò a pulire gli occhiali in un vano tentativo di distrarsi e di calmarsi.
«Sylvia credi», domandò all’improvviso, «che se le nostre storie fossero state diverse ci saremmo incontrati ed innamorati lo stesso? Saremmo vissuti felici e contenti come i normali personaggi delle favole?».
Ci pensai su prima di rispondere. «Forse ci saremmo incontrati lo stesso e ci saremmo amati, ma forse non saremmo stati gli stessi e magari non ci saremmo nemmeno piaciuti. Ma avrei davvero adorato vivere felice e contenta con te».
«Allora grazie».
Lo fissai non capendo perché improvvisamente mi ringraziasse; avrebbe dovuto fare ben altro. «Di cosa?».
«Di avermi dato la possibilità di amarti e di essere stato amato da te. È stato un vero onore». Sentii di nuovo le lacrime pungere per uscire e per tutta risposta lo baciai di nuovo.
«Adesso va», mi disse staccandosi e asciugandomi la guancia con il pollice. «Tuo figlio vorrà parlare con te. Io sarò qui fino alla fine se mi vorrai».
Annuii, cercando di non scoppiare di nuovo a piangere. «Grazie».
Non appena aprii la porta trovai Emma e Killian fermi nel corridoio, lo sguardo puntato sulla soglia che avevo appena aperto.
«Stavamo aspettando, volevamo concedervi tutto il tempo necessario», ci spiegò lei.
«È tutta tua», disse Jekyll a Killian, passandogli una mano sul braccio.
«Grazie». Si voltò verso Emma per darle un bacio sulla guancia. «Ci aspetti di sotto?». Lei annuì e iniziò a scendere le scale insieme a Jekyll, mentre io tornavo in camera seguita da Killian. Non riuscivo ad immaginare cosa avrei potuto fare o dire, o cosa avrebbe detto lui. Mentre con Henry sapevo cosa avrebbe pensato, con mio figlio era tutto un’incognita. Ero solo lieta del fatto che avesse voluto concedermi un momento da sola con lui, senza nessun altro intorno.
Tornai a sedermi sul letto, mentre Killian chiudeva la porta e vi si appoggiava con la schiena. Sospirò profondamente prima di alzare lo sguardo per potermi fissare dritto negli occhi.
«Grazie», sussurrò e i suoi occhi si fecero ancora più chiari del solito. «Grazie davvero».
«Non c’è bisogno che tu mi ringrazi Killian», replicai.
«Invece sì», mi interruppe. «Devo ringraziarti perché quello che hai fatto è in assoluto il gesto più nobile che tu potessi fare».
«Non l’ho fatto per…».
Mi fermò di nuovo, impedendomi di continuare. «Ti prego fammi parlare mamma. So perché lo hai fatto, per me, per Emma, per te; ma qualunque sia la ragione il risultato non cambia. Mi hai appena dato l’unica cosa che desideravo davvero e non ci sono parole per descrivere tutto questo».
Si avvicinò lentamente, venendo a sedersi accanto a me, mentre io non gli staccavo gli occhi di dosso. Fissò un punto indistinto sulla parete e ricominciò a parlare. «Quando ho scoperto che eri ancora viva, ti ho odiato per quello che avevi fatto; non volevo capire e non volevo darti nessuna possibilità. Ma mi sbagliavo, non dico che non avessi le mie ragioni, ma anche tu avevi avuto le tue. Ti ho perdonata per quello che è successo in passato». Appoggiai la mano sulla sua, ma non dissi niente intuendo che non aveva ancora finito.
«Non ti sto ringraziando perché mi sento in dovere di farlo, ma perché questa volta hai scelto me, hai messo la mia felicità prima della tua. Nessuno l’aveva mai fatto».
«Avrei dovuto farlo molto tempo fa», ammisi. «Una madre avrebbe dovuto farlo all’epoca e non solo dopo secoli di esperienza e di rimorsi».
«Non importa, l’hai fatto adesso».
«Killian io non so bene cosa dirti», confessai. «Voglio che tu sappia che mi dispiace per tutto quello che sta succedendo adesso o che è successo in passato. Vorrei solo farti capire che non ho mai smesso di amarti».
«Non c’è bisogno che tu me lo faccia capire, lo so già». Fece un altro respiro e poi continuò. «E dispiace anche a me, vorrei che fosse esistito un altro modo per poter salvare Emma, risparmiando te. Non vorrei perderti di nuovo, adesso che ti ho ritrovata».
«Mi dispiace», ripetei non sapendo cosa dire.
«No», ribatté. «Non devi dispiacerti perché sono io quello in debito con te. Mi hai dato la vita, mi hai amato, hai salvato Emma e con il tuo gesto è come se mi avessi ridato la vita un’altra volta. Mi stai dando un futuro, la possibilità di avere una famiglia con lei, hai fatto in modo che non potessi perderla mai più. Io non so come spiegarti come mi sento». Vidi una lacrima rigargli la guancia, un segno inequivocabile di tutto il suo dolore e la sua gratitudine.
Tirai su con il naso e mi avvicinai per abbracciarlo. Lasciai che appoggiasse la testa sulla mia spalla e lo strinsi forte. «Sei proprio l’uomo che speravo che tu diventassi».
«Ti voglio bene, mamma», sospirò. «Tantissimo».
«Lo so e te ne voglio anch’io». Lo baciai sulla testa, lasciando libero sfogo alle lacrime e rimanendo abbracciata a mio figlio in quel momento di intimo sconforto. Lo cullai tra le mie braccia e anche lui mi strinse e mi abbracciò forte; passai le dita tra i suoi capelli, accarezzandolo amorevolmente, mentre lui mi baciava dolcemente la guancia. Non avevamo bisogno di parlare, avevamo solo bisogno di quel nostro momento di intimità. Tra noi si era finalmente chiarito tutto ed eravamo tornati ad essere la madre e il figlio di un tempo.
«Vorrei tanto che ci fosse una soluzione», sussurrò dopo un po’.
«Lo vorrei anch’io».
«Vorrei che tu potessi vedere la famiglia che potrò costruire con Emma grazie a te».
«Sarà bellissima», sussurrai. Purtroppo non l’avrei mai vista, ma ero certa che sarebbe stata meravigliosa.
«Mi mancherai tanto mammina». Aveva usato il nomignolo di quando era bambino e sapevo che l’aveva fatto di proposito. Era un piccolo e meraviglioso colpo al cuore.
«Mi mancherai anche tu, Killian». Non sapevo come sarebbe stato, ma se avessi potuto avrei sentito la mancanza di lui e di Jekyll ogni istante.
Killian sembrò leggermi nel pensiero. «Devi passare oltre, adesso puoi farlo. Non hai più questioni in sospeso, almeno non con me».
«Neanche con Jekyll se è per questo. Ciò che ho fatto mi ha permesso di ritrovare la pace».
«Allora sarà bello vedrai, andrai in un posto migliore. Ricordati di salutare Liam da parte mia, lui sarà lì». L’idea di poter ritrovare l’altro mio figlio rese la prospettiva della mia imminente fine un po’ meno spaventosa.
«Lo farò». Restammo un altro po’ di tempo abbracciati; ma poi non potemmo più rimandare l’inevitabile. Era giunto il momento e per quanto fossi triste e spaventata, ero anche orgogliosa e soddisfatta di compiere quel gesto.
Scesi al piano di sotto tenendo per mano mio figlio. Erano tutti ad aspettarci nel salotto; feci un profondo respiro fermandomi lì davanti, sotto gli occhi di tutti i presenti.
Biancaneve mi venne subito incontro con gli occhi pieni di lacrime. «Da madre a madre, non so come fare a ringraziarti».
«Non ce n’è bisogno», risposi. Lei mi abbracciò di slancio, cogliendomi del tutto di sorpresa.
«Hai salvato la vita a mia figlia», sussurrò vicino al mio orecchio. «Non lo dimenticherò mai».
Anche David si avvicinò e, quando Mary Margaret mi lasciò andare, mi abbracciò. «Grazie».
«Mi ero sbagliata sul tuo conto, devo riconoscerlo». Anche Regina si era avvicinata e mi aveva posto la mano; la strinsi grata che avesse abbandonato la sua ostilità e avesse riconosciuto i suoi errori nei miei confronti.
«Grazie per aver salvato la mia mamma». Henry si era avvicinato, seguendo Regina e mi stava guardando commosso. «Sei un’eroina, lo sei sempre stata».
«E tu l’hai sempre creduto», risposi cercando di rivolgergli un sorriso. L’abbracciai e gli scompigliai i capelli. Sarebbe stato un nipote acquisito fantastico se ne avessi avuto la possibilità.
Dietro di lui, Emma si fece lentamente avanti. Aveva preso Killian per mano, quando io l’avevo lascato andare per abbracciare Mary Margaret. Fui ancora una volta più certa della mia decisione: non avrei potuto lasciare mio figlio in mani migliori.
«Grazie», sussurrò commossa. «Te l’ho già detto, ma te lo ripeto».
L’abbracciai e la strinsi forte a me. «Oh cara, non avrei potuto immaginare una nuora migliore di te».
«Ti devo la vita», mormorò di nuovo contro la mia spalla.
«No, non mi devi niente. Sono felice di poterti dare la possibilità di vivere la tua vita, come è naturale che sia».
«Non importa ciò che dirai Sylvia, resterò per sempre in debito con te».
«Allora per saldare i conti, promettimi che ti prenderai cura di Killian e che lo amerai come merita».
«Questa sarà una promessa facile da mantenere», disse staccandosi da me. Si asciugò le lacrime con la mano, cercando di mascherare la sua emozione.
«Sarete una bella famiglia», dichiarai rivolta sia a lei che a Killian.
«Lo so», rispose lui riprendendomi per mano.
Tirai su col naso e alzai lo sguardo su Tremotino, che era rimasto in disparte in fondo alla stanza. Jekyll mi raggiunse e mi prese per la vita, stringendomi l’altra mano libera.
«È il momento?», domandai tirando fuori un coraggio che non credevo di avere.
«Ho trattenuto l’incantesimo fino ad ora, quando lo lascerò andare inizierai a sentirti stanca. Non sarà doloroso, sarà come addormentarti».
Annuii confortata dal fatto che non mi avrebbe fatto male ulteriormente. Eravamo già tutti abbastanza a pezzi per sopportare una morte straziante.
«Allora fallo». Fu solo un bisbiglio, ma Tremotino mi sentì ed annuì impercettibilmente.
«Sylvia», mi domandò Emma. «Perché non vai a distenderti sul letto di sopra? Jekyll e Killian verranno con te».
«D’accordo», acconsentii. «Però vieni anche tu». Emma mi sorrise e annuì, forse sollevata dal fatto di poter restare con Killian in un momento così difficile.
Una volta in camera mi sdraiai al centro del letto. Jekyll si distese da una parte accanto a me, in modo tale che potessi appoggiare la testa sulla sua spalla. Killian prese posto dall’altra parte, tenendo sempre la mia mano stretta nella sua, mentre Emma si sedette in fondo, in modo tale da potermi guardare direttamente negli occhi.
«Ti amo Sylvia», sussurrò Jekyll vicino al mio orecchio.
«Ti amo anch’io». Avrei tanto voluto che potesse bastare.
«Andrà tutto bene, mamma». Intrecciai le dita alle sue ed annuii impercettibilmente. Chiusi gli occhi, iniziando improvvisamente a sentirmi stanca. Il Signore Oscuro aveva rispettato il suo accordo. Tuttavia non volevo pensare a ciò che stava per succedere.
«Killian», sussurrai, tenendo gli occhi chiusi. «Ti ricordi quando da piccolo ti raccontavo una storia prima di dormire, per farti addormentare?».
«Sì certo». Sentii il suo uncino scostarmi una ciocca di capelli, portandomela dietro l’orecchio.
«Perché non me ne racconti una tu adesso?».
«Io?».
«Sì, una delle tue avventure. Vorrei aver avuto il tempo per ascoltarle tutte». 
«Va bene mammina». Prese un profondo respiro, decidendo quale storia raccontare e poi iniziò a parlare. «Stavo solcando i sette mari a bordo della Jolly Roger…». Le parole di Killian mi cullarono dolcemente, rendendo pian piano i miei occhi sempre più pesanti e facendomi abbandonare ad un sonno dal quale non mi sarei più svegliata.


 
Angolo dell’autrice:
Fiumi di lacrime già dal titolo. In questo lunedì particolare, il mio capitolo non aiuterà di certo a risollevarsi il morale. Sono a corto di parole, perché non so bene come commentare. Era inevitabile ed è giusto così, ma allo stesso tempo è triste.
Dirvi che ho pianto per tutto il tempo che ho impiegato a scriverlo è inutile: Sylvia è un personaggio che ho creato io stessa e sebbene questo finale l’avessi già deciso da tempo, mi è dispiaciuto lo stesso. Con l’andare avanti nella storia Sylvia è cresciuto come personaggio rispetto a quello che mi ero immaginata e mi ci sono affezionata.
Detto ciò, ringrazio sempre tutti coloro che seguono la mia storia. Purtroppo vi avviso che siamo ormai quasi giunti al termine di questa fanfiction: mancano solo due capitoli, compreso l’epilogo. Quindi ci restano solo due settimane... Alla fine farò tutti i ringraziamenti di dovere.
Un bacione e a domenica!
Sara
 
  
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