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Autore: Bruna_mars    28/11/2016    1 recensioni
Carlotta ama i libri ed i fiori, ma non le persone. Alessio si siede accanto a lei, lui che ha tante di quelle ragazze dietro, tanti di quegli amici, tanta di quella felicità. L'inizio di un'amicizia, o forse di qualcosa di più...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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“Cogli la rosa quando è il momento,
ché il tempo lo sai che vola...
e lo stesso fiore che oggi sboccia
domani appassirà.” Walt Whitman
 
 
Quando quel ragazzo che lei non conosceva per niente si sedette accanto a lei, Carlotta quasi sobbalzò. In quella classe non aveva contatti con nessuno e quando qualcuno aveva cercato di far amicizia con qualcuno la ragazza aveva sempre allontanato tutti. A diciassette anni non aveva amici, o almeno non a scuola, e trascorreva tutta la sua vita in quel piccolo negozio di fiori a nord della città. Tutti i pomeriggi, dopo la scuola, prendeva l’autobus che ci arrivava più velocemente e si attraversava mezza città. Era una ragazza brillante e non aveva bisogno di studiare tanto il pomeriggio, poiché aveva una buona visione e riusciva a ricordare tutto quello che la professoressa diceva durante la spiegazione. Ciò l’aiutava a lavorare sodo per aiutare la sua mamma e la sorellina piccola, di appena quattro anni.
Non alzò lo sguardo sulla figura che aveva preso posto accanto a lei, si limitò a continuare a prendere appunti sul suo quaderno, mentre si concentrava su quelle parole che avrebbe dovuto ripetere poi all’imminente interrogazione. Tuttavia, la profonda curiosità la portò a voltarsi lievemente verso quel ragazzo. Un’ondata di buon profumo si impossessò del suo olfatto, delle sue narici. Chiuse gli occhi un secondo per mandare giù quella fantastica sensazione che l’aveva inebriata così facilmente. Ma si riprese rapida. Egli si muoveva con semplicità, come se quello fosse sempre stato il suo posto. Nel sopracciglio destro aveva una piccola striscia rasata che sicuramente lo avrebbe reso uno dei ragazzi più belli della scuola. Capelli castani, disordinati, ed iridi che ad un primo impatto sembrava verdi, ma se si ci soffermava bene si riuscivano a vedere dei bordi castani davvero intriganti.
«Come… come mai ti sei seduto qui?» Chiese a voce bassa Carlotta, cercando di nascondere l’imbarazzo che l’aveva completamente catturata. Non aveva mai parlato con lui. Si domandava come mai si fosse seduto accanto a lei, lui che era uno dei ragazzi della classe “Vip”, uno dei più conosciuti ed ambiti.
«Beh, non ci sono altri posti!» Intervenne lui, incontrando le iridi azzurre della giovane. Lei abbassò subito lo sguardo e si dedicò al piccolo disegno sul bordo del quaderno.
«Non è vero. Ci sono altri posti.» Sibilò lei.
«Io preferivo questo.» Annunciò lui, forse troppo ad alta voce. Circa un terzo della classe si voltò verso di loro e, nei loro occhi, Carlotta sentì l’ovvia perplessità nel vedere Alessio Antonini seduto accanto alla ragazza anonima della classe, Carlotta Severi.
«Al cambio dell’ora siediti da qualche altra parte.» Si impuntò la ragazza, puntando lo sguardo sulla finestra. Ancora una volta, quel muro che costruiva sempre attorno a sé tornava a prendersi gioco di lei, a rovinarla, a deriderla, a escluderla dalla vita del mondo. Lei se ne stava tranquilla, con i suoi libri, con le piante che curava ogni giorno, nella sua sfera di cristallo in cui nessuno sarebbe più entrato.
«Il banco non è tuo.» Ribatté sicuro di sé Alessio.
«Te ne prego. Ti sposterai.» Insisteva, insisteva a stare sola.
«Non penso proprio.»
Un oltraggio. Quando lei trovò il coraggio di girarsi verso di lui, notò che il ragazzo gli aveva rivolto un caloroso sorriso, un po’ divertito. Questa volta Carlotta non abbassò lo sguardo, ma si limitò ad osservarlo stranita.
«Resta quanto vuoi, ma non intralciarmi. Non parlarmi, non disturbarmi e soprattutto, noi non siamo amici!»
«Vedremo.» Disse Alessio, sfrontato.
Mentre stava per ribattere, Carlotta fu fermata dalla voce della professoressa, che si era lentamente avvicinata al suo banco.
«Che fai, Antonini, mi vuoi distrarre Pariolo?»
Alessio scosse la testa: «Assolutamente no, prof. È lei che disturba me, non fa che parlare!»
La classe iniziò sonoramente a ridere, stando al gioco di quel buffone, amato dall’intera scuola per quella sua attraente spigliatezza, mentre Carlotta si scusava con la professoressa. Poi, continuò a prendere appunti come se quella conversazione non fosse mai avvenuta, come se mai avesse rivolto la parola ad Alessio Antonini e come se lui non si fosse mai seduto accanto ad una ragazza anonima come lei.
 
*
 
Al suono della campanella, Carlotta era scattata fuori dall’aula, dirigendosi a passo rapido e deciso verso l’uscita. Un’intera folla di studenti le impediva di camminare il più rapidamente possibile e lei sapeva che non poteva fare assolutamente tardi. Il suo turno sarebbe iniziato alle due e quarantacinque e non aveva neanche un’ora.
«Che fai, fuggi?» Domandò una voce, dietro di lei.
Carlotta pensava che la questione “Diventiamo amici di Pariolo” fosse terminata, ma Alessio era lì accanto a lei, zaino in spalla ed occhi enigmatici, mentre entrambi seguivano i passi dei ragazzi che scendevano le scale per raggiungere l’uscita della scuola. Aveva tentato di ignorarlo, quando lui riprese a farle domande: «Come mai così di fretta?»
«Pensavo che la nostra discussione fosse terminata. Non abbiamo nulla da dirci.»
Stranito, domandò: «Mi dici cosa ti ho fatto?»
«Mi parli. E, se non lo hai notato in quattro anni, non voglio che nessuno lo faccia.»
Non aveva mai trattato male nessuno, ma forse perché fino a quel momento nessuno aveva provato ad essere suo amico. Lei stava bene così, in solitudine, coltivando la propria vita senza che nessuno ne entrasse a far parte.
Qualche secondo dopo, sembrava che il ragazzo fosse sparito. Voltandosi leggermente si rese conto che il suo compagno di classe si trovava accanto ad alcuni ragazzi del quinto, insieme ai fighetti della scuola, perciò Carlotta si sentì quasi sollevata. Stava tornando tutto al proprio posto e quella mattina si stava lentamente cancellando.
Carlotta non era cattiva. Era insicura; insicura e sola. Non riusciva a vedere niente di buono da quando quell’essere che aveva definito padre se n’era andato di casa, lasciando sola e abbandonata la sua famiglia. Sua madre lavorava tantissimo, mentre la sua sorellina era cresciuta troppo in fretta e non aveva vissuto tranquillamente le tappe dell’infanzia. Da tempo ormai, Lotta non viveva più come prima. Non aveva amici perché non se li poteva permettere, non usciva come facevano le sue coetanee e non aveva mai un normale pasto in famiglia. Ciò la faceva soffrire, e molto, ma nulla sarebbe cambiato.
Mentre camminava tranquilla accompagnata da quel venticello d’autunno, sentiva l’esteso tappeto di foglie scricchiolare sonoramente. Ciò che preferiva al mondo erano i colori dell’autunno, il sole spento ma presente che la accompagnava passo passo sempre, l’aria che le spostava i boccoli sopra il viso, costringendola a sistemarli nuovamente.
Giunta alla fermata, sentì una nuova voce: «Guarda chi si vede!»
Voltandosi, notò che accanto a lei era apparso Alessio. Il suo sorriso sfacciato lo rendeva bello da morire, quella piccola rasatura al sopracciglio era davvero carina e quelle iridi sul verde la mandavano in stato confusionale.
Smettila, Lotti, sai bene che non devi pensare queste cose.
«Allora, mi ignori?»
Si posizionò davanti a lei, le mani dentro il giacchetto rosso fuoco e lo sguardo posizionato nelle sue iridi. Non sembrava che se ne volesse andare affatto, perciò la ragazza tentò di mantenere quel briciolo di dignità che le era rimasta.
«Non capisco cosa vuoi da me.»
«Conoscerti.»
«Conoscermi? Come mai così all’improvviso?»
«E’ da un po’ che lo vorrei fare.»
La ragazza vide l’autobus arrivare.
«Devo andare. Ciao.»
«Ci vediamo domani. Anzi, ci vediamo ora!»
«Come?»
Lotta, salita sopra l’autobus mezzo vuoto, non fece in tempo a rendersi conto di ciò che stava avvenendo che, accanto a lei, sbucò la figura di Alessio. Era lì, insieme a lei, su un autobus che non lo portava di certo a casa. In quattro anni lei non l’aveva mai visto prendere quell’autobus, perciò si mostro sorpresa, anche se la pazzia di quel giovane riusciva a sconvolgerla e questo in circa sei ore di lezione.
«Che ci fai qui?» Chiese stupita.
«Ti accompagno a casa.» Affermò lui, semplicemente.
«Non vado a casa.» Rivelò la ragazza, dopo aver preso posto agli ultimi posti. Sul volto interrogativo di Alessio, era nato poi un sincero sorriso: «Mi prendi in giro!»
«No. Vado da un’altra parte.» Lei si girò verso il finestrino, mentre osservava la scuola essere sorpassata e qualche viso conosciuto che se ne andava verso la fermata dell’autobus che avrebbe dovuto prendere anche lo studente che sedeva di fronte a lei.
«Mi dici dove vai?» Chiese lui, dopo cinque minuti di viaggio. Ormai l’autobus era abbastanza lontano dalla scuola e Carlotta si chiedeva quando lui sarebbe sceso e quando l’avrebbe lasciata in pace.
«No.» Scosse il capo. Non voleva che si venisse a sapere che lei lavorava.
«Va bene. Ma lo scoprirò.»
E così lo osservò mentre scendeva dall’autobus, dopo averle rivolto un profondo sorriso, che mai nessuno le aveva mai fatto.

***

Ciao a tutti, era da tempo che nella mia testa immaginavo una storia del genere. Fatemi sapere se vi è piaciuta e consigliatemi tramite recensioni. Grazie grazie!
 
-Bruna Mars
  
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