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Autore: Bruna_mars    12/12/2016    1 recensioni
Carlotta ama i libri ed i fiori, ma non le persone. Alessio si siede accanto a lei, lui che ha tante di quelle ragazze dietro, tanti di quegli amici, tanta di quella felicità. L'inizio di un'amicizia, o forse di qualcosa di più...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Capitolo 2
 
 
 
“Un tulipano non combatte per impressionare nessuno. Non combatte per essere diverso da una rosa. Non ne ha bisogno. Perché è diverso. E c’è spazio nel giardino per ogni fiore.” -Marianne Williamson
 
 
«Com’è andata oggi?» Domandò la signora Pariolo, mentre serviva l’insalata nel piatto della figlia maggiore. Nena si rifiutava di mangiare, perciò era scappata nella stanza che condivideva con la sorella per riprendere il gioco che aveva lasciato in sospeso. Mamma e figlia maggiore erano rimaste sedute a tavola, l’una di fronte all’altra, mentre mangiavano silenziosamente.
«Nove a scienze.» Rispose tranquillamente Lotta, tra un boccone e un altro. La madre le sorrise calorosamente. Non si aspettava altro da quella figlia tanto buona e dedita allo studio ed alla famiglia. Le era grata per tutto ciò che faceva per lei e per la sua sorellina, per tutto l’amore che le dava ogni giorno. Nonostante avesse cercato di farla smettere di lavorare in quel negozietto tanto lontano, la figlia non aveva abbandonato l’idea di aiutare la propria famiglia in difficoltà.
Clara Pariolo aveva trascorso la mattina in ufficio, a sbrigare delle pratiche per il proprio datore di lavoro, mentre nel pomeriggio era andata a tenere i bambini della signora Tevoli, del quarto piano. Era una donna benestante e possedeva due appartamenti vicini tra loro. Aveva tre figli, che andavano molto d’accordo con la piccola Nena, perciò non era un problema per lei andare a prenderli a scuola tutti e tenerli con sé. Preparava loro la merenda, li aiutava nei compiti e sistemava la casa mentre loro giocavano o guardavano un film. La sua vita era tutta incentrata nel lavoro, tanto che spesso sentiva di trascurare le proprie figlie. Carmen, chiamata dolcemente Nena da tutta la palazzina, aveva solo quattro anni e si poteva dire che non avesse neanche un ricordo nitido di suo padre. Per lei esistevano solamente la Mamma, Lotti e i tanti vicini di casa che la riempivano di regali in risposta alla gioia che condivideva con tutti. Carlotta era felicissima di avere una sorella del genere, ma la vedeva sempre di meno. Nena chiedeva sempre di Lotti e la sera dormivano abbracciate nel letto a due piazze che occupava quasi tutta la loro stanza.
«Lotti, io… penso che tu debba smetterla di lavorare.»
Carlotta, abituata a quei soliti discorsi, alzò lo sguardo verso di lei ma sorvolò l’argomento: «A proposito, mi hanno pagato oggi. I soldi sono nello scaffale.»
«Sono seria, Lo’. Per favore, ascoltami.» Nei suoi occhi, Carlotta poteva vedere la fragilità di una donna sola. Pensava che la madre non sapesse cosa stesse dicendo, ma non era così. Clara voleva che sua figlia vivesse una vita normale.
«Ce la facciamo con ciò che guadagno io. Per favore, te lo chiedo seriamente.»
«Tu menti! Non abbiamo soldi ed arriviamo alla fine del mese senza nulla, tra tasse e spese varie. Smettila!»
«Hai ancora diciassette anni e tutta la vita davanti. Sono due anni che fai ciò che dovrei fare io. Non lascerò che tu rovina la tua vita così.»
«La mia vita è già rovinata così!» Esclamò, alzandosi dal tavolo. Era furiosa. Suo padre le aveva rovinato l’esistenza ed aveva rovinato tutto. La scuola, gli amici, la famiglia. Aveva sfasciato ogni singola certezza e tutto ciò che Carlotta aveva era crollato a terra.
 
 
Il giorno dopo, mentre si stava dirigendo a scuola, sentiva su di sé le solite occhiate. A scuola parecchi la prendevano in giro per come girava vestita, ma d'altronde non avrebbe potuto fare di meglio. Aveva dei jeans larghi ed i soliti maglioni larghi che le passava la figlia della sua vicina di casa, Stefania. Era grande e grossa e pensava di fare carità ad una povera figura esile quale Carlotta. Da una parte la ragazza era contenta di non dover spendere i soldi che guadagnava in vestiti, ma dall’altra si sentiva trascurata. Aveva lo stesso giaccone dall’anno precedente, mentre osservava le ragazze della sua classe entrare a scuola soddisfatte della nuova maglietta scollata o dei jeans attillati che avevano comprato per poter uscire con i loro rispettivi fidanzati. Carlotta cercava di pensare che prima o poi anche lei avrebbe potuto comportarsi così, ma non ne era tanto convinta. Autoconvincersi non era una delle cose che più le riusciva.
Stava camminando a passo rapido verso la scuola. Non voleva incontrare nessuno dei suoi compagni di scuola, perciò, verso le sette e mezza si dirigeva sempre davanti all’entrata secondaria, dove solitamente sedeva lei e qualche altro ragazzo solitario. Mentre si sistemava le lenti, vide qualcosa che la lasciò senza parole. Davanti alla porta secondaria c’era Alessio. Era bello da togliere il fiato. Sempre alla moda, sereno e da circa cinquanta metri di distanza, Carlotta riusciva a vedere chiaramente le sue iridi, anche se lontanissime. A quel punto non sapeva cosa fare.
Ma lui, sorridente, alzò la mano nella sua direzione. Lotta, non aspettandosi una mossa del genere, si girò ingenuamente dietro di lei, per assicurarsi che quel saluto fosse proprio diretto alla secchiona della classe. Ed era così.
Bene. Se ora fai finta di non averlo visto, puoi dileguarti. Ma lui ha visto che tu l’hai visto. Non puoi avvicinarti, altrimenti attacca bottone. Non puoi andartene, altrimenti penserà che sei una vile senza alcun motivo. Ma sono sicura che non ci sia un motivo? Cavolo, Carlotta, ragiona. Oppure saluta. No, aspetta, cosa devo fare?
Presa dall’ansia del momento, la ragazza non si era nemmeno accorta che Alessio era lì, a qualche centimetro da lei: «Buongiorno!»
Sobbalzò all’indietro, spaventata da quell’arrivo improvviso, e lui rise divertito: «So di non essere bello, ma neanche tanto orribile!»
Lei avvampò: «No… in realtà, io… cioè…»
«Tu?» Carlotta aveva temporaneamente ignorato la piccolissima distanza tra i due volti, ma quando lui si avvicinò ancora più pericolosamente, pregò il cielo che non accadesse nulla. Le guance erano rosso pomodoro e le sue iridi azzurre erano riflesse in quelle verdi del suo compagno di banco. Aspetta, da quando lo chiami così?
A quel punto, il volto del giovane si era fatto serio, tanto che Carlotta si era spaventata da chiedersi il perché. Strano che avesse cambiato così rapidamente espressione. Nonostante fosse desiderio del ragazzo, l’anonima ragazza del IVB non si era minimamente chiesta se il bellissimo ragazzo ammirato da tutta la scuola volesse baciare proprio lei.
Mentre le loro iridi avevano creato un gioco di sguardi che difficilmente qualcuno avrebbe interrotto. Ma niente è difficile per Claudio Motta, federe amico di Alessio.
«Alè, che fai, vieni?»
Carlotta sembrò risvegliarsi da un dormiveglia durato chissà quanto. Scosse la testa e si passò la mano tanto fredda sopra la guancia, mentre Alessio si voltava per urlare al suo amico che l’avrebbe raggiunto.
Era per caso infastidito?
«Beh, devo andare. Ci vediamo dentro.»
Sembrava che Alessio fosse nato per farla impazzire. Ed il fatto era che lei non aveva risposto acidamente come aveva fatto il giorno prima, ma era stata anche felice che lui le avesse dedicato qualche secondo del suo tempo. Dopo Alessio fu sparito dalla sua vista, la ragazza si voltò e se ne andò a passi rapidi sulla scalinata, dove avrebbe trascorso gli ultimi venti minuti rimasti prima che si entrasse. Quel giorno ci sarebbe stato il compito di scienze e Carlotta voleva essere il più possibile concentrata.
 
Entrata nell’aula, Carlotta si era sistemata nella sua solita postazione. Dopo aver visto che tutte quelle persone chiamavano Alessio, si aspettava solamente che lui tornasse a sedersi al suo solito posto, perciò non sperava neanche che il ragazzo si sedesse accanto a lei come il giorno precedente. Aveva sistemato il suo zaino grigio scuro per terra, accanto al muro, aveva aperto il libro di scienze, anche se sapeva che ripassare non sarebbe servito a nulla. Era tutto nella sua testa, parola per parola.
«Ehi!»
Alessio era lì, mentre si sistemava silenziosamente accanto a lei. Carlotta si spostò verso il muro e cercò di nascondere il rossore che era nato piano piano sulle sue gote solitamente pallide. Faceva freddo, o almeno era questa la scusa che si ripeteva nella mente. Dov’era finita la spavalderia?
«Che fai, ripassi? Io non ho capito per niente questo paragrafo, ma a questo punto mi rifiuto di vederlo.» Ridacchiò, sporgendosi verso di lei per indicare le righe del libro. Lei si fece piccola piccola, mentre sentiva accanto a sé la figura di Alessio consultare il suo libro a qualche centimetro da lei.
«Non l’hai studiato ieri?»
«No. Non mi piacevano le immagini.»
Lei lo scrutò scioccata, mentre lui scoppiava in una tenera risata. Non si aspettava che lui fosse così. Credeva che fosse uno spaccone antipatico che cercava di attirare l’attenzione di tutti. E invece non era così. Sembrava disponibile e sincero. Anche se le apparenze ingannano e Carlotta lo sapeva bene. Avrebbe solamente imparato a conoscerlo.
«Dai, mi dici dove sei andata ieri?» Chiese diventando serio.
«A casa.» Rispose rapida, per superare l’argomento.
«Dai, lo so che non sei andata a casa.»
Niente, quel ragazzo era tanto disponibile quanto impiccione. Carlotta scosse il capo e si piegò sul suo libro, fingendo che la conversazione non fosse mai iniziata, ma con Alessio non era mai così. Lui non fuggiva davanti ai problemi.
«E’ una cosa brutta?» Domandò.
«Ero a casa.»
«Dai, me lo vuoi dire?» Chiese insistente.
In quel momento, dalla porta entrò una donna alta e possente, troppo robusta per essere di sesso femminile. Portava lenti rosa e capelli biondo scuro legati sulla nuca in una cipolla fastidiosamente ordinata. Era la professoressa Idasi. Ordinò a tutti di sgomberare i banchi e di disporsi per il compito. Carlotta non sarebbe tornata sull’argomento.

***

Salve a tutti, è brevino, ma nel prossimo ci sarà un importantissimo avvenimento che BOOM, vi lascerà senza parole e mi farò perdonare. Vi invito ancora a lasciare una recensione e a farmi sapere cosa ne pensate della mia storia. Un bacione a tutti i lettori silenziosi ed a coloro che hanno aggiunto la storia alle storie preferite. Vi amo, puffetti. Ciao ciao
 
-Bruna Mars
  
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