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Autore: _maers_    29/11/2016    0 recensioni
A Castiorn, scuola di Magia e Stregoneria umbra, gli studenti sono divisi nelle Torri di Zaffiro, Rubino e Smeraldo, in competizione tra loro nella Coppa delle Torri; al quarto anno hanno poi la facoltà di scegliere di quale dei quattro Ordini dell’istituto entrare a far parte, scelta che condizionerà per sempre il loro presente e il loro futuro.
Siamo negli anni ottanta, Aron e Gaevriel sono gemelli e frequentano il terzo anno: i loro caratteri, radicalmente opposti, non impediscono loro di essere molto legati. Tra amicizie e routine scolastica, i due ragazzi si troveranno ad affrontare un percorso molto più difficile di quanto avessero immaginato, in una trama intessuta da Gellert Grindewald molti anni prima, alla scoperta della Magia Oscura italiana e del loro grande segreto, il potere di “Accendere” e di “Spegnere”.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Capitolo 2: TEMPESTE

 
 






 
Il vento ululava con forza tra le alte torri di pietra dell’antico bastione, spazzando selvaggiamente i prati del grande parco che lo circondava e smuovendo le acque nere del lago poco lontano. Castiorn si stagliava nella notte tra le colline umbre, imponente presenza invisibile a tutti coloro che non fossero maghi. Costruita centinai di anni prima dai grandi stregoni del passato, pareva indifferente alla tempesta in arrivo: la struttura a forma di L era massiccia e articolata su più piani; attorno alle mura di cinta vi erano serre, stalle ed orti; da sopra il tetto tre torri svettavano sul panorama circostante, e in mezzo ad esse una grande cupola argentea costituiva l’osservatorio di astronomia; dalle numerose finestre del castello era possibile scorgere in lontananza un campo di Quidditch e un bosco spogliato dall’arrivo dell’autunno. Quello che si preparava sarebbe stato il primo grande temporale dell’anno.
In netto contrasto con la tempesta in arrivo, all’interno Castiorn era avvolta dalla quiete del sonno profondo di tutti gli studenti, che si riposavano per affrontare una nuova giornata di lezioni. O meglio, quasi tutti. 
« Dico solo che devo trovare una soluzione, ecco. »
« Sono tre anni che dici la stessa cosa, Gaevriel. Faresti meglio a capire che è una questione che va oltre le tue possibilità. Rinunciaci. »
« Sei ingiusto, Aron, mai una volta che credessi in me! »
« Da quando ti metti a frignare come una ragazzina? »
« Volete fare silenzio, voi due?! »
Un cuscino venne lanciato con forza e volando attraversò il dormitorio buio, fino ad arrivare dritto sulla testa sollevata di Gaevriel, che subito si accasciò sul suo letto sbuffando. Non gli andava di litigare, ma quell’idiota di Andrea non si rendeva conto dell’importanza della conversazione che stava interrompendo. Tutto per delle stupide ore di sonno.
« Se proprio vuoi riscattarti, devi prendere coraggio e farlo. Bada bene che però ti servirà una strategia ben precisa » gli sussurrò Aron, sporgendosi dal letto accanto al suo.
« Mi darai una mano? Ad esempio, se mi prestassi il tuo libro di incantesimi floreali e mi insegnassi qualche bel trucco, potrei creare un’atmosfera perfetta e…»
« Neanche per idea. Sono incantesimi troppo difficili per te, finiresti per combinare guai. Non mi farò coinvolgere in questa cosa, è un problema tuo. »
« Ma insomma! » il gemello bruno reclinò il capo contrariato. « Sei tu quello intelligente dei due. Sveva è tua amica, la conosci quanto me, e per chiederle di uscire io… »
« Proprio perché è mia amica non voglio immischiarmi. Te lo ripeto, è una faccenda che devi risolvere da solo. »
Gaevriel sospirò, socchiudendo gli occhi e sentendo tutto il peso della stanchezza che quell’ora tarda portava con sé. Stranamente, però, non aveva alcuna intenzione di cedere al sonno.
« Ti ricordi il giorno in cui l’abbiamo conosciuta? » chiese piano, per non svegliare gli altri. « E anche Leo… » 
« Come dimenticarlo. Era il nostro primo giorno qui a Castiorn » un velo di nostalgia calò sugli occhi color ambra di Aron, identici a quelli del gemello. « Dormiamo adesso, è tardi. » Gaevriel provò a protestare, ma lui fu irremovibile. Quando finalmente nel dormitorio calò il silenzio più totale, il biondo rimase ancora per un po’ a fissare le fronde del suo letto a baldacchino avvolte dalle tenebre.
Ripensò a quella sera di due anni prima, quando lui e suo fratello avevano varcato le soglie di Castiorn, iniziando una nuova vita in quel mondo incredibile e magico oltre ogni immaginazione. All’epoca avevano appena compiuto undici anni, erano piccoli e spaesati, intimoriti da quell’universo in cui si erano di punto in bianco ritrovati. Appena messo piede nel castello ed entrati nel grande ingresso al pian terreno, una donna dai capelli corti e rossi e dall’aria severa era venuta loro incontro, seguita da un nutrito gruppo di ragazzini.
“Ora dovremmo essere al completo” aveva detto, squadrandoli dall’alto del suo naso adunco. “Io sono la professoressa Cesareo. Prendete posto in fila senza commenti” poi si era voltata verso il resto del gruppo. “Adesso vi condurrò nella Sala Grande, vedete di non fare disordine e di mantenere un comportamento accettabile.”
Gaevriel ed Aron avevano obbedito subito, abituati ad eseguire gli ordini delle maestre dell’orfanotrofio senza fiatare. Gli altri bambini, invece, avevano impiegato un po’ di tempo ad attenuare il loro vociare entusiasta.
Percorsero ordinatamente numerosi corridoi, tanto lunghi da sembrare infiniti, adornati con fiaccole e quadri alle pareti. I gemelli dovettero trattenersi dall’urlare quando videro per la prima volta i personaggi dipinti muoversi e salutarli.
Stavano per attraversare una porta scavata in una parete di pietra, quando i due bambini in fila davanti a loro si erano voltati nella loro direzione. Uno era basso, grassottello e con una montagna di ricci castani che gli scendevano sugli occhi e sulle spalle. L’altra, invece, era vispa e magrolina, con due grandi occhi azzurri che si aprivano sul volto pallido, incorniciato da due treccine scure. Subito sui visi di entrambi comparvero due larghi sorrisi e il bambino esclamò, tendendo una mano verso i gemelli: “Molto piacere! Io sono Leonardo, Leo per gli amici. Lei è Sveva... State attenti però, che morde!”. La bambina gli aveva tirato un ceffone, sussurrando: “Taci, stupido! Non dovete farci caso… Vi abbiamo notati prima, dalle vostre facce direi che venite da una famiglia babbana! Come vi chiamate?”
“S-siamo Aron e Gaevriel” aveva risposto timidamente il biondo, evitando accuratamente di incrociare lo sguardo di Leo e Sveva.
“E siete gemelli?”
“No, curioso vero? Ci siamo incontrati oggi” la battuta di Gaevriel aveva fatto ridacchiare i quattro, che avevano appena varcato la porta nel muro insieme agli altri. “Posso chiedervi dove stiamo andando? Come avete notato io e mio fratello non sappiamo molto su questo posto… L’uomo che ci ha portato qui non ci ha detto quasi niente…”
“Stiamo andando alla Sala Grande, per la Cerimonia dell’Estrazione!” aveva spiegato Leo, trattenendo a stento l’emozione.
“La cerimonia di… Che cosa?” aveva fatto Aron, perplesso. Fin da piccolo, aveva sempre detestato non essere preparato su un argomento, o non sapere di cosa si stesse parlando.
“Dell’Estrazione!” aveva risposto prontamente Sveva. “È il metodo utilizzato per dividere i nuovi alunni di Castiorn fra le varie Torri.” Avendo visto che la facce perplesse dei gemelli non mutavano, la bambina dopo un profondo respiro aveva cominciato: “Castiorn è divisa in tre Torri: la Torre di Smeraldo, la Torre di Zaffiro e la Torre di Rubino. Gli studenti del castello sono assegnati ognuno a una torre e questa guadagna o perde punti a seconda del comportamento dello studente. E alla fine dell’anno, la Torre con più punti vince la Coppa delle Torri!”
“E alle Torri si viene assegnati in modo del tutto casuale, in modo da sfruttare i punti di forza di ogni membro” aveva aggiunto Leo con un sorriso.
“E in che modo?” Sveva però non aveva fatto in tempo a rispondere ad Aron, perché la professoressa Cesareo aveva tuonato: “Silenzio, voi quattro!”. I bambini dopo quel rimprovero non avevano più proferito parola, continuando a camminare vicini e lanciandosi occhiate complici.
Ma non avevano atteso a lungo prima di giungere a un massiccio portone di legno, che la professoressa Cesareo aveva spalancato con aria d’importanza. Davanti a loro, un’immensa sala colorata – la più grande che avessero mai visto! – si era aperta: grandi vetrate sui lati lasciavano intravedere la penombra della sera; sei lunghi tavoli occupavano il centro dello spazio e ad essi stavano seduti centinaia di ragazzi tra i dodici e i diciotto anni; numerose fiaccole al soffitto illuminavano l’ambiente, adornato da stendardi e stemmi dai significati sconosciuti; in fondo alla sala, su un piano rialzato da pochi scalini, stava una tavola in ebano ovale, attorno alla quale erano accomodati poche decine di adulti, probabilmente i colleghi della professoressa Cesareo.
Al loro arrivo, il vociare nella sala si era spento, tutti i ragazzi ai tavoli si erano voltati curiosi verso di loro, e un uomo anziano dall’aria austera seduto al centro della tavola d’ebano si era alzato. Aveva teso le braccia verso i bambini appena entrati, increspando il volto rugoso in un lieve sorriso, e un’ampolla colma d’acqua era lentamente comparsa davanti a lui. “Benvenuti” aveva annunciato in tono solenne. “È con piacere che io, preside Erasmus Nichil, vi accolgo qui, alla Scuola di Magia e Stregoneria di Castiorn, cuore delle Arti Occulte italiane. Avvicinatevi, futuri studenti, e la Cerimonia dell’Estrazione potrà avere inizio.”
Preceduti dalla professoressa Cesareo, i bambini avevano avanzato timorosi per la grande sala. “Aspettate qui. Uno alla volta chiamerò il vostro nome e dovrete raggiungermi per estrarre dall’ampolla la vostra pietra, che rivelerà a quale Torre sarete stati assegnati” aveva spiegato l’insegnante, avvicinandosi al preside davanti al tavolo ovale con un lungo rotolo di pergamena in mano.
“Sveva De Flandre!” aveva chiamato, leggendo il primo nome scritto sul rotolo.
“State a vedere” aveva sussurrato Sveva ai gemelli, prima di dirigersi senza paura verso l’ampolla, tendervi la mano ed estrarne una brillante pietra verde. “Torre di Smeraldo!” aveva esclamato la professoressa Cesareo, mentre la bambina correva felice verso uno dei tavoli adornati da stendardi verdi, dove i suoi nuovi compagni la applaudivano entusiasti.
Aron, sdraiato sul suo letto nel dormitorio silenzioso, ricordò il sorriso dell’amica e le treccine scure dondolare mentre lei correva. Ricordò come suo fratello e Leo vennero dopo di lei e dopo tanti altri bambini assegnati alla Torre di Zaffiro, e ricordò la paura di rimanere solo in un’altra Torre. Infine, ricordò l’emozione nell’astrarre una scintillante pietra azzurra dalla fatica ampolla, per raggiungere poi Leo e Gaevriel al tavolo della Torre di Zaffiro, con un sollievo e una felicità nel cuore che ovviamente non lasciò trasparire.
Fu con questo pensiero in testa e con un timido sorriso sulle labbra che Aron si addormentò quella sera, mentre fuori dalle mura di Castiorn la tempesta cominciò con un imponente scrosciare di pioggia.

 
*

 
« Glielo ripeto, signor preside, non ho alcun dubbio su quei due ragazzi. »
« Sei sempre stato un uomo avventato, Bron. »
« Stavolta è diverso! Dobbiamo intervenire subito, forse abbiamo già perso troppo tempo… »
« Non voglio correre il rischio di sbagliarmi su questioni così delicate. Prima di compiere qualsivoglia mossa dovrò accertarmi personalmente che le cose stiano cambiando a Nord. »
« Ma potrebbe essere già troppo tardi! Il mio collega, il professor Hausladen, sarebbe perfettamente in grado di preparare i ragazzi nel modo migliore possibile. Bisogna agire adesso. »
« Bron, cerca di ragionare… »
Due uomini, uno più giovane e uno molto anziano, si fronteggiavano ai lati opposti di una scrivania, ma la loro conversazione fu interrotta da un leggero bussare. « Avanti » fece l’uomo anziano, mentre l’altro lo scrutò perplesso. « Ha fatto venire qualcuno…? » L’uscio si aprì cigolando e Aron si fece avanti nell’ampio e ordinato ufficio del preside Erasmus.
« Buongiorno signor preside, buongiorno professor Lycaion » salutò il ragazzo, rimanendo rispettosamente al suo posto e chiudendo la porta. « Desideravate vedermi? »
« Accomodati, Ferrante » fece il preside, mentre l’insegnante lo guardava sempre più confuso. Aron ubbidì, dirigendosi verso la scrivania e prendendo posto. « Perdona la presenza del tuo professore, ignorava che ti avessi convocato qui… Ha scelto di venirmi a far visita nel momento sbagliato » continuò il preside lanciando uno sguardo di rimprovero a Bron, che impallidì dietro la barba scura.
« Non mi crea nessun fastidio. Cosa posso fare per lei? »
« Oh, non devi fare niente per me » disse l’anziano increspando le labbra. « Vedi, i tuoi insegnanti mi hanno riferito della tua straordinaria propensione allo studio. I tuoi risultati sono sorprendenti e le tue doti notevoli. Per cui, se sei d’accordo, vorrei darti la possibilità di saltare un anno. »
« Come? » fecero in coro stupiti Aron e il professor Lycaion. Nonostante fosse stato interpellato il ragazzo, fu l’uomo a prendere parola. « Non le pare una decisione affrettata, signor preside? Certo, il giovane Ferrante ha un incredibile talento, ma non credo sia il caso di fargli saltare un anno importante come il terzo, che è quello che precede la scelta dell’Ordine… È un passaggio molto delicato, che condiziona tutta la vita, e non credo che Aron sia pronto ad affrontare l’Esame adesso ».
“Ma certo che sarei pronto ad affrontare l’esame…” pensò il ragazzo tra sé, con muta superbia.
« Bron, prima o poi dovrai smettere di contraddirmi… » iniziò il preside, subito interrotto però dal giovane. « Non deve preoccuparsi, professor Lycaion, perché non ho alcuna intenzione di affrontare l’esame adesso, né di passare prematuramente al quarto anno. Per quanto io eccella negli studi, penso di dovermi prendere il mio tempo per prepararmi. »
« Sei sicuro? » chiese il preside Erasmus, mentre Bron tirava un sospiro di sollievo. « È un’opportunità concessa a pochi, ti aprirebbe la strada a molti orizzonti. Puoi sempre ripensarci, se vuoi. »
« Non credo che lo farò » ribatté sicuro Aron. “Non lascerei mai indietro Gaevriel” pensò tra sé, senza rimpianti. Erano sempre stati uniti in tutto, loro due, e per lungo tempo non avevano conosciuto altro affetto se non quello reciproco. Venendo a Castiorn, si erano promessi di affrontare insieme quell’avventura. E Aron avrebbe sempre mantenuto le sue promesse.  
Il preside stava per ribattere nuovamente, mentre Bron lo guardava in tralice, quando un cavaliere dipinto corse affannato nel quadro alle loro spalle.
« Signor preside, signor preside! » esclamò tentando di riprendere fiato. « Il giudizio universale! La tempesta! Un disastro! »
« Con calma, sir Arcibaldo » invitò l’anziano, inarcando un sopracciglio bianco e cespuglioso. 
« Sì, sì, certo, con calma… » balbettò il cavaliere, respirando profondamente.  « L’ala est del piano terra, signor preside, dove si trova il mio ritratto… È del tutto inaccessibile! »
« Come sarebbe a dire? » domandò il professor Lykaion, raddrizzandosi sulla sedia.
« Una tempesta floreale incontrollata sta investendo quell’area! Se non si fa qualcosa subito si espanderà in tutta la scuola! La sua potenza è devastante! » spiegò frettolosamente il dipinto, sull’orlo delle lacrime.
A quelle parole Aron si sentì gelare. Ripensò a Gavriel e alla sua richiesta di prendere in prestito Incantesimi Floreali  per fare una “sorpresa” a Sveva. Con un’intuizione fulminea mise insieme i pezzi, pregò che suo fratello e i suoi amici stessero bene e subito si alzò dalla sedia, proferendo un solenne: « Signor preside, professore, vogliate scusarmi. »
Poi, senza attendere risposta, si catapultò fuori dall’ufficio, correndo giù per le scale che conducevano al pian terreno. Giungevano fin là le grida atterrite degli altri studenti, intenti a fuggire in ogni direzione, e man mano che Aron avanzava un pesante vento si alzava e dei petali rosei volavano in ogni direzione tagliando l’aria circostante ed emettendo fischi acuti. “Quel deficiente di Gavriel!” riuscì solo a pensare nel turbinio confuso che c’era nella sua testa.
Fuori la pioggia continuava dalla notte precedente a battere incessante: ma una tempesta ben più terribile era iniziata all’interno del castello. 





 
   
 
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