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Autore: Animaga Lupetta    30/11/2016    0 recensioni
Un mese è passato dalla vittoria contro Lord Voldemort. Vittoria che è stata pagata cara da tutti, sia da coloro che si trovavano nello schieramento vincitore, sia da coloro che seguivano il nemico. Ad Hogwarts il clima non è più lo stesso; l'entusiasmo di tutti è spento, le ombre dei morti aleggiano per il Castello, nascondendo i presagi di un nuovo pericolo. Perchè Lord Voldemort, sarà pure morto, ma qualcuno è già pronto a prendere il suo posto. E i Mangiamorte scampati alla Legge si nascondono, pronti ad obbedire al loro nuovo padrone.
E in questo clima di grande confusione, Draco si ritroverà per la prima volta spogliato della sua consueta arroganza, senza più avere qualcosa in cui credere. E forse è proprio questo che gli consentirà di aprire il suo cuore ad un sentimento totalmente nuovo per lui: l'amore. Hermione avrà il compito di convincerlo a liberarsi del passato, per avanzare verso un nuovo futuro.
Non saranno soli, a combattere. Un aiuto della Provvidenza verrà in loro soccorso, e Hogwarts, ancora una volta, proteggerà strenuamente i suoi studenti. Studenti vecchi e nuovi...
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Weasley, Lucius Malfoy, Minerva McGranitt, Nuovo personaggio, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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ATTENZIONE
I personaggi e luoghi di questa fanfiction non mi appartengono, sono frutto dell'opera di JK Rowling. Io li uso in questa storia con rispetto nei confronti dell'autrice e del suo lavoro, senza scopo di lucro. 







Ritorno





Era finita.

La battaglia di Hogwarts era finita. E con lei era finita anche l’era di Voldemort. L’era dei Mangiamorte, l’era del buio e della disperazione, della distruzione e della morte. I Mangiamorte erano confusi, sperduti, ora che il loro padrone aveva cessato di esistere, ucciso per mano di Harry Potter, il Bambino che è Sopravvissuto e dei suoi amici.

Draco Malfoy si chinò a raccogliere una bacchetta spezzata che giaceva a terra. Alzò lo sguardo a fissare con occhi spenti la roccaforte di Hogwarts le cui torri svettavano nella nebbia del mattino imponendosi su ogni altra forma di vita. Si toccò distrattamente il punto dove era nascosto il marchio nero, per la prima volta non sentendolo pulsare come se fosse stato vivo.

Ora che il Signore Oscuro era morto, lui era solo. Lo era sempre stato, solo, ma il legame con i Mangiamorte e il suo nome di Malfoy gli avevano sempre procurato il rispetto e il timore di chiunque. Mentre ora era soltanto il codardo figlio di un Mangiamorte.

Chiuse per un attimo gli occhi, sentendo lo zigomo destro pulsare, laddove uno della banda di Potter lo aveva colpito durante la battaglia. Non aveva nemmeno avuto il pensiero di guarirselo. Dacchè la battaglia era terminata, si sentiva come un robot rotto, privo di volontà. Spento, vuoto. Non voleva pensare, non voleva ricordare, eppure quei maledetti ricordi e pensieri lo tormentavano senza tregua. Suo padre, sua madre, la fuga, la morte del Signore Oscuro. Hogwarts. Sarebbe tornato a scuola l’anno successivo? Quello era uno dei tanti pensieri che lo tormentavano da giorni. Dove mai avrebbe trovato il coraggio di guardare in faccia i suoi compagni di classe?

Dannazione Draco, sei un Malfoy. Un Malfoy non ha paura di nulla. Un Malfoy è temuto e rispettato, sempre e comunque. Per un momento gli parve di tornare indietro nel tempo, a quand’era piccolo e suo padre non faceva altro che ripetergli quanto fosse importante tenere alto il nome di famiglia, inculcandogli in testa valori e convinzioni che ora in fin dei conti non gli appartenevano neppure. Per cosa aveva combattuto allora? In nome di cosa aveva dato  via la sua adolescenza, quelli che in teoria dovrebbero essere gli anni più belli e spensierati?

Scosse la testa, tentando per l’ennesima volta di scacciare quei pensieri.

Abbandonò la bacchetta rotta a terra, e riprese a camminare verso il maestoso castello di fronte a lui. Si sarebbe iscritto l’anno successivo. Non sarebbe stato un codardo, non questa volta. A differenza di mio padre, pensò Draco.

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Su un treno poco distante da Hogwarts, nel frattempo, un giovane dai capelli biondi leggeva un libro mangiando distrattamente un panino, che abbandonava regolarmente sul sedile accanto al proprio ad ogni giro di pagina. Sul sedile davanti al suo invece una ragazza contemplava assorta il paesaggio fuori dal finestrino, il gomito destro appoggiato senza grazia sul davanzale e le gambe accavallate.

“Connor?”, disse la ragazza ad un certo punto.

“Mm?”

“Io non credo che alla McGrannit farà molto piacere ritrovarsi con noi fra i piedi senza preavviso”

“Infatti sarà molto divertente vedere la sua reazione quando ci vedrà”, sogghignò lui. La ragazza alzò gli occhi al cielo.

“Povera McGrannit”

“Povera un corno. Con tutto quello che mi ha fatto passare mentre ero ad Hogwarts ci manca solo che io cominci a provare pena per lei. Pensa ai suoi poveri studenti piuttosto”

“CONNOR!”, ringhiò lei, “non mi sembra il caso di parlare così dopo che ha fatto tanto per il mondo magico durante la battaglia. Ti ricordo che il castello è ancora in lutto. Evita di fare l’inopportuno per piacere”

Connor sbuffò. Tentare di concentrarsi sul suo libro a quel punto era inutile, quindi lo chiuse e lo appoggiò sul sedile accanto, non prima di averci infilato dentro il segnalibro.

“Non ho ancora mandato a Charlie le mie condoglianze per Fred”, mormorò Connor dopo qualche istante di silenzio. “Se solo penso a quello che è accaduto… al fatto che è morto così, innocente, giovane…per cosa poi…”, ringhiò con la voce roca, digrignando i denti.

“È stata una tragedia. Molti sono i morti, ancor di più sono coloro che soffrono per la morte di altri. E questi sono segni che non se ne andranno per parecchi anni”, mormorò lei, fissando la punta dei propri piedi. Se Connor, suo fratello, fosse morto, dentro lei sarebbe morta con lui. Non avrebbe mai sopportato di stare senza di lui. Erano una cosa sola, il legame che li univa era troppo forte.

Alzò lo sguardo e incrociò gli occhi del fratello maggiore, intuendo che stavano pensando alla stessa cosa.

“Ormai non dovrebbe mancare molto”, disse Connor puntando lo sguardo fuori dal finestrino.

Il treno era insolitamente calmo visto che era solo giugno e gli studenti di Hogwarts non c’erano. Un silenzio tranquillo continuò a circondarli fino a che non furono in vista delle alte torri della scuola di magia, al che raccolsero ognuno il proprio baule e si prepararono a scendere.

Quando scesero dal treno si fermarono a fissare il castello in silenzio, ognuno colpito dai propri ricordi.

“Astrid vieni?”, si sentì poi chiamare lei, riscuotendosi.

“Arrivo”.

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Nell’ufficio del preside, che ora era la McGrannit, una attonita Minerva cercò di nascondere la sorpresa trovandosi davanti un irriconoscibile Draco Malfoy. Il ragazzo di fronte a lei aveva i capelli tutti spettinati, il colorito ancora più pallido del solito, vestiti spiegazzati e un grosso, vistoso paio di occhiaie.

Lui si trascinò davanti alla scrivania per poi lasciarsi cadere sulla poltroncina degli ospiti.

Abbandonando la sua solita alterigia, Minerva si lasciò trasportare dall’emozione e gli si avvicinò rapidamente posandogli una mano sulla spalla. Quello che ne ottenne fu solo un’occhiata spenta da parte del ragazzo.

“Come stai, Draco?” gli domandò sinceramente preoccupata.

Non so più chi sono. Questo avrebbe voluto rispondere Draco. Non so cosa farmene della mia vita.

Minerva lo guardò con comprensione come se avesse intuito i suoi pensieri. Nella sua mente scorrevano rapidi i ricordi dell’ultima battaglia: Draco che all’ultimo, prima della fine, veniva trascinato via da un Lucius Malfoy sempre più  consapevole della disfatta ormai prossima, e da una Narcissa in lacrime, e poi la caduta del Signore Oscuro e ancora l’arresto di Lucius e di altri Mangiamorte di fronte alla intera Comunità Magica. Per Merlino, quel ragazzo ne aveva passate tante. E nonostante fosse stato dalla parte del nemico, ciò non significava che avesse sofferto meno di coloro che avevano combattuto Lord Voldemort.

L’animo Grifondoro della anziana professoressa si riempì di calore. Voleva solo trovare la maniera per far dimenticare a quel ragazzo un po’ del suo turbamento.

“So quanto hai sofferto, Draco”

“Davvero?”, disse lui facendo trasparire il fantasma del suo vecchio ghigno. “Sa una cosa, professoressa, io non lo credo possibile. Sa cosa significa perdere tutto ciò in cui hai sempre creduto, ritrovarsi con un padre in prigione, una madre che è praticamente un fantasma e sentirsi osservare, insultare, odiare da tutti; ritrovarsi a sentirsi un reietto? E soprattutto, avere la consapevolezza di dover passare il resto della vita con questo?”, sputò lui tirandosi su la manica della camicia per mostrare il Marchio Nero sbiadito.

La professoressa sentì un colpo al cuore alla vista del Marchio. Senza che Draco lo notasse prese un respiro profondo.

Si spostò dietro alla scrivania, sedendosi sulla poltrona. Posò i gomiti sul tavolo e incrociò le dita delle mani, fissando di fronte a sé quell’ombra del suo vecchio studente.

“Perché non torni ad Hogwarts a settembre?”, gli domandò lei dopo qualche attimo di silenzio. “Penso sarebbe meglio per te provare a distrarti in qualche modo, e di certo chiuderti nel Maniero non aiuterebbe la tua guarigione”

Draco sollevò appena la testa per guardare la sua professoressa negli occhi. “Sono giorni che mi ripeto la stessa cosa. Difatti, questo è il motivo per cui sono qui oggi”. Fece una pausa abbassando nuovamente lo sguardo verso i propri piedi. “Tuttavia non sono più così sicuro della mia scelta”, mormorò stancamente.

Minerva lo fissò sollevando un sopracciglio. “Io trovo che sia la cosa migliore per te. Coraggio, Draco. Torna ad Hogwarts”.

Lui la guardò di nuovo, indeciso. Strinse i denti al solo pensiero di tutti gli sguardi che lo avrebbero fissato incessantemente. Ma tutto sarebbe stato meglio di rinchiudersi in quel maledetto maniero.

Il suo sguardo si fece più duro, non appena prese la sua decisione definitiva.

“Tornerò”

La McGrannit gli sorrise. Quel ragazzo era cresciuto ormai, era diventato un uomo. “Severus sarebbe fiero di te, Draco” mormorò sorridendo tristemente al ricordo del professore.

Sul viso di Draco passò un’ombra. Quella era una delle tante cose che Voldemort gli aveva portato via. Piton era sempre stato l’unico a capire veramente cosa provasse, a sostenerlo nelle sue incertezze e nelle sue paure. Ora che lui non c’era più, Draco era davvero solo come non mai.

“Potrò ancora avere la mia camera privata?”, le domandò, sperando con tutto se stesso in una risposta affermativa. Non aveva nessuna voglia di condividere gli spazi con persone che non avrebbero fatto altro che giudicarlo.

La McGrannit sorrise. “Ovviamente”.

Per la prima volta durante quell’incontro Draco sorrise.

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Draco se n’era andato da qualche ora, quando Minerva McGrannit sentì nuovamente bussare al portone.

“Avanti”, disse stancamente dando l’ordine alla porta di aprirsi, e riabbassò nuovamente lo sguardo sulla pila di fogli che attendeva di essere letto e firmato sulla scrivania.

“Cosa posso fare per te?”, disse dopo aver percepito dei passi fermarsi di fronte a lei, senza alzare gli occhi dai documenti.

“Mi piace il tocco vintage che ha dato alla stanza, sa? Rende tutto molto più accogliente”, ghignò una voce bassa.

Minerva sentendo quella voce tremò interiormente, gli occhi ora fissi su un punto non definito della scrivania.

Alzò lentamente lo sguardo credendo di aver sentito male.

Davanti a lei un ragazzo biondo la fissava, gli occhi celesti che brillavano, gelidi.

“Connor”, mormorò lei freddamente.

Il ghigno di Connor si allargò. Incrociò le braccia davanti a sé, continuando a guardare la sua anziana professoressa che lo stava fissando incredula.

“Minerva”

“Cosa ci fai qui?”

“Ma che accoglienza calorosa, professoressa. Pensavo sarebbe stata più felice di rivedere un vecchio allievo”, sussurrò le ultime parole.

Lo sguardo della McGrannit si indurì. “lo sarei stata se solo questa visita fosse stata in un altro momento”, sibilò. Allo sguardo sorpreso di lui, disse “La battaglia, Connor. Dov’eri durante la battaglia? Pensavo che il tuo compito fosse quello di proteggere, non quello di farti gli affari tuoi e di comparire qua e là senza preavviso solo per infastidire la gente e fare i comodi tuoi

Connor esplose in una risata fredda. “Che bello vedere che come al solito lei pensa di sapere tutto quando invece non sa niente di me, professoressa. Certe cose non cambiano mai”, disse glaciale.

Minerva incrociò le braccia al petto, a disagio.

“Dov’eri allora mentre le persone morivano, Connor?”

“Diciamo che ero altrove a fare altro”.

La conversazione fu interrotta da un ticchettio lento sul pavimento di pietra del corridoio, seguito dall’ingresso di una ragazza dagli occhi freddi, ma il cui viso si illuminò alla vista della professoressa.

“Professoressa McGrannit!”, esclamò con calore Astrid, coprendo con poche falcate lo spazio che separava lei e l’insegnante per poi fermarsi davanti a lei con un sorriso.

“Astrid! Ci sei anche tu!”disse di rimando la McGrannit con sorpresa. Il suo viso si piegò in un sorriso. “Come stai?”

“Diciamo bene”, le rispose. “Ultimamente non è stato un bel periodo per nessuno. Come sta Hogwarts?”, mormorò abbassando la voce.

Minerva scosse la testa socchiudendo gli occhi. “In frantumi, momentaneamente. È passato appena un mese dalla battaglia, e tutti hanno subito perdite di ogni genere. Se solo Albus fosse qui…”, mormorò malinconicamente.

Connor sbuffò. La professoressa e Astrid si voltarono a fissarlo.

“Arriviamo al punto per piacere”, disse lui facendo scomparire il ghigno dalla faccia.

“Ti ascolto”

“Io e Astrid siamo qui per un motivo preciso, a differenza di quello che lei crede. Abbiamo intenzione di tornare a Hogwarts a settembre”. La sua voce aveva assunto un tono determinato.

La professoressa non nascose il proprio stupore. “Tornare a Hogwarts?”, ripetè. “Perché mai? Credete forse che la scuola possa essere ancora in pericolo?”

“Ci sono dei fattori che potrebbero potenzialmente trasformarsi in un problema”, prese parola Astrid. “Non voglio allarmarla. Forse non accadrà nulla. È solo che i nostri sensi…”

“…percepiscono qualcosa, un presentimento”, completò Connor.

“Perciò”, proseguì Astrid, “abbiamo intenzione di sorvegliare la zona”.

La professoressa li fissò per qualche secondo senza replicare. Stava pensando. Il suo cuore tremava al solo pensiero di nuove minacce verso la scuola e gli studenti. Sperò con tutta se stessa che quei presentimenti non si avverassero.

“Molto bene”, disse poi. “Prenderete parte al settimo anno, insieme a molti di coloro che hanno combattuto durante la guerra oltre che ai regolari studenti”, concluse Minerva con un sospiro.

“Ma evitate di allarmarli, per piacere. Ritengo che abbiano avuto fin troppi pensieri e preoccupazioni nell’anno passato”, affermò dopo.

“Certamente”, mormorò Astrid con un sorriso.

“Ah un’ultima cosa”, disse la McGrannit. “Preferirei che voi assumeste due nomi nuovi. Non voglio destare sospetti in nessuno, e non è escluso che qualcuno possa riconoscervi”.

Connor e Astrid si fissarono negli occhi per un istante. “Molto bene”, rispose Connor a voce lenta. “Il mio nome sarà allora Hunter”.

“Io mi chiamerò Breena”, mormorò lei.

La McGrannit sorrise ai due ragazzi di fronte a sé. Connor distolse lo sguardo, infastidito.

“Ci vediamo a settembre allora, Breena e Hunter”, sussurrò la professoressa.






NOTE DELL'AUTRICE
Finalmente mi sono decisa a scrivere qualcosa, dopo aver passato anni solo leggendo storie scritte da altri. Sono curiosa di vedere dove questo progetto nuovo mi porterà... spero che la mia storia vi piaccia, fatemelo sapere con una recensione, lo apprezzerei moltissimo.

Animaga Lupetta
 
  
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