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Autore: channy_the_loner    30/11/2016    3 recensioni
[Human!Characters]
Amy Rose ha da poco scoperto di avere talento nel mondo della musica, grazie anche alla sua band preferita: gli Hedgehogs. Il suo entusiasmo contagerà anche le sue più care amiche così da formare un vero e proprio gruppo musicale. Le possibilità di incontrare quei ragazzi di Hollywood per realizzare il sogno di una vita sono davvero poche, eppure...
TRATTO DAL PROLOGO
"La musica ce l'hanno nel sangue, ed io ho deciso di diventare come loro."
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amy Rose, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Starnutisco improvvisamente.

"Cavolo, avrei dovuto mettere una sciarpa! Va bene, domani mattina me ne ricorderò …” penso tirando su col naso.

Proprio in questo momento, qualcuno mi afferra una spalla e mi fa girare, cogliendomi di sorpresa e facendomi spaventare; decido di chiudere gli occhi, ma più di una decisione è un istinto.

“Okay, Amy. Da piccola praticavi karate e ora fai danza: è praticamente la stessa cosa, basta che aggiungi un ceffone quando fai la pirouette. Semplice, no?!”

<< Amy, per favore, apri gli occhi! Sono io. >>

La voce femminile che sento è familiare, perciò faccio come mi è stato detto e apro lentamente un occhio, poi velocemente l’altro e metto a fuoco la persona che mi sta di fronte: è Blaze e sembra avere il fiatone.

<< B-Blaze! Mi hai spaventata! >> strillo, dimenticandomi che siamo in mezzo alla strada e che tutti i passanti ci stanno fissando.

Infatti, le sue guance si tingono di rosa, ma tenta di nasconderlo abbassando la testa, forse per non farsi riconoscere da qualcuno. A questo punto non faccio a meno di porgermi una domanda: da quando è così timida? Se fosse stato un po’ di tempo fa, sicuramente se ne sarebbe fregata, urlandomi contro qualcosa per rimproverarmi. Mi sono persa qualcosa, per caso? Cosa sta succedendo in questi giorni, che è tutto così … Opposto?!

<< Vorresti fare quattro passi con me prima di tornare a casa? >> mi chiede spingendo un sassolino giù dal marciapiede con un piede.

È ufficiale: è successo qualcosa ed io non so niente. Blaze non inviterebbe mai qualcuno a fare anche solo una passeggiata, perché è fatta così. E quando dico “mai” è mai.

Annuisco vivacemente con un sorriso energico stampato in faccia e lei, nel vederlo, fa una smorfia mentre distoglie lo sguardo e lo punta sulla vetrina di un negozio di vestiti di marca; accorgendosi di aver sbagliato di nuovo soggetto da guardare decide di osservare il cemento della strada, dove sono dipinte le strisce pedonali, poco distanti da noi. Rido per il suo piccolo disagio, poi la predo a braccetto e ricomincio a camminare, mentre lei tenta di affiancarsi a me.

Il parco non è molto lontano, quindi decido di dirigermi direttamente lì, approfittando del fatto che questo pomeriggio sembra essere molto meno ventilato rispetto a stamattina. Tutti questi cambiamenti repentini di temperatura mi fanno ricordare, con un sorriso, Cream e Cosmo, l’anno scorso, impegnate con le proteste e i cortei contro l’inquinamento ambientale: insistettero tanto perché partecipassimo tutte, ma la giornata finì con la fronte di Blaze decorata con un bernoccolo e tutte le mie unghie spezzate, senza contare tutte le scuse che ci chiesero quelle due ambientaliste, mortificate per averci trascinato in quell’enorme mischia.

Ci sediamo su una panchina che ci sembra minimamente più pulita rispetto alle altre e appoggiamo gli zaini di lato, così da stare più comode.

<< Allora? Volevi dirmi qualcosa? >> le domando buttando la testa all’indietro e iniziando ad osservare il cielo nuvoloso.

<< Beh, sì … >> fa lei, temporeggiando.

<< Dimmi. >> le dico di rimando: potrebbe venire a piovere da un momento all’altro, meglio che ci sbrighiamo.

<< Devo essere diretta? >> mi chiede, quasi come se fosse un permesso.

<< Sì, dai, non preoccuparti. >> le concedo con un sorriso.

Con la coda dell’occhio la vedo fare un lungo sospiro mentre tiene la testa piegata in basso.

<< È tornato. >> dice solamente e mi manca improvvisamente il fiato.

<< Chi? >>

<< Lo sai. Lui. >>

Mi rimetto composta e guardo Blaze negli occhi: i suoi sono tristi, ma non spenti. C’è uno strano luccichio, un luccichio che non le ho mai visto. Giuro che in questi giorni mi farò confessare tutto quello che è successo, dovessi usare le maniere forti! Ma oggi no, non è il caso.

<< No, è impossibile. >> dico ridendo nervosamente. << Aveva detto che sarebbe tornato dopo Natale, a gennaio. Ora siamo a novemb-- >>

<< L’ho visto fuori scuola, quando siamo usciti. Stava cercando di seguirti, ma poi è stato bloccato da Daniel. >> mi dice, per poi scostarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Mi metto le mani in testa: lo so, mi rovinerò sicuramente l’acconciatura, ma in questo momento sono maggiormente preoccupata per questa brutta notizia.

Blaze si sta riferendo a Jeton Woods, un ragazzo che frequenta il mio stesso corso di chimica e a cui do ripetizioni nonostante io non sia tanto brillante in questa materia. La verità è che lo conosco da qualche anno e mi è sempre stato molto antipatico, con i suoi modi di fare da prepotente e da bullo: pretende di essere il migliore e vuole sempre avere ragione *[n.d.Channy: Mi ricorda qualcuno *coff* Ayato Sakamaki *coff*]* . L’anno scorso girava voce di una sua presunta cotta nei miei confronti, ma non ho mai voluto indagare più a fondo per paura di cadere in una delle sue trappole a doppi fini; ho semplicemente lasciato correre la voce, dimostrando il contrario facendo finta di non sapere nulla, sotto consiglio delle ragazze. Il risultato è stato semplicemente che la voce è sparita dopo neanche una settimana ma, con essa, Jeton aveva iniziato a “darsi da fare di più”. Non ricordo bene il motivo della sua partenza repentina a inizio anno scolastico né dove sarebbe andato, ma ricordo chiaramente che mi disse:


<< Ci vediamo a gennaio, zuccherino. >>

<< Jet, ti ho detto mille volte di non chiamarmi “zuccherino”. >>

<< Ed io per mille volte ero impegnato a specchiarmi nel mare dei tuoi occhi. >>


Le frasi che mi diceva ogni giorno erano belle e sarei anche arrossita, se solo fosse stata un’altra persona a dirmele.

<< Va bene. >> dico dopo essere stata in silenzio per non so quanto tempo. Rilasso i muscoli e smetto di torturarmi i capelli.

<< “Va bene” cosa? >> mi chiede Blaze guardandomi con aria confusa.

<< Jeton torna in città. Va bene. Male che vada lo picchierò stile in “Alive” (*), tanto ho imparato le mosse! >>

Blaze, dal canto suo, si mette a ridere, mettendosi le mani sulla pancia: la sua risata è contagiosa, perciò rido anch’io, sempre più intensamente.

<< Sono sicura che succederà davvero. >> dice tra una risata e l’altra. << Quando lo farai voglio essere presente! >> aggiunge ed io annuisco vivacemente.


***


Milù è seduta a terra e mi guarda con i suoi occhi grandi; la lingua rosa, di tanto in tanto, fa capolino ad accarezzare il musetto, per poi rintanare velocemente, facendomi sorridere dolcemente. Non so bene cosa voglia, perciò mi limito a guardarla negli occhi per tentare di capire: tuttavia, è da più di dieci minuti che va avanti così, ma sono ancora a zero nella scaletta della comunicazione telepatica felina.

Il pavimento della cucina è freddo, ma non intendo alzarmi per sedermi su una delle sedie del piccolo tavolo in metallo che si fa ben notare, stando al centro della stanza. Preferisco star seduta qui a terra a gambe incrociate e con la schiena poggiata contro la colonna forno, piacevolmente calda grazie alla torta di mele che zia Ella ha messo a cuocere prima di uscire di casa per andare a messa con Vanilla, la madre di Cream. Il profumino di mele dolci si è sparso velocemente per la cucina, ma sono convinta che anche l’entrata, il salotto e metà piano di sopra si siano profumati di quest’odore delizioso.

Guardo l’orologio dallo schermo del mio cellulare: sono le sette in punto, la serata è ancora lunga ed io non so cosa fare. Per la prima volta nella mia vita non ho voglia di ascoltare la musica né girovagare su internet, mentre nessuna delle ragazze è online su Whatsapp, quindi posso chiacchierare solo con Milù, accontentandomi di non ricevere risposte. Mi scappa un buffo di noia mentre mi guardo intorno in cerca di qualcosa da fare; non posso nemmeno pulire camera mia, dato che l’ho già fatto ieri mattina. La manicure è a posto e la lavatrice ha già finito il programma da qualche ora, i panni sono già stesi; non ho nessun libro nuovo da leggere e non ho intenzione di studiare un minuto di più.

<< E va bene, Milù. >> dico mettendomi le mani sui fianchi. << Passeremo questa serata io, te e la televisione tutte solette, sei d’accordo? >>

Milù si rimette in piedi e fa per correre in salotto, ma viene prepotentemente fermata – e spaventata – da campanello di casa, che suona due o tre volte, facendo sussultare leggermente anche me.

Mi alzo in piedi lentamente, chiedendomi chi possa essere a quest’ora: è tutto buio e freddo, nonostante l’orario, perciò chi è il pazzo che è venuto a bussare?

<< Come non detto! >> esclamo, divertita dalla mia gattina bianca, corsa via da qualche parte.

Il campanello suona nuovamente, questa volta da’ un suono veloce e frettoloso. Vado all’entrata e guardo allo spioncino: il cuore manca di un battito non appena riconosco una folta chioma di capelli blu sparata in alto dalla gelatina. Apro lentamente la porta e mi ritrovo davanti quei due occhi verde prato, che ho sempre sognato di notte e desiderato guardare senza uno schermo a fare da intermediario.

<< Hey, Amy! >> esclama con un largo sorriso sulle labbra.

Crede che non mi renda conto di quanto è nervoso: idiota, glielo si legge in faccia.

<< Hey, Sonic. >> lo saluto pacatamente aprendo di più l’uscio. << Cosa ci fai qui? >>

Lui pare ignorare il mio tono di voce pungente e, forse, gliene sono grata: non mi piace essere arrabbiata con lui, ma il mio stupido orgoglio non vuole dargliela vinta così facilmente.

<< Niente di che, mi chiedevo se ti andasse di fare quattro chiacchiere. >> mi risponde facendo finta di nulla.

Sono tentata di sbattergli la porta in faccia, ma decido di farlo entrare, consigliata dalla fangirl che è in me.

Mi sposto di lato, invitandolo silenziosamente a non starsene lì impalato ma ad entrare in casa, dove fa più caldo grazie al riscaldamento automatico che si è attivato più di un’ora fa. Sonic varca la soglia d’ingresso e inizia a guardarsi intorno, studiando ogni minimo dettaglio degli oggettini che lo circondano.

<< Uh, ho l’onore di vedere per primo Casa Rose! >> cinguetta con un sorrisetto malizioso in viso. << C’è qualcun altro oltre noi? >>

<< No, non c’è nessun altro. >> rispondo, evitando di specificare la persona mancante all’appello.

<< Lavoro? >>

<< No, chiesa in verità. Dovrebbe rincasare tra un’ora. >>

Sonic si limita ad annuire mentre gli indico il divano del salone, dove si siede subito dopo essersi tolto il giaccone blu. Mi rendo conto che il mio outfit lascia a desiderare, così mi congedo educatamente, ripromettendomi di tornare da lui il prima possibile. Una volta fuori dal salone, mi fiondo sulle scale, che salgo a perdifiato, per poi chiudermi velocemente in camera; apro l’armadio e prendo i jeans di stamattina, per poi buttarli sul letto. Decido di rimanere con la maglia che indosso già ora, ma infilo velocemente un cardigan color mirtillo, dicendomi mentalmente che è solo perché sento freddo. Sfilo agilmente i pantaloni della tuta nera ed infilo i jeans saltellando – un classico per chi va di fretta – per poi sciogliermi i capelli, che sono rimasti legati per tutta la giornata. Decido di lasciare le pantofole qui in camera e di rimanere con i calzini e gli scaldamuscoli che di solito uso durante le lezioni di danza moderna.

Corro di sotto e rischio di scivolare appena finisco di scendere la rampa di scale, ma riesco ad aggrapparmi al corrimano prima che sia troppo tardi. Prima di entrare nel salotto vedo che Sonic si è alzato dal divano ed ora mi sta dando le spalle, impegnato ad osservare alcune foto disposte su una mensola vicino il televisore.

<< Eccomi. >> lo avverto, esultando mentalmente per essere riuscita a cambiarmi veramente in cinque minuti, forse anche di meno.

Sonic si gira di scatto, ma non sembra spaventato; indica una foto in particolare con il dito indice.

<< Quanti anni avevate qui? >> mi domanda con voce curiosa.

Mi avvicino e mi affianco per capire di che foto sta parlando. Sorrido nel vedere me, Blaze, Cream e Cosmo sorridenti all’obbiettivo, mentre ci teniamo per mano in un parco illuminato dal sole mattutino.

<< Non ricordo con precisione. Intorno ai nove. >> rispondo senza riuscire a togliermi il sorriso ebete dalla faccia.

<< Carine! >> commenta lui osservando attentamente le nostre espressioni felici.

Gli occhi mi cadono su una figura bianca che gattona furtivamente vicino la poltrona, ma decido di ignorare Milù ancora per un po’. Sonic non sembra accorgersi della sua presenza perché troppo concentrato su una foto dove sono in braccio a zia Ella. Questa la ricordo bene: era il giorno del suo compleanno, due anni fa, ed era così felice perché le organizzai una festa da sola, riunendo tutti i parenti a lei più cari e riuscendo perfettamente nell’intento, forse anche con l’aiuto della Dea Bendata.

<< Questa donna è tua madre? >> domanda indicando proprio mia zia, che sorride caldamente e tiene gli occhi chiusi.

“No.”

<< Sì. >> mento arricciandomi una ciocca di capelli con un dito.

<< Non vi somigliate molto. >> commenta portandosi una mano al mento.

<< Ho preso molto da mio padre, in verità. >>

<< Capisco. >>

Io, invece, non riesco a capire il perché di tutte queste domande: voleva chiacchierare, non farmi un interrogatorio, o sbaglio? Come se mi avesse letto nel pensiero, cambia improvvisamente argomento, annusando l’aria con gli occhi chiusi.

<< Cos’è questo profumino? >> mi chiede con gli occhi luccicanti.

<< La torta di mele in forno. >> rispondo, poi aggiungo: << Non sarà pronta prima di mezz’ora. >>

Mi fa un sorriso che potrebbe illuminare una città col blackout.

<< Domani me ne porteresti una fetta a scuola? >>

Sento le goti scaldarsi, ma devo mantenere la calma e il controllo: mi ha solo fatto una domanda, diamine!

<< Vedremo. >> rispondo sforzandomi di fare un occhiolino.

Sonic ride e torna a sedersi sul divano, io lo seguo a ruota. Si lascia assorbire dai cuscini e divarica le gambe, mentre io mi limito a mettermi a gambe incrociate. Vedo Milù che salta sul divano con poca fatica e trotterella sulle mie gambe, alla ricerca di una posizione comoda per schiacciare un pisolino; una volta spaparanzatasi tra le mie gambe e aver appoggiato la testolina sul mio cardigan, emette delle fusa quando le accarezzo un orecchio, poi chiude gli occhi e il suo respiro si fa più lento e pesante.

<< Non sapevo avessi un gatto. >> mi fa notare osservando il suo pelo morbido e bianco.

<< Si chiama Milù. >> rispondo leggermente offesa per il fatto che non abbia capito che Milù non è “un gatto” ma “una gatta”. Lo so, sono noiosa, ma tengo davvero tanto a questa creaturina che sta sonnecchiando beatamente tra le mie braccia.

Lui resta in silenzio per un tempo che non riesco a decifrare. L’aria si fa pesante, sento il respiro mancarmi, ma allo stesso tempo mi sembra così surreale il fatto che Sonic, il Sonic che ammiro così tanto, sia qui, a casa mia, nel mio salotto, accanto a me. Ho sempre sognato questo momento e avrei davvero tante di quelle cose da dirgli, eppure resto zitta e ferma per paura di rovinare tutto, col costante timore di infrangere questo momento magico, oserei dire.

<< Sei stata bravissima stamattina. >> dice evitando il mio sguardo confuso.

Si sta chiaramente riferendo alla performance di questa mattina, quella che il professor Smith ci ha obbligato a fare: be’, sì, ammetto di essere riuscita ad entrare perfettamente nella tonalità della canzone senza copiarla del tutto e di essere riuscita a moderare il fiato, ma non pensavo gli fosse piaciuta così tanto, come esibizione improvvisata. Dopotutto, lui è un professionista.

<< Grazie, ma non dovresti dirlo solo a me. Sono state le altre a darmi il giusto ritmo e la giusta tonalità per la canzone. >> rispondo, facendo la modesta.

<< Infatti a loro già l’ho detto. >> dice troppo velocemente.

<< Sei venuto per dirmi questo? >> gli chiedo senza troppi peli sulla lingua.

Si gratta distrattamente la nuca.

<< Sì. Cioè no, era solo un pretesto. >> dice esitando un po’. << So che hai chiacchierato con Tails, perciò … >>

<< Tails ti ha detto di cosa abbiamo parlato? >>

<< Sì. >> risponde sinceramente. << Mi ha fatto una lavata di capo. >> aggiunge ridendo.

Io resto in silenzio, tentando di non ridere insieme alla sua risata cristallina.

Torna improvvisamente serio, puntando i suoi occhi verdi nei miei.

<< Amy, scusami per l’altro giorno … Dico sul serio, ancora non mi sono abituato all’idea che in questa scuola non sono poi così fantastico, dato che ci sono tanti degni rivali per la mia band. Di solito sono sempre al centro dell’attenzione, ma qui è … Come posso dire? … Diverso, forse. Ero geloso, ecco, volevo avere delle attenzioni. Non so cosa mi sia preso. >>

Sono colpita da quelle parole sputate tutte d’un fiato: è come se le avesse dette involontariamente, come se l’avesse fatto solo per togliersi un peso di dosso.

<< Okay. Sei scusato, Sonic. >> gli rispondo sorridendo.

Per qualche infinito secondo ho una discussione con la mia coscienza, quella che ogni tanto si diverte a farmi dannare e a farmi venire i sensi di colpa. Come previsto, vince lei, quindi mi vedo costretta a dire:

<< Però mi scuso anch’io. Non avrei dovuto prendermela. >>

Lui torna a guardarmi e si avvicina leggermente.

<< Ma cosa dici?! Non ti devi scusare, la colpa era mia. >> dice picchiettandomi un dito indice su una guancia.

“Lo penso anch’io ma, sai, la mia coscienza non getta la spugna così facilmente.”

<< Sì, ma … >>

<< Ma se proprio vuoi, allora sì, accetto le tue inutili scuse. >> mi interrompe, ghignando.

Mi lascio scappare un sospiro di sollievo e mi concedo di rilassare i muscoli, abbandonandomi definitivamente alla morbidezza dello schienale del divano.

Sonic guarda l’orologio e, svegliando Milù, si alza e infila il giaccone, dicendomi che è costretto a rientrare a casa, altrimenti sarà costretto a subire le “noiose chiacchiere” di Vector. Non preoccupandomi per la mia gattina – che credo si sia rifugiata sulle scale, come è solita fare quando scatta via – mi alzo e accompagno il mio cantante preferito alla porta, aprendola lentamente; uno spiffero di aria fredda mi fa rabbrividire.

<< A domani, Sonic. >> lo saluto sorridendo.

<< A domani, Amy Rose. >> mi risponde, poi mi fa l’occhiolino. << Non dimenticarti la torta! >>

Lo rassicuro con un occhiolino di rimando, poi lo vedo correre via e scavalcare con un balzo il muretto che delimita il cortile anteriore di casa. Sparisce nell’oscurità della notte e, per un momento, sono preoccupata per lui: insomma, una star come lui in giro da solo di notte!

“Se la caverà …” Richiudo la porta e mi appoggio al muro.

Sento il rumore di qualcosa in frantumi, così abbasso lo sguardo: la statuetta appoggiata sulla mensola di fianco a me si è scomposta in tanti pezzi, attirando l’attenzione di Milù, che si avvicina a me e mi guarda con la testa curiosamente piegata di lato.

<< Che c’è? >> le chiedo retoricamente abbassandomi alla sua altezza. << I collage sono molto divertenti! >>

 

 

Angoletto dell’Autrice!!

Eccomi con questo aggiornamento! Che ne dite? Pensate che abbia sbagliato qualcosa? Vi piace la riappacificazione tra Sonic ed Amy? Fatemelo sapere con una recensione, se vi va, okay? ;D

Scusatemi se in questo Angoletto non sono presenti belle chiacchierate con i ragazzi, ma ho ben deciso di metter loro il “silenzioso” per questa volta, dato che vado di fretta. Scommetto che più tardi mi ammazzeranno, ma dettagli.

Grazie mille anche solo per aver letto, lo apprezzo tanto. Noi ci leggiamo nel prossimo chappy XD

See Soon Everyone!!

Channy


(*) Alive

Ovviamente mi riferisco alla canzone di Sia, quella dove c’è quella bambina che combatte con un avversario immaginario o, comunque, che si allena. Messaggio a libera interpretazione ^^

  
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