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Autore: Evil Crusader    18/05/2009    1 recensioni
Gli ultimi pensieri, la sera prima della notte che avrebbe deciso i loro destini.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo zero (o forse avanzato, non saprei bene neanche io...) di una storia ben più lunga che avrei in mente, buttato giù d'impulso per essere tutto sommato autoconclusivo, e che forse verrà poi raggiunto dagli altri anelli della trama in un momento futuro.

Spero gradirete la mia opera... e ovviamente commenti e recensioni, specialmente quando costruttivi, sono chiaramente graditissimi!

Last Night



"Oramai è certo. Siamo dispersi, e pure intrappolati; rinchiusi in un mondo lontano, da cui nessuno possiede la chiave di ritorno."



Ancora non riesco a credere alla mia stessa convinzione, mentre resto fermo ad ascoltare il pulsare accelerato del mio cuore, e gli occhi e i pensieri vagano senza meta come anime inquiete.
La fortezza di Varna, bastione d'avorio e alabastro, ex capitale delle tanto desolate quanto un tempo ricchissime terre del Sud, si regge ancora; nei suoi mille e più anni di vita, nessuna minaccia è mai riuscita a brecciarne le imprendibili mura bianche.

Un'impressione di grandezza che rincuora e dà speranza, ma che appartiene al passato; le mura bianche sono infatti parzialmente rovinate e mostrano tutti i segni dell'incuria, con l'intonaco che è crepato o addirittura assente in più punti, mostrando i mattoni ingrigiti sottostanti. Nell'aria si respira, oppressiva e quasi fisicamente palpabile, la tensione; ed è strano vederli lavorare tutti assieme, zitti zitti, accantonando rancori e dissapori nel silenzio più totale, con i piedi che si affrettano rapidi e le fronti basse, chine, quasi a non voler osservare al di fuori delle mura che per ora ne garantiscono la salvezza.
Perchè se un osservatore decidesse di far passare lo sguardo da una delle molte feritoie, e scoprire cosa assilla la moltitudine dei penitenti impauriti, vedrebbe la foresta agonizzante, marcescente, contorcersi nella luce cremisi del tramonto; e tutt'intorno alla nivea e potente fortezza, li vedo: numerosi come solo le mosche sulla merda (paragone tanto colorito quanto azzeccato!), e pronti ad assalirci in qualsiasi momento. Già, perchè sicuramente si tratta solamente di una questione di tempo... ogni giorno e ogni notte aumentano di numero, convergendo dalle altre zone del Paese ridotte in ginocchio per cancellare a forza l'ultimo, e il più grande, degli ultimi focolari di resistenza.
Dico sicuramente perchè, ad essere sinceri, non ho modo di esserne sicuro; è molto che non mi sincero della situazione esterna. Proprio come non lo fa nessun altro, dato che praticamente nessuno di noi ha davvero il coraggio di guardare in faccia ciò a cui sono destinate queste nostre terre.

"Eh, non dovresti isolarti così dagli altri."

Una voce femminile, apparentemente leggera e delicata, mi strappa al flusso incoerente dei miei pensieri; mi volto verso la fonte della distrazione, che si rivela essere Luna. Cerco di sorriderle, cortesemente, con fiducia, ma ne esce solamente una smorfia tirata.
"È successo forse qualcosa? O sei venuta fin qui per farmi compagnia?"
Lei scuote lievemente la testa, incrociando brevemente i suoi occhi castani con i miei - un contatto di un secondo, che però basta a placare l'ansia e la rabbia che mi ribollono dentro.
"Mi ha mandato Ginko... riunione."
Stringe appena le labbra sottili, quasi a voler trattenere con forza alcune parole; ma purtroppo non importa, credo di aver capito qual è il problema.
Anticipandola mi incammino, passando per primo attraverso la botola che dalla guglia più alta porta nelle stanze interne del castello; l'arredamento è ormai decisamente spartano, le poche ricchezze e comodità progressivamente impiegate per finanziare le attività dell'ultimo periodo. I corridoi sembrano perfino più spogli, e tristi; ad ogni modo, penso, in questo momento non ha più molta importanza.
Sceso nel corridoio più interno del secondo piano, mi trovo di fronte un'ampia porta di legno; normalmente ci sarebbe una guardia di piantone ma, se ho compreso bene il perchè della convocazione, riesco anche ad intuire come mai questa sia stata congedata proprio ora. Faccio presa sulla maniglia e spingo, aprendola; e proprio come immaginavo, gli altri tre sono tuttii presenti.
Ginko è appoggiato a un muro, e sembra decisamente innervosito; il volto giovane, eppure già segnato dalle cicatrici è rivolto verso quella che, prima di venir murata, era una finestra, gli occhi castani che scrutano con apparente interesse l'interconnessione fra le mattonelle mal ricoperte di calce. Luev invece è seduto all'ampio tavolo di nocciolato, e sta armeggiando - come al suo solito - con alcune vecchie mappe; ha con sè il suo fidato prontuario d'appunti; come possa quell'uomo, anche in questi giorni tristi e cupi, dedicagli così tanta cura mi ha sempre eluso... e, per finire, Esia. La giovane comandante ha nuovamente sciolto i suoi lunghi capelli biondo sporco, un pò mossi, e da quando sono entrato si è girata verso di me; sebbene anche lei si sforzi di mostrare un sorriso di cortesia, l'atmosfera qui è perfino più pesante, oppressa che nel resto della struttura.

Fingo noncuranza, sedendomi in punto scelto a caso; un tempo la mia noncuranza sarebbe stata un problema, ma a questo punto non importa quale sedia io possa scegliere... c'è decisamente posto in abbondanza. E con la stessa noncuranza, parlo.
"Allora... che succede?"
Ginko cessa di rlvolgere all'architettura la sua attenzione indivisa, e si gira verso di me, fissandomi torvo con quei suoi occhi che oggi, perfino più del solito, sembrano profondi come la Fossa del Kjearlan.
"Ci siamo. È stanotte."
La già non allegra atmosfera, se possibile, si incupisce ancora di più; Luna trattiene il fiato rumorosamente, e perfino Luev cessa, per un attimo, il suo inarrestabile scartabellare.
"Ne sei sicuro?"
"Sì."
La domanda di Esia non tradisce emozione o esitazione. Esattamente come la risposta.
"E quindi?"
"Beh..." Il capo esita. E questo, in condizioni normali, sarebbe un evento da ricordare. "Mi piacerebbe avere un..." esita nuovamente, "parere sul da farsi."
"Non è ovvio?" risponde la nostra comandante, decisamente combattiva ora che ha un confronto, sia pur verbale, in cui cimentarsi. "Combattiamo, fino alla fine!" sbotta, come se fosse la risposta più ovvia e naturale al mondo. Ma, evidentemente, non tutti la pensano così...
Il nostro sapiente si unisce alla conversazione, con il suo modo fin troppo pacato di parlare.
"Lo sai... non tutti sono rassegnati, come noi. Molti credono ancora che, fuori di qua, ci siano altri luoghi" - la nota di tristezza non può sfuggire a nessuno - "dove rifugiarsi; che ci sia speranza, che resti la possibilità di combattere e costruire un domani."
"E non è forse per quello che abbiamo lottato sinora? In fondo, anche se Glitner è caduta, questo non significa che- che..." Le metto una mano sulla spalla, mentre Luna si morde ancora il labbro, lottando per non spezzarsi sotto il peso dei suoi pensieri. "Infatti... finora abbiamo serrato le uscite, ma non possiamo impedire in eterno di tentare la fuga." Sospiro. "So di per certo che alcuni soldati hanno parlato di sortita e-" "E se è così, tenerli dentro è più pericoloso che lasciarli andare fuori. Anche se farlo sarebbe per il loro bene. Giusto?"
Il tono è secco, aspro.
"Proprio così, capo. Non avrei saputo dirlo meglio."
"Ma che cavolo state dicendo? Qua non si tratta più di salvare delle vite, ormai è solo guerra e... e... e voi sareste pronti a lasciarli andare solo per evitare colpi di testa? IRRESPONSABILI!"
Luna sussulta, spaventata dall'improvvisa esplosione di rabbia; Luev china il capo, pensoso - solamente Ginko apre bocca per ribattere, a sua volta palesemente fuori controllo.
"E che cavolo! Non siamo irresponsabili... vogliamo solo assicurarci che nessuno sia costretto a combattere per una fortezza, una causa in cui non credono più! Te ne rendi conto? Questa resistenza significa solamente che moriremo più tardi, ma moriremo lo stesso! Come topi in trappola! Dannazione!" Tira un colpo al tavolo, più per sfogare il nervosismo che per scena - ma l'effetto è ugualmente quello; Esia si ritrae, infastidita, e in cuor mio ringrazio l'architetto che costruì questa fortezza per lo spessore della muratura.
"Va bene, fai come credi... spreca le poche forze che ci restano come meglio ti pare! Ma non dire che non te l'avevo detto io, eh..." ed esce, sbattendo la porta con violenza. Neanche un istante dopo, Luna si sottrae alla mia presa; sento i suoi passi farsi più distanti, mentre probabilmente insegue la sua amica per cercare di placarne le furie.

Non che ce ne sia reale bisogno, a dire il vero... Un silenzio perfino peggiore si è impossessato della stanza ora, come incatenando a sé le nostre anime; e nessuno ha il coraggio di ribellarsi e spezzarlo... Tant'è che quando Luev, visibilmente imbarazzato, raccoglie tutti i suoi aggeggi e si allontana silenziosamente, nè io nè Gin lo fermiamo.
E solo dopo un silenzio che potrebbe essere durato minuti come ore, trovo la forza di rivolgermi al mio comandante di mille battaglie.
"Maledizione, non doveva finire così..."
D'improvviso, mi risponde; lo sguardo è spento, triste, e sembra decisamente più vecchio. E sebbene qualche volta, nelle grandi occasioni di cerimonia, io abbia invidiato la sua posizione, ora non mi sento più di farlo.
"Tu che dici... ne è valsa la pena?"
"Di cosa?"
"Di combattere. E di cos'altro?"
"Beh, io..." Esito, sotto il peso della verità. Delle menzogne. Di questa notte. "Sì. Nonostante tutto, nè è valsa la pena; e per quanto possa sembrarti vano, abbiamo dato tempo ad Amerian di continuare a vivere. Di crescere. Di credere ancora," e mi interrompo un attimo; dannate emozioni... "in un futuro diverso, di amare e di odiare prima di venire cancellati per sempre. Non può non esserne valsa la pena.", concludo, come a volerlo... no, a volermi convincere.

Gin apre la bocca, e fa per rispondermi; ma in quel momento un suono nuovo, diverso, copre le sue parole.
Un grido straziante, figlio di mille corni da guerra, che echeggia freddo e letale nella notte buia; e allora ci guardiamo, e sappiamo che non c'è più bisogno di parole... basta uno sguardo per intendersi, mentre corriamo rapidi fuori dalla stanza del comando - a combattere a fianco dei nostri fratelli, e amici, per un'ultima volta sotto lo stendardo rosso bianco e blu con la corona di Amerian unita.



"Mai arrendersi, fino all'ultimo alito"
"Varna, 8 Meriggiano 261"

~Iscrizione rinvenuta fra le rovine della fortezza~
  
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