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Autore: obidoia    01/12/2016    2 recensioni
Ares è un ragazzo normale come qualsiasi altro. Famoso a scuola, un prodigio nel tiro con l'arco eun rapporto col padre meraviglioso. Ma tutta questa quotidiana serenità verrà cancellata dall'improvviso arrivo di un nuovo individuo, Eros, il quale si rivela essere fratello, per giunta gemello, di Ares. E' subito odio quello che prova Ares nei confronti di suo fratello. Ma questa burrascosa relazione è destinata a cambiare portando i due ragazzi verso il punto di non ritorno.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Incest | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Ares trattenne il respiro. Un silenzio agghiacciante predominava per la casa. L'unica cosa appena percettibile era il respiro affannoso di Michael. Perché si era arrivati a quel punto? Cosa era successo?

“Ti odia, ti ha sempre odiato e avrebbe preferito che tu non fossi mai esistito.”

Quelle parole risuonavano senza sosta nella mente di Ares come un disco rotto che continua inesorabilmente la sua dilaniante melodia.

Ma tutto quello che Michael aveva detto, era vero? Poteva dire qualcosa a sua discolpa? No, non poteva. Quelle parole lui le pensava, o meglio, le aveva pensate in un passato neanche tanto lontano. E ora? Non le pensava più? Perché... ? Cos'era cambiato?

Eros fissava Michael negli occhi con un'espressione impassibile, ma in fondo era terrorizzato e profondamente scosso. Lo sentiva dalla sua temperatura corporea che stava pian piano aumentando a causa della sua agitazione e dalle mani accaldate e sudate, anche se in realtà dentro si sentiva freddo, quasi morto. Quella frase lo tormentava, lentamente. Una sofferenza pungente che accresceva la sua angoscia di secondo in secondo, una pugnalata al cuore. Un dolore che fiorisce come se fosse l'ultimo battito d'ali.

Girandosi per andarsene da quel posto Eros incrociò gli occhi tristi e colpevoli di suo fratello, erano solo sguardi infelici per urlare la loro solitudine.

Quando Ares sentì la porta di casa sbattere uscì allo scoperto deciso ad affrontare il cugino che non appena si accorse della sua presenza gli sorrise con fare spavaldo.

<< Vedo rabbia nei tuoi occhi, perché? È successo qualcosa? >>

Michael lo prendeva in giro ridicolizzandolo nel porgergli quelle domande retoriche.

<< Non ne avevi il diritto. >> sibilò Ares.

<< Il diritto per fare cosa? Per dire quello che penso? Da quanto ne so la libertà di pensiero è un diritto nel nostro paese. >>

<< Non provare a prendermi per il culo Michael sai benissimo cosa intendo. >>

Ares non era sicuro di poter controllare la propria rabbia, in quel momento avrebbe volentieri tirato un pugno a suo cugino. Non sapeva se quel gesto avrebbe poi portato a un qualche tipo di sollievo ma l'avrebbe comunque fatto se non fosse rimasto un attimo spiazzato per la frase che seguì.

<< Scommetto che avresti preferito essere stuprato da quel bastardo. >>

Ares non era mai stato un tipo violento. La violenza era qualcosa che non concepiva. Certo come tutti quelli della sua età aveva fatto a botte con qualcuno a volte, ma erano state solo ragazzate. Adesso era tutto diverso. La sua vista si annebbiò velata dall'ira, e tutto accadde in pochi secondi. Ares non ricordò molto di quello che successe, seppe solo che alla fine si ritrovò con un labbro rotto e una guancia gonfia di un color violaceo poco promettente, oltre che a un corpo dolorante e indolenzito. Non era esattamente fiero di quello che aveva fatto ma lo considerava comunque giusto e anche Michael non era uscito proprio indenne da quello scontro. Per le ore seguenti non gli rivolse neanche una parola e quella sera stessa suo cugino decise di andarsene.

<< Lo capisco da me quando non sono più desiderato. >> aveva asserito prima di partire, e Ares non lo aveva fermato.

 

Ares aspettò il ritorno di suo fratello alzato quella sera, ma di lui neanche l'ombra. Si addormentò sfinito sul divano solo quando ormai erano passate le cinque di mattina. Tuttavia al suo risveglio di Eros non c'erano ancora tracce. Sentiva la sua preoccupazione annebbiargli la mente non permettendogli di pensare lucidamente. Dove poteva essere? Lo chiamò una, due, tre e altre innumerevoli volte, lasciandogli perfino numerosi messaggi che però non ottennero risposta. Ares cominciava a temere il peggio.

“E se, se ne fosse andato via per sempre? Come poteva accettare una cosa simile? O peggio, e se gli fosse successo qualcosa?”.

L'agitazione iniziava a prendere il sopravvento e senza pensarci neanche due secondi Ares si infilò le prime cose che gli capitarono davanti e uscì di casa senza guardarsi indietro. Avrebbe cercato suo fratello dappertutto, persino su un altro continente se ce ne fosse stato bisogno.

Come prima cosa controllò la scuola, ricordandosi solo una volta giunto sul posto che quello era un giorno infrasettimanale e che a scuola doveva esserci anche lui in qualità di studente, ma Ares non aveva tempo per queste cose. Aveva altri pensieri per la mente, ben più importanti. Entrò dentro l'edificio cercando di non farsi vedere dai suoi professori o bidelli, impresa alquanto difficile e che gli costò più di un quarto d'ora prima di raggiungere la sala destinata ai rappresentanti d'istituto. Non era per niente sicuro di poter trovare lì suo fratello, ma tanto valeva controllare. Entrò nella stanza senza neanche bussare trovando però al suo interno solo la rappresentante che l'altro giorno Eros stava accompagnando fuori della scuola. La ragazza, di nome Jocelynn, fu non poco sorpresa dal suo improvviso arrivo.

<< Risparmiami quella faccia, hai per caso visto mio fratello? >>

Jocelynn non sapeva dire se essere più sconcertata dal fatto che Ares stava cercando suo fratello o dal fatto di averlo chiamato come tale ad alta voce. Parole che nessuno avrebbe neanche mai sognato di sentire uscire dalla sua bocca.

<< Allora sai dov'è o no?! Ho un po' di fretta sai?? >> Ares era spazientito, non sapeva spiegare il perché ma quella ragazza non gli era mai andata a genio.

<< Vedi di stare calmo Ares, comunque no, oggi tuo fratello non si è visto. Mi domando se non sia ancora per la stessa faccenda dell'altro giorno. >>

<< L'altro giorno? >>

<< Si quando era... l'altro ieri mi sembra, Eros non aveva una bella faccia, non che la tua sia messa meglio a quanto vedo, e si è comportato in modo strano per tutto il giorno... e per questo ho un favore da chiederti. >>

<< Cosa vuoi. >> Ares non vedeva l'ora di andarsene da quel posto e cercare Eros da un'altra parte, ma l'espressione seria di Jocelynn lo trattenne ad ascoltare la sua richiesta, per quanto assurda potesse rivelarsi.

<< Voglio che stai lontano il più possibile da Eros, so che siete gemelli e tutto, ma per quanto sia possibile voglio che tu gli stia lontano. Sei un brutto esempio per lui, lo porti sulla cattiva strada. Guarda, sei appena stato riammesso dalla sospensione e già marini la scuola. Eros non ha bisogno di uno come te, ha un grande futuro davanti e la tua presenza accanto a lui non farà altro che rovinarlo. Poche settimane fa quando ognuno di voi ignorava l'esistenza dell'altro, Eros era un'altra persona e non capisco cosa sia cambiato adesso, ma sono certa che in qualche modo la colpa sia tua, quindi vedi di stargli alla larga. >>

Durante tutto questo monologo Ares era riuscito ad entrare in modalità zen evitando così qualsiasi azione avventata nei confronti di quel piccolo essere che avrebbe volentieri insultato, tuttavia cercò di mantenere la calma e di risponderle nella maniera più educata e gentile che al momento gli fosse possibile.

<< Senti un po' brutta racchia, non sta a te dire cosa devo e non devo fare. Quello che succede tra me ed Eros sono affari nostri e te non ti devi intromettere, capito? >> detto questo Ares girò i tacchi e uscì dalla scuola senza proferire altre parole.

Non restava che cercare Eros nei luoghi restanti, valeva a dire biblioteca e altri posti del genere. Ma dopo aver cercato in ogni angolo di quella polverosa biblioteca non trovando tracce di suo fratello, Ares si sentiva piuttosto abbattuto. Dove altro poteva cercarlo? In fin dei conti si rendeva conto che ancora non conosceva tanto bene Eros quanto credeva, o a quest'ora sarebbe già riuscito a trovarlo. Il sole cominciava a calare e le idee di dove potesse trovarsi a mancare. Ares non era più tanto sicuro sul da farsi. Prima di tutto,era certo del fatto che eros volesse essere trovato? Le cose tra loro erano cambiate, questo era un fatto evidente a tutti quelli che li avevano conosciuti da anni. Ma dopotutto, potevano davvero considerarsi fratelli? Lo erano? Erano come passati da un estremo all'altro, prima due sconosciuti e adesso... cosa erano diventati? In fondo Ares sapeva di non poter biasimare il fratello per essersene voluto andare. Loro in questo momento non erano niente, sperava solo che con il tempo il tutto si ribaltasse completamente. Tuttavia potevano non essere ancora pronti a compiere questo grande cambiamento che ora come ora, era ancora il fatto che li divideva. Era una questione delicata che dovevano risolvere da soli, ma insieme. Insieme, Ares sorrise al pensiero di quella parola che per lui non era mai esistita. Non c'era mai stato alcun “insieme” per Ares, esisteva solo l'Io, da solo come essere superiore a tutti in tutto. Un pensiero infantile, frutto di una mente corrotta dal narcisismo e dalla sete di superiorità della quale Ares si vergognava vivamente, ma dalla quale non poteva scappare essendo essa il suo stesso passato.

 

<< Ares vieni a giocare a palla? >>

Eros lo guardava con fare speranzoso. Aveva gli occhi lucidi e teneva lo sguardo abbassato davanti a suo fratello che gli incuteva timore solo standogli vicino. Non avevano mai giocato con la palla assieme. Ares rifiutava costantemente ogni invito del gemello dal giorno del suo arrivo senza neanche una ragione precisa. Eros nonostante tutto tentava continuamente di convincere Ares seppur con scarsi risultati. Ares lo rifiutava ed Eros insisteva. Questo era il loro costante ma precario rapporto, un invito e un rifiuto.

Quel giorno Ares era particolarmente irascibile e provava nei confronti di suo fratello un'irritazione sempre crescente.

Perché quell'essere continuava a importunarlo? Perché continuava a cercarlo malgrado tutti i suoi dinieghi? E perché lo faceva se solo la sua presenza bastava a terrorizzarlo tanto da farlo piangere? Perché era così debole?”

Eros tremò piano spaventato.

<< Facciamo qualcosa insieme? >> Gli sussurrò appena. Ares rise.

<< Insieme? Insiemeee??! Non esiste nessun insieme Eros. Ricorda, tu non sei nessuno. >>

 

Ares gemette sofferente, aveva riaperto una vecchia cicatrice.

Il treno fischiava mentre proseguiva ininterrottamente la sua corsa. Nessuno lo avrebbe fermato. Mentre guardava impassibile il paesaggio che mutava davanti a suoi occhi Eros avrebbe desiderato che tutto il mondo si fosse fermato in quell'istante, anzi prima. Avrebbe voluto riavvolgere le ultime ore e riviverle in modo totalmente differente. Avrebbe voluto cambiare tutta la sua vita se possibile. Perché la sua non era vita, lo era mai stata? In fondo nessuno lo voleva.

Fin da piccolo era stato un bambino non desiderato, uno in più che quasi nessuno si aspettava, forse nemmeno i suoi stessi genitori. Perché lui in realtà era nessuno.

Però aveva sperato. Lo aveva fatto grazie a Lui. Aveva sperato, aveva pensato che le cose potessero cambiare, che lui potesse essere finalmente qualcuno. Eros pensava che forse, finalmente qualcuno avesse bisogno di lui, del suo appoggio, del suo calore, del suo amore.

Invece si era sbagliato. Era riuscito a strappare quel sottilissimo e fragile filo che li teneva uniti. Lui lo aveva reciso e per sempre. Ora non poteva più tornare indietro... ma dove sarebbe andato? Esisteva un posto dove anche lui, seppur un'ombra di qualcun altro, era ben accetto? Sarebbe riuscito a trovarlo?

Il solo pensare ai suoi occhi, di quella stessa mattina gli facevano pensare a una risposta negativa. L'aveva ferito, aveva oltrepassato quel confine che doveva essere invalicabile e ora ne subiva le conseguenze. Era un mostro e lo sapeva. E ora? Cosa poteva fare? Redimersi? Non ne valeva la pena.

Il tempo continua a scorrere non importa quante volte porti la lancetta indietro, essa continuerà ad andare avanti indifferente a tutta la sofferenza che provoca. Non poteva cambiare il passato. Poteva forse cambiare il futuro? Non ne era certo, forse si, ma adesso sicuramente non ne sarebbe stato capace perché privo della forza necessaria a compiere quell'ultimo grande passo. L'unica cosa che gli rimaneva da fare adesso era scappare.

  
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