Fino a quando voci umane non ci sveglieranno.
Si incontravano sempre di nascosto: si davano appuntamento
agli angoli bui dei corridoi agli orari più insoliti della notte, quando non c’era
nessuno in giro. Non c’erano mai parole tra di loro, solo sussurri e bisbigli:
tutta la loro storia era un segreto soffocato, qualcosa da tenere nascosto e da
sussurrare solo nelle notti di pioggia, quando lo scrosciare dell’acqua copriva
i rumori più lievi.
Pioveva anche quella notte: lei
indossava lana bianca come fosse neve, neve soffice sulla sua pelle calda. Lui
la sfiorava e lei sembrava quasi impalpabile, nelle tenebre di quella notte di
dicembre il suo viso erano solo contorni sfocati e la sua voce gemiti sommessi.
Non avrebbe saputo affermare con
certezza se lui l’amasse davvero; ma quando le sfilava quel suo maglione di
lana bianca – sfregava contro la pelle e graffiava come fosse intessuto di rovi
– le sembrava che – davvero – non ci fosse null’altro al mondo, e nomi e sangue
e condizioni si disperdevano in quella notte lieve e infinita, ogni attimo era
una vita a se stante che si ripeteva in eterno.
C’era un che di grottesco in
quelle notte passate ad amare qualcuno che esisteva solo di notte. Così gli
aveva detto lei, una volta.
« Malfoy? »
« Mmm? »
« Io e te esistiamo solo di
notte. »
Draco non sapeva cosa
significasse, e forse non significava nulla. Ma dopo una vita passata a
domandarsi cosa volessero significare le cose – madre, c’è un signore
vestito di scuro che cerca papà - non è
nulla, tesoro, non è nulla – perché gli hai detto che è partito se è solo
andato di sopra a riposare? – ti ho detto che non è nulla, va’ a dormire –
aveva deciso che era arrivato il momento di accettarle e basta.
Quella notte stava lasciando spazio a un’alba umida e
agghiacciante nella sua aria che sapeva di pozzanghere, terra bagnata e fango
quando lei aveva iniziato a rivestirsi.
Aveva preso il suo maglione
bianco e se lo era infilato scompigliandosi i capelli, aveva lisciato le pieghe
della stoffa sul ventre e rivoltato le maniche troppo lunghe.
« Granger? »
« Che c’è? »
« E’ ancora presto. »
« E’ quasi mattina. »
Faceva sempre così. La notte
sembrava infinita almeno fin quando non spuntava fuori il primo sole; allora
lei si alzava, in punta di piedi e in silenzio – rabbrividiva sempre, i suoi
piedi scalzi sfioravano appena la pietra grigia del pavimento – e iniziava a
vestirsi.
« Ci scommetto che i tuoi compari
Gryffindor non hanno ancora nemmeno aperto gli occhi » insisteva lui.
« Forse. Ma inizio a sentire
delle voci. »
Se ne andava e poco dopo i primi
studenti mattinieri iniziavano ad aggirarsi per i corridoi della scuola. Ma,
per allora, Hermione era già ritornata nella sua stanza.
« Herm? »
« Cosa c’è, Ron? »
« C’è che Malfoy ti sta
fissando.»
Hermione Granger alzò gli occhi
dalla sua colazione e li portò sull’altro tavolo. Intravide Draco Malfoy, ma
lui sembrava immerso in una conversazione con Daphne Greengrass.
Era con Daphne Greengrass anche
quando, alcuni minuti dopo, lo incrociarono per i corridoi mentre si dirigevano
verso la serra di Erbologia.
« ‘Giorno, Weasel. Che brutta
cera. Spaventato per il temporale di stanotte? Non c’era mammina che ti
rimboccava le coperte e sistemava il cuscino? »
« Taci, Malfoy. »
« Oh, è c’è anche
Miss-So-Tutto-Granger, quale onore » il ghigno di Malfoy si triplicò.
Hermione nemmeno gli rispose.
Afferrò Ron per un braccio, gli disse qualcosa a bassa voce all’orecchio – a
Draco sembrava quasi di sentirla: non lo ascoltare, è solo Draco Malfoy, lo
sai com’è fatto – e prima di superarli e andarsene gli rivolse una strana
occhiata obliqua.
Io e te esistiamo solo di
notte.
La guardò allontanarsi insieme a
Weasley, gli sussurrava ancora qualcosa all’orecchio
quel suo maglione era neve
soffice sulla sua pelle calda
lui faceva qualche battuta e lei
rideva, e sembrava
glielo sfilava con cura,
glielo sfregava contro la pelle e graffiava come fosse intessuto di rovi
che si stessero confidando chissà
quale grande segreto, ed era come
la notte sembrava infinita
almeno fin quando non spuntava fuori il primo sole
se tutta la sua vita fosse
quella, i suoi amici e la gioia dei loro sorrisi, e allora
io e te esistiamo solo di
notte
svoltava l’angolo, e senza
voltarsi indietro
« fino a quando rimani? »
spariva del tutto alla sua vista
« fino a quando voci umane non
ci sveglieranno. »
***
Una cosa senza senso, buttata giù
così in una notte insonne prima dell’ultima versione di latino dell’anno.
“Fin quando voci umane non ci sveglieranno” è il titolo di
un racconto di Lewis Shiner. Non c’entra assolutamente nulla con la mia
(insulsa) storia, ma il titolo mi piaceva perciò eccolo qui.