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Autore: Carme93    02/12/2016    0 recensioni
Anno 2020.
L'ombra sta nuovamente calando sulla comunità magica inglese (o forse europea) ed ancora una volta toccherà ad un gruppo di ragazzi fare in modo che la pace, con tanta fatica raggiunta, non venga meno.
Tra difficoltà, amicizie, primi amori e litigi i figli dei Salvatori del Mondo Magico ed i loro amici saranno coinvolti anche nel secolare Torneo Tremaghi, che verrà disputato per la prima volta dal 1994 presso la Scuola di Magia e stregoneria di Hogwarts.
Questo è il sequel de "L'ombra del passato" (l'aver letto quest'ultimo non è indispensabile, ma consigliato per comprendere a pieno gli inevitabili riferimenti a quanto accaduto precedentemente).
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Un po' tutti | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo ventitreesimo
 
Il dodecagono magico
 
Le vacanze di Natale erano ormai terminate e i ragazzi erano rientrati a Scuola da diversi giorni. Se non fosse stato per la presenza degli studenti stranieri e le notizie poco rassicuranti che venivano da fuori sarebbe stata la Hogwarts di sempre. Purtroppo non era così. Che non era la Hogwarts di sempre i ragazzi l’avevano compreso già durante il viaggio in treno. Colin Canon e Marcellus Nott avevano litigato, Lily e gli altri compagni del secondo anno avevano preso le parti dell’uno o dell’altro. I Prefetti non ci avevano messo molto a ristabilire l’ordine, ma la tensione non era venuta meno. La situazione non era certo migliorata nei giorni successivi.
«James, è vero?» chiese con foga Arthur.
Il quindicenne alzò lo sguardo sul cugino e notò che era rosso in volto e parecchio agitato.
«È vero cosa?» replicò, versandosi del succo di zucca nel calice.
«Che Anne non può essere mia amica, perché i ragazzi di Durmstrang sono tutti Neomangiamorte».
James sbuffò. Era questo il problema. Ormai tutti si fissavano in cagnesco ed emarginavano tutti quelli che, in un modo o nell’altro, pensavano fossero legati ai Neomangiamorte. James si chiedeva quanto ci avrebbero messo a passare dagli insulti ad attacchi veri e propri.
«Non è vero. La vicepreside di Durmstrang, che non è qui, comanda i Neomangiamorte. Me l’ha detto papà. Però gli studenti non è detto che siano Neomangiamorte. Anne è solo una bambina di dodici anni, nemmeno quella donna la vorrebbe tra le sue fila».
«Fred, mi ha fatto un casino quando mi ha visto con lei. Amber ha scritto a suo padre per sapere che cosa ne pensa».
«Ah, e Steeval che gli ha risposto?».
«Che Anne Müller non c’entra nulla con questa storia e fino a prova contraria neanche i suoi genitori sono coinvolti. Ma le ha detto di stare lontano dagli altri ragazzi. Oltre che sono più grandi, non è sicuro che non siano pericolosi».
«Bene, allora non c’è problema. Stai pure con Anne».
Una mano entrò nel suo campo visivo e colpì con violenza il suo calice. Il succo di zucca inondò le salcicce e l’omelette di cui, prima che arrivasse il cugino, si era servito. Alzò gli occhi e incrociò quelli azzurri e furiosi di Fred. Non si rivolgevano la parola da dicembre.
«Arthur deve stare lontano da certa gente!».
«Sei un idiota» sibilò James, fingendo di interessarsi alla sua colazione, ma iniziava ad arrabbiarsi.
«Stiamo raccogliendo le firme per sospendere il Torneo e per mandare a casa gli stranieri». A parlare era stata July Mcmillan. Le ultime parole le aveva pronunciata con disgusto.
Appena aveva saputo dell’attacco ai Mcmillan Fred si era fiondato al San Mungo e da allora non si era staccato quasi per niente da July. Erano tornati insieme.
«Non vorrete presentarle alla Preside» intervenne sconcertata Benedetta.
«No, vogliamo presentarle a Madama Piediburro» replicò sarcastico Fred.
«Mia zia non la prenderà bene, ve lo sconsiglio» disse Robert, con un’espressione particolarmente seria. 
«Non volete firmare?» chiese July duramente.
«No» rispose James.
«È una richiesta stupida» commentò Benedetta.
«Senza contare che hanno problemi anche a casa loro, forse è meglio che stiano con noi» disse Robert.
«Ciao, ragazzi!» disse una voce entusiasta. James la riconobbe subito e fece per alzarsi.
«Per favore, aspetta» lo bloccò Matthew mettendogli una mano sulla spalla. Dominique come al solito lo ignorò totalmente.
«Io e i miei compagni riteniamo sia noioso stare chiusi in carrozza a studiare. Vorremmo chiedere alla vostra e alla nostra Preside di seguire le lezioni con voi. Che ne dite?».
«È una bella idea, Apolline» sorrise Benedetta.
«Ho pensato che la richiesta avrebbe avuto maggior valore se firmata da tutti i Prefetti e Caposcuola» spiegò Matthew.
Benedetta prese la pergamena che gli porgeva e, dopo avere recuperato una piuma nello zaino, firmò ed eloquentemente lo passò a James. Lo conosceva abbastanza per sapere che era combattuto: da un lato sapeva che era una bella iniziativa, dall’altra avrebbe voluto far dispetto ad Apolline.
«Lo firmo solo perché sei del settimo anno e non ti devo sopportare» borbottò James, ritenendolo un buon compromesso.
«Grazie, James» trillò Apolline, che aveva deciso di ignorare il broncio del ragazzo sperando che prima o poi sarebbe stato disposto a ragionare con lei.
«Siete pazzi!» sbottò Fred indignato.
«Non avete visto quello che hanno fatto a mio padre?» sibilò fuori di sé July.
«Tuo fratello ha firmato» le fece notare pacatamente Matthew. «Per fortuna tuo padre sta meglio. E comunque sono sicuro che approverebbe… al contrario non sarebbe felice della vostra campagna discriminatoria».
July e Fred li voltarono le spalle senza aggiungere altro e si diressero al tavolo dei Tassorosso.
James spinse il piatto lontano da sé e sospirò. Era inquieto: non si prospettavano giorni tranquilli.
*
«Io non capisco proprio come facciano certe ragazze a non avere un minimo di dignità» borbottò Albus.
«A che ti riferisci?» gli chiese Virginia, tenendo stretti al petto alcuni grossi volumi che doveva restituire in biblioteca.
«Le Serpeverde che seguono con noi Difesa! Anche se non sono le uniche!».
«Ma a far che?» insisté la ragazza, mentre a fatica si muovevano nel corridoio affollato di studenti.
Albus abbassò la voce e le si avvicinò di più con fare cospiratorio. «Sbavano dietro a Williams. Insomma un po’ di dignità! È un professore! Ha almeno quindici anni più di loro! Dovevi vederle come lo adulavano! Meno male che lui non è il tipo che cade in certe banalità!».
«È un bell’uomo» mormorò flebilmente Virginia.
Albus la fissò in volto: era rossa e teneva gli occhi fissi a terra. «Piace anche a te» realizzò stupito.
«Sì» bisbigliò Virginia. «Tantissimo. Ogni volta che mi rivolge la parola, mi batte forte il cuore e balbettò come la scema…».
«Uhm».
«Non ho speranza, vero?».
«Virginia, sei molto più intelligente di me e conosci la risposta» replicò Albus tentando di essere gentile. «È figo e tutto il resto, ma è un professore… ha più di trent’anni…».
«Lo so! Me lo sono ripetuta un milione di volte! Ma ogni volta che lo vedo non ci capisco nulla» disse Virginia, trattenendo a stento un singhiozzo. Albus non sapeva proprio che cosa dirle. Non era bravo in quelle cose.
«Stai tranquilla. Vedrai che si sistemerà tutto» provò debolmente.
Virginia annuì, nonostante avesse gli occhi pieni di lacrime. «Andiamo, per domani ci ha assegnato un tema sull’incantesimo di ostacolo. Non sopporterei di prendere un voto basso».
Albus non commentò e la seguì in biblioteca. Qui si sorprese nel vedere James circondato da pile di libri. Fece cenno all’amica, che prese posto in un tavolo vuoto, e si diresse dal fratello. «Jamie, che stai facendo?».
«Cerco un modo per aprire quella maledetta bottiglia» replicò il ragazzo senza nemmeno guardarlo.
«Ti posso aiutare?» chiese sperando che non lo colpisse con uno dei volumi. James era molto suscettibile in quel periodo.
«Conosci un libro che parla di bottiglie infrangibili?».
«No. Posso vedere la bottiglia?».
«Nello zaino» rispose lui, continuando a sfogliare il libro che aveva davanti.
Albus posò il suo zaino vicino al tavolo scelto da Virginia e poi cercò la bottiglia, si sedette e iniziò ad analizzarla con attenzione. Era, o meglio sembrava, una normalissima bottiglia di vetro con un tappo di sughero. Un po’ come quelle con cui nelle storie i marinai si mandavano i messaggi. Era un vetro opaco e non si poteva neanche scorgere il suo contenuto. Era sicuro che ci dovesse essere dietro un qualche incanto, in fondo James aveva già provato metodi più fisici per aprirla. Estrasse la bacchetta e sussurrò, per non farsi sentire da James, «Alohomora», ma non accadde nulla. Naturalmente, sarebbe stato troppo facile in caso contrario e probabilmente Robert, Benedetta e James ci avevano già provato.
«Esiste un incantesimo che permette di rivelare ciò che è nascosto?».
«Ho chiesto a Matthew. A quanto pare è specialis revelio, ma non funziona. Ci ha provato anche lui».
«È possibile che sia trasfigurato?».
«Non lo so, Al. Non lo so! Se lo sapessi, non sarei qui!» replicò esasperato James.
«Scusa» mormorò in fretta. Alzò lo sguardo e vide Virginia che scriveva alacremente su una pergamena. Era davvero graziosa. Come poteva struggersi per Williams? Chiodo schiaccia chiodo. Era un proverbio babbano che aveva sentito dire da zia Hermione. E se fosse vero? Avrebbe potuto invitarla ad Hogsmeade e… E cosa? Ma era impazzito? Si passò una mano tra i capelli con foga.
«Al, ma che hai?».
James lo riscosse dai suoi pensieri e si accorse di aver trattenuto il respiro. Tentò di darsi una controllata. «I-io… devo fare i compiti… la Spinnet ci ha segnato una verifica per domani… devo ripetere e controllare la versione che ci aveva assegnato per le vacanze…».
«E vai, no? Mica ti obbligo a stare qui. Ti sei offerto tu» gli ricordò James. «Ora che hai?» sbottò. Albus si era battuto una mano sulla fronte e si mordeva un labbro. James si voltò di scatto pensando addirittura di avere chi sa chi alle spalle. Ma non c’era nessuno. «Al?» chiamò incerto.
«Sono stupido! Indica il destino e l’ignoto!».
«Chi?» chiese stralunato James.
«E la Spinett ce l’aveva detto che si poteva fare».
«Per le consunte mutande di Merlino e Morgana!» sbottò James. «Che diamine stai blaterando?».
«Wird. È una runa vuota. Non ha nessun simbolo in pratica. Ecco perché non c’è nessun simbolo qua sopra!».
«Ma che dici! Tu hai le rune al posto del cervello. Cominci a preoccuparmi sul serio! Le vedi dappertutto!».
«Non capisci! La Spinett ci ha spiegato l’anno scorso che le rune posso essere usate per diverse cose, tra cui anche imporre sigilli magici! Naturalmente è roba molto avanzata, non la studiano neanche i ragazzi del settimo anno».
«Mi stai dicendo che è sigillata con una runa?».
«Ho parlato in inglese» ribatté Albus, infastidito perché il fratello sembrava non volergli credere. «Virginia» disse eccitato, raggiungendola di corsa. «Ti ricordi quel libro di Rune Avanzate di cui ci aveva parlato la prof l’anno scorso? Quello sui sigilli e simili?».
«Sì, ti aiuto a trovarlo» rispose immediatamente lei.
James li guardò sparire tra gli scaffali. «Secchioni» sussurrò, ma li attese trepidante. Dopo cinque minuti buoni tornarono. Albus aveva un sorriso trionfante in volto. «Ecco! È proprio come ti dicevo!». James si chinò a leggere la pagina che il fratello gli mostrava, ma non ci capì nulla. «Visto che ci siete perché non me lo spiegate?».
«La bottiglia è sigillata con la magia» disse Albus.
«Questo l’avevo capito! Ma quanto scemo mi fai?» borbottò James.
Albus si concentrò e puntò la bacchetta sul tappo di sughero, sperando di non sbagliare, ma prima di pronunciare l’incantesimo, appena letto, si bloccò. «Non posso farlo io».
«Perché?» chiese James.
«Perché wird indica anche il cambiamento che avviene dentro una persona. Devi farlo personalmente» spiegò Virginia.
«Va bene, allora ditemi che cosa devo fare».
«La formula è “Sigillum revoco”» spiegò Albus.
James si concentrò sul tappo e puntandogli contro la bacchetta pronunciò con voce sicura: «Sigillum revoco». Il tappo di sughero per un istante fu circondato da un alone biancastro.
«Forza, ora aprila» lo incitò Albus. James obbedì e con un sollievo misto a timore tirò finalmente via il tappo. Mise sottosopra la bottiglia e sotto gli occhi attenti di Albus e Virginia fece scivolare sulla mano in cui ancora teneva la bacchetta una pergamena arrotolata. «Avessi saputo che era così facile».
«Questo era un sigillo elementare» spiegò Albus. «Ve ne sono altri molto complessi».
«E più uno è bravo più può crearne» aggiunse Virginia.
«Che aspetti a leggere l’indizio?» chiese eccitato Albus.
James fece per srotolare la pergamena, ma delle urla provenienti dal corridoio attirarono la loro attenzione. «Ma che succede?».
Tutti e tre corsero fuori, dove si stava svolgendo uno scontro a tutti gli effetti: incantesimi volevano da ogni parte e alcuni dei duellanti non sdegnavano l’uso di maniere babbane. Impiegarono diversi minuti per focalizzare i contendenti: da una parte c’era Fred con July, Alex Steeval, Seby Thomas ed Eleanor Mckenzie; dall’altra Jesse Steeval, Norris Avery, che alla fine era stato rilasciato perché il padre aveva fatto intervenire un magiavvocato di fiducia, Charles Harper, Evan Rosier e Maurice Green di Corvonero. A creare ulteriore confusione erano gli spettatori, che non muovevano un dito per fermarli. James intimò ad Albus e Virginia di stare lontani dalla linea di fuoco e si avvicinò a Gabriel Fawley, che vanamente tentava di far valere la sua autorità di Prefetto. Da quel lato James poté vedere che la professoressa Dawson cercava di farli smettere, ma non veniva minimamente ascoltata.
«Giochiamo al tiro al bersaglio» propose a Gabriel, che lo scrutò per un attimo. «Petrificus Totalus». Beccò in pieno Fred, che era uno dei più animosi.
«Non è un metodo ortodosso, Potter» soffiò Fawley, ma nel frattempo pietrificò anche Jesse Steeval.
«Non ascoltano neanche la prof» ribatté James. «Impedimenta». Seby Thomas si ritrovò sdraiato a terra. I duellanti posero, quindi, la loro attenzione su di loro.
«Da che parte state?» sibilò July Mcmillan.
«Experlliamus» pronunciò gelido Fawley senza risponderle. Le bacchette di tutti i duellanti volarono nelle sue mani, per un momento scese il silenzio, poi i Grifondoro e July iniziarono a urlare contro i due Prefetti.
«Silencio».
Questa volta l’incantesimo era stato pronunciato dalla Dawson, che comunque pallida e, James sgranò gli occhi quando se ne accorse, ferita di striscio da un incantesimo, non sembrava in grado di gestire la situazione.
«Vedo che vi siete calmati» sibilò una voce fredda e irritata. Norton Sawyer. Probabilmente l’uomo era andato a chiamare dei professori. Dietro di lui infatti c’erano Williams e Neville, entrambi furiosi.
«Che cosa avete per la testa?» gridò Neville. Williams, invece, si era avvicinato alla Dawson. Come aveva fatto ad accorgersi immediatamente che era ferita?
Williams focalizzò Albus e Virginia nella folla e li fece cenno di avvicinarsi. I due intimoriti obbedirono. «Accompagnate la professoressa in infermeria». Nel frattempo Sawyer aveva intimato agli spettatori di andarsene. I ragazzi non volendo essere incolpati di quanto accaduto stavano lasciando velocemente il corridoio.
«Ora, ci darete una spiegazione» soffiò arrabbiato Neville.
«E vi conviene che sia valida» aggiunse tagliente Williams, liberando Fred dall’incantesimo delle pastoie. I ragazzi cominciarono a urlare tutti insieme, intercalando degli insulti verso gli altri per far valere la propria versione.
«Silenzio!» gridò Williams. Era rarissimo che lui alzasse la voce, quindi tutti si zittirono all’istante.
«Fawley, Potter rispondete voi» disse Neville. Chiamava gli studenti per cognome solo se era veramente arrabbiato.
«Hanno iniziato i Grifondoro. Steeval, Avery e Green stavano parlando per conto loro. Harper era insieme a me e stavamo andando in biblioteca. Weasley e i suoi amici hanno attaccato senza alcuna provocazione e loro sono stati costretti a difendersi» raccontò Fawley.
«La loro presenza in questa Scuola è una provocazione!» esclamò Fred, mentre gli altri annuivano accanto a lui.
«Sono stati loro ad attaccarci e a uccidere i miei nonni!» aggiunse sprezzante July.
«Io non sono un Neomangiamorte» mormorò Charles Harper.
«Sì certo e io sono Baba Raba» ribatté Alex Steeval. «Sappiamo tutti quello che avete fatto durante le vacanze».
«Quello che è successo durante le vacanze non è affar vostro. Se sono stati riammessi a Scuola, significa che è giusto così» dichiarò Neville irritato.
«Sì come no… Devono ancora essere processati!» polemizzò Fred.
«Basta. Non peggiorate la vostra situazione» sbottò il professor Williams.
Fred fece per parlare, ma Neville lo bloccò: «Avete veramente superato il limite questa volta. Non aggiungete altro. Siete tutti in punizione e…».
«Ci hanno attaccato loro!» esclamò Jesse Steeval. «Ci siamo solo difesi!».
«È vero, signore…» tentò Gabriel Fawley.
«Non ha importanza!» sbottò Neville. «Stavate duellando in corridoio. È contro le regole!».
«E quindi noi non dovremmo difenderci?» chiese sprezzante Norris Avery.
«Certo, noi non siamo Grifondoro» replicò Jesse Steeval.
«Volete farmi credere che avete usato solo Incantesimi Scudo?» domandò scettico Williams.
«Certo! Dimostri il contrario» ribatté prontamente Avery.
«Fawley?». Il professor Williams fissò eloquentemente il Prefetto Serpeverde.
Il ragazzo ricambiò l’occhiata e serio come sempre rispose: «Hanno usato anche incantesimi offensivi». Avery mosse il braccio, probabilmente per colpirlo, ma Jesse lo fermò con un’occhiata di ammonimento.
«Cinquanta punti in meno ciascuno, Steeval, Harper, Avery, Rosier e Green. Sessanta punti, invece, per Mcmillan, Weasley, Thomas, Mckenzie e Steeval» sentenziò Neville.
«Che cosa?! Perché a noi sessanta? Da che parte sta?» sbottò Fred.
«Sono un insegnante, Weasley. Non sto dalla parte di nessuno» ribatté Neville. «Scriveremo alle vostre famiglie. I vostri Direttori decideranno la vostra punizione».
«Come no! E io? Devo aspettare che venga dimesso mio padre?» ghignò July.
«Io cambierei atteggiamento se fossi in te» replicò Neville. «Comunque in sua assenza si occuperà di voi Tassorosso il professor Finch-Fletchley. Se non avessi dimenticato i tuoi incarichi da Prefetto, lo sapresti. Dov’eri quando il professore è venuto a parlarvene in Sala Comune?».
«Probabilmente pomiciavo con Fred» rispose provocante July. Lo sguardo di Neville si indurì. «Altri dieci punti in meno a Tassorosso. Stai parlando con un insegnante!».
«Anche loro hanno usato la magia!» protestò Fred, indicando James e Gabriel.
«È stata una mia idea» intervenne subito James.
«Ma io ero d’accordo. Dovevamo farli smettere in qualche modo. Come hanno colpito per sbaglio la professoressa Dawson, avrebbero potuto far male a uno qualsiasi dei ragazzi che guardavano».
«Hanno ragione loro, Neville. In qualche modo dovevano pur intervenire» commentò il professor Williams. «Io direi di chiudere qui la discussione» si voltò eloquentemente verso Neville, che annuì ancora palesemente arrabbiato. «Rosier, Green seguitemi».
James sospirò osservando Fred e gli altri seguire lo zio Neville: lo sapeva che prima o poi sarebbe successo e qualunque provvedimento che avrebbero preso i Direttori, dubitava che quella recrudescenza di pregiudizi e discriminazioni si sarebbe fermata presto.
*
«Miki? Miki! Che cos’hai?» Brian incerto si avvicinò all’amico, che piangeva sommessamente seduto sul piedistallo di un’armatura. Niki, che l’aveva chiamato in aiuto, era accanto a lui altrettanto insicura su come comportarsi.
«Miki, siamo noi? Che ti prende?».
Brian spaventato cercò lo sguardo di Niki: Michael Fawley, forse il Tassorosso più buono che Hogwarts vedeva da molto tempo e ragazzino dolcissimo, sembrava disperato e tremava violentemente. «Ma che è successo a Pozioni?».
«Non lo so! Appena ha visto il supplente ha avuto… non so… una specie di attacco di panico… Il professore, però, non ha voluto farlo uscire».
«Come no? Non può essere così crudele…».
«Ti assicuro di sì. Ha trattato male tutti, ma Miki di più…».
«Miki, vogliamo aiutarti» sussurrò concitato Brian.
«Usciamo?» propose Niki. «Tanto c’è l’intervallo».
Miki si alzò, pronto a seguirla ma tenendo gli occhi fissi a terra. Brian avrebbe voluto ricordar loro che nevicava da giorni e quindi uscire nel parco era una pessima idea, ma visto che l’amico aveva reagito in qualche modo, lasciò perdere. Una volta fuori avanzarono a fatica nel parco innevato fino al Lago Nero, completamente ghiacciato. Si gelava. «Io quell’uomo l’ho già visto» sussurrò con voce acquosa Miki.
«Lavora al Ministero» tentò Niki. «L’ha detto lui quando si è presentato. È amico di tuo padre?».
«No» disse con forza Miki.
«Come si chiama?» domandò Brian.
«Leo Travers».
«Lui… lui…».
«Ehi tranquillo, di noi ti puoi fidare» tentò di rassicurarlo Brian.
«Ha ucciso mia madre».
Brian e Niki sgranarono gli occhi.
«Come fai a esserne sicuro?» chiese Niki.
«Una sera in casa mia sono entrati degli uomini mascherati. Io ero in salotto con mia mamma e mio fratello Gabriel. Mio padre era nel suo studio. Lei era una Babbana, ma ha provato a difendermi lo stesso. Travers era uno di loro, aveva il volto coperto, ma dopo che ha colpito mia mamma ha preso di mira me. Mio padre è intervenuto in tempo. Nello scontro gli è caduta la maschera che indossava e l’ho visto. Mio padre gli dava le spalle in quell’istante per allontanare me dal pericolo. Non capisco perché non è stato condannato. Io la sua faccia non l’ho dimenticata, spesso me la sogno la notte».
«È un pezzo grosso del Ministero. Lo so perché è un amico di mio padre. Alle volte viene a cena da noi. Probabilmente sei l’unico che l’ha visto» disse Niki.
«I-io credevo che fossero stati arrestati tutti… mio padre non mi ha mai detto nulla…».
«Evidentemente voleva proteggerti» disse saggiamente Niki. Attesero che Miki si calmasse e furono colti di sorpresa quando nel parco silenzioso risuonò la campanella, come da molto lontano.
«Forza, andiamo. Ti accompagniamo in infermeria e poi raccontiamo tutto a Williams, ok?» disse Brian. Gli altri due annuirono.
*
Albus e Virginia si fermarono quando videro che il professor Williams stava parlando con un uomo alto, di bell’aspetto nonostante dovesse avere quasi cinquant’anni, e il professor Finch-Fletchley; ma Williams li vide subito e li fece cenno di avvicinarsi.
«Potter, Wilson che fate in giro a quest’ora?» chiese Finch-Fletchley.
Virginia arrossì terribilmente e Albus rispose: «Volevamo parlare con il professor Williams, se fosse possibile…».
«Anche voi avete avuto problemi a Pozioni?» chiese Finch-Fletchley.
«Non avevamo Pozioni oggi, signore» rispose Albus.
Maxi Williams li osservò per un attimo e poi fece loro cenno di entrare. «Sedetevi» disse prima di chiudere la porta e sedersi dall’altro lato della scrivania. «Vi pregherei anche in futuro di evitare qualsivoglia lamentela nei confronti del supplente di Pozioni».
«Perché?» chiese sorpreso Albus senza riuscire a trattenersi. Il nuovo supplente era stato l’argomento più chiacchierato della giornata e a quanto sembrava avrebbe continuato a esserlo nei giorni seguenti. Non erano trascorse nemmeno ventiquattro ore che già giravano le voci più assurde. Isidor Mckenzie di Grifondoro sbraitava a destra e manca che Leo Travers era un vampiro. E gente che non l’aveva mai incontrato faccia a faccia giurava e stragiurava di aver visto i canini pronunciati. Nello scompiglio generale Albus poteva dare per certo che un Tassorosso del primo anno era finito in infermeria. Dubitava, però, che fosse accaduto perché era stato morso dal vampiro.
«La situazione è molto più delicata di quanto possa sembrare» rispose Williams scegliendo le parole con cura.
«Non sarà davvero un vampiro?» domandò Albus. Il cipiglio che assunse Williams, fece scappare un risolino a Virginia.
«Albus, ti prego sta zitto o inizierò a dubitare della tua intelligenza».
Albus arrossì e tentò di rimediare: «Insomma se ne vedono cose strane a Hogwarts…» borbottò.
«Può darsi, ma Travers è un mago e, come non ha mancato di vantarsi, è un Purosangue» ribatté Williams, accennando un sorrisetto. «Che non vi venga in mente di fare indagini su di lui o pedinarlo, abbiamo buoni motivi per credere che sia un tipo pericoloso».
«E perché la professoressa McGranitt l’ha assunto?» chiese stupita Virginia, superando anche il suo imbarazzo.
«Non l’ha fatto» replicò serio Williams, giocherellando con una piuma. «Sapete che cos’è il Decreto Didattico Numero Ventidue?». I due ragazzi negarono. «È un Decreto emanato dal Ministro Cornelius Caramell nel 1995, esso sancisce che il Ministero ha il diritto di incaricare un candidato idoneo per un cattedra se, e solo se, il Preside della Scuola non è in grado di trovarne uno».
«Mia zia non…» iniziò Albus.
«Il Ministro Weasley non si occupa direttamente di queste questioni. Dalla fine della guerra è stato creato un ufficio ad hoc che si occupa delle questioni scolastiche. Esso non ha il potere di intromettersi direttamente negli affari di Hogwarts a meno che non si creino delle determinate circostanze» spiegò pazientemente Williams.
«Come in questo caso» si limitò a costatare Albus. «Ma se si comporta male…?».
«Finché si limita a terrorizzarvi…» rispose scrollando le spalle il professore, ma all’occhiata che gli rivolsero i due ragazzi sospirò: «Il professor Mcmillan tornerà presto. Non più di un mese, penso. Anche perché bene o male sarà informato di quello che succede qui, quindi farà in modo di rimettersi in fretta. Dovete avere pazienza. Vedete, sono state mosse gravi accuse nei suoi confronti e chi di dovere sta già indagando», qui lanciò un’occhiata eloquente ad Albus, «e la cosa migliore è che lui non sappia nulla. Le voci sui vampiri vanno benissimo, incrementatele se volete. Finché sente su di sé solo il malumore di voi ragazzi e la solidarietà di noi docenti, non sospetterà nulla e non avrà il tempo d’insabbiare quello è saltato fuori su di lui». Lasciò loro il tempo di metabolizzare le sue parole, poi chiese: «Allora, perché siete qui?».
I ragazzi furono colti di sorpresa dall’improvviso cambio di argomento. Albus si prese qualche secondo, poi rispose: «Mio padre le ha parlato della Profezia pronunciata da Cassandra Cooman, circa un secolo e mezzo fa?».
Williams sembrò sorpreso, ma annuì. «Tuo padre me l’ha accennato» ammise. «Non ne conosco il contenuto, però. Mi ha detto che tu sei coinvolto».
«È di questo che volevamo parlarle. Noi abbiamo trovato il modo per scoprire chi altro è coinvolto». Albus fece una pausa, ma Williams rimase in silenzio in attesa che continuasse. Fu Virginia, però, a prendere la parola.
«Si tratta di un incantesimo molto avanzato di Aritmanzia che si basa sul potere delle rune.  Non credo che sia… ehm… insomma non credo che le regole della Scuola… se lei ci desse il permesso…».
«È importante!» tentò Albus preoccupato dal silenzio dell’insegnante. «Abbiamo bisogno di conoscere i Dodici coinvolti e solo così potremo fare qualcosa di concreto».
«State scherzando, vero?» chiese Williams.
«No» rispose sicuro Albus.
«Pensavo che fosse più saggio sperimentare un incantesimo sconosciuto con un insegnante piuttosto che da soli» mormorò timidamente Virginia.
«Sì, direi che è una scelta saggia. E, ditemi, quando pensavate di provare?».
«Domani mattina, prima delle lezioni. Nel parco» rispose Albus.
«Ai margini della Foresta Proibita. A quell’ora non dovrebbe esserci nessuno e difficilmente saremmo visibili dal castello» precisò Virginia.
«Mi sembra una pazzia, ma vi darò una possibilità» dichiarò Williams.
*
«Come avete fatto?» chiese stupito e preoccupato allo stesso tempo Drew.
«Mio cugino mi ha prestato il mantello dell’invisibilità» replicò Louis, che stava valutando attentamente gli ingredienti che aveva disposto ordinatamente sul lungo tavolo di legno.
«È stato abbastanza semplice» commentò Annika evidentemente soddisfatta.
«Non mi piace questa storia» sospirò Brian, scambiandosi un’occhiata con Drew che sembrava l’unico a pensarla come lui.
«Non sei eccitato?» chiese Louis con gli occhi che gli brillavano.
«No. Avete rubato dalla dispensa privata del professore e state facendo una pozione illegale».
«Non ci beccheranno» disse convinto Louis.
«Come potrebbero?» disse Annika scrollando le spalle.
Né Brian né Drew erano molto convinti delle loro rassicurazioni.
«Lasciatemi concentrare» disse serio Louis, mentre versava dello zolfo in un calderone.
*
«Sai Paciock, comincio a ricredermi su di te» annunciò all’improvviso Charles Calliance.
Frank strizzò lo straccio con cui stava lavando a terra e chiese: «In che senso?».
«Nel senso che comincio a credere che non sia una pacchia avere il proprio padre come insegnante…» borbottò il ragazzino in risposta. «O almeno non sempre. E non nel tuo caso…».
«Dovevamo finire a pulire i bagni dopo esserci presi a pugni perché lo capissi?» replicò infastidito Frank.
«Più che altro doveva mandarci tuo padre a farlo» rispose Calliance. «Ti va se facciamo una tregua?».
Frank lo fissò sorpreso e per un attimo si chiese dove fosse l’inganno, poi strinse la mano che nel frattempo il compagno aveva allungato. «Tregua» concesse. «Ma adesso sbrighiamoci, o stasera Sawyer non ci farà più andare a letto».
Calliance fece una smorfia e annuì.
*
«James, posso sapere che cosa stai facendo?».
I ragazzi sobbalzarono: nessuno di loro aveva sentito Maxi Williams avvicinarsi. Probabilmente i suoi passi erano stati attuti dalla neve, che era scesa quella notte e dal vento che ululava forte. Virginia era seduta su un masso e insieme ad Albus rileggeva, per quella che forse era la milionesima volta, l’incantesimo che avrebbe dovuto eseguire da lì a poco. Rose e Cassy chiacchieravano senza la minima preoccupazione; Scorpius e Alastor erano tutti attenti a sfogliare un fumetto; infine James stava tentando di liberare un pezzetto di terra dalla neve con Frank che gli orbitava intorno sperando di poterlo aiutare. Tutti alzarono gli occhi sul professore, lievemente intimoriti nonostante Al e Virginia li avessero avvertiti.
«Al e Virginia mi hanno detto di togliere la neve» rispose James.
«E pensi di farlo con le mani? Dimentichi di essere un mago?» replicò Williams, facendo apparire una vanga.
«Ah, beh io non ho ancora studiato gli incantesimi di Evocazione» borbottò il ragazzo, mentre le orecchie si imporporavano in modo molto simile a quello che succedeva a suo zio Ron quando era imbarazzato. James si mise di impegno e in pochi minuti spalò la neve lasciando libero un quadratino di terreno spoglio e freddo.
«Fatto!» annunciò soddisfatto, rimettendosi il cappuccio del mantello che il vento gli toglieva in continuazione.
Il professor Williams ghignò verso di lui ed eseguì una serie di incantesimi sotto i suoi occhi stupiti. In pochi secondi il vento era cessato e ai loro piedi non c’era più neve. James e gli altri impiegarono qualche secondo per capire che l’insegnante aveva semplicemente creato una barriera invisibile e il vento fuori da lì continuava a sferzare il parco.
«Da quello che mi ha detto Lupin non sai ancora fare decentemente neanche gli Incantesimi Evanescenti. Forse dovresti pensare a migliore, James».
«Non poteva farlo prima e risparmiarmi la fatica?» chiese James irritato.
«La prossima volta rifletterai di più sugli incantesimi da utilizzare» ghignò Williams.
«Le posso dire quello che penso?» sbottò James.
«Dipende da quello che pensi. Sono pur sempre il tuo professore». Il ragazzo si limitò a guardarlo male, mentre Albus e Virginia si avvicinavano. Il primo temeva realmente che il fratello avrebbe parlato a sproposito se non l’avesse bloccato in tempo. «Siete pronti?».
Albus fissò Virginia che annuì.
La ragazza percepiva l’attenzione di tutti su di sé e cercò di concentrarsi al massimo.
«Latus describolatus describolatus describo…» mormorò e ogni volta con la bacchetta tracciava un segmento. Lentamente si formò un dodecagono, i cui lati scintillavano e fremevano come se stessero bruciando la terra. «Latus describo» pronunciò per la dodicesima volta Virginia. Il poligono era concluso, ma l’intensità della sua luminosità diminuì solo di poco.
«Cassy, dalle le rune» intervenne Albus in fretta. Non voleva far perdere la concentrazione all’amica, tanto che quasi strappò il sacchetto dalle mani di Cassy per porgerglielo. Virginia lo prese e lentamente pose le rune su ciascun vertice del dodecagono, poi fece qualche passo indietro.
«Imagines risuscito» pronunciò con forza. Le rune si illuminarono per un attimo e poi si spensero. Per un attimo tutti rimasero in silenzio. «Ha funzionato?» domandò poi impaziente Rose.
Virginia incerta si voltò verso Williams che era rimasto a osservarla in silenzio. Il professore scrollò le spalle e rispose: «Fai la prova». La ragazzina si avvicinò di nuovo al dodecagono e raccolse le rune riponendole nel sacchetto una alla volta. «Lascia fuori quella di Frank» suggerì Albus. Virginia tesa porse tyr a Frank. La runa si illuminò per un attimo.
«Evvai! Ce l’hai fatta!» esclamò Albus regalando a Virginia un largo sorriso.
«Ora tocca a te, Al. Cerca la tua runa» disse la ragazzina.
Albus mise la mano dentro il sacchetto e dopo qualche secondo tirò fuori una runa che mostrò a tutti. «Reid» sussurrò.
«Fai provare anche noi» s’inserì Rose. Gli amici trattennero il fiato mentre compiva gli stessi gesti del cugino. «Evviva! Ci sono anche io! Che runa è questa? È bianca» esultò.
«Wird» replicò serio e preoccupato Albus. Non capiva che cosa ci fosse da esultare.
«E sta per?».
«È la runa del destino» rispose James sorprendendo tutti. «Che c’è? È la stessa che sigillava la mia bottiglia».
«Mi piace» dichiarò compiaciuta Rose. «Avanti Cassy, prova».
Cassy imitò i due compagni, ma questa volta non estrasse niente. «Come avete fatto a capirlo?» domandò perplessa.
«La tua si riscalda al tocco della mano» spiegò Albus.
«Niente, allora» disse sconsolata la ragazzina.
«Ora io» si fece avanti James. «Ecco» disse concentrato mostrando la runa al fratello in attesa di conoscerne il nome.
«Sol. Indica il sole e quindi la forza vitale».
A turno tentarono anche Alastor, Scorpius e per ultima Virginia. Solo gli ultimi due, però, erano tra i Dodici della Profezia.
«Albus, ora ci vuoi spiegare che cosa hai trovato in quel libro che hai tradotto?» chiese con voce un po’ roca Scorpius. Almeno lui a differenza di Rose sembrava rendersi conto della responsabilità era caduta sulle loro spalle.
«Le rune sono state incantate da Kyla, appartenente a una tribù celtica. Era la tribù dei Cornonaci che si pensa si sia estinta, ma in realtà Kyle riuscì a condurla in salvo e continuò a vivere in una radura appositamente protetta da Kyla, che come la maggior parte degli altri della tribù era una strega. Le rune le creò per fare in modo che la comunità fosse sempre protetta. Avrebbero dovuto conferirle equilibrio. La scelta del numero dodici è significativa infatti. Il dodici indica la saggezza. Il fatto che le rune non si trovino più là significa che la tribù ora non esiste più, ma non hanno perso il loro potere. Ogni runa per Kyla corrispondeva a una virtù, le stesse di cui aveva parlato anche il filosofo greco babbano Aristotele: giustizia, prudenza, coraggio, temperanza, mansuetudine, sapienza, magnificenza, liberalità, saggezza, arte, fortezza, magnanimità» spiegò Albus. «La runa di Frank rappresenta la mansuetudine, quella di Rose il coraggio, quella di James la giustizia, quella di Scorpius, perth, invece la magnificenza; Virginia, come ti ricorderai dalla nostra traduzione, madr è la sapienza. La mia simboleggia la prudenza».
«Che rimane?» domandò James meditabondo.
«Ne rimangono sei. Temperanza, liberalità, saggezza, arte, fortezza e magnanimità».
«E dobbiamo cercarli, giusto? Ma come? Non possiamo mica entrare in Sala Grande e far provare tutti!» costatò James.
«Iniziamo da chi ci è vicino e ci fidiamo e poi vedremo» propose Albus.
«Mi sembra una buona idea» disse il professor Williams. «Però dovrete essere discreti. La Selwyn ha troppe orecchie qui a Scuola».
 
   
 
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