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Autore: Huilen4victory    05/12/2016    2 recensioni
In un mondo di anime gemelle si nasceva come numeri uno per poi incontrare la propria anima gemella ed insieme diventare numeri due. Oppure nascevi numero uno per poi diventare un numero zero perchè non avere un partner equivale a non valere nulla.
Jungkook ha 23 anni, studia economia ed ha un lavoro part-time due volte alla settimana.
Jimin ha 26 anni ed ha appena iniziato a lavorare in ufficio.
Sono due persone molto diverse e non sono certo destinate a stare insieme. Hanno un tratto in comune però: sono entrambi numeri zero.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'amore è un'illusione (parte 2)

 

 

 

Andava tutto bene. Era tutto fantastico.

Come poteva non esserlo quando tutti lavoravano duramente per farlo apparire tale?

Seokjin fissò la propria immagine riflessa nello specchio. La famiglia Kim era solita partecipare a incontri formali di altissimo livello, incontri per lo più popolati dalle stesse persone anziane e d'élite a cui di tanto in tanto piaceva incontrarsi per discutere di politica. Nella modesta opinione di Seokjin erano meramente occasioni per far del buon gossip.

In ogni modo, se Seokjin era riuscito a evitare quelli più noiosi fin tanto che era stato giovane, dopo la sua introduzione la sua famiglia gli aveva caldamente suggerito, e un suggerimento dalla famiglia equivaleva a un ordine, di partecipare a più eventi possibili. I suoi genitori insistevano nel dire che era un modo per famigliarizzare con gente con cui avrebbe avuto a che fare per lungo tempo, una volta che lui e Namjoon fossero ascesi come gli eredi dei Kim.

Seokjin distolse il suo sguardo dallo specchio. Non sopportava la propria immagine riflessa.

Namjoon, che aveva a malapena superato i sedici anni.

Aveva provato. Seokjin aveva cercato di approcciare Namjoon per chiedergli perché gli avesse mentito e se avesse mai avuto l'intenzione di dirglielo. Ma, ogni volta che guardava negli occhi il più giovae, non riusciva a farlo. Così si era limitato a osservare da lontano, in attesa di una parola. Un segno.

Li stava lacerando. Perché Seokjin non riusciva a toccare e a comportarsi con Namjoon come era solito fare e ogni fottuto minuto che passava, con la verità ancora tenuta nascosta, rimarcava ancora e ancora come il loro amore fosse fondato su una bugia.

Sulla base di false premesse.

Era la sua anima gemella, maledizione, Seokjin lo avrebbe perdonato senza battere ciglio se solo Namjoon avesse parlato. Silenzio da entrambe le parti.

Namjoon naturalmente aveva capito subito che c'era qualcosa che non andava, ma sembrava aver deciso di non intervenire, nella speranza che si trattasse di una fase passeggera. Non lo era.

Qualcuno bussò alla porta.

"Avanti."

"Jin, sei pronto?" Chiese Namjoon entrando nella sua camera da letto. Appariva bellissimo e affascinante così ben vestito e con i capelli sistemati ad arte. Sembrava anche molto più adulto, pensò Seokjin, mentre cercava di non inarcare un sopracciglio. In questo gioco a chi diceva la verità prima, lui non aveva nessun diritto di irritarsi per l'abitudine di Namjoon di omettere la parola hyung.

"Sì. Arrivo," il maggiore disse girandosi a prendere la sua giacca dal guardaroba.

La presenza di Namjoon nel suo spazio personale pesava su di lui, come una forza gravitazionale a cui lui non poteva sottrarsi non importava quanto goffamente l'altro fosse in attesa sulla soglia.

"C'è altro?" Seokjin disse voltandosi, giacca in mano. Odiava il tono formale, odiava il modo in cui stavano diventando, saluti freddi e parole vuote, ma non poteva frenare se stesso. Era anche lui del resto inesperto e un adulto ancora imperfetto e l'unico metodo efficace per affrontare i problemi che aveva imparato in quella casa, era stato quello di costruire muri per difendere il suo cuore infranto.

Namjoon sembrò ferito dal tono glaciale e il maggiore si rimproverò in silenzio.

"Io ... Jin, va tutto bene?"

Seokjin per un attimo vacillò.

"Benissimo."

"C'è qualcosa che vorresti dirmi?" Ah. Seokjin cercò in tutti i modi di impedirsi di fulminarlo con lo sguardo, fiamme che minacciavano di bruciare il suo petto.

"No. E tu? "chiese Seokjin freddamente.

"No,” rispose Namjoon stringendo forte la maniglia della porta. Era tutto sbagliato, così sbagliato.

"Allora ci vediamo a cena. Vai a sistemarti i capelli. Hai una ciocca fuori posto, "il maggiore disse cercando di sorridere. Era una bugia perché i capelli di Namjoon erano perfetti, ma aveva bisogno di averlo lontano da lì. Non riusciva a respirare.

"Oh. Ora vado. A dopo allora." Disse l'altro ritornando ai suoi modi goffi.

“Ok.” Mormorò piano Seokjin. Quando Namjoon uscì dalla stanza la sua espressione cadde come un castello di carte.

Non piangere, non ti azzardare a piangere.

Amava Namjoon. Amava Namjoon così tanto. Voleva stringerlo, baciarlo, sussurrare parole dolci ma, ogni volta che faceva un passo verso di lui, pensava alle bugie e si fermava.

Rimase impalato sul posto per un po', cercando di recuperare la sua compostezza, perché aveva una cena importante e lui era un Kim, quindi non poteva rendere i suoi sentimenti evidenti al mondo.

Dopo un po ', qualcuno venne a chiamarlo. Seokjin si lasciò condurre fuori e verso la macchina che lo stava già aspettando. Un mese prima lui sarebbe andato nella stessa macchina con Namjoon, ma aveva paura di affrontarlo e così si era fatto preparare un'altra vettura.

I veicoli li lasciarono poco lontani dall'ingresso. Entrambi sapevano che come coppia Kim non potevano essere visti separati e così Namjoon attese Seokjin fuori dalla macchina, offrendogli il braccio. Il maggiore vi appoggiò la sua mano e per un attimo fu come se la menzogna non ci fosse mai stata, come se fossero solo dei numeri due pazzamente innamorati l'uno dell'altro. Seokjin avrebbe voluto che potesse essere così semplice.

La cena come previsto era piena di persone noiose. Era il secondo evento a cui Namjoon prendeva parte e, pur sembrando meno nervoso rispetto alla prima volta, appariva comunque altrettanto non a suo agio. Seokjin rimase al suo fianco, era il suo compito di Kim, ma lo fece soprattutto perché non voleva lasciarlo da solo. Ricordava a Namjoon i nomi delle persone che non conosceva, cercava di farli districare incolumi attraverso quella giungla di male lingue, tentando di risparmiare al più giovane i tipi più velenosi. Namjoon gli sorrise, mostrandogli il suo sorriso tutto fossette, il primo sorriso caldo in giorni. Forse anche in settimane.

Le loro buone e vecchie abitudini si fecero vive come accadeva sempre quando avevano modo di trascorrere del tempo insieme. Perciò Seokjin puntuale come un orologio avrebbe messo le sue olive nel piatto del più giovane perché sapeva che ne andava ghiotto e si sarebbe assicurato che Namjoon non inciampasse in gradini inesistenti del pavimento, mente Namjoon dal canto suo lo avrebbe fatto divertire e distrarre con battute e commenti stupidi.

"Mi dispiace Joonie, so che è difficile. Dobbiamo sopportare questo solo un'altra ora in più e poi potremo finalmente uscire di qui."

"Non è poi così male in realtà."

"Davvero?" Chiese Seokjin sorridendo malizioso."Allora forse posso chiamare il secondo console Park, se ti senti così in vena."

Namjoon rise. Il secondo console Park era tristemente noto per essere insopportabile.

"Non è cosi male. Mi stai chiamando di nuovo Joonie.” Seokjin si immobilizzò nel mezzo della sala. Dopo aver cenato infatti avevano fatto un giro di chiacchiere con alcune importanti persone ed ora si trovavano nel bel mezzo di quell'immenso salone, sotto gli occhi di tutti.

"Namjoon." Seokjin disse addolorato.

"Non avrei dovuto dirtelo. Ora smetterai di farlo." L'arrivo del secondo console e consorte lo risparmiarono dal dover rispondere.

"Oh i nostri giovani eredi, Kim Seokjin e Kim Namjoon. Abbiamo sentito cose meravigliose su voi due. Soprattutto su di te, Namjoon." Il secondo console esordì.

Entrambi raddrizzarono le spalle e gli rivolsero un gran sorriso.

"Secondo Console Park, è un tale piacere incontrarla qui. Voglio cogliere l'occasione per complimentarmi con voi per la sua ultima onorificenza." Seokjin disse. Sia lui che Namjoon si inchinarono leggermente per omaggiarlo.

"Hai sempre avuto così belle maniere giovane Seokjin. Ma non parliamo di questa sciocchezza,” disse indicando la spilla ai meriti appuntata sul suo taschino, “piuttosto parliamo del tuo numero uno. Siamo tutti così ansiosi di conoscerlo meglio."

Namjoon si schiarì la gola.

"Signore e signora Park, è un piacere conoscervi. Vi prego di perdonarmi se troverete le mie maniere carenti. Seokjin è molto più gentile di me. Io tendo a essere un po' goffo."

"Come tutte le persone di genio." Commentò il secondo console sorridendo benevolo. Namjoon si inchinò di nuovo.

"Non c'è bisogno di essere così modesto Namjoon, davvero. Ho letto il tuo saggio sulle dinamiche sociologiche sui numeri zero e due. E' stato così illuminante. Per non parlare delle tue osservazioni sull'algoritmo di mondo due. Ti aspetta sicuramente un brillante futuro Kim Namjoon e, a dire il vero, non riesco a pensare a chi possa essere stato più fortunato se tu ad ottenere il nome dei Kim o i Kim ad ottenere te. Quando si dice colpo di fortuna!" Poi, come se avesse detto qualcosa di veramente divertente, il console rise di gusto.

Seokjin fece del suo meglio per mantenere il sorriso. Odiava il console Park. La famiglia Kim e la famiglia Park occupavano, rispettivamente, la posizione di primo e secondo console da almeno tre generazioni. Il governo della loro comunità era basato su un sistema binario e garantista rappresentato da un potere esecutivo, primo e secondo console, e un potere legislativo il senato. Insieme queste due forze governavano il paese. Non era un mistero comunque che la famiglia Park venisse tramando il superamento senza mai riuscirci. Avere qualcuno del livello di Namjoon come prima consorte consolare avrebbe reso il compito ancora più difficile.

"Se posso dire una cosa console Park, Seokjin è ancora più sorprendente. Non si tratta solo di me.” Namjoon disse severamente.

"Certo, lui è un Kim, dopo tutto, non potevamo aspettarci di meno. Ma tu Kim Namjoon. Tu sei unico nel tuo genere." Seokjin si sentì preso a pesci in faccia. Sapeva che non era mai stato brillante, non al livello richiesto dalla famiglia e gli era sempre stato ricordato per tutta la sua vita, che lui era troppo morbido, troppo arrendevole, non abbastanza severo. Eppure aveva fatto del suo meglio e accettava i suoi limiti: sarebbe diventato un avvocato e sarebbe rimasto nella famiglia Kim e questo era quanto. Non gli importava di essere il primo console o di essere relegato a un ruolo secondario in famiglia. Prima che Namjoon giungesse infatti era stato abbastanza sicuro che la famiglia aveva preso in considerazione l'idea di dare una possibilità a Hyosang. Anche se suo cugino era uno scavezzacollo era tuttavia più promettente. Poi era venuto Namjoon e a Seokjin era stato dato il titolo di erede dei Kim. Naturalmente Seokjin aveva fatto alcune considerazioni a riguardo, ma mai avrebbe affrontato la cosa così sfacciatamente. Potevano anche calpestarlo, Seokjin sapeva reggere il colpo, ma far sentire il più giovane come una cane ammaestrato della famiglia Kim era inaccettabile. Nessuno doveva osare fargli del male.

Tuttavia, proprio mentre stava per mandare le maniere al diavolo e dirgliene quattro al secondo console, Namjoon intervenne.

"Potrebbero dire che sono di parte perché è il mio numero uno. Ma, onestamente, non ho mai trovato una persona migliore di Kim Seokjin. Da parte mia, quello speciale è senza ombra di dubbio lui. Quindi ora,se ci scusate, credo proprio che il nostro caro cugino ci stia chiamando". E così dicendo trascinò Seokjin verso Hyosang che in realtà non li aveva chiamati affatto ma era piuttosto platealmente indaffarato con il suo telefono (probabilmente messaggiando con la sua anima gemella che aveva dovuto partecipare a una festa di compleanno da qualche altra parte).

Seokjin si lasciò cadere sulla sedia accanto a suo cugino facendo del suo meglio per non sospirare troppo forte e mantenere la sua compostezza.

Namjoon si sedette accanto a lui in silenzio. Seokjin non sapeva bene cosa dire alla sua anima gemella, da un lato, il suo cuore era si era gonfiato per via delle parole dette. Dall'altro, a volte non poteva fare a meno di pensare a quanto il secondo console avesse ragione. Sentì il calore del corpo di Namjoon sul suo fianco. Erano un disastro. Tutto questo era davvero un disastro eppure loro riuscivano comunque ad apparire forti quando erano insieme. Seokjin si ricordò ancora una volta, di quanto il suo amore per la sua anima gemella fosse più grande di un continente.

"Suppongo che il secondo console sia una tenera presenza come suo solito. Devi perdonarlo Jinnie, il poveretto vuole essere promosso alla prima posizione da sempre ma con noi Kim annidati lì da tre generazioni, gli ci vorrebbe un mezzo miracolo per raggiungere l'obiettivo." Hyosang commentò allegramente.

Seokjin sospirò.

"A volte vorrei che la gente potesse vederci come persona reali, non solo come Kim. E' faticoso.” Seokjin disse rivolto a Hyosang. Senti Namjoon stringergli la mano. Era il primo contatto che si scambiavano in settimane. Il maggiore non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un sorriso.

“Ti capisco, ma siamo quello che siamo. Almeno abbiamo le nostre anime gemelle." Suo cugino commentò strizzando l'occhio a Namjoon.

Il sorriso di Seokjin vacillò. Un cameriere passò vicino al loro tavolo con un vassoio pieno di bicchieri di champagne. Non voleva ubriacarsi ma, se doveva resistere un'altra ora, aveva bisogno di alcol nel suo sistema. Fermò il cameriere con un cenno delicato della testa e quest'ultimo gentilmente gli porse un bicchiere. Seokjin lo prese e se lo portò subito alle labbra.

Il cameriere ne offrì uno a Hyosang che rifiutò, e a Namjoon il quale andando contro le sue solite abitudini, accettò.

Tutti quei giorni a fare maniacalmente attenzione, a cercare di aspettare che fosse Namjoon a parlare con lui. Fu così ridicolmente facile scivolare.

"Niente alcol per te Joonie, sei ancora.” Si fermò a metà frase, troppo sconvolto dalle sue stesse parole. Namjoon stesso rimase congelato sul posto, intuendo subito quello che l'altro era stato sul punto di dire.

L'aria si fece gelida e Seokjin non sapeva che cosa fare, cosa dire. Fissò Namjoon in preda al panico, incontrando il suo sguardo non meno agitato.

"Scusatemi. Ho bisogno d'aria." Si sentì dire.

Senza ulteriori indugi si alzò e uscì velocemente dalla sala. Una volta in corridoio iniziò a correre. Dove non era importante, ovunque andava bene, purché non fosse nei pressi della sua anima gemella. Un peso atterrò duramente sul suo petto quando si rese conto quanto triste fosse la sola formulazione di quel pensiero. Infine Seokjin trovò quello che cercava, un balcone e una promessa di aria fresca. Aprì la porta a vetri e finalmente, lì da solo, lui e il freddo della notte, si sentì vagamente meglio. Seokjin si chiese quante fossero le possibilità che lo lasciassero rimanere in quel posto.

"Seokjin," disse una voce alcuni minuti più tardi. Sentì un respiro affannoso. Naturalmente Namjoon era dovuto corrergli dietro ed era riuscito a trovarlo al primo colpo.

"Prima. Cosa stavi per dire?" Chiese Namjoon schiarendosi la gola.

Seokjin strinse la presa sulla ringhiera del balcone. Non poteva voltarsi, non poteva.

"Niente. Dimenticalo. Ho solo bisogno di una boccata d'aria fresca. Forse non avrei dovuto bere champagne, mi fa male la testa.” Disse, ma la sua voce suonò strana anche alle sue stesse orecchie.

"Per favore Seokjin. Mettiamo fine a questa farsa. Parla con me." Implorò l'altro.

Qualcosa di oscuro, qualcosa che non sapeva di star covando, trovò infine la sua via di fuga. Perché la sua anima gemella, il suo numero uno, la persona che aveva amato da quando i suoi occhi si erano posati su di lui, gli chiedeva di parlare quando era stato lui il primo a non farlo.

"E' Seokjin hyung, per te." Ringhiò, voltandosi.

Namjoon non reagì, ma il suo volto si fece pallido.

Nessuno parlò per un po'.

"Hai mai avuto l'intenzione di parlarmene?"

Silenzio.

"Tu sei la mia anima gemella e io sono la tua. Certo, so che è colpa della mia famiglia, ma quello che non riesco a capire perché tu abbia mentito a me!”

Namjoon fissò a lungo il pavimento. Poi sospirò e disse.

"La tua famiglia ci ha chiesto di non dire niente visto che sono abbastanza intelligente per poter frequentare il tuo stesso anno. Ho iniziato a considerarmi più grande tempo fa e per questo non ho protestato. Loro hanno chiesto e noi non abbiamo trovato un motivo valido per dire di no. Mi dispiace."

"Ti dispiace? Posso aspettarmi questo dalla mia famiglia, che mi ha lanciato addosso tutte queste fesserie sull'essere un Kim da quando ho tre anni, ma non da te! Perché non hai mai pensato di dirmelo, in privato?” chiese ancora Seokjin che si stava arrabbiando sempre di più. Namjoon ancora non lo stava guardando.

"Loro hanno chiesto e non ho potuto dire di no."

"Perché?"

"Perché loro hanno chiesto!" Esclamò Namjoon guardandolo finalmente negli occhi. "Non ti azzardare a lasciare il peso di tutto questo solo su di me, perché non è colpa mia. Tu non sai com'è la tua famiglia. Non sai come è la mia famiglia con loro, come il fatto che io sono fidanzato con l'erede dei Kim li abbia colpiti. Loro hanno chiesto e io ho eseguito. Ero felice? Ovviamente no! Perchè tu sei sempre stato gentile con me e ogni volta che mi hai trattato come un tuo coetaneo qualcosa dentro di me si rompeva, ma considera per un attimo la mia posizione. Non ho mai avuto molta scelta.”

Seokjin preso alla sprovvista improvvisamente non fu così sicuro di se. "So che la mia famiglia può essere piuttosto prepotente, ma ora stai parlando come se ti avessero chiesto di fare un sacco di cose che non volevi fare e che ancora non vuoi fare."

Namjoon non rispose e Seokjin si sentì la testa girare.

Doveva essere del semplice sarcasmo non un colpo a un nervo scoperto di cui ignorava l'esistenza.

"Mi dispiace se ti ho mentito. Ora ti prego, torniamo dentro. Oppure torniamo alla residenza dei Kim, se preferisci." Il più giovane supplicò. Namjoon aveva vissuto sotto il loro tetto dopo il suo compleanno, ma lui ancora chiamava il suo nuovo posto la residenza dei Kim e mai casa. Seokjin capiva, era difficile sentirsi a casa dopo aver trascorso tutta la vita con la tua famiglia, ma improvvisamente sentì come se quelle parole nascondessero un altro significato.

Seokjin fece alcuni passi verso di lui, sempre più vicino, così vicino da poterlo toccare senza aver nemmeno bisogno di alzare il braccio.

"Namjoon. Perché sento che una delle cose che non volevi è trovarti qui? " Chiese in un sussurro. E chiese questo perché l'altra domanda, quella che voleva chiedere in realtà, era quella che più di tutte lo avrebbe distrutto.

"Seokjin, hyung, andiamo." L'altro implorò ancora una volta.

“Perché.” Mormorò. Seokjin si sentiva ipnotizzato, era così vicino, così vicino alla verità che, anche se il suo corpo urlava che non era una buona idea, lui non desistette.

Namjoon cercò di sottrarsi, fino a che la sua schiena si scontrò con la parete, Seokjin che lo ingabbiava con la sua presenza.

"Per una volta, una, dimmi la verità. Credo di meritarmelo,” il maggiore disse. Si stava comportando in modo crudele, ma non poteva lasciare andare proprio ora.

I tratti del viso di Namjoon si contorsero.

“Perché è vero. Io non voglio trovarmi qui." Confessò.

Seokjin si sentì trapassare da parte a parte.

"Sono venuti a casa mia, ci hanno riuniti in cucina e ci hanno fatto questo lungo discorso per poi dichiarare che io ero l'anima gemella dell'erede dei Kim. La mia famiglia si sentiva così onorata, erano tutti così felici, che io non ho potuto dire nulla. Ho sentito il cappio intorno al collo stringersi sulla mia gola e tutte le mie speranze, tutti i miei sogni, svanire. Perché stavo per essere un Kim e questo avrebbe escluso tutto quello che ho sempre fantasticato di fare con la mia vita. Ero così arrabbiato, così arrabbiato ma i Kim erano felici, la mia famiglia era felice così sono rimasto in silenzio. Eppure non potevo fare a meno di chiedermi perché io, perché? Volevo perseguire la mia passione per la musica ma mi hanno iscritto alla facoltà di economia. Ero scettico circa il sistema delle anima gemelle, volendo invece una vita per me stesso, e invece sono stato legato al numero due più desiderato del paese. In seguito sono stato persino portato via dalla mia casa e dai miei affetti e non ho potuto fare nulla. Ma ho incontrato te, la mia anima gemella, quando tutta la mia vita ho dubitato di loro. Tu eri bellissimo e così dannatamente gentile con me e anche se ignoravi che la tua felicità era costata i miei sogni, non potevo odiarti. Non potevo neanche essere felice però. Quindi, per favore torniamo nella residenza. Dimentichiamoci di questo. I miei sentimenti, nel quadro generale delle cose ,non sono poi così importanti." Namjoon concluse, con una tale rassegnazione nella sua voce che feriva ogni fibra del corpo di Seokjin.

"Mi dispiace. Mi dispiace tanto Joonie. Non ho mai saputo, mai, se potessi fare qualcosa per sistemare il tutto..”La voce di Seokjin iniziò a vacillare, improvvisamente le parole del secondo console echeggiarono nella sua testa. Come Namjoon fosse così convenientemente legato alla sua famiglia.

Troppo bello per essere vero. Troppo bello per essere una coincidenza.

Perché sento come se tu non volessi trovarti, con me?

Sentì un dolore lancinante al petto, come se non avesse abbastanza aria per respirare.

Eppure non era lui quello ad avere il diritto di star male.

E' questa casa, questo nome che ci sta soffocando tutti. Sono io.

"Seokjin!" Namjoon esclamò allarmato per il suo respiro affannoso. Stava avendo un attacco di panico.

"Ti ho amato sin dalla prima volta che ti ho visto." Seokjin riuscì a dire, come se quelle parole potessero risolvere tutto quando era evidente che non potevano risolvere nulla. Poi andò in iperventilazione e perse i sensi.

 

 

 

 

Seokjin sbatté le palpebre un paio di volte. Si sentiva spossato eppure allo stesso tempo con il torpore di uno che aveva dormito a lungo. Poi, i ricordi della sera prima lo travolsero. Si sentì demolire di nuovo pezzo dopo pezzo, ma non voleva andare in iperventilazione ancora una volta così si costrinse a calmarsi. Probabilmente aveva spaventato Namjoon a morte. Il pensiero del giovane gli causò una stretta al cuore. La cosa era, poteva sopportare che il suo cuore, che la sua persona, potesse venir calpestata. Aveva accettato il suo destino perché era un Kim e non il suo membro più meritevole. Ma non poteva accettare quello stesso destino per Namjoon quando era evidente quanto questi soffrisse. Quando gli occhi di Seokjin si erano posati sul più giovane, lui si era innamorato a prima vista e poi il suo amore si era cementato dopo che avevano avuto modo di conoscersi meglio. Perciò quando in seguito aveva saputo la vera età di Namjoon la sua rabbia era venuta soprattutto dal senso di tradimento che aveva provato nello scoprire che la sua anima gemella gli aveva mentito. Era un sentimento che gli risultava tristemente familiare allo stesso modo in cui era a conoscenza dei metodi della sua famiglia. Almeno così aveva pensato. Seokjin per tutta la vita aveva vissuto con anticipazione quasi disperazione l'arrivo della sua anima gemella perché sapeva che sarebbe stato l'unico legame puro che poteva mai sperare di avere sotto quel tetto. Era questo il motivo per cui si era arrabbiato quando aveva scoperto che Namjoon gli aveva mentito. Tuttavia la sua rabbia era stata mal riposta ed era stata colpa della famiglia Kim sin dal primo momento. Sospirò. Aveva delle cose importanti da fare.

Controllò l'orologio sul comodino.

Era presto, quindi forse suo padre era ancora in casa e lui aveva bisogno di parlargli. Si costrinse ad alzarsi, si gettò qualcosa addosso e si incamminò fuori camera sua. In corridoio trovò degli attendenti che cercarono di fermarlo, a quanto pareva il dottore aveva ordinato riposo assoluto, ma Seokjin ignorò le loro proteste.

"La tua anima gemella aveva preso accordi per essere chiamato non appena ti fossi svegliato, sarebbe meglio se aspettassi in camera tua." Questo era sicuramente un incentivo per continuare con il suo piano, invece. Non voleva vedere Namjoon se non dopo aver chiarito le cose con suo padre.

"Mio padre si trova ancora in questa casa?"

“Certamente, è nel suo studio, ma ha dato istruzioni di non disturbarlo "

"Grazie,” disse Seokjin e senza ulteriori indugi marciò in direzione dello studio di suo padre. Una volta arrivato non esitò ad aprire la porta senza neanche darsi la pena bussare.

Suo padre era seduto sulla sua scrivania, stava controllando alcuni documenti imperturbato, come se l'ingresso brutale di suo figlio non fosse un avvenimento abbastanza importante da disturbare la sua attività.

"Buongiorno figliolo, spero tu stia meglio. Hai dato al povero Namjoon un piccolo infarto ieri," suo padre commentò con indifferenza.

"Dobbiamo parlare," Seokjin disse senza preoccuparsi delle buone maniere. Non era il momento per quelle. Aveva bisogno di risposte.

"Di cosa vorresti parlare che non può attendere un momento più appropriato?" Chiese il padre ancora piuttosto tranquillo, ma non più indifferente. Seokjin chiuse la porta dietro di se ma non fece alcuna mossa per avvicinarsi. Non voleva sedersi di fronte a lui e lasciare che il padre prendesse il controllo della situazione, come aveva sempre fatto.

"Be, non saprei da dove cominciare. Forse dal fatto che la mia anima gemella è minorenne, o dal fatto che la nostra introduzione è stata illegale. Oh, chissà, magari dal fatto che hai costretto la mia anima gemella a fare cose che non vuole. O che come ti sei convenientemente dimenticato di menzionare uno qualsiasi di questi argomenti a me.” Seokjin disse cercando di sembrare serio per non lasciare che le sue emozioni prendessero il sopravvento perché suo padre era un maestro in questo genere di cose, ma quella era una di quelle discussioni che voleva vincere ad ogni costo anche se non aveva mai vinto una volta con suo padre.

Quest'ultimo mise da parte i documenti con una calma che Seokjin trovò irritante.

"Sai già le risposte a queste domande figlio. Sì, Namjoon aveva 15 anni quando abbiamo fatto l'introduzione. Sì, sapevamo che non avresti preso la cosa bene, sei sempre stato così facilmente impressionabile. Perciò abbiamo pensato che sarebbe stato conveniente per tutti noi che tu non ne sapessi nulla o almeno che lo scoprissi più tardi. Quanto al fatto di forzare la tua anima gemella, non so di che cosa tu stia parlando. Lui è un Kim ora. Sai molto bene che cosa ciò comporti. "Il padre disse inarcando un sopracciglio.

"Ovviamente. Come potrei dimenticare. Ma è la mia anima gemella, quindi tutto quello che lo riguarda, riguarda anche me. "Seokjin disse con durezza.

L'atteggiamento di suo padre mutò.

"Chiaramente non riesci a vedere il quadro generale. Se c'è qualcosa che ho sempre trovato manchevole da parte tua e la tua incapacità di proiezione mentale. La fortuna viene e la fortuna se ne va figliolo, un momento siamo sulla vetta più alta, un altro momento siamo nel punto più basso immaginabile. Namjoon è una benedizione per questa famiglia, lui porterà la famiglia Kim avanti.” Dato che tu non ne sei in grado. Anche se avesse dichiarato queste parole ad alta voce non avrebbe potuto essere più esplicito. Potevano calpestare lui, si disse, ma non Namjoon.

"Non me ne frega un cazzo."

"Kim Seokjin! Modera il tuo linguaggio!"

"No, per una volta mi starai a sentire! Posso accettare le critiche, i vostri stupidi standard, le vostre ancor più stupide decisioni sul mio futuro, perché sono nato in questa famiglia, ma lui non lo è. Non me ne frega un cazzo se ha un quoziente intellettivo di 200. Se lui vuole ballare tip tap per quanto mi riguardo io glielo lascerò fare. E lo farà ".

"Sei solo un marmocchio ingrato. Sei così abituato al lusso che questa famiglia ti ha sempre dato che non capisci come le cose possono cambiare facilmente. Abbiamo trovato per te il miglior partner che il mondo potesse offrirti! Questo dovrebbe essere sufficiente perchè tu non abbia mai a lamentarti! " Suo padre esclamò non più calmo.

Fu come essere schiaffeggiato in faccia.

"Cosa ...?" Seokjin sentì le ginocchia traballare. Che diamine stava insinuando?

"Vieni, siediti. O rischi di sentirti male nuovamente e spaventare tua madre." Suo padre disse sospirando. Ma Seokjin non poteva, il suo cuore era congelato come il suo corpo.

“Seokjin, siamo stati fortunati. Così fortunati. Namjoon potrebbe essere di beneficio a questa famiglia in così tanti modi. E tu lo ami, giusto? So che lo ami e lui certamente tiene a te a giudicare dalla sua preoccupazione di ieri. Vedi? Tutto si sistema meravigliosamente. Quindi, per favore smetti di pensare cose illogiche. Noi siamo quello che siamo, noi siamo i Kim. Abbiamo i nostri doverei da portare avanti,” disse suo padre.

"Basta. Basta con la narrativa dell'essere Kim! Quanto profonda è la corruzione di questa famiglia? Sapevo che non eravamo dei santi, ma ciò che stai insinuando ... "Seokjin voleva di piangere, voleva scappare dall'altra parte del mondo e dimenticare di aver mai sentito quelle parole.

Abbiamo trovato il miglior partner.

"Seokjin, figlio. Andrà tutto bene."

Seokjin si morse fino a farlo sanguinare. Doveva tenere botta, essere forte e non perché era un Kim, ma per se stesso e per la felicità di Namjoon.

"Lui...è la mia anima gemella?"

“È qui quindi naturalmente è la tua anima gemella."

Seokjin sentì come non ci fosse più un cuore che batteva nella sua cassa toracica, come se non avrebbe mai più avuto un cuore che batte.

"Ti prego siediti e calmati un po '. Stai pensando troppo. Vieni qui e guarda con i tuoi occhi i documenti di assegnazione dell'anima gemella. E' tutto in regola." Suo padre disse tirando fuori alcune carte dalla sua scrivania.

Seokjin tremava come una foglia. E, in quel momento, decise.

Si voltò e uscì dalla stanza.

 

 

 

 

"Jin. Ora però sei crudele. Lui è solo un ragazzo, dopo tutto." Se suo cugino Hyosang aveva sentito la necessità di utilizzare tali parole dure, probabilmente era vero. Seokjin sospirò sorseggiando distratto il suo tè. Si trovavano in un bar della loro università ed era riuscito a evitare la sua anima gemella con successo per una solida settimana. Era stata una mossa vigliacca da parte sua, ma si sentiva così fragile, così distrutto per tutti i fatti che sospettava, che aveva bisogno di un po' di tempo per cercare di mettere insieme i pezzi abbastanza da affrontare Namjoon con una faccia normale. Possibilmente senza svenire davanti a lui ancora una volta.

"Parlerò con lui più tardi," promise Seokjin. Namjoon aveva fatto irruzione nella sua camera quel giorno ma il maggiore aveva già fatto i bagagli e aveva chiesto al loro autista di portarlo il più presto possibile verso la dimora di suo cugino, pigiama ancora indosso.

Namjoon aveva cercato di contattarlo, ma quando era stato evidente che Seokjin non voleva parlargli, si era arreso, probabilmente indovinando il suo bisogno di tempo.

Il maggiore si vergognava di se stesso, era il più grande eppure era Namjoon che agiva come un adulto. Aveva solo sedici anni e aveva già così tanto sulle sue spalle, l'eredità dei Kim, il casino che era la persona di Seokjin. Seokjin voleva mettersi le mani nei capelli e urlare, tutto pur di scacciare quella voce oscena nella sua testa che continuava a dire quanto amasse e quanto questo fatto fosse l'infelicità del più giovane. Faceva male, così male.

Ma aveva bisogno di riprendere il controllo. Aveva bisogno di farlo per Namjoon.

Gli ci volle un po' per raccogliere il suo coraggio, ma alla fine tornò a casa sua. Nessuno sembrava turbato per la sua assenza e gli attendenti lo avevano salutato come sempre. Da qualche parte lì dentro sua madre e suo padre stavano sbrigando le loro faccende. Per la prima volta, era contento che la casa fosse abbastanza gigantesca perché lui non dovesse vedere le loro facce.

Attese dopo cena prima di decidere di dirigersi verso la dependance, la parte della casa che i Kim aveva dato a Namjoon. Ora Seokjin capiva perché non li avevano messi insieme, ovviamente, una richiesta della famiglia di Namjoon visto che era così giovane.

La porta della camera da letto del più giovane era leggermente aperta, la luce era fioca, l'unica fonte era quella che veniva dalla lampada del comodino sul lato destro del letto. Era seduto a gambe incrociate e aveva un libro aperto in grembo, ma non stava leggendo, stava scarabocchiando alcune note ai margini. Era così concentrato che non si era accorto della presenza di Seokjin.

Quest'ultimo sorrise tristemente. Namjoon stava scrivendo delle rime, una delle cose che amava fare e a cui sarebbe stato costretto a rinunciare.

"Seokjin!" Esclamò Namjoon quando lo vide fermo sulla soglia. Poi, come se si fosse ricordato di qualcosa importante, in tutta fretta aggiunse, "hyung." Suonava così estraneo alle sue orecchie, ma lui non disse nulla anche se lo faceva soffrire il sentire la verità dalle sue labbra. Tuttavia, se avevano intenzione di fare le cose nel modo giusto dovevano iniziare a chiamare le cose con il loro nome.

Così fece del suo meglio per non sobbalzare e andò verso di lui, sedendosi sull'altro lato del suo letto.

"Eri occupato? Ti disturbo?"

"Affatto. Come ti senti hyung? Meglio?" Chiese Namjoon.

"Sto bene." Seokjin decise di rispondere. Almeno fisicamente, pensò. Il più giovane cercò di toccargli il braccio in modo rassicurante, ma il maggiore indietreggiò. Namjoon ritirò la mano, con sguardo ferito. Seokjin si sentì in colpa, ma non riusciva più a toccarlo.

"Mi dispiace. Sono così dispiaciuto. Vorrei non aver detto quelle parole, hyung. Veramente. Sono venute fuori in malo modo, sono sempre stato un tale disastro nell'esprimermi con le parole il che è ridicolo considerando che aveva sognato di scrivere testi di canzoni. Mi dispiace, sto blaterando. Volevo solo scusarmi con te, io... "

"Non c'è bisogno di essere dispiaciuto Joonie. Non per come ti senti,” Seokjin disse nel suo tono più gentile. Questo impulso, questo stimolo che veniva da tutto il suo amore per Namjoon, questa voglia di proteggerlo da tutto, anche da se stesso. "Dispiace anche a me, comunque. Per averti evitato.” Seokjin ammise.

"Ho pensato che fosse così e ho capito che era per colpa mia. Non sai quanto mi dispiace."Il maggiore posò un dito sulle sue labbra per zittirlo. Sembrava un gesto intimo, guidato dall'impulso e Namjoon lo guardò sorpreso, quanto lo era Seokjin del resto, ma almeno aveva smesso di chiedere scusa. Seokjin ritirò subito la mano.

"Potremmo discutere le nostre circostanze all'infinito. Non è questo quello voglio, io voglio solo che cerchiamo di non nasconderci più le cose, non importa quanto terribili pensiamo che siano. Forse questa casa è lungi dal poter essere considerata un paradiso, ma potremmo avere almeno un rapporto sano ed essere onesti l'uno con l'altro.”

Namjoon lo guardò stranamente come se volesse chiedergli qualcosa, come se ci fosse qualcosa sulla punta della sua lingua.

"Ok," concesse dopo un po '. “Essere onesti l'uno con l'altro. Mi piace l'idea."

"Questo significa che non potrai fare a meno di continuare a chiamarmi hyung d'ora in poi, “ disse Seokjin.

"Per me va bene, hyung." Namjoon rispose, ridacchiando.

"Perfetto!" Seokjin si lasciò sfuggire un sorriso. "Così siccome abbiamo inaugurato l'era dell'onestà, racconta a questo hyung dei tuoi testi e di cosa ti piacerebbe fare con essi."

Il più giovane sembrò preso alla sprovvista. "So quello che fai su quei margini Namjoon, me l'hai detto tu stesso. E pensare che tu sei quello con la super memoria e il super cervello.” Seokjin lo prese in giro.

“Posso essere goffo anche io, sai. Ma pensi che sia davvero una buona idea parlare di questo?"

"Ci è permesso di parlare di questo. Credo sia nostro diritto. Poter condividere le nostre speranze e i nostri sogni, questo non ce lo può togliere nessuno."Seokjin disse serio. Namjoon lo guardò, lo guardò davvero al punto che Seokjin si sentì arrossire sotto il suo sguardo. " Prometto che se mi dici una cosa io ricambierò con un mio segreto, sempre.”

"Fatta!" Namjoon rispose improvvisamente eccitato come un cucciolo. Appariva così giovane. Seokjin sorrise. Doveva proteggerlo.

E' qui, quindi è la tua anima gemella.

C'erano così tante implicazioni in quelle parole e ognuna di esse lo facevano soffrire profondamente, ma dal momento che Namjoon era lì e lui era la sua anima gemella, Seokjin si sarebbe preso cura di lui. Anche se questi non sentiva per lui neanche una frazione di quello che il maggiore sentiva, Seokjin lo amava ancora come il primo giorno e nel suo libro Namjoon sarebbe sempre stato l'unica anima gemella che avrebbe mai potuto desiderare di avere e avrebbe fatto del suo meglio per cercare di renderlo felice. Qualunque cosa fosse stata necessaria.

"Hyung tu ascolti hip hop?" Chiese allora Namjoon.

 

 

 

 

Per un po', era stato sopportabile. Quasi bello.

Non condividevano l'affetto, non sotto forma di baci della buonanotte, perché le parole di Namjoon pesavano troppo sul cuore di Seokjin perchè lui cercasse di forzare i suoi sentimenti sul più giovane; ma sotto forma di segreti, speranze e sogni condivisi. E così il loro legame poneva radici su segreti sussurrati nella notte e sentimenti confessati in corridoi dimenticati. Il loro rapporto era migliorato al punto che Namjoon si era fidato abbastanza da chiedergli di andare a vedere una delle sue esibizioni.

"Non aspettarti troppo da me hyung. Ho iniziato un paio di anni fa,” aveva detto nervoso.

"Scommetto che sarai fantastico.” Seokjin aveva risposto e credeva in ogni sua parola. Namjoon aveva annuito, inchiodato sul suo posto, come se volesse toccarlo, ma non avesse il coraggio di farlo. Alla fine, si erano limitati a sorridersi. Il più giovane era parso così felice nel back stage, ma nulla avrebbe potuto preparare Seokjin alla meraviglia che era Kim Namjon su un palco. Poteva finalmente vedere quei meravigliosi testi prendere vita.

Naturalmente c'era ancora dello spazio per migliorarsi perché nessuno era nato già sapendo tutto, ma a Seokjin Namjoon non era parso altro che perfetto.

Vorrei che tu potessi fare questo per sempre, vorrei che tu potessi essere felice così per sempre.

Eppure il fatto che Seokjin fosse nella sua vita impediva che quel suo desiderio si realizzasse.

Fu dopo quella notte che il maggiore iniziò a fare volontariato in un centro comunitario di numeri zero. Amava così tanto, così tanto che il conoscere tutte le implicazioni lo stavano annegando poco a poco, ma non poteva annegare, non poteva, perché doveva rimanere intero per essere in grado di sostenere e proteggere il giovane.

Ti amo e poiché non posso amarti come vorrei, ti amerò negli spazi in cui mi lascerai farlo.

Seokjin era sempre stata più aperto rispetto ai membri della sua famiglia. Non aveva mai avuto nulla contro i numeri zero. Non gli avevano fatto nulla di male e così non portava loro rancore. Non era mai stato interessato alle dinamiche tra numeri zero e due, era qualcosa che accadeva nella periferia del suo mondo, così lontano che non l'aveva mai toccato. Così lui non se ne era mai interesato.

Il destino era divertente. Ti faceva riconsiderare le tue posizioni e più eri cieco più violenti erano i metodi scelti per aprirti gli occhi. Perché solo ora, solo ora che aveva il cuore spezzato Seokjin infine capiva. Osservava i numeri zero e capiva veramente. Sentiva la loro solitudine perché era la sua. Perché Namjoon ci teneva a lui, ma non lo amava. E alla fine, cosa lo rendeva così diverso dai numeri zero se non un titolo posto sulla sua carta d'identità?

Così aveva chiesto in giro fino a che aveva trovato un centro comunitario disposto ad accettare l'aiuto di un numero due, perché, come gli aveva detto il direttore del centro, il circolo non era formato da numeri, ma solo da persone. Seokjin si sentiva meglio quando era lì, un luogo dove poteva essere Seokjin il ventenne perdutamente innamorato e dal cuore spezzato e questo, questo, solo i numeri zero avrebbero potuto capirlo.

Namjoon di tanto in tanto veniva ad aiutarlo quando la sua agenda zeppa di impegni glielo permetteva. Non chiese mai perché Seokjin si fosse dato al volontariato e quest'ultimo non glielo disse, ma era bello condividere qualcosa. Forse la loro storia non sarebbe mai stata tutta fuochi d'artificio ma sarebbe stata piena di rispetto e di comprensione reciproca. Seokjin cercava di convincersi che fosse abbastanza, almeno fino a quando non avesse trovato una soluzione migliore.

Quando Namjoon compì 17 anni, le cose si fecero frenetiche. Quel poco di moderazione che i Kim aveva avuto quando Namjoon era stato solo sedicenne, volò dalla finestra. La loro presenza era sempre più richiesta agli eventi più disparati e il padre di Seokjin il più delle volte chiamava Namjoon a lavorare con lui, dandogli dei compiti da svolgere e presentandogli persone importanti. Seokjin aveva cercato di dissuadere il padre andando persino a chiedere una mano a sua madre. Aveva inoltre cercato di eccellere negli studi nella speranza che suo padre avrebbe chiamato lui invece di Namjoon, ma senza alcun risultato.

Ad un certo punto, Namjoon aveva smesso di scrivere sui margini dei suoi libri. Seokjin se ne rese conto subito perché aveva preso l'abitudine di controllarli, sempre colpito dalle belle parole scritte dal più giovane. Un giorno tuttavia non ne trovò più di nuove. La cosa peggiore però, fu guardare lo spirito di Namjoon deteriorarsi poco a poco, come un fantasma che si aggirava in quei corridoi freddi di quel palazzo gigante.

"Hyosang, dimmi che cosa devo fare." Pregò Seokjin un pomeriggio. Era tornato a casa solo per scoprire che il padre aveva, ancora una volta, richiesto la presenza di Namjoon.

Lui era la sua anima gemella e non una sorta di bestia rara da mostrare in giro.

"Jin non hai molta scelta, nessuno di noi ce l'ha. Siamo intrappolati all'interno di questa gabbia, dorata, ma siamo comunque intrappolati. Non si può smettere di essere un Kim."

Seokjin si coprì il volto con le mani.

Quella notte aspetto il più giovane nella sua camera da letto. Non lo faceva spesso perché trovava così difficile mettere dei confini tra di loro. Eppure non voleva farlo sentire soffocato, Dio sapeva se la sua famiglia non stava già facendo un ottimo lavoro a riguardo.

Aveva bisogno di vederlo, sapere se stava bene.

Namjoon inciampò nella sua stanza, stanco, spettinato e con la cravatta in mano. Alzò lo sguardo.

"Hyung," disse cercando di sorridere. Non c'erano fossette sulle sue guance e il suo sguardo era vuoto. Seokjin poi fece qualcosa che aveva smesso di fare da un po' di tempo. Si mosse verso di lui e lo abbracciò timidamente. Il più giovane glielo lasciò fare, quasi appoggiandosi a lui.

"Scommetto che sei stanco. Ma cosa ne pensi se parliamo un pochino? E' da tanto che non parliamo dei nostri sogni."

"Ne abbiamo ancora?" Chiese Namjoon con amarezza.

"Certo che li abbiamo. Ho un nuovo sogno. Ti ho mai detto che voglio provare fotografia?"

"Hyung." Namjoon mormorò stancamente come se sapesse che era solo un futile esercizio, come se sapesse che era solo qualcosa per coprire la bruttezza della loro realtà. Ma c'era qualcosa nel volto di Seokjin (amore, era amore), che alla fine lo convinse a parlare.

"Ok. Ok, dimmi. "Seokjin lo fece sdraiare sul suo letto e iniziò a parlare della sua giornata, come fosse andato ad aiutare al circolo, come aveva frequentato per caso una lezione di fotografia e quanto gli fosse piaciuto. Namjoon si addormentò cullato dalla sua voce.

Era pallido e aveva ombre scure sotto gli occhi, sembrava solo un ricordo del giovane uomo a cui una volta era stato introdotto.

Seokjin si morse il labbro. Aveva promesso a se stesso una cosa quel giorno che aveva parlato con suo padre. Ed era stato quello di amare e di proteggere la sua anima gemella ma stava fallendo miseramente. Stavano cadendo e sarebbe andata sempre peggio fino a quando anche l'ultima delle loro speranze sarebbe miseramente morta.

Aveva condannato Namjoon.

Mi dispiace, mi dispiace.

Ma non era il momento di piangere. Non era il momento di piangere perché forse c'era una cosa che poteva fare per liberare entrambi. Anche se questo significava non essere più un Kim.

 

 

 

 

"Zio. Dobbiamo parlare."

 

 

 

 

Seokjin aveva portato con sé un solo bagaglio. Dentro c'erano solo le cose che lui aveva comprato con i propri soldi. Quando aveva fatto un passo fuori da quel luogo che una volta aveva chiamato casa, aveva fatto in modo di lasciare tutto alle sue spalle. Pianse solo i primi giorni, poi si era reso conto di aver perso del tempo prezioso che avrebbe potuto dedicare alla ricerca di un lavoro e quindi decise di non piangere più. Suo cugino lo avrebbe volentieri aiutato ma Seokjin aveva rifiutato. Era riuscito ad ottenere un lavoro come lavapiatti in un ristorante e in qualche modo era riuscito a sopravvivere. I turni erano terribili, ma gli avevano dato una stanza dove dormire e un tetto sopra la testa, e anche se era una catapecchia andava comunque bene. Aveva tagliato ogni canale di comunicazione e aveva scambiato il suo telefono costoso in favore di qualcosa di più economico e meno appariscente e, soprattutto, senza connessione internet.

Dopo un mese di turni terribili, un giorno uno dei camerieri si ammalò e poiché Seokjin aveva buone maniere e un buon viso il proprietario gli chiese di andare in sala. Da quel giorno quella rimase la sua posizione. Come cameriere veniva pagato meglio soprattutto per via delle mance. Fu in grado di lasciare quella catapecchia e trovarsi un monolocale vero.

Era un inizio. A volte, quando si fermava abbastanza a lungo per pensare, si chiedeva come stavano le persone che aveva lasciato, soprattutto, si chiedeva se Namjoon stesse bene e se fosse felice. Se era così allora ne era valsa la pena.

Era freddo ed era il suo giorno libero e Seokjin aveva tutte le intenzioni di passare l'intera giornata a fare assolutamente nulla. Forse poteva leggere alcuni libri che aveva preso in prestito dalla biblioteca pubblica. O fare qualche passeggiata in città. Il suo letto sembrava più allettante, però.

Ma qualunque suo piano fu interrotto da alcuni colpi alla sua porta. Sorpreso perché nessuno mai bussava, Seokjin si mise le pantofole e andò ad aprire.

E là sulla soglia del suo appartamento ordinario, con due grandi bagagli ai suoi piedi, c'era Namjoon.

Sembrava più scompigliato di quanto lo avesse mai visto, ma anche più spensierato e più sorridente.

"Cosa diavolo ci fai qui?" Chiese Seokjin, scioccato.

Il più giovane ridacchiò.

"Penso che sia ovvio hyung." Namjoon disse indicando le valigie. "Sono qui per rimanere."

Quindi sorrise. Il suo sorriso tutto fossette.

Aveva pianto solo il primo paio di giorni perché doveva essere forte. Allora perché, perché sentiva il bisogno di piangere ora? Namjoon non aspettò una sua risposta, lo fece indietreggiare, entrò nel suo appartamento con le sue borse, gettò quelle da qualche parte e senza esitazioni, lo abbracciò, tenendolo stretto.

"Non tentare mai più di lasciarmi indietro, Jinnie," disse, chiamandolo con lo stesso modo in cui era solito chiamarlo quando Namjoon aveva16 anni e Seokjin 19 e pensavano che tutto fosse possibile.

Seokjin ricambiò l'abbraccio. Inalò il suo profumo, rilassandosi nella sua presenza perché aveva sentito la sua mancanza così a lungo, non per mesi ma per anni. La sua anima gemella.

"Io..."

"Non farlo. Mai più."

"Ok."

 

Voglio amarti. Voglio proteggerti così tanto che nemmeno la mia caduta dovrebbe importare se questo significa la tua felicità.

 













NdA: chiedo scusa per la mia assenza ma sono tornata ieri da un viaggio di tre settimane e appena ho potuto mi sono messa al lavoro.
Questa è la storia in breve di Namjoon e Seokjin e ci sono tante implicazioni. Sta a voi coglierle! ;) Namjin avrà la loro storia a parte, capitoli in cui verrà svelata nel dettaglio la loro storia d'amore (sto ancora decidendo il titolo) ma per chi non seguirà questa avventura ho voluto comunque lasciare un'impressione dei due. Il prossimo capitolo sarà jikook e il gran finale. Preparatevi!!!
   
 
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