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Autore: mentaverde    08/12/2016    4 recensioni
Odio stare in bilico.
Odio sentire quella sensazione sulla pelle, di poter cadere da un momento all’altro.
Odio il fatto che con una folata di vento potrei schiantarmi al suolo.
Ma soprattutto odio il fatto che sia tu a mettermi in questa posizione.
Tu, il Re, l'Originale, l'ibrido.. così tanti nomi, così tanto potere ad un unico uomo pieno di odio e pieno d'amore.
Un uomo e tutta l'eternità davanti.
Tu ed io.
Tu il mio Re, ed io la tua Regina.
Klaus e Caroline.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus, Rebekah Mikaelson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo VII



 
Che sei pazza.
So che sei pazza, e che hai così tanta dolcezza negli occhi che mi uccidi.
E quando chiudi gli occhi sembri una bambina innocente;
l'ultima volta che ti ho baciata mi sono ammalato di te,
dicono io non voglia guarire.
Ma perché dovrei?
Io voglio andare all'inferno con te.

- C. Bukowsky, donne p.137 -
 



Hope

 

 

 
 
Mamma non piangeva, non piangeva mai, neanche quando lo facevamo io ed Elijah. Lei rimaneva tranquilla e ci consolava, senza aggiungere niente.
Sembrava che a lei non toccasse minimamente, sembrava essere lei quella forte, e d’altronde lo era sempre stata.
Papà la rispettava, e non perché fosse mia madre, ma perché in più di un’occasione si era dimostrata utile con la sua intelligenza e la sua forza.
“Sono contenta tu sia qui”, aveva ammesso una sera quando Elijah era uscito, “Avrà bisogno di aiuto, non penso supererà mai la cosa”.
La cosa era lei che moriva.
“Neanch’io”.
Mi aveva sorriso, “Sì, ce la farai, sei una brava ragazza. Per fortuna sei così poco Mikaelson…”.
Io sono poco Mikaelson?
“Non guardarmi così!”, vedere il mio stupore l’aveva fatta divertire, “Della famiglia di Klaus hai solo i capelli biondi e il portamento, per il resto sei molto più Caroline”.
“Caroline? Ma…”.
“Sì, lo so. Io e Caroline non ci siamo mai amate, ma so che è una persona buona, è gentile, ha tanto affetto dentro, ha tanta umanità che nessuno di noi ha più da molto tempo”.
“Ma…”.
Aveva iniziato a sbuffare, “Sta arrivando Klaus”.
Mamma sapeva sempre quando papà stava per arrivare.
Non ho mai capito come facesse a sentirlo ancora prima dei miei sensi, come se captasse nell’aria la sua presenza. Una volta Elijah mi ha detto che lei poteva tutto perché era la miglior guerriera che avesse mai conosciuto.
E infatti dopo 10 secondi la porta d’entrata aveva cominciato a tremare per i suoi colpi, “Apri!”.
Mamma mi fa un gesto per andare ad aprire la porta che io avrei lasciato volentieri chiusa. “Sii gentile”, mi raccomanda come sempre.
“Ciao papà”, uso il miglior tono infastidito del mio repertorio, e immancabilmente la vena del suo collo inizia a pulsare.
“Dov’è?”, ringhia.
È letteralmente furioso.
“La tua intelligenza è sparita da un po’, dovresti saperlo ormai”, biascico impedendogli di entrare.
Tutti gli uomini dietro di lui rimangono in guardia e mi guardano stupiti.
Nessuno si rivolge così a Klaus Mikaelson.
Ma io sono Hope Mikaelson e il diritto di dire quel che mi pare l’ho acquisito dalla nascita.
“Non ho tempo per gli scherzi, Hope”, ringhia ancora più forte, “Dov’è lei?”.
“Io non ho tempo per gli idioti”, rispondo con altrettanta forza.
“Hope”, la voce di mamma mi richiama. È in piedi con la vestaglia annodata, “Non rispondere così a tuo padre. E tu vedi di entrare in casa. Lascia fuori le tue guardie… da quando in qua un Ibrido ha bisogno di guardie, poi”, dice entrando nuovamente nella sua camera e facendo segno di seguirla.
“Hayley non ho tempo”, ringhia l’altro.
“Dieci minuti per me li trovi. Muovi quel culo millenario e vieni qui”, dice dall’altra stanza e la seguiamo.
Una guerriera.
Io e papà ci lanciamo un’occhiataccia, ma la mia riesce meglio. Non è mai stato capace di serbare rancore nei miei confronti.
“Ora avete il piacere di dirmi cosa è successo?”, chiede mamma con tutta la calma del mondo.
“Nessuna novità in casa Mikaelson: bugie e bugie che si ritorcono contro. Un cliché”, dico.
“Hope”, mi richiama mamma, “Non istigare tuo padre”.
“Non lo sto istigando, mamma, dico solo la verità, pratica che a lui è completamente sconosciuta”.
Dicendo così mi riservo due occhiatacce, una di rimprovero e una di rabbia.
“Caroline è scomparsa”, ammette papà dopo un’eternità.
“Tecnicamente non è scomparsa, se ne è voluta andare lontana da te, padre”.
Incredibilmente abbassa gli occhi, colpevole.
Conosceva i suoi limiti, i suoi difetti anche se non l’avrebbe mai detto a nessuno sapeva di essere una persona orribile.
“Pur di dire la verità hai perso l’unica persona che ti sta perennemente a fianco nonostante tutto!”, urlo.
“Hope…”, mi richiama mia madre.
“Io posso anche tacere, ma questa è la verità, che tu lo ammetta o meno, papà”, sentenzio e la mia voce sembra rimbombare tra le pareti della stanza.
Mamma mi guarda seria e il silenzio si fa ancora più pensante. Sia io che l’Originale abbiamo smesso di respirare.
Hayley Marshall era diventata negli anni in licantropo più temuto della storia, capace di uccidere una quantità esagerata di vampiri che si mettevano sulla sua strada.
Hayley Marshall era diventata una leggenda per la sua capacità strategiche e nelle tattiche di combattimento. Un’assassina.
Conoscevo perfettamente il suo sguardo, l’avevo vista nei giorni peggiori in cui minacciavano la mia vita e quella di Klaus, giorni in cui il mondo le si era rivolto contro e tutti gli alleati erano diventati nemici.
Papà aveva definito la sua astuzia come la cosa più incredibile e temibile che avesse mai visto.
“Cosa l’ha allontanata?”, ha chiesto.
“Arabella”.
Con uno scatto fulmineo mamma si alza dalla poltrona e afferra il viso di papà dal mento, avvicinandolo pericolosamente al proprio.
Gli occhi di mamma non erano più chiari, ma gialli. Gialli come i lupi.
Mamma non si era mai presa la gloria per tutte le guerre che ha fatto evitare, non ha mai voluto apparire agli occhi di nessuno, preferiva l’anonimato e le bastava essere la madre della figlia che condivideva con Klaus Mikaelson.
Ma tutti sapevano che dietro la forza straordinaria di mio padre, c’era la stratega più cruenta.
“Chi?”, la sua voce è un sibilo.
Papà la guarda dritto negli occhi che hanno perso tutta la sua arroganza, sostituita dal dispiacere puro.
“Niklaus”, è solo un sussurro ma ha la stessa potenza di un tuono.
“Elijah”.
Mamma non si muove, rimane pietrificata mentre papà alza gli occhi al cielo, come se stesse pregando per non piangere.
Non ho mai visto papà piangere, eppure questa volta non mi sembra così impossibile.
“Quando l’ha deciso?”, chiede sedendosi e cercando di nascondere le mai tremanti.
“Da tanto tempo… abbiamo dovuto cercare un bel po’ di cose”, la sua voce era quasi morbida, disperata.
Cosa diavolo stava succedendo?
“Come stai te?”, gli domanda la mamma.
Non sto capendo nulla.
“Mi dispiace”, sussurra coprendosi il viso con le mani e la voce rotta.
“Ho conosciuto tanti lati di te, Niklaus, così tanti che neanche tu conosci”.
“Hayley, sono sempre lo stesso. Una vita per un’altra”.
Mamma scuote la testa e sorride, “Non vedi, Klaus, non hai mai visto nulla”, sussurra appena.
“Cosa…”, provo a dire e sembra che si siano accorti della mia presenza solo in quel momento.
Iniziano a parlare con voce bassa, un sussurro appena e mi spiegano tutto, senza tralasciare un dettaglio.
Alla fine della storia non so se piangere o essere felice.
Alla fine della storia capisco che mio padre è molto più di quel che si crede.
Per una volta Klaus Mikaelson è umano.
“Trovala”, sentenzia alla fine mamma.
“Io cerco i suoi amici, ma…”, la voce mi muore in gola.
Mamma e papà mi guardano sfiniti ma preoccupati.
“Sto con un umano”, sgancio la bomba come ho sempre fatto e, per la prima volta, ridono.
Mamma mi stringe un ginocchio, mentre papà sembra respirare nuovamente.
“Te l’avevo detto… non è come noi”, dice poi a mio padre.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Caroline

 

 
 
Conoscevo quel posto perché tutti quelli dotati di vita eterna lo devono conoscere per credere ancora nel futuro.
Che cosa buffa: uno vorrebbe vivere per sempre e quando ne ha la possibilità vorrebbe morire e vivere da umano.
Questo posto ti aiuta, almeno dicono così.
Ti aiuta a trovare la strada… ma quale strada puoi avere se te ne stai su un filo nel bel mezzo di un baratro senza fine?
Un filo in cui ti hanno messo, solo perché all’inizio, accecata, pensavi fosse l’Eden.
Poi cadi la prima volta e capisci che dell’Eden non c’è nulla. Assolutamente niente.
Allora cosa si fa?
Si cerca una soluzione.
La porta rossa davanti a me si apre all’improvviso quasi spaventandomi, per magia.
La casa è nel bel mezzo di Londra, così in vista e così nascosta, tipico di una strega.
Entro senza neanche chiedere il permesso ma prima che possa muovere un altro lei mi chiama.
Non ha nome.
Nessuno lo conosce, neanche fra le streghe più antiche.
Si dice che lei abbia un potere immenso, più grande di quanto si possa immaginare.
“Caroline… Forbes”, dice il mio nome appena entro in un piccolo salotto anonimo.
La strega non ha affatto l’aspetto giovane che mantengono solitamente, i capelli grigi sono sparpagliati a caso, degli occhiali grandi tondi e scuri le coprono gli occhi e la maggior parte del viso scarno.
“I nomi sono noiosi per chi ne ha sentiti troppi, quindi ti prego, dimmi qualcosa”, dice indicando una poltrona di fronte a me.
“Cosa…”.
“No, no, no. Non ‘cosa’, non domande. Le domande sono noiose. Domande, le persone fanno domande, chiedono e non dicono. Noioso. Noioso”, scuote la testa infastidita, “Voglio una parola da te, una sola. Devi dirmi chi sei, chi sei stata, chi vorresti essere. Devi dirmi in una parola da cosa stai scappando, cosa vorresti sapere, cosa più ti rende felice e cosa più di rende triste”.
“Ma…”.
“No, no, no. ‘ma’ non è una parola. ‘ma’ è noia. Io voglio una parola. Una parola per te. Avanti”.
“Paura”, getto fuori senza neanche accorgermene.
Paura.
Io ho avuto paura anche da umana, paura di fallire, di non essere abbastanza, di non brillare.
Poi paura di diventare un mostro, paura di perdere i miei amici, paura di non trovare più me stessa e paura di aver a che fare con una me che non mi piace.
Paura di deludere, paura di scappare e di rimanere. Paura di amare e non essere amata. Paura a diventare Caroline Mikaelson, paura a diventare regina. Paura di rimanere nell’anonimato.
Paura di essere seconda.
Lei sorride in risposta.
“Paura… si ‘paura’ non è noia. Paura dà la vita”.
“La toglie”, mi sento rispondere ancora, come se avessi perso completamente il controllo della mia mente.
Magia?
La strega sorride ancora, divertita dalle mie parole, “La paura di un temporale ti fa nascondere, altrimenti te ne staresti all’aperto e rischieresti di prendere un fulmine. La paura dà vita”.
“La paura è sbagliata”.
“Non ti sento sbagliata, mia cara”.
Silenzio.
La mia bocca non parla perché la mia mente è vuota.
“Tra di voi sono importanti i nomi… nomi che spesso non si scelgono, che ci capitano… tu hai potuto scegliere e non l’hai voluto. Potevi scegliere uno dei nomi più temuti nella storia, un nome che ti avrebbe dato il potere eterno… hai rifiutato e hai scelto di farti chiamare paura”, si alza in piedi e posiziona il suo viso poco lontano dal mio, “E allora io mi chiedo, se sei tu che la subisci o se ne sei la carnefice”.
“Io non faccio paura”.
La strega scoppia a ridere divertita.
“Una mortale che fa innamorare l’Ibrido Originario… tu sei la paura di molti perché tu hai domato l’impossibile… hai dato un cuore a chi non lo aveva… hai fatto provare l’amore ad un uomo che conosceva solo l’odio”.
“Non era amore”.
“L’amore… non vedi quanto belle sono le parole? L’amore non è noia. L’amore è vita, come la paura. Ma la paura è meglio, la paura si controlla, l’amore uccide”.
“Hai detto che l’amore è vita… non può uccidere”.
“Ciò che dona vita la può togliere, Paura”.
“Mi chiamo Caroline”.
“Un nome da Regina... ragazza fortunata… se sapessi come i miei genitori – pace all’anima loro – hanno chiamato me, beh, ti accorgeresti che i nomi fanno schifo”, scoppia a ridere della sua stessa battuta, “Ma questo non importa. Oh, non trovavo qualcuno così non-noioso da anni ormai. Tutti vogliono sapere… vogliono conoscere… noia! Noia! Domande noiose! Tu non hai domande… te lo leggo dentro. Tu hai le risposte, ma quelle sono pericolose… le risposte feriscono e salvano”.
“Non ho risposte”.
“Le hai, le hai! Eccome! Le hai tutte, tutte dentro… Aaah!!”, si mette le mani in testa e inizia a ridere nuovamente, “Le tue risposte le sento da qui, è come se le gridassi! Come se urlassi ma non volessi ascoltare! Ascolta! Ascolta! Uno dei mali degli uomini da sempre è che ascoltano per ribattere, non per capire. Questo li fa impazzire, questo li fa ammalare! Questo porta alla noia, a storie già conosciute, già scritte!”.
“Parli dell’odio?”.
La strega affonda sul divano su cui è seduta come se quello che ho detto fosse la più grande sciocchezza che abbia mai sentito.
“Odio è vita. L’odio ha portato a grandi, grandi cose! L’odio porta avanti. Ma l’odio giusto. L’odio sano. L’odio fa diventare più grande di un elefante anche la formica più piccola, ma dev’essere odio giusto, deve essere odio che porta avanti, non che tira indietro. No, no, no. L’odio cattivo è l’odio pericoloso, porta a sofferenza, porta a noia”.
“La sofferenza non è noiosa”.
“Nooooo… la sofferenza è rivincita! Oh, Paura, devi capire che ogni cosa ha due, tre, mille sfaccettature, basta capire quelle giuste! Bisogna soffrire, ma soffrire bene… non sempre crescere, a volte bisogna rimanere dove si è, perché è giusto così! Mai indietro, però! Mai! Mai! Indietro è male, si può guardare ma mai tornare!”.
“Io voglio andare avanti!”.
“Avanti? No! No! Lo sai cosa devi fare! Lo sai! Devi ascoltare, Paura. La paura è bene, la paura salva il lupo dai fulmini. Sai cosa fa la paura? Ti dice di fermarti. Paura è amica del coraggio. Tu devi diventare coraggio!”.
“Non si può diventare qualcosa che non si è…”.
“No… un cane non potrà mai volare, ma potrà inventare un modo per farlo. Guarda noi uomini! Bestie di terra, che volano, che solcano le onde più alte, che vivono per sempre. Abbiamo fermato l’orologio, tu per prima lo hai fatto! Tu! Tutto può cambiare… basta inventare, basta sognare. E la paura fa sognare, brutti sogni, a volte, ma aiutano. Tutto aiuta! Ma devi ascoltare!”.
“Io non…”.
“Tu hai scelto, tutti abbiamo scelto”.
“Io non ho mai scelto di diventare quello che sono! Io volevo essere normale!”, sento la mia bocca dare voce ai miei pensieri senza freni.
La strega diventa improvvisamente seria, “Normale”, sussurra la parola come se fosse un’eresia, “La normalità è malattia, la normalità è morte. Dimmi, dimmi! Dimmi se veramente hai mai desiderato essere il nulla! La normalità è nulla! Per vivere bisogna essere! Essere! Ci sono persone che pensano di avere… di avere il potere di decidere della vita degli altri… persone brutte, persone malvagie, persone che decidono… male questo è male! Ma tu… qualcuno ha deciso per te e tu sei diventata Paura… sei diventata Caroline Forbes… e non sei noia, non sei normale, non puoi… sennò tutto si spegne…”.
“Io…”, le lacrime iniziano a scendere e la strega con una carezza goffa cerca di consolarmi.
“Vengono tutti per delle risponde… vengono tutti con mille domande… tu sei venuta con delle risposte, ma una cosa l’hai sbagliata… tu non sei Paura… tu sei Regina. Sei nata Regina, vivrai Regina e morirai Regina. Ma ricordati… la Regina ha bisogno di un Re e il Re viene sempre a salvare la sua Regina”.
“Klaus…”.
“Aveva tante domande e tante risposte… unico nel suo genere! Unico!”, scoppia a ridere nuovamente, “Conosce il potere, conosce la forza eppure è debole… lui non ascolta, non ascolta! Ascolta le risposte sbagliate, ascolta i sentimenti sbagliati. Tu! Tu, Paura, gli hai dato l’amore… l’amore… che bello. Tu gli hai dato vita! Vita che lui non conosce, gioia che lui non capisce! Tu… tu sei la paura per lui”.
“Io…”.
“Gli occhi, Paura, mentono. Mentono sempre. Gli occhi non vedono. A volte non vedono neanche i pali e… sbam! Ci sbatti la testa! Gli occhi sono falsi… tu devi vedere con altro… devi vedere con il cuore! Con quello! Chiudi gli occhi e ascolta… le risposte giuste arrivano. Sempre!”
Ascoltare?
Come potevo ascoltare quando avevo visto?
“Ti dirò una cosa che non dico mai… il suo nome…”.
“È venuto qui?”.
“Tutti vengono qui! Tutti… il suo nome…”, la strega inizia a sorridere, “Ha detto Forbes”.
Klaus.
“Il suo è un nome importante e pericoloso per tutti, ma per lui il nome importante è il tuo, Paura. Tu sei la Regina”.

 
 

 
 

 
 
  
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