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Autore: Bookseater    09/12/2016    1 recensioni
Cosa ha portato il giovane Sirius Black, appena sedicenne, a scappare di casa? Cosa ha fatto nella sua ultima giornata trascorsa in Grimmauld Place, 12?
Dal testo: -Lui è la rovina della famiglia, la mia povera padrona continua a dirlo, povera signora, povera, cosa deve subire dal figlio ingrato… Regulus sì che è un figlio modello, lui sì che è degno di essere l’erede della casata dei Black, non lui, che ragazzo ingrato…- brontolò Kreacher l’elfo domestico, sbirciando nella camera di Sirius; sul suo volto comparve per l’ennesima volta un’espressione di disgusto vedendo i colori che aveva esposto in tutta la sua stanza: l’oro e il rosso di Grifondoro, a differenza dei colori che troneggiavano nel resto della casa, l’argento e verde smeraldo della casa Serpeverde.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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L'ultima notte di Sirius Black in Grimmauld Place, 12

- Lui è la rovina della famiglia, la mia povera padrona continua a dirlo, povera signora, povera, cosa deve subire dal figlio ingrato… Regulus sì che è un figlio modello, lui sì che è degno di essere l’erede della casata dei Black, non lui, che ragazzo ingrato…– brontolò Kreacher l’elfo domestico, sbirciando nella camera di Sirius dal pianerottolo, mentre saliva per rassettare un’altra stanza. Il suo corpo fu percorso da un brivido e sul suo volto comparve per l’ennesima volta un’espressione di disgusto vedendo i colori che aveva esposto in tutta la sua stanza: l’oro e il rosso di Grifondoro, a differenza dei colori che troneggiavano nel resto della casa, l’argento e verde smeraldo della casa Serpeverde.
Sirius era stato il primo della famiglia ad essere smistato in quella casa, e ne era orgoglioso. Sua madre e tutta la famiglia lo odiava per questo, come se non fosse stato un ragazzo abbastanza difficile già prima dei suoi undici anni e il primo anno Hogwarts. Proprio quel primo settembre fu smistato, fortunatamente secondo il suo punto di vista, malauguratamente secondo la sua famiglia, nella casa di Godric Grifondoro e aveva conosciuto quelli che erano diventati i suoi migliori amici: James Potter, un giovane stregone con gli occhiali e i capelli sempre scompigliati, grazie anche alla mano che continuava a passarsi fra i capelli; Remus Lupin, un giovane e intelligente mago sempre con la luna storta e occhiaie profonde almeno una settimana al mese; Peter Pettigrew, un piccolo ragazzino smilzo e desideroso di attenzioni da parte dei tre amici, sempre alle loro spalle fin dai primi giorni, utile se dovevano fare qualche scherzo per cui serviva qualcuno di molto piccolo.. E infine c’era lui, Sirius Black, giovane mago avvenente che faceva voltare tutte le ragazze al suo passaggio, che riusciva a farla franca quasi sempre, benché fosse sempre colto sul fatto, o come preferiva definirlo lui, nel bel mezzo della  missione, perché gli insegnanti rispettavano la sua intelligenza, e come lui ogni tanto diceva, “la sua bellezza e il suo spirito agivano anche sulle insegnanti, che seppur riluttanti, erano conquistate dal suo fascino”.
 
Nella sua stanza, mentre era intento a sfogliare una rivista babbana di motociclette che aveva preso a Londra prima di rientrare nella casa di famiglia a Grimmauld Place, Sirius rifletteva sulla rovina che secondo sua madre aveva portato nella famiglia, e su come si sentisse fuori luogo in quella casa. Si alzò dal letto lasciando sul letto la rivista, aperta su due pagine che mostravano una motocicletta appena costruita dalla Honda: la Gold Wing, la GL1000 con un quadricilindrico da 1000 cc con freni a disco; appena vista gli si era fermato il cuore, era bellissima, ed era la moto più grossa che avesse mai visto e, come diceva l’articolo, la più confortevole del mondo. Si era alzato per andare ai piedi del letto, dove teneva il suo baule, nel quale conservava i vecchi libri di scuola, la divisa di Quidditch e la sua scopa volante, l’uniforme scolastica, la bacchetta che non poteva ancora utilizzare al di fuori dei confini della scuola, i calderoni e gli ingredienti di pozioni che aveva usato lo scorso anno; e tra tutti gli oggetti che erano stipati nel baule, finalmente trovò quello che stava cercando: una lettera che gli aveva mandato il suo migliore amico James poco dopo il rientro a casa da Hogwarts, in risposta alla lettera in cui lui gli riferiva di quanto fosse contento di essere tornato a Grimmauld Place. Aprì la pergamena e lesse quelle righe scritte con inchiostro nero e in una bella calligrafia, proprio all’inizio del messaggio, “Ho chiesto ai miei genitori, e per loro non sarebbe un problema ospitarti, quindi se vuoi liberarti dell’aria serpeverdiana che c’è in casa tua per un po’, vieni pure qui!”. Sirius lesse e rilesse quelle poche righe, mentre nella sua mente pensava a un piano. Aveva già conosciuto Fleamont ed Euphemia Potter, i genitori di James, ed erano stati molto gentili con lui, lo trattavano come un figlio, benché fosse solo un cugino di secondo grado del loro figlio naturale, ed era normale dato che lui e James si consideravano fratelli. Gli balenò in mente un’idea folle, ma che gli avrebbe permesso di cominciare una vita serena e felice, come quella che conduceva a Hogwarts, quando non doveva restare chiuso in quella casa dove sua madre gli urlava contro in continuazione, mentre elogiava il fratello minore, e sopportava l’elfo domestico devoto alla madre e che quindi si comportava con lui come se fosse una persona disgustosa, cosa che era dal loro punto di vista, come amava continuare a ribadire non solo nell’atteggiamento ma anche nell’arredamento della propria stanza, alle cui pareti erano appesi dei poster di motociclette, ragazze babbane in bikini e una bandiera di Grifondoro, impossibili da staccare grazie ad un incantesimo di Adesione Permanente che aveva imposto loro. Prese i vestiti dall’armadio e li buttò nel baule, insieme ai suoi pochi averi: le riviste babbane e alcune foto che erano state scattate durante gli anni a Hogwarts, che ripose con cura sopra ai vestiti, poco prima di richiudere il baule e sorridere. Era folle, ma dopotutto era il suo temperamento, amava prendere decisioni repentine, senza pensare alle conseguenze… come lo scherzo che aveva ideato l’anno prima e che era quasi costato la vita a Severus…
Quindi scese le scale per andare in sala da pranzo a cenare, sopportando le frecciatine che gli tiravano i genitori mentre elogiavano il fratello minore, che apprezzava i complimenti, anche se gli dispiaceva per il fratello maggiore, con il quale da piccolo giocava spesso, finché al ritorno dal suo primo anno a Hogwarts, Sirius era cambiato, e non accettava più i valori della famiglia, in favore di quelli di coraggio e lealtà di Grifondoro.
Sirius odiava quei momenti, odiava non essere nella sua vera casa, a Hogwarts, ma quella sera dentro di sé era allegro e carico di aspettative, e subiva tutto senza rispondere sempre con le sue battute pungenti, come invece era solito fare, facendo imbestialire ancora di più la famiglia.
Dopo cena andò in salotto, guardò l’albero genealogico che era stato ricamato su un arazzo enorme, che ricopriva l’intera parete, e osservò il suo nome e quelli vicini. C’erano i nomi delle cugine, che disprezzava, soprattutto Bellatrix, una giovane strega bellissima, che se ne andava in giro con un’area di superiorità e ammaliava tutti i ragazzi solo per sfruttarli a suo piacimento. Accanto al nome di sua madre, Walburga Black, c’era quello del suo zio preferito, Alphard, da cui amava rifugiarsi per settimane durante le vacanze estive, e che non lo trattava con disgusto come invece erano soliti fare gli altri Black, benché anche lui fosse stato un Serpeverde. Sirius era pur sempre il suo primo nipote, e non avendo avuto figli lo trattava come se fosse il suo figlioccio, non facendogli mancare nulla e tollerando il suo comportamento e i suoi discorsi su quanto fosse bella la casa di Godric Grifondoro. Purtroppo non gli era sempre possibile allontanarsi da casa per andare dallo zio, poiché la madre era in collera col fratello che tollerava, e quasi spingeva, il nipote ad essere diverso e “migliore” rispetto al resto della casata, che pensava solo a se stessa e a mantenere una linea di Purosangue e nobiltà. Ed era proprio grazie allo zio, Alphard, che Sirius aveva messo da parte dei soldi per poter fare quello che aveva progettato: scappare di casa e liberarsi finalmente del peso della famiglia. Sirius ancora non sapeva che alla morte dello zio, avvenuta poco dopo la sua fuga, avrebbe ricevuto in eredità tutti i suoi beni che comprendevano non solo moltissimo oro, ma anche la casa dove aveva passato molto tempo, che poi avrebbe venduto per affittare un appartamento più consono alle sue esigenze di giovane mago senza famiglia, e rendendolo economicamente indipendente.
Sotto il nome della madre e dello zio, comparivano i nomi dei loro genitori, e il nonno di Sirius era fratello di Dorea Black, che sposò Charlus Potter, rendeva, appunto, lui e James imparentati, come d’altronde lo erano tutte le famiglie purosangue, ovviamente, pensò Sirius, leggendo il motto di famiglia: “Toujours pur”.
Non sapeva quanto fosse rimasto nella sala, ma quando vide che fuori dalla finestra era ormai notte fonda, si girò, e uscendo dalla stanza vide che dietro di lui c’era Kreacher; che non aveva sentito né visto entrare, ma pensò che probabilmente fosse lì da tempo per controllare che non rovinasse l’arazzo che apparteneva alla famiglia da secoli, come dimostravano le date che risalivano fino al Medioevo.
In camera rifletté ancora sulla sua scelta, diventandone sempre più convinto. La famiglia nella quale era nata non rispettava i suoi valori, e doveva andarsene. Quando sentì anche Kreacher scendere le scale cominciò a vestirsi, mettendosi degli abiti da babbano per non essere importunato per strada, e dopo qualche decina di minuti, ormai convinto che l’elfo domestico si fosse addormentato, prese il baule, sul quale aveva posto l’anno prima un incantesimo che lo rendeva leggerissimo e molto capiente all’interno nonostante le misure esteriori non lo dimostrassero, e cominciò a scendere le scale, chiudendo la porta e sorridendo al pensiero che sua madre e l’elfo non avrebbero mai potuto eliminare le prove che fosse stato lì e fosse un fiero Grifondoro, poiché l’incantesimo di Adesione  Permanente non avrebbe permesso mai a nessuno di staccare ciò che era appeso alle pareti.
Scese le scale e si allontanò dalla casa che era stata il luogo della sua infanzia e adolescenza infelice, dei mille e più litigi per i valori che non riusciva a rispettare e che volevano imporgli, e voltandosi  sorrise, guardandola un’ultima volta mentre scompariva tra il numero 11 e il numero 13 di Grimmauld Place, come se quella casa non esistesse, e pensò che finalmente era libero.
  
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