Eccomi qua, prima del
previsto. Qualche giorno fa era impensabile per me che un
così ampio numero di persone potessero interessarsi a questa
storia, che qualcuno la inserisse addirittura tra i "preferiti". Non so
come ringraziarvi, in questo caso le parole non sarebbero sufficienti.
Con il quarto capitolo si interrompe un po' la narrazione per un salto
tra i pensieri della protagonista che ci aiuteranno a far luce sulla
storia.
Non vi trattengo ulteriormente con il mio soliloquio, ringrazio ancora
una volta i miei lettori e le mie lettrici, qualsiasi opinione,
critica costruttiva o altro sono ben accetti. Spero che il
capitolo, forse uno dei miei preferiti, sia di vostro
gradimento.
A presto per chi vorrà...
Cassandra
Trascorsi
l'intera notte affacciata alla piccola finestra del mio monolocale
sopra il pastificio nel budello. Verso le 3.00 incominciò a
piovere
incessantemente e con la pioggia scomparve anche la musica dell'
"Ubrecche” lasciandomi sola con i miei pensieri contrastanti.
Consumai una sigaretta dopo l'altra concentrando la memoria prima
sullo sguardo di Matteo leggermente annebbiato dall'alcol, poi sulla
sensazione provata nell'averlo di nuovo così vicino da
potere
contare le ciglia dei suoi occhi. Erano anni che non mi sentivo
così
bene e appagata, forse da quell'ultimo pomeriggio trascorso insieme
al porto prima che tutto precipitasse come una nave che incontra un
iceberg all'improvviso e non può che cedere di fronte alla
potenza
distruttiva dell'acqua. Peccato che nel nostro rapporto l'iceberg
fosse stato così profondo da far emergere una misera punta,
troppo
piccola e fragile per poter essere avvistata da lontano e
riconoscibile soltanto una volta superata.
Quella notte non potei
che pensare a come la nostra storia fosse naufragata in modo
repentino, all'improvviso, con la stessa velocità con cui
era
iniziata, quasi per sbaglio, in una calda giornata di inizio
luglio.
Ripensai agli sguardi
fugaci che ripetutamente rivolgevo a
Matteo distesa sul lettino convinta che mai mi avrebbe scoperta a
causa degli occhiali da sole grandi e neri.
Mi
alzai all'improvviso avvertendo mia madre che sarei andata a prendere
un tè freddo al bar per combattere il caldo, quando mi
voltai per
guardarlo un'ultima volta, Matteo era scomparso. Mi recai al bar con
la schiena un po' curva per la timidezza e l'ansia che gli sguardi
degli estranei sul mio corpo formoso mi provocavano. Mi guardai
intorno nell'attesa poi afferrai la mia lattina e mi voltai senza
tenere conto di dove stessi andando. Mi scontrai con qualcuno, un
corpo massiccio, con certezza quello di un uomo e quando alzai lo
sguardo non potei credere di essere andata a sbattere contro Matteo.
Osservai con il cuore che batteva a mille, pronto ad esplodere nella
cassa toracica, come Matteo alzò gli occhiali da sole sulla
testa e
mi rivolse un sorriso oserei dire dolce, sicuramente intenerito dal
mio sguardo spaventato.
-Scusami, ero sovrappensiero. Ti sei fatta
male?- boccheggiai. Era la prima volta che si rivolgeva direttamente
a me, dopo una settimana di sole battutine e provocazioni era come se
mi fossi dimenticata del Matteo amico per lasciare posto nella mia
mente al Matteo amante. Eravamo amici prima di tutto, amici sin
dall'infanzia, eppure a quattordici anni per me quello stesso ragazzo
non era altro che una cotta dalla durata troppo lunga per essere
ancora definita tale.
-Nessun problema- gli dissi - colpa mia che
non facevo attenzione a dove mettere i piedi.- Mi strinse forte il
braccio e il mio cuore accelerò ancora di più,
sentivo la il torace
sussultare come se all'interno vi fossero dei fuochi
d'artificio.
-Stavi andando al bar?- mi domandò. Risposi
scuotendo appena il capo poi rendendomi conto di sembrare una stupida
trovai quel poco di voce che mi rimaneva in gola. Ero
imbarazzante.
-Sto tornando dal bar, non ha molto senso sedersi da
soli.-
-Allora fermati con me, beviamo qualcosa insieme e
chiacchieriamo un po', è passato troppo tempo dall'ultima
volta.- Lo
guardai con i miei occhi troppo grandi e arrossii, poi annuii,
euforica all'idea che volesse trascorrere del tempo con me.
Ordinò
anche lui una bevanda fresca e prendemmo posto all'ombra, sulla
balconata direttamente sul mare.
-Cosa mi racconti Ale? Quest'anno
non sei mai venuta a trovarmi sotto l'ombrellone, mi sento un po'
solo- sorrisi.
-Quanto
sei stupido. Sono arrivata da pochi giorni, dammi il tempo di
ambientarmi!- scossi la testa sciogliendomi i capelli per lasciarli
liberi sulle spalle. Ci fu qualche attimo di silenzio in cui Matteo
mi guardò intensamente facendo scivolare lo sguardo dai miei
capelli
alla mia bocca, ai miei occhi, poi sembrò riscuotersi, come
se si
fosse svegliato da un sogno ad occhi aperti.
-Pronta per il primo
anno di superiori? Sei così cresciuta da quando ti ho visto
la prima
volta...-
-Ha parlato il vecchio, tu sei pronto per la maturità?-
risposi cambiando argomento per evitare di pensare all'ansia che mi
tormentava esattamente da quando avevo terminato l'orale di terza
media.
-Non si è mai pronti abbastanza per diventare grandi.- Il
vento soffiava leggero portando un po' del tanto desiderato fresco.
Guardai meglio Matteo e lo trovai cresciuto, un uomo rispetto
all'ultima volta in cui lo avevo visto; quel filo di barba lo rendeva
maturo, adulto, ed era impossibile che le ragazze della sua
età non
gli stessero intorno corteggiandolo e vezzeggiandolo come un
principe. Una fitta di gelosia al solo pensiero che Matteo potesse
avere una ragazza che lo aspettava al rientro delle vacanze mi
ricordò l'insano desiderio che Matteo fosse il mio principe,
mio e
di nessun'altra.
-Sei diventato filosofo ora? Pensavo che...-
venimmo interrotti da Giacomo che chiamava a gran voce Matteo
affinché raggiungesse i ragazzi in una partita a pallavolo
improvvisata. Pensai che mi avrebbe lasciata lì da sola
invece si
liberò del fratello con un gesto secco e si voltò
di nuovo verso di
me sorridendo.
-Cosa fai stasera?- mi chiese all'improvviso e io
lo guardai confusa.
-Nulla? Cosa vuoi che faccia, a meno che tuo
fratello non abbia voglia di andare al cinema o da qualche parte
credo che prenderò il solito caffè con i "vecchi"
e poi a
casa.- Il suo sguardo mi fece comprendere subito che aveva qualcosa
in mente ma neanche con la migliore immaginazione possibile sarei
riuscita a pensare ad una serata così perfetta.
-Non va bene, hai
quattordici anni Ale, devi uscire e divertirti perché poi
l'inverno
è lungo.-
-Hai qualche suggerimento allora ?- mi sorrise ancora
una volta, con un luccichio strano negli occhi, quella stessa luce
che lo rendeva così affascinante. Mi morsi le labbra per non
esprimere ad alta voce i miei pensieri.
-Alcuni miei compagni di
scuola fanno una festa in un locale vicino al porto, potresti venire
così ci divertiamo un po', prometto che ti riporto a casa
entro il
coprifuoco.- Lo guardai scettica. Volevo andare a quella festa con
tutto il cuore, non perché volessi ballare o bere per
sentirmi
grande ma perché passare del tempo da sola con lui anche in
mezzo a
centinaia di persone mi sembrava un sogno. Al solo pensiero potevo
quasi dimenticarmi di essere la piccola e insignificante Ale, sempre
china con la testa sui libri, per abbracciare l'idea di diventare una
donna a tutti gli effetti.
-Credi che mia madre mi lascerà
venire? Sai com'è fatta, non mi permette neanche di andare
dal
panettiere da sola- sbuffai consapevole che mai mia madre avrebbe
acconsentito a lasciarmi andare ad una festa di liceali con la sola
compagnia di Matteo.
-Tu prova a chiedere.- Mi rispose Teo
facendomi l'occhiolino, si alzò dalla sedia come se nulla
fosse
successo lasciandomi immobile a fissare il suo posto ormai vuoto con
le guance in fiamme, gli occhi lucidi e uno stupido sorriso sulle
labbra.
Alle 21.00 di quella sera stessa attesi con impazienza
che Matteo venisse a prendermi con il motorino, sotto casa,
controllata a vista da mia madre. Le rivolsi un'occhiata scocciata e
la vidi salutarmi con la mano dalla finestra con un sorriso
consapevole a renderla ancora più imbarazzante. Tirai verso
il basso
le maniche del vestito a causa della brezza che si era ormai
tramutata in vento. I rami delle palme circostanti si muovevano
ritmicamente con un fruscio quasi consolante che calmava anche in
minima parte il mio cuore furioso. Nell'aria c'era un profumo che mai
sarei riuscita a dimenticare, un profumo di salsedine mista a crema
abbronzante e toast, quell'aroma che da sempre collegavo ad Alassio
aveva assunto un significato diverso dalla semplice vacanza al mare,
da quel momento in avanti avrebbe voluto dire nei miei ricordi amore
e libertà, un po' come il profumo dei limoni in quella
poesia di
Montale che mi avevano chiesto all'esame e che ancora non riuscivo a
dimenticare.
Sentii il motore dello scooter di Matteo svoltare
l'angolo, il suo rumore era inconfondibile, respirai profondamente
prima di voltarmi quasi a infondermi coraggio, ma quando lo vidi
proprio non riuscii a contenere la gioia che sentii esplodere nel
petto.
-Sono in ritardo io o sei in anticipo tu?- lo guardai
soltanto. -Hai ragione, sono in ritardo.- Scese dalla moto e mi diede
un bacio sulla guancia facendomi arrossire persino lungo il collo, mi
afferrò gentilmente il polso trascinandomi giù
dal marciapiedi e
salutò mia madre con la mano libera e un sorriso sfacciato
sul
volto. Avrei voluto sprofondare nel terreno per la vergogna, mi ero
persino truccata più del dovuto per nascondere l'acne
adolescenziale
e quel volto paffuto che tradiva la mia età ma ci aveva
pensato mia
madre a ricordare a Matteo che ero soltanto una quattordicenne
inesperta.
Mi
strinsi forte al suo busto e inspirai il profumo sul suo collo, era
diverso dal solito.
-Hai cambiato profumo?- gli sussurrai
all'orecchio e lo vidi sussultare.
-No, è solo il dopobarba- mi
rispose prima di mettere in moto. Annuii senza che mi vedesse, un po'
preoccupata. Quante volte avevo sentito a scuola o nello spogliatoio
a danza dire che il dopobarba equivaleva a conquiste. Ero
terrorizzata dall'idea che una volta arrivati alla festa Matteo mi
avrebbe abbandonata per cercare qualche ragazza così chiusi
forte
gli occhi, non volevo pensarci.
Raggiunto il locale Matteo mi
prese con grande sorpresa per mano e mi trascinò dentro.
-Stammi
sempre accanto, ti prego. E' facile perdersi qui dentro- annuii
sentendo un insieme di emozioni fare capolino, ero eccitata, curiosa
ed emozionata.
-Amico, finalmente sei arrivato!- disse un ragazzo
alto più o meno quanto Matteo avvicinandosi, si diedero una
pacca
sulla spalla.
-Paride, buon compleanno! Ho portato un'amica, spero
non ci siano problemi- mi avvicinai di più a Matteo,
intimidita
dall'idea di trovarmi in mezzo a ragazzi più grandi.
-Nessun
problema, più siamo meglio è.- Paride si rivolse
a me con un
sorriso caloroso e un occhiolino un po' malizioso in direzione delle
mani intrecciate tra i nostri corpi, Matteo strinse la presa
invitandomi a rilassarmi ma era difficile in mezzo a tutte quelle
persone, l'aria era quasi soffocante. -Piacere Paride- gli
sorrisi.
-Alessandra.- mi guardai intorno e rimasi affascinata
dalle luci colorate che rendevano tutto più intrigante,
dalle
moltitudine di corpi che affollavano quella sala troppo piccola da
cui comunque non avrei più voluto uscire. Improvvisamente mi
sentii
grande, fu una questione di pochi attimi. Come quando arrivano le
prime mestruazioni e da un giorno all'altro, almeno biologicamente,
si cessa di essere bambine. Percepivo quella serata come il mio rito
di passaggio e non ero pronta, per nessuna ragione, a
sprecarlo.
-Servitevi pure ragazzi, prendete quello che volete,
offro io.- Seguii Matteo in mezzo alla folla stringendogli sempre la
mano per non perderlo, sembrava che conoscesse tutti in quel locale.
Mi chiese cosa volessi da bere e scrollai le spalle, assolutamente
inesperta, non avevo mai bevuto in vita mia e l'idea di ordinare una
banale coca-cola appariva fuori discussione, Matteo per fortuna
sembrò comprendermi con un solo sguardo. Poco dopo iniziai a
sorseggiare dal bicchiere che mi aveva offerto, era un liquido molto
colorato e dolciastro ma non indagai oltre, già qualche
sorso più
tardi potevo sentire la testa più leggerai ma decidendo di
non
preoccuparmene decisi di lasciarmi trascinare in mezzo agli
altri.
-Vuoi davvero ballare?- domandai ridendo.
-Certo che no,
voglio farti conoscere delle persone.-
Mi presentò i suoi amici,
erano tutti ragazzi semplici vestiti con jeans e camicia e per quanto
assomigliassero per certi versi ai miei compagni di scuola non potei
fare a meno di notare quanto i primi fossero davvero degli adulti
rispetto ai quattordicenni brufolosi e dalla voce ancora acuta con
cui avevo dovuto dividere i banchi di legno per diversi mesi.
Cominciai a lasciarmi andare, sentivo la tensione sciogliersi minuto
dopo minuto così iniziai a muovere la testa a ritmo di
musica
spostando di tanto in tanto lo sguardo verso la pista.
-Vuoi
ballare un po'?- mi chiese d'un tratto un amico di Matteo, Mirco
forse. - Non se ne può più di questi che parlano
sempre di scuola o
calcio.- Non sapevo cosa fare, una parte di me voleva accettare e
permettermi di divertirmi pienamente ma la parte più sincera
del mio
cuore mi diceva di rimanere lì accanto a Matteo,
così vicina da
sentirne il profumo. Decisi in un attimo, strinsi la sua mano
un'ultima volta e annuii a Mirco. Matteo non aveva seguito la nostra
conversazione preso com'era da un torneo di "birra pong"
improvvisato, ma si accorse del mio movimento repentino mentre
tentavo di liberarmi da lui per raggiungere Mirco che mi stava
aspettando.
-Dove vai?- mi domandò confuso, e già si stava
alzando per seguirmi. Lo tranquillizzai posandogli la mano sulla
spalla.
-Vado a ballare un po' con Mirco poi torno. Va bene?- non
attesi la sua risposta, seguii il ragazzo verso il centro del locale,
in mezzo a tutti quei corpi sudati. Eravamo vicini, parecchio vicini,
e un po' mi sentii in imbarazzo considerato il fatto che mai avevo
avuto un ragazzo così vicino e tanto meno ci avevo mai
ballato
insieme. Eravamo entrambi titubanti su come muoverci, su dove
appoggiare le mani per non infastidire l'altro, con decisione Mirco
mi afferrò per i fianchi ed io un po' impacciata decisi di
posare le
braccia sulle sue spalle.
-Sei carina sai?- mi disse all'orecchio,
urlando per farsi sentire ma i ragazzi intorno a noi continuarono a
ballare indisturbati.
-Grazie- arrossii abbassando lo sguardo, un
po' a disagio per l'audacia dimostrata.
-Quando arrossisci lo sei
anche di più- sussurrò questa volta,
alzò piano una mano e mi
accarezzò la guancia. Non sapevo cosa fare, come reagire,
tutte
quelle attenzioni mi lusingavano, nessuno aveva mai dimostrato
così
apertamente un interesse nei miei confronti eppure non mi sentivo
appagata, la voce mi suonava estranea così come un profumo
di agrumi
era troppo distante da quello di Matteo. Lo cercai con lo sguardo ma
sembrava sparito. Mi voltai di nuovo verso Mirco pronta a trovare una
scusa per allontanarmi e prendere almeno un po' di aria ma un paio di
mani mi afferrarono con fermezza i fianchi e per poco non urlai per
la sorpresa.
-Ti dispiace se te la rubo Mirco? E' ora di tornare a
casa- annunciò la voce di Matteo. Sapevo che eravamo entrati
da più
di un'ora ma era troppo presto per rientrare, non eravamo neanche
lontanamente vicini a mezzanotte, stetti in silenzio però,
curiosa
di vedere ciò che sarebbe successo.
-Nessun problema, è stato un
piacere.- Il ragazzo si allontanò e mi voltò le
spalle rivolgendomi
un ultimo sguardo dispiaciuto, sembrava aver compreso qualcosa che a
me era sfuggita. Matteo mi fece ruotare con una lieve pressione sul
bacino.
-Andiamo?- Non attese una risposta, mi condusse fuori dal
locale senza salutare nessuno sempre con le mani strette attorno al
mio busto. Salimmo sullo scooter senza proferire parola, sembrava
infastidito, arrabbiato a giudicare dalle rughe pronunciate sulla
fronte e mi sarei aspettata che mi portasse direttamente a casa ma mi
sorprese, di nuovo, quando oltrepassò il vialetto e
proseguì lungo
via Dante fino all'imboccatura di via Torino dove fermò la
moto.
-Si
può sapere perché siamo usciti? Mi stavo
divertendo!- Lo affrontai
senza timore togliendomi il casco.
-Me ne sono accorto- rispose
incrociando le braccia al petto come un bambino dopo un rimprovero.
Ero parecchio confusa.
-Perché siamo qui?- domandai allora
cambiando discorso. Mi fece segno di precederlo lungo via Torino
deserta. Camminammo fino al molo strusciando appena la mano contro
quella dell'altro accompagnati dal rumore delle scope che
strisciavano per terre e dalla risacca che si infrangeva sulla
sabbia umida.
-Mi sono divertita stasera, grazie- ammisi con un
sorriso, osservando distrattamente la forma delle meduse grandi e
colorate simili a corolle di fiori chiuse per combattere
l'umidità
notturna, volsi appena il capo e il sorriso si affievolì.
Matteo era
così bello seduto su una panchina di legno consunto con la
testa
reclinata e i capelli mossi dal vento. Tenevo gli occhi fissi sul suo
pomo d'Adamo pronunciato, inconsapevolmente mi leccai le labbra presa
in una proiezione del desiderio irrefrenabile di posare le labbra
proprio lì dove riuscivo a intravedere il battito del suo
cuore.
Volevo baciarlo, anche solo per un secondo.
-Non c'è di che- mi
rispose dopo un po' aprendo gli occhi e guardandomi. -Hai fatto
conquiste, mh? Mirco non ti toglieva gli occhi di dosso, avrei quasi
voluto staccargli la testa...non sai che soddisfazione- mi misi a
ridere staccandomi dalla balconata e avvicinandomi un po' al suo
corpo per cercare una fonte di calore in cui rifugiarmi.
-Per una
volta che qualcuno mi guarda tu mi trascini via, non so se
riuscirò
a perdonarti per questo-. Mi guardò con
un'intensità tale che
sentii i brividi lungo il corpo, sulla schiena, lungo le braccia.
-Ti
piace sul serio Mirco?- mi domandò con voce priva di scherzo
o di
qualsiasi altra emozione di cui si era colorata poco prima, era
serio, tremendamente.
-No che non mi piace.- Emise un sospiro di
sollievo e capii che forse anche a lui importava qualcosa di me
benché non sapessi ancora se come sorella minore o se
potessi
aspirare ad una posizione più vicina al suo cuore.
In quello
stesso momento rabbrividii rimpiangendo la calda felpa che avevo
dimenticato a casa nella fretta di essere per una volta puntuale. In
silenzio Matteo mi attirò accanto a sé con un
braccio intorno alle
spalle, mi trovai quindi incastrata fra il suo corpo con il capo
appoggiato nell'incavo fra il collo e la sua spalle, lì dove
il suo
profumo di menta era così forte da entrarmi prepotentemente
nelle
narici. Ero sicura che lo avrei sentito addosso a me per giorni. Feci
scivolare il naso sulla pelle un po' irritata del suo collo,
solleticandolo a tal punto da farlo ridacchiare. Non pensai a quello
che stavo facendo, mi sentivo chiusa all'interno di una bolla tutta
nostra dove nessun altro aveva accesso e a me era permesso tutto,
anche posargli un bacio casto sulla pelle che fino a pochi secondi
prima stuzzicavo con il naso. Vi appoggiai appena le labbra umide in
attesa di n suo gesto che mi spingesse a continuare, lo
sentì
trattenere il respiro a sua volta mentre a me girava la testa e mi
sentivo ubriaca, euforica. Alzai piano la testa dal dolce nido e lo
osservai con tenerezza negli occhi, speravo di trasmettergli tutti i
sentimenti che mi era impossibile esprimere a parole e Matteo parve
capire perché dopo poco egli stesso abbassò il
capo, lentamente
come una fiera che teme di spaventare la preda. Ci guardammo
un'ultima volta intensamente prima di unire per la prima volta le
nostre bocche trepidanti. Le mie labbra tremavano per l'emozione alla
sola idea di poter sfiorare quella bocca che desideravo da tempo. Non
approfondimmo il contatto, almeno non all'inizio, ci fu solo una
leggera pressione, così lieve da essere a malapena percepita
dall'altro. Lentamente, con la stessa velocità con cui ci
eravamo
avvicinati, alzai una mano tremante e la posai sulla sua guancia
tiepida soltanto per sentirlo più vicino e per avere
un'ulteriore
conferma che non fosse uno dei tanti sogni notturni.
Matteo prese
coraggio, forse spronato dalla mia carezza, e aumentò la
pressione
sulle mie labbra appoggiando baci casti con un ritmo serrato ma senza
mai dimenticare la dolcezza. Non sentivo più nulla. Mi
avvicinai
maggiormente a lui alzando appena la testa e Matteo prese a
intrappolarmi il labbro inferiore fra la sua bocca altrettanto
carnosa, sentii la sua lingua calda inumidirmelo e i denti perlacei
affondare con gentilezza in una piacevole tortura. Aprii di poco le
labbra, lo spazio giusto per permettere alla sua lingua di entrare a
cercare la mia e una volta trovata Matteo non perse tempo ad
accarezzarla come il più prezioso dei tesori trovato dopo un
percorso in salita. Ci baciammo a lungo staccandoci raramente ma
senza mai allontanare davvero il corpo dall'altro, sempre uniti una
volta per la fronte poi per l'intreccio delle mani saldamente
ancorate le une alle altre. Per la prima volta mi sembrò di
respirare davvero e forse compresi il significato di tutti quei libri
romantici, a volte anche troppo smielati, che avevo divorato
dall'inizio dell'adolescenza. Volevo di più, desideravo
rimanergli
vicino per tutto il resto della vita e anche oltre perché
mai ero
stata più viva. Ci separammo soltanto ai rintocchi del
vecchio
campanile, con un sorriso dolce e un bacio altrettanto amorevole.
Matteo mi afferrò la mano prima di parlare dopo non so
quanti minuti
di silenzio.
-Forse dovrei riportarti a casa, non voglio che tua
madre non ti faccia più uscire per colpa mia- la sua voce
era roca,
ed ero così ingenua ed inesperta da non rendermi conto di
essere io
stessa la causa del suo sguardo vacuo e scuro più di quanto
non
fosse di solito.
-Non voglio andare a casa, non voglio- mi fermai,
incerta se continuare o meno poi mi resi conto che quella sera mi ero
lasciata andare abbastanza e che una confessione in più non
avrebbe
cambiato nulla - non voglio allontanarmi da te.- Mi avvicinai
maggiormente al suo corpo caldo, nemmeno uno spazio divideva
più le
nostre pelli, e lo abbracciai affondando il volto sulla sua camicia
inspirando profondamente.
-Facciamo così, ora ti riporto a casa,
ti riposi e domani mattina vieni a fare colazione con me.-
-Tu e
io? Da soli?- domandai con un sorriso euforico pronto a nascermi
sulle labbra.
-Tu e io, soltanto noi.- Lo ringraziai stringendolo
più forte e baciandolo ancora una volta; mi sentivo
insaziabile.
Ci
incamminammo di nuovo verso la moto questa volta con le mani
intrecciate a dondolare in mezzo ai nostri corpi, avrei voluto
così
tanto che le vie fossero colme di gente, di qualcuno pronto a
testimoniare l'inizio di una storia d'amore senza precedenti o almeno
così credevo allora. Iniziò a piovere ma noi non
prestammo
attenzione a nient'altro che noi stessi. Giunti sotto casa mi
slacciai il casco e lo abbracciai stretto, consapevole che non avrei
potuto baciarlo a causa dell'alta probabilità di essere
osservati da
mia madre.
-A domani- dissi soltanto, incerta su come
comportarmi.
-A domani- mi rispose Matteo con la voce dolce e un
po' roca. Mi avviai verso il portone camminando all'indietro per
paura che se mi fossi voltata avrei perso anche il più
insignificante dei dettagli e Matteo sarebbe scomparso, ma alla fine
dovetti abbandonare qualsiasi buono proposito e voltargli la schiena.
Infilai le chiavi nella toppa e sentii il bisogno di urlare dalla
gioia non appena varcata la porta. Stavo ormai per entrare quando mi
sentii chiamare nuovamente. Matteo scese dalla moto con noncuranza,
si avvicinò a me e si sfilò il giubbotto di jeans
per poi posarmelo
con delicatezza sulle spalle; mi avvicinò maggiormente al
portone
finché non fui schiacciata a metà fra il legno e
il suo corpo, solo
allora mi diede un ultimo bacio leggermente umido accompagnato da un
appena sussurrato -Consideralo un regalo, buonanotte-.
Non attesi
che ripartisse, corsi lungo il corridoio salendo le scale a due a due
ed entrai in casa facendo meno rumore possibile prima di chiudere la
porta della mia stanza e affondare nel letto a faccia in
giù
sospirando. Avevo dato il mio primo bacio e non avevo nessuno con cui
condividere l'euforia del momento se non quel quadernino giallo
abbandonato sul comodino che da settimane, pazientemente, custodiva
le mie confessioni.
Un
tuono squarciò l'atmosfera silenziosa e io rabbrividii a
causa
dell'umidità che si era infiltrata per la durata del tempo
che avevo
impiegato a terminare il pacchetto di sigarette. Chiusi la finestra
buttando i filtri consumati, non pensai neanche di cambiarmi, mi
tolsi solo il vestito e mi infilai con il solo intimo addosso sotto
il lenzuolo di lino. Sapevo già che i ricordi mi avrebbero
tormentato tutta la notte impedendomi di dormire. Riuscii a prendere
sonno quando il cielo cominciò a tingersi di rosa dando il
benvenuto
ad un nuovo
giorno.
**********************************************
Mi
svegliai soltanto alle due del pomeriggio con il lenzuolo umido a
causa del sudore e i capelli incollati alla fronte insieme ad almeno
cinque chiamate perse. Rimasi sorpresa nel leggere il nome di Matteo
ma decisi di non darvi peso, mi ero già preoccupata
abbastanza la
notte precedente. Mi cambiai velocemente dopo aver fatto la doccia,
indossai il costume e scesi in spiaggia dove sapevo con certezza che
non ci sarebbe stato nessuno della compagnia.
Mi fermai ancor
prima di arrivare ordinando al bar un cappuccino e una brioche alla
marmellata poi abbassai gli occhiali sul naso e appoggiai la testa
sulle braccia incrociate sul tavolo. Avrei potuto addormentarmi senza
problemi ma nel giro di poco mi portarono la tazza con la brioche e
dovetti abbandonare qualsiasi desiderio di riposo. Nel frattempo mi
misi a leggere il quotidiano che qualche turista aveva abbandonato
sul tavolino accanto e non mi stupii di vedere in prima pagina
notizie economiche sempre più sconfortanti, sembrava che
nulla in
quel periodo andasse per il verso giusto e l'Italia ben presto
avrebbe dovuto fare i conti con gli errori del passato. Ero
così
presa dalla lettura che non mi accorsi dell'ombra che mi si era
seduta davanti fino a che non mi sentii invadere da uno sgradevole
odore di sigaro che riconobbi subito come quello del proprietario
dello stabilimento, Mario.
-Bella fanciulla cosa fai qui tutta
sola? Non ti sembra un po' tardi per arrivare in spiaggia?- sorrisi,
lo conoscevo da così tanto tempo che lo consideravo quasi un
nonno.
-Hai ragione Mario ma con il temporale di stanotte non sono
riuscita a chiudere occhio.-
-Brutta cosa il temporale, quando ero
comandante...- andò avanti per circa dieci minuti a
raccontare le
sue avventure da giovane comandante in mare aperto ma io mi isolai
non avendo voglia di ascoltare di nuovo racconti avventurosi che
sentivo ripetere da almeno quindici anni.
-Mario, sempre a parlare
con le ragazzine eh? Vecchio marpione- urlò un Alassino
passando di
lì e non potei fare altro che ridere.
-A proposito fanciulla-
riprese il discorso Mario richiamando la mia attenzione - sei
diventata così bella non ce l'hai un bel ragazzone accanto?-
Divenni
rossa per l'imbarazzo e un po' mi stupii del fatto che non sapesse di
Paolo nonostante l'intera spiaggia non facesse altro che commentare
sulla strana coppia che formavamo. Paolo, lo stesso ragazzo di cui mi
ero dimenticata io stessa, quel ragazzo che non vedevo dalla sera
prima e di cui non sentivo neanche la mancanza nonostante la stessa
cosa non potessi dire qualcun altro. Scossi la testa pur di non
pensarci.
-Mario sono fidanzata da tre anni, almeno, con Paolo-
ammisi un po' titubante all'inizio.
-Il nostro Paolo? La bestia?-
Quasi mi venne da ridere alla faccia sconvolta del bagnino ma mi
trattenni.
-Il nostro Paolo sì,- preferii non commentare sul
grazioso epiteto "la bestia" e proseguii -ormai è una
storia solida la nostra.- Quanto mi sforzai per mentire in modo da
risultare credibile.
-No, fanciulla, non va bene per te. Sei
troppo carina e intelligente per uno stupido come lui. Meriti
qualcosa di meglio, non lo so, magari uno come Valerio? E' un bel
ragazzo e si dà tanto da fare.- sorrisi al nome del giovane
bagnino
di cui ero amica da anni ma che non sarei mai riuscita a vedere come
compagno di una vita. Sentivo che la conversazione iniziava ad
appesantirsi quando Mario chiese anche il supporto dei baristi che
non persero l'occasione per intromettersi in questione estranee. Mi
sentivo a disagio e non vedevo l'ora di andare via, fare un giro in
macchina magari e arrestare per qualche ora quel flusso ingombrante
di pensieri che non mi permetteva più di respirare. Mi alzai
strisciando rumorosamente la sedia sull'asfalto e andai a pagare
ignorando la coda della conversazione che aveva come unico argomento
me stessa. Tornai da Mario, gli appoggiai una mano sulla spalla
-Mario io vado, non mi sento tanto bene oggi, ci vediamo
domani.-
-Corri fanciulla, corri finché sei in tempo-. Mi voltai
con un semplice cenno ma non andai molto lontano perché mi
richiamò
con un tono insicuro e qualche ruga di troppo sulla fronte.
-Quel
ragazzo della prima fila, Martelli, ha chiesto di te ma io gli ho
detto che non sapevo nulla.- Il cuore, ancora una volta senza
permesso, accelerò al solo sentir pronunciare quel cognome
che per
anni era stato impresso sui miei libri di scuola in cento modi e in
cento colori diversi.
-Quale Martelli?- domandai con un filo di
voce - Giacomo o Matteo? -
-Quello più alto, con i capelli scuri
e l'espressione sempre corrucciata.- Sospirai, ringraziandolo per
l'informazione. Avevo decisamente bisogno di quel giro in macchina e
di un bel tuffo in mare lontano da tutto.