Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: SemplicementeCassandra    09/12/2016    1 recensioni
Alessandra è un'abitudinaria, il mese di agosto coincide da almeno un decennio con la piccola Alassio. Ma nell'estate del 2008 con il tormentone di Estelle che le rimbomba nelle orecchie e nel "Budello", un ricordo creduto lontano si concretizza per diventare, forse, qualcosa in più. Non è casuale che Alassio venga ricordata come la "città degli innamorati"e Alessandra lo sa bene. Se lo ricorda ogni volta che osserva un paio di occhi marroni, simili ai suoi ma più profondi, che la tormentano nelle notti insonne e la abbagliano di giorno. In un mese che dell'estate conserva qualche sporadico giorno di sole è giunta l'ora di chiudere i conti con un passato ingombrante, una ferita ancora aperta che appare impossibile da ricucire.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Eccomi qua, prima del previsto. Qualche giorno fa era impensabile per me che un così ampio numero di persone potessero interessarsi a questa storia, che qualcuno la inserisse addirittura tra i "preferiti". Non so come ringraziarvi, in questo caso le parole non sarebbero sufficienti. Con il quarto capitolo si interrompe un po' la narrazione per un salto tra i pensieri della protagonista che ci aiuteranno a far luce sulla storia. 
Non vi trattengo ulteriormente con il mio soliloquio, ringrazio ancora una volta i miei lettori e le mie lettrici, qualsiasi opinione, critica  costruttiva o altro sono ben accetti. Spero che il capitolo, forse uno dei miei preferiti, sia di vostro gradimento. 
A presto per chi vorrà...

Cassandra


CAPITOLO IV: Cenere tra i ricordi

Trascorsi l'intera notte affacciata alla piccola finestra del mio monolocale sopra il pastificio nel budello. Verso le 3.00 incominciò a piovere incessantemente e con la pioggia scomparve anche la musica dell' "Ubrecche” lasciandomi sola con i miei pensieri contrastanti. Consumai una sigaretta dopo l'altra concentrando la memoria prima sullo sguardo di Matteo leggermente annebbiato dall'alcol, poi sulla sensazione provata nell'averlo di nuovo così vicino da potere contare le ciglia dei suoi occhi. Erano anni che non mi sentivo così bene e appagata, forse da quell'ultimo pomeriggio trascorso insieme al porto prima che tutto precipitasse come una nave che incontra un iceberg all'improvviso e non può che cedere di fronte alla potenza distruttiva dell'acqua. Peccato che nel nostro rapporto l'iceberg fosse stato così profondo da far emergere una misera punta, troppo piccola e fragile per poter essere avvistata da lontano e riconoscibile soltanto una volta superata.
Quella notte non potei che pensare a come la nostra storia fosse naufragata in modo repentino, all'improvviso, con la stessa velocità con cui era iniziata, quasi per sbaglio, in una calda giornata di inizio luglio.
Ripensai agli sguardi fugaci che ripetutamente rivolgevo a Matteo distesa sul lettino convinta che mai mi avrebbe scoperta a causa degli occhiali da sole grandi e neri.

Mi alzai all'improvviso avvertendo mia madre che sarei andata a prendere un tè freddo al bar per combattere il caldo, quando mi voltai per guardarlo un'ultima volta, Matteo era scomparso. Mi recai al bar con la schiena un po' curva per la timidezza e l'ansia che gli sguardi degli estranei sul mio corpo formoso mi provocavano. Mi guardai intorno nell'attesa poi afferrai la mia lattina e mi voltai senza tenere conto di dove stessi andando. Mi scontrai con qualcuno, un corpo massiccio, con certezza quello di un uomo e quando alzai lo sguardo non potei credere di essere andata a sbattere contro Matteo. Osservai con il cuore che batteva a mille, pronto ad esplodere nella cassa toracica, come Matteo alzò gli occhiali da sole sulla testa e mi rivolse un sorriso oserei dire dolce, sicuramente intenerito dal mio sguardo spaventato.
-Scusami, ero sovrappensiero. Ti sei fatta male?- boccheggiai. Era la prima volta che si rivolgeva direttamente a me, dopo una settimana di sole battutine e provocazioni era come se mi fossi dimenticata del Matteo amico per lasciare posto nella mia mente al Matteo amante. Eravamo amici prima di tutto, amici sin dall'infanzia, eppure a quattordici anni per me quello stesso ragazzo non era altro che una cotta dalla durata troppo lunga per essere ancora definita tale.
-Nessun problema- gli dissi - colpa mia che non facevo attenzione a dove mettere i piedi.- Mi strinse forte il braccio e il mio cuore accelerò ancora di più, sentivo la il torace sussultare come se all'interno vi fossero dei fuochi d'artificio.
-Stavi andando al bar?- mi domandò. Risposi scuotendo appena il capo poi rendendomi conto di sembrare una stupida trovai quel poco di voce che mi rimaneva in gola. Ero imbarazzante.
-Sto tornando dal bar, non ha molto senso sedersi da soli.-
-Allora fermati con me, beviamo qualcosa insieme e chiacchieriamo un po', è passato troppo tempo dall'ultima volta.- Lo guardai con i miei occhi troppo grandi e arrossii, poi annuii, euforica all'idea che volesse trascorrere del tempo con me. Ordinò anche lui una bevanda fresca e prendemmo posto all'ombra, sulla balconata direttamente sul mare.
-Cosa mi racconti Ale? Quest'anno non sei mai venuta a trovarmi sotto l'ombrellone, mi sento un po' solo- sorrisi.

-Quanto sei stupido. Sono arrivata da pochi giorni, dammi il tempo di ambientarmi!- scossi la testa sciogliendomi i capelli per lasciarli liberi sulle spalle. Ci fu qualche attimo di silenzio in cui Matteo mi guardò intensamente facendo scivolare lo sguardo dai miei capelli alla mia bocca, ai miei occhi, poi sembrò riscuotersi, come se si fosse svegliato da un sogno ad occhi aperti.
-Pronta per il primo anno di superiori? Sei così cresciuta da quando ti ho visto la prima volta...-
-Ha parlato il vecchio, tu sei pronto per la maturità?- risposi cambiando argomento per evitare di pensare all'ansia che mi tormentava esattamente da quando avevo terminato l'orale di terza media.
-Non si è mai pronti abbastanza per diventare grandi.- Il vento soffiava leggero portando un po' del tanto desiderato fresco. Guardai meglio Matteo e lo trovai cresciuto, un uomo rispetto all'ultima volta in cui lo avevo visto; quel filo di barba lo rendeva maturo, adulto, ed era impossibile che le ragazze della sua età non gli stessero intorno corteggiandolo e vezzeggiandolo come un principe. Una fitta di gelosia al solo pensiero che Matteo potesse avere una ragazza che lo aspettava al rientro delle vacanze mi ricordò l'insano desiderio che Matteo fosse il mio principe, mio e di nessun'altra.
-Sei diventato filosofo ora? Pensavo che...- venimmo interrotti da Giacomo che chiamava a gran voce Matteo affinché raggiungesse i ragazzi in una partita a pallavolo improvvisata. Pensai che mi avrebbe lasciata lì da sola invece si liberò del fratello con un gesto secco e si voltò di nuovo verso di me sorridendo.
-Cosa fai stasera?- mi chiese all'improvviso e io lo guardai confusa.
-Nulla? Cosa vuoi che faccia, a meno che tuo fratello non abbia voglia di andare al cinema o da qualche parte credo che prenderò il solito caffè con i "vecchi" e poi a casa.- Il suo sguardo mi fece comprendere subito che aveva qualcosa in mente ma neanche con la migliore immaginazione possibile sarei riuscita a pensare ad una serata così perfetta.
-Non va bene, hai quattordici anni Ale, devi uscire e divertirti perché poi l'inverno è lungo.-
-Hai qualche suggerimento allora ?- mi sorrise ancora una volta, con un luccichio strano negli occhi, quella stessa luce che lo rendeva così affascinante. Mi morsi le labbra per non esprimere ad alta voce i miei pensieri.
-Alcuni miei compagni di scuola fanno una festa in un locale vicino al porto, potresti venire così ci divertiamo un po', prometto che ti riporto a casa entro il coprifuoco.- Lo guardai scettica. Volevo andare a quella festa con tutto il cuore, non perché volessi ballare o bere per sentirmi grande ma perché passare del tempo da sola con lui anche in mezzo a centinaia di persone mi sembrava un sogno. Al solo pensiero potevo quasi dimenticarmi di essere la piccola e insignificante Ale, sempre china con la testa sui libri, per abbracciare l'idea di diventare una donna a tutti gli effetti.
-Credi che mia madre mi lascerà venire? Sai com'è fatta, non mi permette neanche di andare dal panettiere da sola- sbuffai consapevole che mai mia madre avrebbe acconsentito a lasciarmi andare ad una festa di liceali con la sola compagnia di Matteo.
-Tu prova a chiedere.- Mi rispose Teo facendomi l'occhiolino, si alzò dalla sedia come se nulla fosse successo lasciandomi immobile a fissare il suo posto ormai vuoto con le guance in fiamme, gli occhi lucidi e uno stupido sorriso sulle labbra.

Alle 21.00 di quella sera stessa attesi con impazienza che Matteo venisse a prendermi con il motorino, sotto casa, controllata a vista da mia madre. Le rivolsi un'occhiata scocciata e la vidi salutarmi con la mano dalla finestra con un sorriso consapevole a renderla ancora più imbarazzante. Tirai verso il basso le maniche del vestito a causa della brezza che si era ormai tramutata in vento. I rami delle palme circostanti si muovevano ritmicamente con un fruscio quasi consolante che calmava anche in minima parte il mio cuore furioso. Nell'aria c'era un profumo che mai sarei riuscita a dimenticare, un profumo di salsedine mista a crema abbronzante e toast, quell'aroma che da sempre collegavo ad Alassio aveva assunto un significato diverso dalla semplice vacanza al mare, da quel momento in avanti avrebbe voluto dire nei miei ricordi amore e libertà, un po' come il profumo dei limoni in quella poesia di Montale che mi avevano chiesto all'esame e che ancora non riuscivo a dimenticare.
Sentii il motore dello scooter di Matteo svoltare l'angolo, il suo rumore era inconfondibile, respirai profondamente prima di voltarmi quasi a infondermi coraggio, ma quando lo vidi proprio non riuscii a contenere la gioia che sentii esplodere nel petto.
-Sono in ritardo io o sei in anticipo tu?- lo guardai soltanto. -Hai ragione, sono in ritardo.- Scese dalla moto e mi diede un bacio sulla guancia facendomi arrossire persino lungo il collo, mi afferrò gentilmente il polso trascinandomi giù dal marciapiedi e salutò mia madre con la mano libera e un sorriso sfacciato sul volto. Avrei voluto sprofondare nel terreno per la vergogna, mi ero persino truccata più del dovuto per nascondere l'acne adolescenziale e quel volto paffuto che tradiva la mia età ma ci aveva pensato mia madre a ricordare a Matteo che ero soltanto una quattordicenne inesperta.

Mi strinsi forte al suo busto e inspirai il profumo sul suo collo, era diverso dal solito.
-Hai cambiato profumo?- gli sussurrai all'orecchio e lo vidi sussultare.
-No, è solo il dopobarba- mi rispose prima di mettere in moto. Annuii senza che mi vedesse, un po' preoccupata. Quante volte avevo sentito a scuola o nello spogliatoio a danza dire che il dopobarba equivaleva a conquiste. Ero terrorizzata dall'idea che una volta arrivati alla festa Matteo mi avrebbe abbandonata per cercare qualche ragazza così chiusi forte gli occhi, non volevo pensarci.
Raggiunto il locale Matteo mi prese con grande sorpresa per mano e mi trascinò dentro.
-Stammi sempre accanto, ti prego. E' facile perdersi qui dentro- annuii sentendo un insieme di emozioni fare capolino, ero eccitata, curiosa ed emozionata.
-Amico, finalmente sei arrivato!- disse un ragazzo alto più o meno quanto Matteo avvicinandosi, si diedero una pacca sulla spalla.
-Paride, buon compleanno! Ho portato un'amica, spero non ci siano problemi- mi avvicinai di più a Matteo, intimidita dall'idea di trovarmi in mezzo a ragazzi più grandi.
-Nessun problema, più siamo meglio è.- Paride si rivolse a me con un sorriso caloroso e un occhiolino un po' malizioso in direzione delle mani intrecciate tra i nostri corpi, Matteo strinse la presa invitandomi a rilassarmi ma era difficile in mezzo a tutte quelle persone, l'aria era quasi soffocante. -Piacere Paride- gli sorrisi.
-Alessandra.- mi guardai intorno e rimasi affascinata dalle luci colorate che rendevano tutto più intrigante, dalle moltitudine di corpi che affollavano quella sala troppo piccola da cui comunque non avrei più voluto uscire. Improvvisamente mi sentii grande, fu una questione di pochi attimi. Come quando arrivano le prime mestruazioni e da un giorno all'altro, almeno biologicamente, si cessa di essere bambine. Percepivo quella serata come il mio rito di passaggio e non ero pronta, per nessuna ragione, a sprecarlo.
-Servitevi pure ragazzi, prendete quello che volete, offro io.- Seguii Matteo in mezzo alla folla stringendogli sempre la mano per non perderlo, sembrava che conoscesse tutti in quel locale. Mi chiese cosa volessi da bere e scrollai le spalle, assolutamente inesperta, non avevo mai bevuto in vita mia e l'idea di ordinare una banale coca-cola appariva fuori discussione, Matteo per fortuna sembrò comprendermi con un solo sguardo. Poco dopo iniziai a sorseggiare dal bicchiere che mi aveva offerto, era un liquido molto colorato e dolciastro ma non indagai oltre, già qualche sorso più tardi potevo sentire la testa più leggerai ma decidendo di non preoccuparmene decisi di lasciarmi trascinare in mezzo agli altri.
-Vuoi davvero ballare?- domandai ridendo.
-Certo che no, voglio farti conoscere delle persone.-
Mi presentò i suoi amici, erano tutti ragazzi semplici vestiti con jeans e camicia e per quanto assomigliassero per certi versi ai miei compagni di scuola non potei fare a meno di notare quanto i primi fossero davvero degli adulti rispetto ai quattordicenni brufolosi e dalla voce ancora acuta con cui avevo dovuto dividere i banchi di legno per diversi mesi. Cominciai a lasciarmi andare, sentivo la tensione sciogliersi minuto dopo minuto così iniziai a muovere la testa a ritmo di musica spostando di tanto in tanto lo sguardo verso la pista.
-Vuoi ballare un po'?- mi chiese d'un tratto un amico di Matteo, Mirco forse. - Non se ne può più di questi che parlano sempre di scuola o calcio.- Non sapevo cosa fare, una parte di me voleva accettare e permettermi di divertirmi pienamente ma la parte più sincera del mio cuore mi diceva di rimanere lì accanto a Matteo, così vicina da sentirne il profumo. Decisi in un attimo, strinsi la sua mano un'ultima volta e annuii a Mirco. Matteo non aveva seguito la nostra conversazione preso com'era da un torneo di "birra pong" improvvisato, ma si accorse del mio movimento repentino mentre tentavo di liberarmi da lui per raggiungere Mirco che mi stava aspettando.
-Dove vai?- mi domandò confuso, e già si stava alzando per seguirmi. Lo tranquillizzai posandogli la mano sulla spalla.
-Vado a ballare un po' con Mirco poi torno. Va bene?- non attesi la sua risposta, seguii il ragazzo verso il centro del locale, in mezzo a tutti quei corpi sudati. Eravamo vicini, parecchio vicini, e un po' mi sentii in imbarazzo considerato il fatto che mai avevo avuto un ragazzo così vicino e tanto meno ci avevo mai ballato insieme. Eravamo entrambi titubanti su come muoverci, su dove appoggiare le mani per non infastidire l'altro, con decisione Mirco mi afferrò per i fianchi ed io un po' impacciata decisi di posare le braccia sulle sue spalle.
-Sei carina sai?- mi disse all'orecchio, urlando per farsi sentire ma i ragazzi intorno a noi continuarono a ballare indisturbati.
-Grazie- arrossii abbassando lo sguardo, un po' a disagio per l'audacia dimostrata.
-Quando arrossisci lo sei anche di più- sussurrò questa volta, alzò piano una mano e mi accarezzò la guancia. Non sapevo cosa fare, come reagire, tutte quelle attenzioni mi lusingavano, nessuno aveva mai dimostrato così apertamente un interesse nei miei confronti eppure non mi sentivo appagata, la voce mi suonava estranea così come un profumo di agrumi era troppo distante da quello di Matteo. Lo cercai con lo sguardo ma sembrava sparito. Mi voltai di nuovo verso Mirco pronta a trovare una scusa per allontanarmi e prendere almeno un po' di aria ma un paio di mani mi afferrarono con fermezza i fianchi e per poco non urlai per la sorpresa.
-Ti dispiace se te la rubo Mirco? E' ora di tornare a casa- annunciò la voce di Matteo. Sapevo che eravamo entrati da più di un'ora ma era troppo presto per rientrare, non eravamo neanche lontanamente vicini a mezzanotte, stetti in silenzio però, curiosa di vedere ciò che sarebbe successo.
-Nessun problema, è stato un piacere.- Il ragazzo si allontanò e mi voltò le spalle rivolgendomi un ultimo sguardo dispiaciuto, sembrava aver compreso qualcosa che a me era sfuggita. Matteo mi fece ruotare con una lieve pressione sul bacino.
-Andiamo?- Non attese una risposta, mi condusse fuori dal locale senza salutare nessuno sempre con le mani strette attorno al mio busto. Salimmo sullo scooter senza proferire parola, sembrava infastidito, arrabbiato a giudicare dalle rughe pronunciate sulla fronte e mi sarei aspettata che mi portasse direttamente a casa ma mi sorprese, di nuovo, quando oltrepassò il vialetto e proseguì lungo via Dante fino all'imboccatura di via Torino dove fermò la moto.
-Si può sapere perché siamo usciti? Mi stavo divertendo!- Lo affrontai senza timore togliendomi il casco.
-Me ne sono accorto- rispose incrociando le braccia al petto come un bambino dopo un rimprovero. Ero parecchio confusa.
-Perché siamo qui?- domandai allora cambiando discorso. Mi fece segno di precederlo lungo via Torino deserta. Camminammo fino al molo strusciando appena la mano contro quella dell'altro accompagnati dal rumore delle scope che strisciavano per terre e dalla risacca che si infrangeva sulla sabbia umida.
-Mi sono divertita stasera, grazie- ammisi con un sorriso, osservando distrattamente la forma delle meduse grandi e colorate simili a corolle di fiori chiuse per combattere l'umidità notturna, volsi appena il capo e il sorriso si affievolì. Matteo era così bello seduto su una panchina di legno consunto con la testa reclinata e i capelli mossi dal vento. Tenevo gli occhi fissi sul suo pomo d'Adamo pronunciato, inconsapevolmente mi leccai le labbra presa in una proiezione del desiderio irrefrenabile di posare le labbra proprio lì dove riuscivo a intravedere il battito del suo cuore. Volevo baciarlo, anche solo per un secondo.
-Non c'è di che- mi rispose dopo un po' aprendo gli occhi e guardandomi. -Hai fatto conquiste, mh? Mirco non ti toglieva gli occhi di dosso, avrei quasi voluto staccargli la testa...non sai che soddisfazione- mi misi a ridere staccandomi dalla balconata e avvicinandomi un po' al suo corpo per cercare una fonte di calore in cui rifugiarmi.
-Per una volta che qualcuno mi guarda tu mi trascini via, non so se riuscirò a perdonarti per questo-. Mi guardò con un'intensità tale che sentii i brividi lungo il corpo, sulla schiena, lungo le braccia.
-Ti piace sul serio Mirco?- mi domandò con voce priva di scherzo o di qualsiasi altra emozione di cui si era colorata poco prima, era serio, tremendamente.
-No che non mi piace.- Emise un sospiro di sollievo e capii che forse anche a lui importava qualcosa di me benché non sapessi ancora se come sorella minore o se potessi aspirare ad una posizione più vicina al suo cuore.
In quello stesso momento rabbrividii rimpiangendo la calda felpa che avevo dimenticato a casa nella fretta di essere per una volta puntuale. In silenzio Matteo mi attirò accanto a sé con un braccio intorno alle spalle, mi trovai quindi incastrata fra il suo corpo con il capo appoggiato nell'incavo fra il collo e la sua spalle, lì dove il suo profumo di menta era così forte da entrarmi prepotentemente nelle narici. Ero sicura che lo avrei sentito addosso a me per giorni. Feci scivolare il naso sulla pelle un po' irritata del suo collo, solleticandolo a tal punto da farlo ridacchiare. Non pensai a quello che stavo facendo, mi sentivo chiusa all'interno di una bolla tutta nostra dove nessun altro aveva accesso e a me era permesso tutto, anche posargli un bacio casto sulla pelle che fino a pochi secondi prima stuzzicavo con il naso. Vi appoggiai appena le labbra umide in attesa di n suo gesto che mi spingesse a continuare, lo sentì trattenere il respiro a sua volta mentre a me girava la testa e mi sentivo ubriaca, euforica. Alzai piano la testa dal dolce nido e lo osservai con tenerezza negli occhi, speravo di trasmettergli tutti i sentimenti che mi era impossibile esprimere a parole e Matteo parve capire perché dopo poco egli stesso abbassò il capo, lentamente come una fiera che teme di spaventare la preda. Ci guardammo un'ultima volta intensamente prima di unire per la prima volta le nostre bocche trepidanti. Le mie labbra tremavano per l'emozione alla sola idea di poter sfiorare quella bocca che desideravo da tempo. Non approfondimmo il contatto, almeno non all'inizio, ci fu solo una leggera pressione, così lieve da essere a malapena percepita dall'altro. Lentamente, con la stessa velocità con cui ci eravamo avvicinati, alzai una mano tremante e la posai sulla sua guancia tiepida soltanto per sentirlo più vicino e per avere un'ulteriore conferma che non fosse uno dei tanti sogni notturni.
Matteo prese coraggio, forse spronato dalla mia carezza, e aumentò la pressione sulle mie labbra appoggiando baci casti con un ritmo serrato ma senza mai dimenticare la dolcezza. Non sentivo più nulla. Mi avvicinai maggiormente a lui alzando appena la testa e Matteo prese a intrappolarmi il labbro inferiore fra la sua bocca altrettanto carnosa, sentii la sua lingua calda inumidirmelo e i denti perlacei affondare con gentilezza in una piacevole tortura. Aprii di poco le labbra, lo spazio giusto per permettere alla sua lingua di entrare a cercare la mia e una volta trovata Matteo non perse tempo ad accarezzarla come il più prezioso dei tesori trovato dopo un percorso in salita. Ci baciammo a lungo staccandoci raramente ma senza mai allontanare davvero il corpo dall'altro, sempre uniti una volta per la fronte poi per l'intreccio delle mani saldamente ancorate le une alle altre. Per la prima volta mi sembrò di respirare davvero e forse compresi il significato di tutti quei libri romantici, a volte anche troppo smielati, che avevo divorato dall'inizio dell'adolescenza. Volevo di più, desideravo rimanergli vicino per tutto il resto della vita e anche oltre perché mai ero stata più viva. Ci separammo soltanto ai rintocchi del vecchio campanile, con un sorriso dolce e un bacio altrettanto amorevole. Matteo mi afferrò la mano prima di parlare dopo non so quanti minuti di silenzio.
-Forse dovrei riportarti a casa, non voglio che tua madre non ti faccia più uscire per colpa mia- la sua voce era roca, ed ero così ingenua ed inesperta da non rendermi conto di essere io stessa la causa del suo sguardo vacuo e scuro più di quanto non fosse di solito.
-Non voglio andare a casa, non voglio- mi fermai, incerta se continuare o meno poi mi resi conto che quella sera mi ero lasciata andare abbastanza e che una confessione in più non avrebbe cambiato nulla - non voglio allontanarmi da te.- Mi avvicinai maggiormente al suo corpo caldo, nemmeno uno spazio divideva più le nostre pelli, e lo abbracciai affondando il volto sulla sua camicia inspirando profondamente.
-Facciamo così, ora ti riporto a casa, ti riposi e domani mattina vieni a fare colazione con me.-
-Tu e io? Da soli?- domandai con un sorriso euforico pronto a nascermi sulle labbra.
-Tu e io, soltanto noi.- Lo ringraziai stringendolo più forte e baciandolo ancora una volta; mi sentivo insaziabile.
Ci incamminammo di nuovo verso la moto questa volta con le mani intrecciate a dondolare in mezzo ai nostri corpi, avrei voluto così tanto che le vie fossero colme di gente, di qualcuno pronto a testimoniare l'inizio di una storia d'amore senza precedenti o almeno così credevo allora. Iniziò a piovere ma noi non prestammo attenzione a nient'altro che noi stessi. Giunti sotto casa mi slacciai il casco e lo abbracciai stretto, consapevole che non avrei potuto baciarlo a causa dell'alta probabilità di essere osservati da mia madre.
-A domani- dissi soltanto, incerta su come comportarmi.
-A domani- mi rispose Matteo con la voce dolce e un po' roca. Mi avviai verso il portone camminando all'indietro per paura che se mi fossi voltata avrei perso anche il più insignificante dei dettagli e Matteo sarebbe scomparso, ma alla fine dovetti abbandonare qualsiasi buono proposito e voltargli la schiena. Infilai le chiavi nella toppa e sentii il bisogno di urlare dalla gioia non appena varcata la porta. Stavo ormai per entrare quando mi sentii chiamare nuovamente. Matteo scese dalla moto con noncuranza, si avvicinò a me e si sfilò il giubbotto di jeans per poi posarmelo con delicatezza sulle spalle; mi avvicinò maggiormente al portone finché non fui schiacciata a metà fra il legno e il suo corpo, solo allora mi diede un ultimo bacio leggermente umido accompagnato da un appena sussurrato -Consideralo un regalo, buonanotte-.
Non attesi che ripartisse, corsi lungo il corridoio salendo le scale a due a due ed entrai in casa facendo meno rumore possibile prima di chiudere la porta della mia stanza e affondare  nel letto a faccia in giù sospirando. Avevo dato il mio primo bacio e non avevo nessuno con cui condividere l'euforia del momento se non quel quadernino giallo abbandonato sul comodino che da settimane, pazientemente, custodiva le mie confessioni.


Un tuono squarciò l'atmosfera silenziosa e io rabbrividii a causa dell'umidità che si era infiltrata per la durata del tempo che avevo impiegato a terminare il pacchetto di sigarette. Chiusi la finestra buttando i filtri consumati, non pensai neanche di cambiarmi, mi tolsi solo il vestito e mi infilai con il solo intimo addosso sotto il lenzuolo di lino. Sapevo già che i ricordi mi avrebbero tormentato tutta la notte impedendomi di dormire. Riuscii a prendere sonno quando il cielo cominciò a tingersi di rosa dando il benvenuto ad un nuovo giorno.

**********************************************


Mi svegliai soltanto alle due del pomeriggio con il lenzuolo umido a causa del sudore e i capelli incollati alla fronte insieme ad almeno cinque chiamate perse. Rimasi sorpresa nel leggere il nome di Matteo ma decisi di non darvi peso, mi ero già preoccupata abbastanza la notte precedente. Mi cambiai velocemente dopo aver fatto la doccia, indossai il costume e scesi in spiaggia dove sapevo con certezza che non ci sarebbe stato nessuno della compagnia.
Mi fermai ancor prima di arrivare ordinando al bar un cappuccino e una brioche alla marmellata poi abbassai gli occhiali sul naso e appoggiai la testa sulle braccia incrociate sul tavolo. Avrei potuto addormentarmi senza problemi ma nel giro di poco mi portarono la tazza con la brioche e dovetti abbandonare qualsiasi desiderio di riposo. Nel frattempo mi misi a leggere il quotidiano che qualche turista aveva abbandonato sul tavolino accanto e non mi stupii di vedere in prima pagina notizie economiche sempre più sconfortanti, sembrava che nulla in quel periodo andasse per il verso giusto e l'Italia ben presto avrebbe dovuto fare i conti con gli errori del passato. Ero così presa dalla lettura che non mi accorsi dell'ombra che mi si era seduta davanti fino a che non mi sentii invadere da uno sgradevole odore di sigaro che riconobbi subito come quello del proprietario dello stabilimento, Mario.
-Bella fanciulla cosa fai qui tutta sola? Non ti sembra un po' tardi per arrivare in spiaggia?- sorrisi, lo conoscevo da così tanto tempo che lo consideravo quasi un nonno.
-Hai ragione Mario ma con il temporale di stanotte non sono riuscita a chiudere occhio.-
-Brutta cosa il temporale, quando ero comandante...- andò avanti per circa dieci minuti a raccontare le sue avventure da giovane comandante in mare aperto ma io mi isolai non avendo voglia di ascoltare di nuovo racconti avventurosi che sentivo ripetere da almeno quindici anni.
-Mario, sempre a parlare con le ragazzine eh? Vecchio marpione- urlò un Alassino passando di lì e non potei fare altro che ridere.
-A proposito fanciulla- riprese il discorso Mario richiamando la mia attenzione - sei diventata così bella non ce l'hai un bel ragazzone accanto?- Divenni rossa per l'imbarazzo e un po' mi stupii del fatto che non sapesse di Paolo nonostante l'intera spiaggia non facesse altro che commentare sulla strana coppia che formavamo. Paolo, lo stesso ragazzo di cui mi ero dimenticata io stessa, quel ragazzo che non vedevo dalla sera prima e di cui non sentivo neanche la mancanza nonostante la stessa cosa non potessi dire qualcun altro. Scossi la testa pur di non pensarci.
-Mario sono fidanzata da tre anni, almeno, con Paolo- ammisi un po' titubante all'inizio.
-Il nostro Paolo? La bestia?- Quasi mi venne da ridere alla faccia sconvolta del bagnino ma mi trattenni.
-Il nostro Paolo sì,- preferii non commentare sul grazioso epiteto "la bestia" e proseguii -ormai è una storia solida la nostra.- Quanto mi sforzai per mentire in modo da risultare credibile.
-No, fanciulla, non va bene per te. Sei troppo carina e intelligente per uno stupido come lui. Meriti qualcosa di meglio, non lo so, magari uno come Valerio? E' un bel ragazzo e si dà tanto da fare.- sorrisi al nome del giovane bagnino di cui ero amica da anni ma che non sarei mai riuscita a vedere come compagno di una vita. Sentivo che la conversazione iniziava ad appesantirsi quando Mario chiese anche il supporto dei baristi che non persero l'occasione per intromettersi in questione estranee. Mi sentivo a disagio e non vedevo l'ora di andare via, fare un giro in macchina magari e arrestare per qualche ora quel flusso ingombrante di pensieri che non mi permetteva più di respirare. Mi alzai strisciando rumorosamente la sedia sull'asfalto e andai a pagare ignorando la coda della conversazione che aveva come unico argomento me stessa. Tornai da Mario, gli appoggiai una mano sulla spalla -Mario io vado, non mi sento tanto bene oggi, ci vediamo domani.-
-Corri fanciulla, corri finché sei in tempo-. Mi voltai con un semplice cenno ma non andai molto lontano perché mi richiamò con un tono insicuro e qualche ruga di troppo sulla fronte.
-Quel ragazzo della prima fila, Martelli, ha chiesto di te ma io gli ho detto che non sapevo nulla.- Il cuore, ancora una volta senza permesso, accelerò al solo sentir pronunciare quel cognome che per anni era stato impresso sui miei libri di scuola in cento modi e in cento colori diversi.
-Quale Martelli?- domandai con un filo di voce - Giacomo o Matteo? -
-Quello più alto, con i capelli scuri e l'espressione sempre corrucciata.- Sospirai, ringraziandolo per l'informazione. Avevo decisamente bisogno di quel giro in macchina e di un bel tuffo in mare lontano da tutto.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: SemplicementeCassandra