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Autore: Karyon    20/05/2009    6 recensioni
Spesso, diceva James, la luna era troppo grande e fredda persino per Remus.
Questa fiction partecipa al "100 Prompts!" Del C.o.S. Collection Of Starlight.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: James Potter, Peter Minus | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Let me Live

[So let me live (So let me live),
Let me live (Leave me alone),
Let me live, oh baby,
                     and make a brand new start].

Lasciami vivere [Lasciami vivere]
Lasciami vivere [lasciami solo]
Lasciami vivere, oh piccolo,
E dammi una specie di seconda occasione. 1

«Remus?»
«Mi dispiace Sirius…»

***
Spesso, diceva James, la Luna era troppo grande e fredda persino per Remus.

Quella prima volta alla Stamberga Strillante come Animagi, era impressa indelebilmente nelle loro menti; filtrava tra le piaghe dei loro pensieri come veleno.

«Ragazzi, voi avete voluto seguirmi, ma ricordatevi che non è una cosa bella da vedere…»
«Lunastorta, è la decima volta che ce lo ripeti, rilassati!» Mugugnò James, con gli occhi al cielo. «Codaliscia! Premi quel dannato nodo!» Urlò poi, rivolto a Peter  formato – topo, tra i tralci del Platano.
Nel cunicolo di terra che portava ad Hosgemade, Remus continuò a persuaderli, cercando di far loro  capire… capire che il lupo non era lui.
James non voleva sentire ragioni: erano diventati Animagi appunto per quello e non si sarebbero tirati indietro. Peter era spaventato a morte; la sua paura aveva prolungato la tabella di marcia di quasi due mesi, eppure non c’era davvero nessun problema.
Dopotutto, dovevano solo trasformarsi e far compagnia a Lunastorta, no?
Sirius sbuffò al continuo mormorio patetico di Codaliscia: era sempre lui, sempre Remus, solo a forma di lupo.
No?

Gli schiocchi delle ossa erano udibili, a quanto pareva, anche attraverso il pesante tessuto della trapunta invernale, come aveva sperimentato Peter.
Si spaccavano e crepitavano  come rami secchi intrappolati nel fuoco ardente, senza che la pelle nascondesse niente di niente. Pelle… era acqua che ribolliva come sul vertice di un vulcano in eruzione: fluiva via, si apriva, si modellava sulle ossa che sfuggivano alle articolazioni.
Ed era sporca.
La trasformazione non aveva nulla a che vedere col candore del loro Lunastorta. L’essere che si contorceva sotto ai loro occhi, era immerso in un liquido dal colore esangue, come lo erano i suoi occhi.
«Cazzo, J-James…» Peter gemeva, cercando di trovare la giusta collocazione della trapunta, che al momento giaceva strozzata tra le sue dita. Ma James non gli rispondeva: si limitava ad annuire con un incerto sorriso sulle labbra, come se ciò che stava accadendo fosse normale, fosse giusto
Ma non lo era, nemmeno un po’.
Non era normale che un essere così perverso e feroce,  sorgesse dalla pelle squarciata del loro compagno.
Non era giusto che il loro Lunastorta li guardasse con gli occhi iniettati di sangue, che sembravano suggerire macabri desideri.
Fu James il primo a svegliarsi: afferrò entrambi per un braccio, mormorando qualcosa. Peter annuì.  James annuì. Una luce opalescente scaturì dalla punta della bacchetta scura.
Già, gli Animagi.
«Felpato, dopo di me, ricordati…»
«J-James fa presto…»
L’Essere ringhiava.
«Ragazzi, muovetevi…» la voce roca, ormai fievole, di Lunastorta, sgorgò dalla bocca piena di zanne e di rabbia. Mentre un palco di imponenti corna d’avorio, spuntavano da quello che era James ed era anche Ramoso, Sirius si chiuse la porta alle spalle.
Ma quella voce fievole – morta –, non si smorzava.

***
Spesso, diceva Peter, anche i cani più aggressivi e arroganti, provavano la Paura.

«Ehi, palla di pelo, come va?» La testa piena di rovi spinosi per capelli di James, sbucò sorridente dalla porta dell’infermeria.  Seguito da Peter, ovviamente.
Remus, sdraiato sul solito letto accanto alla finestra, faceva a gara con il lenzuolo per il monopolio sul colore “bianco – fantasma”. Era spossato, dolorante e sorridente.
«Ramoso, scrivi dei manifesti visto che ci sei!» Sbottò mentre, inutilmente, cercava di risollevarsi dal cuscino.
«Magari dopo…» approvò James, buttandosi sulla sedia accanto al letto. «Dolci! Ci vuole un carico di energia!» Esclamò, piazzandogli sotto al naso una scatola verdeazzurra.
Remus sorrise, persino la pelle tesa sulle ossa doloranti, sorrideva.
Scheletrico.
James si accigliò «E’ normale che tu sia dimagrito venti chili in tre secondi?»
Remus sbuffò, roteando gli occhi «Non esagerare, saranno uno o due… e sì, è normale. Li riprenderò entro pochi giorni, non preoccuparti…»
«Adesso è strano pensare che non ce ne siamo mai accorti» borbottò Peter, sedendosi sul letto.
«Beh, voi siete tonti» assicurò Remus, ridendo sommessamente. «Dov’è Sirius?»
La stanza calò nel silenzio.
Dopotutto, non era stupido. Anche posseduto dalla bestia, aveva visto:  niente cane.
«Comprendilo Lunastorta, è rimasto scioccato…» cominciò James, grattandosi la testa. «E’ un idiota» decise alla fine, pensando al modo in cui li aveva piantati.
«Lo capisco…» annuì Remus, guardando all’esterno.
I mostri fanno paura, è logico averne. Vero, Sirius?

Quando il cuscino ricadde a terra spargendo piume, poté dire di stare bene.
No, di stare meglio.
Respirando concitatamente, sudato, Sirius si lasciò cadere sul pavimento, tra le vittime della sua rabbia.
«Dannazione…»
Chiuse gli occhi, un lampo, un corpo che si accartocciava come una foglia secca, occhi, sangue.
Remus. Remus. Remus.
Si risvegliò al buio, al caldo, tra le lenzuola pulite.
«Sirius…» la voce incrinata di Lunastorta lo raggiunse attraverso le tenebre del suo sguardo, poi la luce.
Sirius batté le palpebre e lo fissò: ombre scure sotto agli occhi chiari, tagli di sangue nero, sulla pelle pallida.
«… mi dispiace» terminò la sua frase, con lo sguardo basso.

Spesso, pensava Sirius, la gente stupida si scusava anche di colpe che non possedeva.

«Non essere stupido, non hai fatto niente» borbottò, irritato da un male invisibile, colpito dal senso di colpa del debole.
Remus sorrise «Mi dispiace che abbiate dovuto vedere».
«Sarebbe accaduto prima o poi. Siamo tuoi amici…» spiegò Felpato, mettendosi a sedere,  lasciando che quelle coperte candide e profumate di fresco lo abbandonassero.
Non voleva ancora sporco.
E lui che credeva di essere abituato al fango.
«Non c’è bisogno che gli amici sappiano tutto» sbuffò Lunastorta, forse senza neanche crederci fino in fondo.  Sirius lasciò che lo sguardo vagasse su di lui; alla ricerca di tagli, ferite, contusioni, ombre.
Le ombre di quell’Essere che era nero quanto Remus era bianco, che era degenerato quanto Remus era onesto, che era lui e non lo era.
Che era lì – ascoltava, sentiva – mentre lui lo fissava.
«Cosa guardi?» Gli chiese Remus, dopo qualche istante. La sua pelle fremeva, fremeva nel ricordo del suo sguardo, emerso nella foschia confusa; vibrava al fiutare della paura che si insinuava come profumo per le narici.
Quella paura, che sentiva ancora adesso.
Gli permeava i vestiti, la pelle, i capelli e lo sguardo offuscato – nero -, e gli solleticava la gola con piacere.
Rabbrividì.
Sirius sussultò «Mi dispiace».
Remus chiuse gli occhi, prevedendo la vertigine che gli intrappolava il cervello ad una nuova forte fragranza. Sorrise «Non essere stupido, non hai fatto niente».
«Mi dispiace che tu abbia dovuto sentire» replicò Sirius, con la voce incrinata dal pianto.
Dopotutto, un cane ed un lupo non sono poi così lontani. E il fiuto, mille volte più potente di quello degli esseri umani, avvertiva la paura come percepiva il desiderio.

***
Spesso, credeva Sirius, la parte più oscura di se stessi è anche quella più ragionevole.

Circa un mese dopo la loro prima uscita, il mondo aveva ricominciato a muoversi nella direzione giusta. Certo, James continuava a chiamarlo “palla di pelo” e, ogni tanto, sorprendeva Peter a fissarlo, ma tutto sommato erano comportamenti che rientravano nella soglia della normalità.
Sirius era tornato il cagnaccio arrogante di tutti i giorni.
Lo sentiva.
Il suo odore era… odore di Sirius. Del Sirius iperattivo, irascibile sorridente e depresso.
Eppure, quando lo guardava c’era qualcosa di indefinibile che si muoveva in superficie.  Un qualcosa che spariva ai sensi, che non si lasciava afferrare, sondare e scrutare; che si nascondeva per alimentare il tormento delle sue iridi opache.
«Ehi, Lunastorta, che combini?»
Gli chiese un pomeriggio assolato, mentre si avvicinava al tavolo con l’aria del solito elefante nel negozio di delicate pozioni.
«Hn, il compito di Trasfigurazione che avresti dovuto fare anche tu» gli rimbrottò in risposta mentre, come da copione, lui sbuffava.
«La farò, c’è ancora qualche ora di libertà…»promise, sedendoglisi di fronte.
«Sì, sì… ci credo…»  replicò Remus, con il solito  cipiglio di sopportazione.
«Noioso».
«Tipica risposta… ho idea che sia tu quello noioso, caro Felpato».
«E’ per questo che non vuoi farti toccare?» sussurrò, ponendo la domanda ad una risposta già data.
Remus batté le palpebre. Toccare: abbracciare, stringere, baciare, amare.
Nessun contatto umano, o quasi.
La parte più ragionevole di sé illustrava diligentemente i pericoli che avrebbero potuto correre le persone a lui care, se solo la bestia fosse risolta.
Remus negò col capo «Quando sono vicino alla luna piena e provo ad avvicinarmi a qualcuno, potrei perdere il controllo».
Sirius si accigliò «E allora?» 
Lunastorta lo guardò come per decidere se stesse scherzando oppure no: ovviamente, era improbabile «E’ pericoloso
Felpato abbassò lo sguardo per un solo attimo, poi tornò ad allacciarsi al suo viso ormai del tutto ripreso «E’ umano».
Remus rimase per un istante senza parole, poi la voce raziocinante tornò a esporre «Ma potrebbe essere un errore…»
«Penso che il lupo questa volta abbia ragione» rispose Sirius, schiaffeggiando Remus con la sua voce limpida e sicura. La pelle gli rabbrividiva come la superficie di un lago attraversato dal vento: la fiutava. La paura di Remus era fredda e sorda come il ghiaccio di inverno, forte e solida, senza alcuna incertezza. Una Paura senza crepe.
«Il lupo non può avere ragione» esalò con una sola nota tremula, mentre la spina dorsale era attraversata da una scarica elettrica.
«Il lupo sei tu, Lunastorta» ribatté, evitandosi di evitarlo, costringendolo a fissarlo, a sondarlo con i sensi allarmati di cane, che si scontravano nel regno incontrastato del lupo. La belva godeva della sua vanità, contenta che qualcuno l’avesse – finalmente -, riconosciuta.
Sirius la fissò fino a farsi male, fino a quando le piaghe della mente non gli urlarono dal dolore.
La paura di Remus crebbe ed inondò il suo animo, inabissando la bestia.
C’era solo lui, lui e la sua paura.
«Sirius, tu… tu non hai paura?»
«Sì. Ma la tua bestia sei tu, e io non ho paura di te. Non avrò mai paura di te, Remus».

***
Remus credeva che la parte più oscura di un uomo - la belva - fosse parte integrante del suo animo.
Spesso, Remus pensava che una persona non dovesse accettare tutto di sé:
una parte della propria natura, avrebbe dovuto restare nascosta, abbandonata nell’oblio dei propri ricordi.

Remus diceva che solo alcune persone riuscivano ad amarsi totalmente.
Ad accettare ogni cosa di sé, persino la propria belva.
Quelle persone non potevano sopravvivere.
Non accanto  a chi, invece, non sopportava di vedere il proprio riflesso allo specchio, per paura di scorgervi le ombre.

«Lunastorta, ci sei?»
Sirius entrò in punta di piedi nella camera scura. Mancavano poche ore alla prossima luna piena, poche ore per decidere se accettare o meno.
«Verrai?»
Una voce spezzata nel buio, di spalle per non vedere.
Sirius annuì, ma l’altro vide ugualmente e pianse «Mi dispiace Sirius».
Felpato sospirò «Come al solito… ti ho già detto di non scusarti per cose inutili… voglio venire e verrò perché noi siamo…» si fermò. La parola “amici”, così inadeguata pronunciata dalle sue labbra.
Ormai, persino troppo ridicola per essere pensata.
Non così. Non da loro.
Ma lui aveva capito. Dopotutto i suoi sensi l’avevano sentito.
Quella sensazione di calore, di assurda follia e splendente felicità, di passione travolgente e di dolore lancinante.
Sirius si morse il labbro inferiore e scrutò il buio «Remus?» mormorò, con voce incrinata.
E’ un sì, Remus?
E’ un no, Lunastorta?
Cosa ti dice la mente, questa volta?
Cosa ti suggerisce la tua dannata belva assetata di sangue, ora?
«Mi dispiace, Sirius…»


N/A

Mah, io non penso si capisca che è una shonen ai.
Cioè, probabilmente non ho fatto capire che Sirius cerca una risposta al suo amore.
Probabilmente non si è capito che Remus rifiuta, lasciando che la paura della propria belva lo paralizzasse.
Probabilmente non si è capito che Remus – per la prima volta -, è egoista. Talmente egoista da decidere per sé e per Sirius. Di decidere di farsi lasciare solo. Perché vuole un'altra occasione, un'altra occasione di vivere in un limbo nel quale il folle dolore di un amore giusto, ma pericoloso, non possa scalfirlo.

Pazienza, io volevo intendere proprio questo. XD
Non è un granché, ma è un frammento nato tra le 21:00 e le 23:07. Non potevo ignorarlo.

Ah, la nota:

1 Let me live. Queen.
Se li conoscete, non c’è bisogno di spiegazioni. Perché si sente.

Questa fiction partecipa al “100 prompts!” del C.o.S.
Here links:

http://fanfictioncontest.forumcommunity.net/?t=25481090
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Fate un salto nel forum :3

 
















   
 
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