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Autore: Urban BlackWolf    10/12/2016    4 recensioni
“ Non ce la faccio...”
“ Ti prego salvala. Salva la mia Ruka....” Michiru trattenne a stento le lacrime puntando lo sguardo a terra mentre con le mani tremanti si stringeva la cornice al petto.
“ Ti prego.” E questa volta l'argine degli occhi crollò.
Il tempo in quell'appartamento di un centro città si era fermato. C'erano solo due giovani donne. Una con la fronte poggiata sul freddo acciaio di una porta, nelle orecchie i singulti composti di un pianto lacerante e un'altra, stretta all'immagine dell'ancora della sua vita, incapace di muoversi, di alzare la testa, di fare qualcosa che non fosse il piangere, aspettando solo il suono dello scatto di una serratura ed il chiudersi di una porta.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena, Nuovo personaggio | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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L'atto più grande

 

I personaggi di Haruka Tenou e Michiru Kaiou appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf

 

 

 

Gli appigli di Michiru

 

 

Michiru aveva dunque sparato la sua prima cartuccia liberandosi finalmente di quel peso che sentiva dentro da troppi giorni. Ma a quell'innocua domanda - Il nome Tenou ti dice qualcosa - si aspettava realmente una risposta che le desse un'appiglio? Veramente era così preparata all'innesco della serie di bombe che sicuramente avrebbero cambiato la vita della donna che le stava davanti? Aveva realmente progettato nei minimi particolari il piano che avrebbe potuto portarla fuori dal turbine di disperazione che la stava trascinando nel baratro?

No, sicuramente non era tanto ingenua Michiru. Era solo dannatamente stanca e quando Giovanna scosse la testa solcando la fronte con due piccole rughe tra le sopracciglia, anche la remota speranza di un punto di partenza crollò.

“Perdonami Michiru, ma non mi sembra proprio di conoscere qualcuno con un nome tanto originale. E' forse qualche professionista del settore con il quale collabori?”

“ No! Era tanto per chiedere... - quanto poco si sentiva credibile - vedi io... dovrei dirti una cosa. Veramente svariate cose...” Poi il silenzio.

E si che Michiru Kaiou ci sapeva fare con le parole. Aveva da sempre un'estrema facilità di sintesi, riuscendo ad esprimere con cristallina chiarezza concetti anche molto lunghi e dispersivi, rendendo fluente un discorso e riuscendo a portare il suo interlocutore sul suo stesso livello. Haruka la sfotteva spesso chiamandola la sua Miss Win Zip Professional. Adesso questa dote sembrava essersi completamente estinta, volatilizzata a favore di una goffaggine che proprio non le apparteneva.

Mani strette in grembo cercò nell'altra ancore di salvezza che non poteva offrirle.

“ Ti ascolto, dimmi.”

“ Vedi, la cosa è un po' complicata....”

No Michi, che diamine stai facendo!? Fermati... Respira... Pensa. Strinse il labbro inferiore tra i denti tanto forte da farsi quasi uscire il sangue.

Quante volte aveva provato quell'approccio in un discorso fantasioso ripetuto all'immagine riflessa nello specchio del suo bagno, la mattina, prima di uscire di casa, o nelle lunghe notti insonni passate a guardare le pareti color pesca della sua camera da letto, o sul lavoro, mentre dalla lente d'ingrandimento la sua mano compiva precise velature a rigatino. Pensava veramente che sarebbe bastato seguire un filo logico imparato ormai a memoria per disintegrare la serenita' di un'altra persona? Si stava parlando di entrare nella vita di una perfetta sconosciuta e modificarne i contorni come un maremoto su una costa. Si stava parlando della vita di Haruka che stava spegnendosi in una clinica svizzera. Si stava parlando della sua di vita, che senza la presenza della compagna al fianco non sarebbe stata neanche più degna di essere vissuta.

Forse proprio per liberarsi finalmente di quel macigno aveva commesso un enorme errore di valutazione ed ora che aveva innescato l'ordigno, questo non poteva più essere disinnescato.

“ Michiru tutto bene?”

“Scusami. Mi rendo conto di stare facendo una figura meschina.” Disse riprendendo a camminare verso l'ala del palazzo apostolico adibita ai laboratori di restauro.

“ No figurati. E che mi sembri strana. Ammetto di non essere una grande osservatrice, ma hai cambiato totalmente atteggiamento da quando siamo uscite dagli spogliatoi. Se vuoi chiedermi qualcosa... o se posso fare qualcosa.... io sono qua.” Appiglio.

Ma Mhiciru non volle approfittarne. Non per paura o perchè non ne avesse un disperato bisogno, ma perchè si era accorta che non era quella la sede giusta per il compito che si era prefissa. Non era giusto ne corretto nei confronti di Giovanna.

Decise di cambiare drasticamente strategia. Basta piani studiati a tavolino o passi preimpostati. Non servivano a nulla. Avrebbe giocato la sua personale partita di getto.

“ Quello che ti volevo chiedere era...”

“ Dottoresse!” Il Cardinal Berti uscì dall'ombra del corridoio invitandole con la mano ad avvicinarsi. Uomo sulla sessantina, grande, grosso e bonario, aveva la facoltà di spuntare fuori dal nulla come un enorme geco rosso.

Oddio, pensarono all'unisono.

Giovanna aggiunse un cacchio m'ha beccata fuori dal cantiere, mentre Michiru ammise un semplice e lapalissiano, sono in un ritardo mortale.

“ Sua Eminenza buongiorno!” L'Architetto sfoderò un sorriso talmente convincente che perfino l'altra ne restò stupita.

Al baciamano di entrambe seguirono le classiche frasi di circostanza prima che la stilettata giornaliera arrivasse puntuale.

“ Allora Architetto Aulis, come procedono i lavori sugli stucchi del frontone? Sono appena passato, ma ho notato che sul cestello del ragno non c'è ancora nessun operaio. Problemi?”

Adesso mi sentono quei lavativi. Gli spezzo tutte le dita.

“ No Eminenza, nessun problema. Preferisco farli lavorare sul cestello dopo la fine delle varie funzioni.” Si difese abilmente.

“ Bene bene. E lei dottoressa Kaiou? Come sta il nostro Perugino?”

Come ieri pomeriggio dopo che ho chiuso il laboratorio, avrebbe tanto voluto dirgli, ma optò per un gesto gentile invitarlo a seguirla.

“ Vogliamo vederlo assieme?” E gli avrebbe intortato qualcosa li sul momento.

Si accomiatarono da Giovanna per incamminarsi discutendo amabilmente.

L'Architetto rimase totalmente spiazzata. Il turbine d'acqua che si era vista davanti agli occhi fino a pochi istanti prima aveva lasciato il posto ad un lago perfettamente immobile e conciliante. Come riuscisse quella donna a rapportarsi con gli altri in maniera tanto consona proprio non riusciva a spiegarselo. Abitudine? O forse un ambiente familiare rigido e socratico? Sicuramente un'innata femminilità che la spingeva prima all'ascolto, alla riflessione e poi all'azione.

Tale e quale a me, si disse auto schernendosi mentre si dirigeva sul posto di lavoro pronta a spezzar ossa. Muchiru Kaiou le piaceva, anche se non avevano che pochissime cose in comune.

Circa un'oretta più tardi il cellulare le segnalò l'arrivo di un SMS.

Quello che volevo chiederti prima era se ti sarebbe piaciuto cenare da me questa sera. Avrei bisogno di alcuni consigli per illuminare meglio la pala. Michiru.

Mi farebbe piacere. Ci vediamo. Rispose Giovanna ed inviò.

 

Michiru lesse la risposta riponendo poi il cellulare nella tasca del camice. Non le piaceva mentire, ma non poteva fare altro. Se soltanto avesse avuto piu' tempo. Se si fossero conosciute prima, non ci sarebbe stato alcun bisogno d'inventarsi una scusa tanto stupida, le avrebbe semplicemente detto di portare una buona bottiglia di rosso. Avrebbero parlato e lei si sarebbe potuta sfogare. Come si fa tra amiche. Ma di tempo Michiru non ne aveva più, anzi, guardando l'ora sulla grande pendola settecentesca posta all'entrata della stanza adibita a laboratorio, inizio' a fare mente locale. Se il dottor Kurzh le aveva garantito che sarebbe risultato raggiungibile ad ogni ora, questo voleva dire solo una cosa; sarebbe rimasto in connessione Skype fino a tarda sera. Tutt'è vedere se Giovanna avrebbe capito ed accettato la situazione di Haruka.

Sospirando fisso' gli occhi cerulei della Vergine con bambino che le stava davanti. Una pala imponente, alta quasi tre metri, che mai come in quel momento la faceva sentire così misera.

“ Tu come ti comporteresti?” Chiese alla dolcezza di quell'immagine secolare come se fosse stata sua madre.

“ Lo so che è per tentare di salvare Haruka, ma allora perchè mi sento come se stessi per compiere una vigliaccata?”

Gettando sul tavolo poco lontano il pennello roteò lo sgabello alzandosi vinta. Iniziò a pulire la tavolozza riprendendo a guardare l'immagine.

“Magari accetterà tutto senza batter ciglio, in fin dei conti mi sembra una brava ragazza. Giusto?"

O magari mi darà della pazza.... o peggio, concluse ripiegando lo straccio sporco da un'infinità di colori.

“ Mi spieghi perchè mai Haruka ed io ci siamo dovute trovare in questa disgraziata situazione!? Passi me, ma lei... Che ha fatto di male lei!? Haruka è più credente di me ed ha sempre cercato di mettere in pratica gli insegnamenti di un Dio che considera uguale per tutti. E' forse per la nostra sessualità che la Sta punendo? Se Lui è davvero amore come tutti qui dentro affermano, allora non credo proprio sia per questo e se dovesse esserlo, allora... perchè non me!?”

Scuotendo la testa tornò a sedersi lasciando che i ricordi scivolassero sulla prima volta che lei e la compagna avevano intrapreso un discorso tanto delicato.

 

“Guarda Ruka... questa cosa mi manda sinceramente il sangue alla testa.”

“ Addirittura?”

“ Fai poco la spiritosa ed abbassa quel telegiornale per favore. L'ennesima catastrofe... Non se ne può più!” Nervosamente le aveva passato la Rivella Rossa ghiacciata che l'altra le aveva chiesto di prepararle.

“ Su dai Michi. Non possiamo certo essere empatici nei confronti di tutto il mondo. Daremo di matto credimi.” L'aveva esortata prima che anche Michiru non si fosse seduta sul divano al suo fianco.

“ Non si tratta di empatia, ma di capire perchè il Padre Eterno a volte sembri fregarsene un tantino dei suoi figli. Se davvero esiste dovrebbe quantomeno far qualcosa, non trovi?” Aveva detto in piena sfida con entrambi.

“ Michi.... Lo sai che mi fai impazzire quando fai la teologa?!” Una carezza gentile sulla guancia ed uno dei sorrisi più convincenti dei suoi.

“ Non fare la ruffiana Ruka. Avanti... spiegami allora che senso possa avere un incidente che strappa via dalla vita un padre o per esempio la malattia di un bambino.” Razionale come sempre. Nulla da dire.

Haruka aveva sospirato profondamente avendo ormai capito di essersi impelagata in un discorso molto più che complicato. Spinoso. Posando la bevanda sul tavolinetto in vetro posto alla sua sinistra aveva iniziato ad arrotolarsi le maniche della camicia per tirarsele più su. Gesto che compiva generalmente quando voleva concentrarsi su qualcosa. Fosse un motore, un buon piatto di pasta in bianco o un discorso sull'essenza della vita.

Aveva cercato di far capire alla sua dolce metà che, secondo lei bene inteso, agli albori dei tempi Dio o chi per lui aveva dato al genere umano il dono della libertà e di conseguenza del libero arbitrio e non c'era bisogno di elucubrazioni sui massimi sistemi per capire che si era portati anche a scegliere di perseguire una strada sbagliata.

“ Non credo proprio che Dio c'entri qualcosa se un padre di famiglia viene spiaccicato sull'asfalto per colpa di un demente ubriaco.”

“ Questo te lo concedo, anche se potrebbe sempre metterci una mano per evitare...”

“ Libertà!” - L'aveva interrotta l'altra. - “ E poi chi ti dice che a volte non intervenga. Quando nessuno si accorge del tuo lavoro vuol dire che lo hai fatto bene.”

“ D'accordo, d'accordo. Allora le malattie?”

E li, Haruka aveva smesso di guardarla per andare verso una delle finestre del loro salone, aprendola poi per poggiare entrambe le mani sul davanzale in breccia. Una lunga pausa ed infine le aveva risposto dolorosamente, ma con una consapevolezza che a distanza di due anni a Michiru ancora metteva i brividi.

“ Se sapessi rispondere a questa domanda avrei sicuramente una pace interiore che non ho, però mi piace pensare che ogni singolo dolore che abbiamo in questa vita possa servire ad uno scopo più grande, molto più grande di noi Michi. Magari per aiutarci ad essere migliori o per aiutare quelli che ci sono accanto, ad esserlo. Ed i dolori dei bambini valgono più di tutti.”

Mentre sentiva la sua compagna parlare, Michiru l'aveva osservata. La schiena dritta, le spalle forti, i muscoli tesi. I capelli biondi e ribelli appena mossi dal vento. La presa salda delle dita sulla fredda breccia del davanzale. Da li un brivido ed una sensazione d'angoscia che l'avevano spinta a raggiungerla per cingerle la vita con le braccia, come a volerla trattenere per evitare chissa quale partenza.

“ Cosa hai?” Le aveva chiesto la bionda un po’ sorpresa.

“ Basta parlare di queste cose. Non mi piacciono i massimi sistemi.”

“ Vorrei sottolineare che l'avresti iniziata tu questa conversazione. Io volevo solo la mia bibita mentre guardavo il telegiornale.” Aveva concluso rigirandosi tra le braccia dell’altra regalandole un bacio carico d'amore.

 

 

I massimi sistemi, Michiru sorrise tornando a scrutare i pigmenti di colore dalla lente d'ingrandimento. Forse era colpa sua. Era lei a dover essere aiutata a diventare una persona migliore e l'improvvisa malattia di Haruka era il semplice messaggio dell'universo che la stava aiutando contro il suo volere. Non che fosse una cattiva perona Michiru Kaiou, anzi, cercava sempre di comportarsi nella maniera più corretta con tutti ed in qualsiasi situazione. Forse non tanto per una fede che a volte sentiva di possedere poco o nulla, ma quantomeno per un retaggio educativo impostole dalla sua famiglia sin da piccola. Probabilmente questo per i massimi sistemi non era sufficiente.

D'improvviso il suono di un cinguettio proveniente dalla tasca del suo camice. Riprese il cellulare controllando il twitter appena arrivatole.

Testuali parole; Non è successo niente e non ho fatto niente. Qualunque cosa ti dica lo psicopatico in bianco, non prestargli troppo caso...

Lo psicopatico in bianco, ovvero il dottor Kurzh, ed il non è successo niente e non ho fatto niente, l'ammissione più candida della sua donna per dirle che era uscita per fare un giretto ed era stata beccata in flagranza di reato.

Non mi ha ancora chiamato nessuno per ragguagliarmi sulle tue scappatelle, Ruka. Amo la tua sincerità, ma questa volta ti sei fregata da sola...

Haruka schiacciò il cellulare sulla coperta stringendo le labbra. E già, questa volta si era proprio fregata da sola.

 

 

Usare un joystick per un cingolato dal braccio telescopico di quaranta metri metteva Giovanna Aulis in una sorta di bolla euforica di ludica rimembranza. Era come se nelle mani avesse un enorme macchina telecomandata gialla ricca di optional e luci punsanti al seguito.

Incurante del povero restauratore che si trovava ancora sul cestello schiavizzato a star fermo piu' di un nano da giardino, non si era accorta che le cinque del pomeriggio erano passate da un pezzo e che forse il malcapitato aveva anche una vita privata e pervasa da un gusto quasi sadico, la donna aveva messo su un sorrisetto tipo bambola assassina continuando a far muovere il cingolato a destra e a sinistra per farlo entrare in bolla.

“ Non vorrei dire Architè, ma s'è sarebbe fatta na certa.”

“ Se sarebbe fatta na certa!? Te se starebbe a scoce la pasta? Con la figura di merda che mi avete fatto fare questa mattina, ringraziarmi che non ti lascio la sopra a far muffa!” Disse ad alta voce ripensando al Cardinal Berti. Non amava accampar scuse, soprattutto sul lavoro, ma negli ultimi periodi capitava anche troppo spesso che dovesse inventare scuse per coprire qualche suo operaio.

“ Se ci tieni a scendere ti consiglio di stare fermo o non si metterà mai in bolla.”

“ Magari potreste lasciarlo fare a...”

“ A nessuno!” Urlò trovando finalmente la quadratura del cerchio.

Il cestello la smise di oscillare e lentamente il braccio telescopico iniziò la sua discesa.

Michiru ghignò fermatasi a poca distanza. La scena esilarante terminò con un reciproco scambio di occhiatacce tra capo cantiere e sottoposto, lo spegnimento da parte di entrambi dei componenti vitali della macchina ed un saluto mezzo abbozzato tipo grugnito ancestrale.

“ E' questa la tua particolarissima sedia di Giuda?” Le chiese Kaiou mentre l'altra si girava sorridendole sfilandosi dal collo la cinta che legava l'enorme joystick.

“ E' il minimo dopo questa mattina. Nessuna tortura medioevale o moderna o entrambe fuse insieme basterebbe.”

“Credi che il Cardinal Berti non ci sia cascato?” Chiese mentre la seguiva verso la rimessa degli attrezzi.

“ Per niente. Lui sa tutto e vede tutto, tipo occhio di Saturno.. Sembra tanto buontempone, ma ha una gran testa ed io faccio abbastanza schifo nel raccontare palle.”

Armeggiando con la chiave che chiudeva il lucchetto, Giovanna chiese a Michiru l'indirizzo e l'ora alla quale avrebbe preferito vederla arrivare per la cena. Le sembrava un tantino strano che per parlare del progetto di una nuova istallazione luminosa ci volesse una cena, ma Michiru le stava simpatica e allora perché farsi troppe domande.

“ Abito qui vicino. Se per te va bene verso le venti la cena dovrebbe essere in tavola.” E si incamminarono verso gli spogliatoi.

“ Perfetto. Ho tutto il tempo di tornare a casa per lavarmi e rendermi presentab....” Ma Giovanna si bloccò di colpo. L'altra quasi le franò contro.

“ Aspetta un attimo Kaiou. Con qui vicino, intendi dire... salgo alla stazione di Cipro, prendo la metro per tipo quindici fermate, poi un autobus per altre venti e sono... qui vicino. Oppure qui vicino.... vicino?”

Michiru ridacchiò alla domanda e rispose quasi con una punta d'imbarazzo. “ Qui vicino... vicino. Dopo Porta Cavalleggeri.”

Un fischio e l’altra tornò a camminare. “ Ah... però! Posso chiederti come diamine hai fatto a trovare un'appartamento in zona?”

“ Sono svizzera Giovanna. Lavoro in Vaticano... Mi è stato assegnato dalla Curia.“

“ Giusto. Capito.” E dividendosi perchè Michiru si era già cambiata, si salutarono con una stretta di mano. Quella sera avrebbe finito per cambiare radicalmente la vita ad entrambe.

 

 

 

 

   
 
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