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Autore: Elizabeth_Carre    10/12/2016    1 recensioni
"Ma in questo giorno più triste di altri, la certezza che due di noi potrebbero morire nelle prossime settimane ci fa sentire già tutti morti, e forse un po' lo siamo già."
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 5

 

 

 

 

 

Riiiip! Stringo i denti non appena l'acqua fredda entra in contatto con la mia pelle.

Il mio staff di preparatori mi ha detto che tutto questo è necessario per ripulirmi dai parassiti che eventualmente potrei avere in testa, nei peli delle gambe e persino in quelli pubici.

Mi stanno guardando con lo sguardo nauseato eppure non pensavo di essere messo così male. Devo apparirgli come un animale uscito da chissà dove.

Per le tre ore successive al Centro Immagine, mi sento come una bambola nelle loro mani. Mi fanno un bagno profumato perché a loro dire emano un odore nauseabondo, dopo di ché, mi applicano una maschera di bellezza per il viso e per i capelli.

Cerco di fare tutto quello che mi dicono senza opporre resistenza ma quella che loro chiamano ceretta mi fa desiderare di tornare alla tortura precedente del getto di acqua freddo.

Sto comunque fermo e cerco di non lamentarmi mentre loro mi tirano i peli e si profondono in mille scuse per ogni strappo.

- Ci dispiace ma è necessario – mi dice uno di loro – qui noi siamo tutti così. Vogliamo che vi sentiate a casa.-

Il suo tono di voce è così fastidioso. Uno squittio stridulo che mi fa venire i brividi ogni qualvolta lo sento.

Non credo che lo scopo di tutto questo sia il farci sentire meno diversi e accettati ma piuttosto quello di disinfettarci da tutte le malattie che secondo Capitol ci portiamo dietro, malattie delle quali comunque dovrebbe sentirsi colpevole viste le condizioni in cui ci costringe a vivere, ma mi mordo la lingua e mi concentro su altro. - Tranquilli – dico sorridendo. - fate con me ciò che dovete, non preoccupatevi.

Non ho ancora incontrato la mia stilista, Portia. Immagino non possa entrare in contatto con il tributo prima di quella che i miei preparatori hanno chiamato “purificazione”.

Finita la ceretta tre di loro cominciano a girarmi intorno per ungere tutto il mio corpo con un olio che quantomeno da sollievo alla pelle che hanno appena depilato.

- Sei stato bravissimo – mi dicono briosi passandomi un accappatoio blu.

Tutta questa loro euforia per me è estenuante. - Adesso sembri proprio come noi – batte le mani tutto eccitato quello dei tre che sembra il più giovane. Spero davvero, però, di non apparire come loro.

Non sembrano neanche umani ma bestioline. Si muovono veloci e a scatti, sono magrissimi e indossano tutine variopinte aderentissime. Sono truccati esageratamente e in testa hanno parrucche con acconciature assurde. Uno di loro porta persino dei campanellini in testa, che ad ogni movimento del capo che fa, trillano.

 

- Grazie – dico sorridendo. Sento di dovere gratificare il loro lavoro perché, anche se in modo diverso, anche loro sono vittime di Capitol.

I loro sorrisi in risposta sono la più grande delle ricompense che potessi ricevere.

- Adesso ti portiamo da Portia - mi dice l'uomo con i campanelli – chissà come sarà contenta di poter lavorare con un così bel ragazzo -.

Dovrei sentirmi a disagio a camminare con nient'altro che un accappatoio in mezzo a gente che non conosco, ma non ci riesco.

Credo che il mio staff sia completamente asessuato.

Vivono per il lavoro. Amano fare quello che fanno più di ogni altra cosa. Perciò quando mi dicono di togliermi di dosso l'unica copertura che ho, non esito a gettarlo a terra.

- Seguici – dice l'uomo campanello.

Il freddo dell'acciaio del pavimento mi fa gelare i piedi ma continuo a camminare tranquillo.

La luce forte della stanza in cui mi conducono mi acceca. Non vedo nulla e provo a schermarmi gli occhi con la mano.

- Gallicus – dice una voce autoritaria. - Spegni i fanali, lo stiamo accecando. Povero caro.

Finalmente le luci si abbassano e posso vedere la mia stilista in faccia.

E' una donna minuta e di colore. Si distingue dal resto del mio staff per la sua semplicità. Non un filo di trucco le colora il viso. Né abiti sfarzosi ornano il suo corpo, un vestito lungo e nero la fascia dalla testa ai piedi.

L'unico lusso di cui si compone la sua mìse è una collana verde e luccicante, arrotolata più volte attorno al collo.

Inizia a girarmi intorno con nonchalance esaminandomi.

- Come avrai capito, io sono Portia. La tua stilista. - Si ferma finalmente di fronte a me e sorride. Il suo volto si addolcisce in contrasto con la sua voce autoritaria.

- Io sono Peeta – dico incerto. So che lei lo sa, ma mi sono sentito in obbligo di una presentazione.

Il suo sguardo insistente e indagatore mi fa sentire un po' a disagio.

Ride e dice al mio staff di passarmi l'accappatoio, poi mi porta con sé in una stanza con due divani rossi in mezzo ai quali vi è un tavolino colmo di cibo. Dalle vetrate filtra la luce del sole.

- Questo è il mio primo anno agli Hunger Games – mi dice sbocconcellando un po' di pane.

- E' per questo che ti hanno assegnata al dodici? - le parole escono prima che io possa rendermene conto.

 

Il mio disagio iniziale sta scemando. Lo sguardo fermo e la voce dura di Portia sono spariti del tutto e sono molto più tranquillo adesso.

Mi aspettavo una persona diversa. Una persona piena di sé, che mi avrebbe fatto sentire inferiore.

Portia però sembra voglia diventarmi amica e quindi mi rilasso del tutto e mi accomodo nel divano difronte al suo.

 

- Io e il mio socio, Cinna, abbiamo richiesto spontaneamente il dodici. - mi guarda tranquilla. - lui si sta occupando della tua compagna, Katniss, al momento.

- Dovete per forza amare le sfide per cimentarvi nel così arduo compito di renderci carini - replico sorridendo.

- Potremmo anche dire così se ti va - sorride misteriosa. - mangiamo. -

Distrattamente mando giù qualcosa.

Sentir pronunciare il suo nome mi ha riportato alla realtà e il mio sguardo si annebbia. Nelle tre ore passate al Centro Immagine non ho pensato per niente a Katniss. Non mi sono chiesto se stesse bene o cosa le stessero facendo, tanto meno come le stesse prendendo lei tutte queste torture.

Da quando sono salito sul treno non mi sono neanche fermato a riflettere sulle mie stesse intenzioni riguardo al morire nell'arena per lei.

- Abbiamo pensato di farvi indossare degli abiti complementari -

Alzo gli occhi e guardo Portia. La guardo e cerco di capire se posso fidarmi di lei. Se posso renderla partecipe delle mie intenzioni di aiutare Katniss il più possibile. I suoi occhi neri mi ispirano fiducia e mi guardano in attesa.

- Vestirci da minatori non credo che servirà a farci avere degli sponsor – dico duro.

La tradizione vuole che ogni distretto indossi abiti che descrivano il carattere del proprio distretto.

I vestiti fatti indossare ai tributi del dodici sono sempre stati i peggiori.

Tute da minatore con forcone annesso, nudi e coperti soltanto da una patina oleosa o ancora coperti dalla testa ai piedi da elmetti che emettono luce e con soltanto degli scarponi addosso.

- Abbiamo pensato a qualcosa di diverso per quest'anno. -

Il suo essere misteriosa mi sta snervando ma cerco di non darlo a vedere.

- Diverso come? - le chiedo

- Vogliamo mettere in evidenza la focalizzazione del carbone piuttosto che il processo di estrazione -.

All'inizio non riesco a capire cosa questo significhi ma alla fine ci arrivo e non mi sembra affatto una cattiva idea.

- Si va a fuoco? - le dico sorridendo.

Certo non mi aspettavo questo quando le ho detto sorridendo se si andava a fuoco qualche ora fa.

Credevo avrebbero dato fuoco al nostro carro o roba simile. Non pensavo di certo che avrei dovuto indossarle io le fiamme.

Porto una calzamaglia nera che mi copre dal collo alle caviglie e un paio di anfibi neri di pelle lucida. Ad essere incendiati però saranno il mantello e il copricapo arancione e rosso coordinati. Li accenderanno un attimo prima che il nostro carro si metta in movimento.

- Peeta, ricorda che è solo un piccolo fuoco sintetico, non agitarti – mi dice Portia tranquilla.

Mi ha spiegato che l'hanno inventato lei e Cinna, ma non posso smettere di pensare che qualcosa potrebbe andare storto.

Sono nervoso più che mai quando rivedo Katniss. Indossa un abito come il mio e sta parlando con il suo stilista.

Le hanno tirato i capelli indietro e fatto una treccia che le pende sulla schiena. E' magnifica. Non bellissima. Sarebbe troppo riduttivo. Magnifica è la parola che meglio descrive la ragazza davanti ai miei occhi.

Il suo staff le ronza intorno emozionato pensando allo scalpore che susciteremo. All'invidia degli altri tributi, degli altri distretti.

Ci fanno scendere in fretta al pianoterra del Centro Immagine perché la cerimonia di apertura sta per iniziare.

Le coppie di tributi vengono issati sui carri trainati da quattro cavalli. I nostri sono nero carbone.

- Cosa ne pensi? - mi sussurra Katniss.

- Del fuoco? - le chiedo ma senza darmi una risposta lei mi dice che strapperà via il mio mantello se io strapperò via il suo.

- Affare fatto – le dico. Forse riusciremo ad evitare troppi danni qualora le cose dovessero mettersi male col fuoco, se siamo abbastanza veloci.

- Abbiamo promesso a Haymitch di fare tutto ciò che ci dicono, ma non credo abbia valutato questa ipotesi- mi dice lei.

La sua voce è tesa, la sua postura è rigida.

- In ogni caso Haymitch dov’è? Non dovrebbe proteggerci da questo genere di cose?- o quantomeno rassicurarci penso. Non lo abbiamo visto da quando siamo scesi dal treno. Né lui né la nostra accompagnatrice.

- Con tutto l’alcol che ha in corpo, forse non è consigliabile averlo vicino alle fiamme – mi dice Katniss.

Inaspettatamente scoppiamo a ridere tutti e due. Non pensavo che fosse anche spiritosa. Audace, sì. Coraggiosa, adesso lo sanno tutti. Altruista, anche. Ma spiritosa non l’avrei mai detto.

Non capisco dove abbia trovato il tempo per sviluppare anche il senso dell’umorismo tra la morte del padre e il dover mantenere da sola una famiglia. O forse è la tensione a renderci così stupidi.

La musica di apertura della sfilata dei tributi spara a tutto volume per l’intera Capitol City e le porte massicce del Centro Immagine si spalancano davanti al primo carro.

 

Questo giro durerà almeno venti minuti e terminerà una volta arrivati davanti all’Anfiteatro cittadino. Dopo il discorso del presidente, ci porteranno al Centro di Addestramento, il luogo in cui vivremo fino all’inizio degli Hunger Games.

Il primo carro trainato da cavalli bianchissimi esce dalle grandi porte e comincia la sua traversata per tutta la città.

I tributi del Distretto Uno sono sfavillanti nei loro abiti coperti di vernice spray color argento e pietre preziose. Rispecchiano perfettamente il carattere del loro distretto. Sembrano così regali mentre salutano sorridendo la folla che ruggisce non appena li vede.

Il Distretto Due li segue a ruota e tutta Capitol continua con il proprio fermento mentre tutti i distretti escono piano piano attraverso le porte.

In men che non si dica ci ritroviamo vicinissimi all’uscita. La mia ansia aumenta. Il Distretto Undici comincia la sua parata.

-Eccoci, allora – dice Cinna avvicinandosi al nostro carro con una torcia accesa in mano e prima che abbiamo il tempo di reagire appicca il fuoco ai nostri mantelli.

Sento da subito un lieve calore che però non mi brucia come avevo paura che avrebbe fatto.

Cinna si issa davanti a noi sul carro e incendia anche i nostri copricapi. – Funziona – mormora prima di mettere una mano sotto il mento di Katniss – Ricordate – dice rivolto ad entrambi – testa alta. Sorrisi. Vi ameranno!

Il nostro carro inizia a muoversi e lui balza giù. Sento che ci sta gridando qualcosa che non riesco a capire.

Mi sembra però di intuire qualcosa dai gesti che fa. – Cosa sta dicendo? – mi chiede Katniss.

Senza esitare afferro la sua mano e cerco conferma guardando Cinna che adesso annuisce compiaciuto mostrandoci il pollice alzato. A questo punto ci voltiamo entrambi prima di fare il nostro ingresso in città.

Lo scetticismo della folla al nostro ingresso viene subito sostituito da urla ed esclamazioni di sorpresa.

Non abbiamo mai offerto un grande spettacolo noi del dodici, e all’inizio neanche ci guardavano, ma questi abiti innovativi gli tolgono il fiato.

-Distretto Dodici! – urlano come fosse un mantra. Gli occhi di tutti sono puntai su di noi.

Il mio timore si sostituisce all’eccitazione per tutte queste attenzioni. E poco importa se Katniss mi sta stritolando una mano. Mi va bene così.

Vorrei stringerla a me per dare ancora più spettacolo. Sono sicuro che li manderebbe in estasi, parlerebbero  maggiormente di noi, ma sto fermo.

Si ritrarrebbe istantaneamente se lo facessi. Già la vista delle nostre mani unite deve averli stregati. Cinna ha avuto davvero un' ottima idea.

Vedo i nostri volti su di un grande schermo televisivo e rimango sbalordito davanti a tanta meraviglia.  Sguardi fieri, sorpresi, freschi.

La scia di fuoco che ci lasciamo dietro sembra come una magia che ci segue e ammalia tutti quelli che ci guardano.

I nostri stilisti hanno fatto centro, nessuno si dimenticherà di noi tanto facilmente. Sono letteralmente ipnotizzati e quando Katniss inizia a mandare baci alla folla, li sento andare letteralmente in visibilio.

Non possiamo non esserci guadagnati degli sponsor dopo una presentazione del genere.

Cento mani si tendono verso di noi e qualcuno getta delle rose nella nostra direzione.

-Katniss! Katniss!- sento chiamare il suo nome da ogni direzione. Tutti cercano i suoi baci e li ricambiano.

La mano di lei inizia ad allentare la presa sulla mia così stringo più forte per trattenerla.

Non la lascerò proprio adesso che la folla sembra ci stia adorando. – No, non lasciarmi andare – le dico la prima cosa che mi viene in mente per non farle capire che se fosse per me le terrei la mano per sempre. Si sta così bene nel suo calore. – Ti prego. Potrei ruzzolare giù da questo coso. – Il ché non è propriamente falso. L’ondeggiare del carro potrebbe davvero farmi cadere o far cadere lei e non mi sembra il caso di dare questo tipo di spettacolo dopo una presentazione mozzafiato come la nostra.

-Va bene – accetta lei docilmente.

Occupiamo l’anello dell’Anfiteatro cittadino circondato dalle abitazioni dei personaggi più illustri di Capitol che si gode lo spettacolo dalle proprie finestre e ci fermiamo una volta arrivati davanti alla residenza del Presidente Snow che in questo momento si alza dalla sua postazione nel balcone sovrastante per darci il benvenuto.

La musica si conclude con un virtuosismo incredibile e le mani di tutti iniziano un applauso che io a malapena sento perché guardo il nostro presidente.

Un uomo di mezza età con i capelli di un bianco candido pettinati all’indietro. Un uomo che avrebbe il potere di fermare tutto questo. Di fermare la morte di ventitré ragazzi innocenti. Ragazzi che non hanno colpe per quella rivolta di moltissimi anni fa.

Settantaquattro per la precisione. Come il numero degli Hunger Games ai quali purtroppo parteciperò.

Durante il discorso del presidente le telecamere riprendono i volti di tutti i tributi. Sui nostri il cameraman si sofferma più che su tutti gli altri. Le fiamme che ci sfrigolano addosso li attraggono come falene.

Quando parte l’inno nazionale i cavalli iniziano una piccola sfilata all’interno dell’Anfiteatro prima di scomparire oltre i cancelli del Centro di Addestramento. Le telecamere non hanno mai abbandonato il nostro carro.

Appena le porte si richiudono alle nostre spalle veniamo travolti dal nostro Staff di preparatori che urlano frasi sconnesse e squittiscono quelli che sembrano dei complimenti.

Sono gli unici ad essere così entusiasti ovviamente.

Quasi tutti i tributi degli altri distretti ci guardano storto. I Favoriti più di tutti.

Invidia. Odio. I loro occhi sono carichi di emozioni troppo forti perché il mio sguardo possa reggerli, perciò mi volto verso Katniss che in questo momento sta scendendo dal carro con l’aiuto di Cinna.

Portia mi porge la mano affinché anche io possa scendere dalla mia postazione.

I nostri mantelli e i nostri copricapi fiammeggianti vengono rimossi con cautela e Portia spegne le fiamme con una bomboletta spray.

Le dita di Katiniss si sciolgono dalla presa sulle mie ed entrambi ci massaggiamo per far sì che il sangue torni a circolare normalmente.

- Grazie per avermi tenuto stretto – le dico gentilmente e con un sorriso – stavo cominciando a sentirmi un po’ malfermo, là sopra.

- Non si direbbe – ribatte lei. – Sono sicura che nessuno l’ha notato. -

Cerca di essere gentile e di rassicurarmi. – Io sono sicuro che non hanno notato niente all’infuori di te. Dovresti indossare fiamme più spesso. – Da dove mi escono certe scemenze non lo capisco. Una volta detta questa frase vorrei sprofondare. Con lei la lingua e il cervello mi vanno in tilt.

Avrei voluto dirle che è bellissima. Stupenda. Che starle accanto, se pur in una circostanza come questa, è stato uno dei momenti più belli della mia vita. E stringerle la mano mi ha fatto sentire sicuro non solo per quanto riguarda il non cadere dal carro. – Ti donano – aggiungo come se non bastasse.

Cerco di nascondere l’imbarazzo dietro un sorriso a trentadue denti.  Mi sta facendo morire prima del tempo.

Lei mi guarda intensamente facendo aumentare il mio disagio.

Inaspettatamente però, si alza in punta di piedi e mi dà un bacio sulla guancia, proprio dove Haymitch mi ha tirato il pugno stamattina. Si volta dall’altra parte ed io mi tocco il punto in cui si sono poggiate le sue labbra alzando lo sguardo.

Mi accorgo di essere nei guai quando vedo tre paia di occhi guardarmi come se mi vedessero per la prima volta.
   
 
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