Passaggio
Mi massaggio il braccio rimanendo per un attimo sotto il porticato della clinica. Sono avvolto dal buio e sembra quasi inverno con tutta questa pioggia. Tempo di arrivare alla macchina e sarò bagnato come un pulcino.
Sistemo meglio il berretto che ho sulla testa, il mio piccolo modo di provare a mimetizzarmi, e prendo le chiavi in mano. Che palle.
-Che palle-
Faith?
Si copre la bocca quando mi giro ridacchiando per il suo malumore.
-Sboccata, bimba-
Mi si accosta e contempla il tempo preoccupata.
-Preferisco il sole-
Guardandola mi accorgo che ai piedi indossa dei sandali aperti, da cui si intravedono le unghie, dipinte di un fucsia sgargiante. Non proprio il massimo per affrontare una giornata così.
-Sono in macchina, se vuoi-
-Se voglio..?-
Fa finta di non aver capito.
-Faith, lo vuoi o no un passaggio?-
-Grazie- mi bacia la guancia e le sfugge uno dei suoi sorrisetti.
Con un gesto all’apparenza tranquillo faccio passare il mio braccio sopra le sue spalle ed inizio a camminare con lei sotto la pioggia: non ho l’ombrello e neppure lei si aspettava questo tempo, visto che stamattina c’erano solo poche nuvole.
-Quanto lontano hai parcheggiato?- ridacchia, cercando di correre.
-Non ho trovato posto- alzo gli occhi al cielo ed apro la sua portiera.
-Sbrigati, sciocchina-
-A me?- mi guarda mordendosi appena il labbro e si siede al posto del passeggero mentre io prendo la pioggia aspettando di chiudere lo sportello.
-Sì-
Finalmente rientro al mio posto e tolgo il berretto.
-Sembri bagnato, Vince-
Guardo il sorriso sfacciato che ha sulle labbra e mi ritrovo ancora a pensare che vorrei baciarla, proprio come le altre volte che sono passato davanti alla segreteria nelle ultime settimane.
Troppe, troppo poche…
-Mi hai fatto prendere la pioggia, folletto. Colpa tua-
Giro la chiava nella toppa accendendo.
-Dove ti porto?-
-Sai dov’é il bar XXX? Abito lì accanto-
Annuisco e parto, cercando di concentrarmi sulla strada.
Sento che però mi sta guardando e sbirciando verso la sua direzione la vedo sorridermi.
-Sei tremenda- commento, tentato di accarezzarle la gamba nelle pause tra un cambio marcia e l’altro.
-Sei davvero bagnato, Vince-
Sospiro.
Sì, ho i capelli umidicci. Appena arrivo a casa mi butterò nella vasca da bagno.
-Come stai?- prende l'iniziativa e chiede di me direttamente.
-È tutto un po’ uno schifo… però ti ho vista, sai?-
Ripenso all’altra sera. Era ad un paio di metri dal palco.
-Dove?-
-Finta tonta. Al concerto- la sbircio mentre la vedo guardare le cassette ed i dischi infilati nella tasca della portiera.
-Credevo ci fosse troppa gente-
-Ormai riconosco quella tua testolina platinata abbastanza facilmente-
Mi mordo la lingua per quel che ho appena detto.
Lei ridacchia.
-Almeno io sono bionda naturale-
-Sfotti, folletto?-
-Mi piace sfottere te in particolare-
Confessa senza smettere di sorridere.
Potrei chiuderla in auto e togliere la s da quella parola…
-Sicura di non ossigenarti?-
Parcheggio a qualche metro dal locale che mi ha indicato alla partenza.
-Mia madre è tedesca e, come me, è decisamente bionda. Si chiama genetica, non ossigeno- mi fa la linguaccia stringendo a sè la borsa.
-Ci sarebbe un semplice modo per controllare- dico a mezza voce sovrappensiero spegnendo per un attimo l’auto e guardandola fin troppo esplicitamente.
-Che porco-
Allunga una mano e la infila tra i miei capelli scompigliandoli. La testa è quasi asciutta ma le punte sono ancora umidicce. Ci passa le dita e ridacchia per il disordine che deve aver combinato.
-Sai, in genere preferisco che stiano in ordine- mormoro guardandola, anche se mi piace la delicatezza del suo gesto.
-Allora rimedio…-
Si allunga verso di me e cerca di sistemarli trattenendosi dal sogghignare.
È vicina e chiudo gli occhi per cercare di non pensare.
-Siamo abbastanza vicini a casa tua? Non voglio che tu prenda pioggia-
Li riapro non appena il contatto con lei viene meno.
-In quella palazzina-
Indica un edificio dall’altra parte della strada, il cui ingresso è affiancato da un piccolo cortile con parcheggio.
-Corro, non ti preoccupare- mi schiocca un bacio sulla guancia.
-Ed ho in programma una magnifica doccia calda- aggiunge ad un centimetro dal mio orecchio destro.
Maledizione.
Sto per afferrarle un polso e farla rimanere con me, ma mi precede.
-Grazie mille-
Scende senza che io possa dirle o chiederle molto altro lasciandomi solo un occhiolino.
Aspetto di vederla sparire all’interno dell’edificio e me ne torno a casa cercando di scacciare dalla mia testa l’acqua calda, il vapore, la pelle nuda ed un dolciastro odore di caramelle.