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Autore: Akira Yuki    11/12/2016    1 recensioni
Gilbert Beilschmidt è un famoso quanto temuto agente della Gestapo, il quale viene incaricato di condurre un'indagine su un certo Roderich Edelstein, accusato di proteggere illegalmente degli ebrei. Tuttavia gli eventi prenderanno una piega davvero inaspettata.
Gilbert x Roderich. Scene di violenza.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Germania/Ludwig, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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L'ispezione a casa del signor Edelstein non aveva portato a nulla. I sospetti rimanevano, ma Gilbert doveva indagare più a fondo. Il suo collega lo portò al quartier generale. Scese dalla macchina nera e entrò. Nella prima stanza c'era una sorta di reception: era una stanza spoglia, col minimo indispensabile, ovvero un cattedra dove vi era un soldato che lavorava come segretario, altri due uomini che lavoravano per la sicurezza del luogo, così da controllare chiunque entrasse; una pianta in un angolo e delle sedie, sempre vuote. Non mancavano ovviamente stendardi con il simbolo del nazionalsocialismo e un piccolo ritratto appeso al muro del Fuhrer. 

Gilbert passò indisturbato da quella stanza, anzi, i soldati gli fecero il solito saluto, ma lui non ci diede peso e continuò per il corridoio. Salì le scale fino al quarto piano, dove si trovava il suo ufficio. Si tolse la lunga giacca nera e la appoggiò su una sedia, poi si sedette sulla sua scrivania e prese in mano i documenti che aveva richiesto riguardo al signor Edelstein e iniziò a leggere. 
Età: 23 anni.
Altezza: 1.75
Padre: Samuel Edelstein. 
Madre: Clara Wagner Edelstein.
E così via.
Nessuna nota rossa, questo signorino pareva non aver mai avuto nessun problema con nessuno. 

Gilbert iniziò allora a controllare nei documenti dei suoi genitori. Molto probabilmente la madre era imparentata con Richard Wagner, un famoso compositore morto nel 1883. In questi anni la musica di Wagner ebbe molta fortuna, poichè era usata per accompagnare le grandissime parate del nazionalsocialismo, in onore di Fuhrer, il quale amava le sue composizioni per varie ragioni.

I profili individuali dei suoi genitori erano immacolati. Nulla da ritenere sospetto. 
Gilbert si alzò allora e portò con sè i fascicoli dei genitori del signorino Edelstein. Camminò per il corridoio dove si affacciavano le porte di vari uffici e bussò ad uno. Entrò e guardò il diretto interessato: era un uomo grande, sui trent'anni, che si occupava di ricerche su persone morte anni fa. 

"Mh? Hei Gilbert!", esortò l'uomo, evidentemente felice di vederlo. 

"Klaus ho bisogno che tu faccia delle ricerche per me". Gilbert lasciò i due fascicoli sulla sua scrivania. 

"Informati sui loro genitori e sui loro nonni. Avvertimi se trovi qualcosa di strano".

"Eh? Va bene.. Ma ora non posso, devo già informarmi su quest'altra gente. Tsk, tuo fratello li ha portati qui, ora devo tracciare tutte le loro dinastie per vedere se i suoi sospetti erano giusti". Disse Klaus.

"Mio fratello è stato qui?". Gilbert lo guardò interessato.

"Sì, gli è stato ordinato di portare qui una coppia di sposini. Ora si trovano nella gabbia che teniamo all'ultimo piano", disse divertito. Poi continuò: "Tuo fratello penso sia tornato in servizio, ora sarà tornato a fare dei giri di controllo per la città".

Gilbert annuì. "Va bene".

"Ahaha, hei non sei curioso di assistere al loro interrogatorio? Magari potresti imparare qualcosa dai migliori!".

"So come fare e supero molti degli uomini che si trovano qui. Non credo potrei imparare", poi sorrise. "Al massimo posso insegnargli io".

"Ahahaha, interessante. Beh, vai a insegnargli allora no?". Klaus sorrise divertito. "L'uomo è gia stato interrogato, ma non ha detto nulla. Ora dovrebbe essere il turno della sua mogliettina. Sicuramente con lei sarà più facile, poverina, dovevi vedere come tremava quando l'hanno portata qui".

"Andrò a controllare allora.. Tu sbrigati a fare il tuo lavoro e passa a fare le mie cose". Gilbert sorrise, mentre Klaus sospirava, stanco già.

Si salutarono, poi l'albino decise di andare a dare un'occhiata all'interrogatorio. 
Scese le scale e arrivò all'ultimo piano, che si trovava appena sotto terra. Percorse il corridoio e entrò in una stanza.

"Oh, guarda chi si vede". Esortò uno dei suoi colleghi.

"Giusto in tempo, Gil!". Un'altro gli sorrise, ponendogli una mano sulla spalla. "Ora è il turno della moglie, Dedrick sta andando a interrogarla". 
Tutti e tre si misero a guardare attraverso un vetro scuro: dall'altra parte vi era una piccola stanza con un tavolo e due sedie, su una delle quali era seduta questa giovane donna. Era visibilmente preoccupata, molto probabilmente aveva anche pianto, ora tremava un po'. 

Uno dei suoi colleghi si mise comodo su una sedia, mentre Gilbert e l'altro si misero a guardare mentre Dedrick entrava nella stanzina. Dedrick se la prese comoda e si sedette.
"Allora, signorina Maria. Lei lo sa perchè si trova qui, vero?". Disse Dedrick.

La donna tremava, aveva paura, ma comunque rispose. "Sì..".

"Sì?". Disse l'uomo. "Allora prego, fareste il piacere di dirmelo?".

Lei esitò un attimo, ma poi parlò. "Sono sospettata di essere di origini ebree..".

"Esattamente". L'uomo lesse alcuni dei fascicoli che aveva in mano. "Tutti i documenti riguardanti la sua famiglia sono spariti inspiegabilmente. E lei afferma di aver perso i suoi documenti d'identità. E' vero?"

Lei annuì. "Si.. Pochi giorni fa io e mio marito siamo andati in un'altra città, devo averli persi lì".

"Li ha persi? Non li avrà mica nascosti o bruciati quindi?".

"Non lo farei mai.! Non ne ho alcuno motivo poi..". Lei ancora tremava un po'.

"Tsk, continuando così non andremo da nessuna parte", disse l'uomo vicino a Gilbert.

"Lo penso anche io. Dedrick ci sta andando troppo piano. Beh, divertitevi con loro, io devo tornare a lavorare". Gilbert fece per andarsene ma il suo collega lo fermò.

"Aspetta Gil. Anche noi siamo pieni di compiti, per questo vorremo finire in fretta. Che ne dici di prendere il posto di Dedrick e sbrigare questa faccenda?". L'uomo sorrise divertito.

"Devo proprio?" Gilbert sembrava quasi scocciato di dover far sempre lui il lavoro sporco.

"Beh, ci faresti a tutti un grand piacere. Prima finiamo qui e prima possiamo tornare ai nostri compiti". Il collega lo guardò. Gilbert alla fine sospirò e annuì.

"Ottimo! Grazie!". Era felice, sia perchè sarebbe potuto tornare presto al suo lavoro, sia perchè voleva vedere la scena: era risaputo che Gilbert non ci andava piano, purtroppo non godeva di molta pazienza.

Gilbert uscì dalla stanza e entrò in quella dell'interrogatorio. Posò una mano sulla spalla del collega. "Prendo il tuo posto". Bastarono quelle parole a convincere Dedrick, che si alzò e uscì dalla stanza.
Gilbert rimase in piedi e guardò la donna, che ora si sentiva ancor più in difficoltà. Vedendolo alzato, quella figura davanti a lei le faceva troppa paura.

"Facciamo così. Tu mi dici subito la verità e io non ti farò del male. Anzi, potrei mettere una buona parola e farvi andar via dalla Germania senza nessun problema. Vi faremo portare in Francia, o in Olanda se preferite". Gilbert era terribilmente serio.

La donna era quasi tentata dall'offerta, ma sapeva che questi uomini mentivano e facevano di tutto pur di ottenere le informazioni che cercavano. "Io non sono ebrea.. Ho semplicemente perso i miei documenti e quelli dei miei genitori.. Vi prego, non fatemi del male". I suoi occhi si riempirono di lacrime.

Gilbert prese i fascicoli dalla scrivania e iniziò a leggere. "Come pensavo..". Disse. La donna si allarmò ancor di più, ma cercò di non darlo a vedere.

Gilbert lasciò i fascicoli e fece il giro del tavolo. Lei tremava sempre di più. La prese per i capelli e la costrinse ad alzarsi in piedi. Lei urlò terrorizzata.
"Abbiamo le prove che ci servivano. Quindi ora su..". Con una mano le schiacciò la testa contro il tavolo, spingendo per farle male. Lei piangeva disperata. "Ammetti la tua colpa e facciamola finita". Con l'altra mano le aveva preso il polso, e le stava rigirando il braccio dietro la schiena, facendole male.

Lei piangeva e urlava dolorante ma poi si arrese e urlò: "Va bene va bene! Lo ammetto! I miei genitori erano ebrei!".

Nell'altra stanza i colleghi di Gilbert lo guardavano divertiti, sorpresi da tanto coraggio. Ma poi uno di loro guardò Dedrick. "Abbiamo davvero le prove? Perchè è qui se sapevamo già tutto?".

Dedrick guardò il collega, ancora sorpreso per i modi di Gilbert. "In realtà non abbiamo prove.. Avevamo solo sospetti".

Il collega lo guardò sorpreso ma poi si mise a ridere. "Ahahah! Beh, quel ragazzo ha avuto fortuna! Ora abbiamo la sua confessione, quindi abbiamo finito. Dedrick, vai a chiamare la squadra che la porterà via di qui".

Dedrick annuì. L'uomo poi tornò a guardare nella stanzina. Gilbert l'aveva lasciata e se n'era andato, lasciandola a piangere.
Gilbert non voleva usare le maniere forti, ma le aveva dato un ultimatum e lei non ha voluto rispettarlo. Non era stanto fortunato però: lui aveva capito che con moltissime probabilità quella donna era ebrea solo guardando il suo comportamento durante l'interrogatorio con Dedrick. 

Gilbert tornò nel suo ufficio, rimettendosi a lavorare.


Si fece sera quando lui finì di lavorare. Si alzò dalla scrivania e si rimise la lunga giacca. Uscì dall'edificio e si diresse a piedi per la sua strada. Dopo qualche minuto arrivò a casa sua ed entrò solo per perndere un binocolo. Uscì poi subito di casa e prese la sua macchina, recandosi nella vicinanze della casa di Roderich. Parcheggiò e si avviò nei dintorni della casa. Si fermò dove non c'era tanta luce e col binocolo si mise a controllare cosa succedeva in casa: vedeva solo che le luci di una grande stanza erano accese, lì vi era la sala da pranzo, quindi sicuramente stava cenando. A quel punto si ricordò che da quella mattina lui non aveva mangiato nulla. Rimase però a controllare un po' la situazione, ma non vedendo comportamenti sospetti decise di tornarsene a casa. 

Parcheggiò la macchina e scese. Entrò poi in casa e notò che le luci erano già accese. 
"Gil sei tornato?". Un soldato alto e muscoloso si affacciò alla porta della cucina elo guardò. I capelli biondi e gli occhi azzurri: suo fratello era la rappresentazione vivente dell'uomo ariano per eccellenza.

"Sì.. stai facendo da mangiare? Preparane tanto, ho una fame da lupi!". Gilbert posò la giacca e lo raggiunse in cucina, sedendosi a tavola.

Mentre il fratello finiva di preparare la cena, parlò: "Gil dovremo assumere una donna per farci le pulizie e cucinare.".

"Già.. Sono d'accordo con te Lud, ma lo sai che non possiamo".
Il loro lavoro spesso li portava a portarsi del carico a casa. Quelle informazioni erano spesse segrete, quindi non potevano correre il rischio che qualcuno ne venisse in possesso.

"Beh mettiamo tutte le cose importanti in camera tua e la chiudiamo a chiave, così non ci andrebbe nessuno. Ma non ho più voglia di cucinare". Disse il fratello.

"Sarebbe un'idea!". Gilbert si alzò e circondò il collo del fratello con un braccio, divertito. "E bravo il mio fratellino!", gli scompigliò i capelli per scherzare.

"Oi non toccarmi i capelli!". Replicò Ludwing, ma nonostante quel gesto gli desse un po' fastidio, era comunque felice. Lui e il fratello non potevano passare molto tempo insieme a causa del loro lavoro, quindi entrambi si godevano quei pochi momenti insieme.

  
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