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Autore: Robigna88    11/12/2016    1 recensioni
Allison Morgan credeva di essersi lasciata alle spalle gli Originali con i loro drammi, i loro segreti e quel sempre e per sempre in nome del quale avrebbero fatto qualunque cosa. Sono suoi amici e vuole loro bene ma ha già abbastanza problemi e nemici di cui occuparsi e non vuole avere a che fare anche con quelli dei Mikaelson. Questo fino a quando Rebekah non la chiama in cerca di un aiuto per trovare un posto sicuro per lei e la piccola Hope e orde di cacciatori sono pronti a raggiungere New Orleans in seguito a strani avvenimenti che hanno attirato la loro attenzione. Allison si sente in dovere di avvertire Klaus ed Elijah; solo avvertirli e niente di più. Una volta arrivata nella città del Quartiere Francese però, tutto cambia e lei viene risucchiata dai loro problemi, come già le era successo in passato. Decide quindi di rimanere per un po'. Nel frattempo, in Kansas, Dean e Sam Winchester, avvertito il tumulto tra i cacciatori decidono di partire per New Orleans ed indagare senza sapere però che quel caso-non caso li condurrà dritti dalla loro amica cacciatrice e dai suoi strani amici.
Genere: Drammatico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elijah, Klaus, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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NDA: Territori un po' inesplorati in questo capitolo e nei prossimi. Mi piace sfidare me stessa. Voi che ne pensate? Se vi va seguitemi su facebook: Librilandia

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23.

IL DOLORE

 

 

 

 

 

“Quindi, con l’aiuto del mio assistente e delle sue magie tecnologiche” il dottor Morgan fece segno al giovane alla sua destra che gli sorrise. “Ricapitoliamo i sintomi della malattia che dovrete diagnosticare.” Sulla grande lavagna interattiva comparve una lunga lista e nella sala calò il silenzio per un attimo. Ognuno sembrò perdersi nelle proprie riflessioni.

Allison arricciò poco la bocca, come faceva di solito quando si ritrovava a riflettere e fece un profondo respiro rigirando il tappo mangiucchiato sulla sua biro. Pensa, si disse, in fondo sai di sapere la risposta. Sì, forse la sapeva o forse no… quei sintomi potevano indicare diverse cose ma la più facile, quella a cui sicuramente tutti avevano pensato di primo istinto non era certamente quella giusta.

Conosceva suo padre e sapeva che era impossibile che fosse così facile, a giudicare dal silenzio che regnava anche gli altri dovevano aver capito che il primo istinto in quel caso non li avrebbe aiutati, perché nessuno aveva ancora fiatato. Il dottor Morgan, era così che doveva rivolgersi a lui quando erano in ospedale, li osservava con quello sguardo affamato di tutto; curiosità, passione, determinazione, severità. Li guardava anche con quel pizzico di benevolenza che faceva di lui il loro mentore preferito, “l’insegnante” le cui piccole lezioni in quell’aula dell’ospedale erano sempre gremite. I giovani dottori, persino alcuni infermieri con aspirazioni più alte, raggiungevano la sala appena possibile accontentandosi di stare in piedi per due ore pur di non perdersi nulla.

Allison sorrise, col sorriso di una figlia fiera e soddisfatta e diede un altro rapido sguardo alla lista di sintomi:

 

·        aumento della pressione arteriosa;

·        riduzione dei livelli di potassio nel sangue e diminuzione dei livelli ematici di renina;

·        rialzi della pressione arteriosa;

·        tachicardia;

·        sudorazione, vampate, intenso mal di testa;

·        aumento di peso, ritenzione idrica;

·        facies a luna piena;

·        modificazioni del tono dell'umore, fino a veri e propri sintomi psicotici.

 

“Funzione alterata dell’ipofisi” azzardò qualcuno. Allison non riuscì a vedere ma dalla voce sembrava Paula.

Il dottor Morgan diede un’occhiata ai sintomi, poi sorrise alla donna. “Potrebbe essere, è vero. Ma non è la risposta esatta. Coraggio,” li spronò. “Ragionate.”

“Potrebbe essere un effetto collaterale di una terapia prolungata con farmaci corticosteroidi.” parlò qualcun altro, stavolta Allison poteva vederlo, era seduto proprio di fronte a lei.

“Ma non è” l’assistente del dottore scosse il capo.

“Adenoma surrenalico” propose Allison, ma era più un pensiero ad alta voce perché gli occhi che si puntarono su di lei la colsero di sorpresa, visto che non si era quasi accorta di aver parlato. “Secernente” aggiunse.

Suo padre le riservò un grande sorriso, poi fece cenno al suo assistente affinché facesse scorrere la successiva diapositiva; quella della risposta. Adenoma surrenalico secernente c’era scritto e ad Allison vennero riservati un piccolo applauso e varie sbuffate.

“Molto bene!” esclamò l’assistente mentre la lezione finiva.

“Grazie” lei avrebbe voluto dire Joel. Ma lì in ospedale non era il suo fidanzato ma il suo superiore e i ruoli andavano rispettati, come con suo padre. “Grazie dottor Goran” disse infatti seguendo poi gli altri fuori dalla stanza e lungo i corridoi fino alla tabella degli interventi dove con disappunto scoprì che quel giorno era assegnata al dottor Anderson. Lei odiava quel tizio.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Elijah si svegliò quella mattina con un incredibile senso di pace a fargli compagnia. Ripercorrendo a ritroso la sua intera esistenza non riusciva a ricordare un singolo momento in cui si fosse sentito meglio di come si sentiva quel giorno. Aveva fame e aveva sete, che nel suo caso erano più o meno la stessa cosa, così scese di sotto e si avvicinò ad una delle giovani donne che Niklaus teneva sempre a disposizione, soggiogate per fare tutto ciò che lui chiedeva.

Non era molto a dire il vero; solo due o tre calici di sangue al giorno. Il primo a colazione, poi uno dopo pranzo e l’altro dopo cena. Le giovani non soffrivano, o meglio, se lo dimenticavano. Di solito rifiutava l’offerta di uno di quei calici, ma quella mattina aveva deciso che ne voleva e si sarebbe servito da solo.

Era un vampiro millenario e di solito beveva tè a colazione, rinnegando se stesso e la sua natura. Niklaus aveva ragione quando gli aveva detto che nascondeva il vero se stesso dentro un abito di alta sartoria, dietro una cravatta perfettamente annodata, sopra delle scarpe tirate a lucido e tra i capelli ordinati. Quando glielo aveva detto non si era reso conto che fosse la verità, o per meglio dire, l’aveva negata. Quel giorno però ogni cosa cambiava.

Non appena lo vide la giovane donna afferrò un coltello e se lo avvicinò al polso dopo aver sistemato un bicchiere sul tavolo. Elijah la fermò con un gesto della mano e prese il coltello, lo guardò per qualche secondo e poi lo poggiò accanto al bicchiere. “Avvicinati” le disse con un sorriso appena accennato. Lei lo fece. L’Originale spostò piano i capelli che le ricadevano sul collo e rimase fermo un istante, pochi secondi che gli servirono per perdersi nel profumo di vita che quella donna emanava. Non era intenso come l’odore che emanava Allison, ma lei era morta quindi…

“La colazione è servita” mormorò prima di affondare i denti nel collo di quella tizia di cui non sapeva neppure il nome, ma che rimase in silenzio e immobile esattamente come Klaus le aveva ordinato di fare. Il sangue che gli accarezzò la lingua gli fece venire ancora più fame e in meno di un’ora ogni ragazza soggiogata in quella casa era un corpo privo di vita, prosciugato.

“Cosa diavolo è successo?” gli chiese Rebekah quando tornò a casa, accompagnata da Klaus.

Lui chiuse il libro che stava leggendo e sorseggiò dal suo bicchiere pieno di bourbon. “Avevo fame e loro profumavano di fresco” rispose con naturalezza.

“Le hai uccise!” gli fece notare sua sorella. “Tutte quante” aggiunse guardando i corpi sparsi sul pavimento. “Che cosa ti è preso?”

“Ah” mormorò Elijah scuotendo il capo. “Non essere così melodrammatica sorellina. Ripulirò tutto io stesso.”

Klaus rimase in silenzio, gli occhi concentrati sul suo fratello maggiore, sul suo cambiamento. La mente ferma sul timore di sapere cosa gli fosse preso. “L’hai spenta…” sussurrò guadagnandosi l’occhiata perplessa di Rebekah. “Hai spento la tua umanità.”

“Ho spento tutto!” esclamò Elijah alzandosi con un sorriso divertito sul viso. “E mi sento benissimo. Non ho remore, non ho sensi di colpa… mi sento leggero come mai prima. E adesso andrò a godermi il mio nuovo status. Ah sì, di sopra c’è ancora il corpo di Allison, potreste liberarvene? Inizia a mandare un odore nauseabondo.”

Sparì veloce, senza lasciare a nessuno dei due il tempo di dire niente e Rebekah si coprì il viso con le mani sedendosi. Poteva capire perché lo avesse fatto, il dolore per la perdita di Allison doveva essere talmente grande da mozzargli il respiro. Solo che… era un problema. Senza la sua umanità Elijah era il più spaventoso e pericoloso tra loro, persino più di Klaus.

“Cosa facciamo?” chiese proprio a lui.

“Non lo so” fu la sconcertante risposta che ricevette.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Sono Allison, lasciate un messaggio. Oppure no, fate come preferite, io al momento non posso rispondere.”

Sam riattaccò e scosse il capo amareggiato; non riuscivano a parlare con Allison da quando era partita per recuperare le sue cose a New Orleans oramai due giorni prima. Non era normale. Aveva detto che sarebbe tornata presto e non aveva telefonato per avvertire che si sarebbe trattenuta lì più di quanto aveva detto loro e questo non era da lei. Il minore dei Winchester era preoccupato, quei sogni che presagivano la morte della sua amica avevano continuato a fargli visita sempre con maggior violenza e nitidezza ma fin quando era lì e poteva vederla star bene era tutto a posto, ora però non aveva idea di dove fosse e l’angoscia lo assaliva. Decise di telefonare a qualcuno che forse sapeva esattamente dove fosse la cacciatrice. Così compose il numero e attese.

“Pronto” risposero dopo un paio di squilli.

“Hey Elijah, sono Sam.”

“Sam?”

“Sam Winchester…”

“Ah, Sammy!”  lo salutò l’Originale e Sam ebbe la sensazione che qualcosa non andasse. Non avrebbe saputo dire perché, ma questo fece crescere i suoi timori ancora di più. “Cosa posso fare per te? Ma parla in fretta, ho un po’ da fare.”

“Sì certo. Ehm… mi chiedevo se sapessi dov’è Allison. Sarebbe dovuta tornare già ieri sera ma non è arrivata e non riesco a rintracciarla.”

Dall’altra parte ci fu silenzio per un istante, poi Elijah sospirò. “Non l’hai saputo vero?”

“Saputo cosa?”

“Taglierò corto perché, come ti ho detto, non ho molto tempo. Allison è morta, tutto ciò che rimane di lei è un cadavere puzzolente che giace sul letto della mia camera nella tenuta di New Orleans. Se volete recuperarlo telefona a Klaus e parlane con lui.” disse tutto d’un fiato. “Ora che lo sai, addio Sam.”

Riattaccò ma Sam aveva sentito solo una parte di quello che aveva detto. Il suo cuore ed il suo respiro si erano fermati alla parola morta.

“Dean” mormorò senza forza. “Dean!” urlò infine lasciandosi cadere sul pavimento del bunker, lasciando che il dolore uscisse dai suoi occhi.

   
 
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