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Autore: AuraNera_    12/12/2016    2 recensioni
I Pokémon Leggendari non possono scomparire. I Guardiani devono salvaguardarli. Ma il prezzo potrebbe essere troppo alto.
Dal capitolo uno:
“Tutto in me è bianco. Bianca la pelle. Bianchi i capelli. Bianche i vestiti che indosso. Solo i miei occhi interrompono il monocrome che mi compone. Il bianco è un colore vuoto, per questo mi caratterizza. Ma, come un foglio bianco, spero che anche la mia anima venga colorata con nuove emozioni derivanti da questo viaggio. Un viaggio che mi porterà lontano. Mi chiamo Ayumi Sato. E sono la prima guardiana delle leggende.”
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Capitolo 40 – Crepe

 

_Fonte Saluto_
 
-37 ore, 11 minuti e 45 secondi

Mancava una giornata e mezzo, e la radura che circondava la Fonte Saluto si stava riempiendo di tende colorate, tendoni ospitanti lunghe tavolate, cucine improvvisate, luoghi di gioco per i più piccoli e qualunque altra attrazione o costruzione che potesse dimostrarsi utile.
Corrado si era arrampicato sull’altura che permetteva di vedere sia i suoi concittadini al lavoro sia la piatta e limpida acqua del laghetto, che sembrava quasi appartenere ad una realtà diversa. Così tranquilla, così imperscrutabile... del tutto estranea all’agitazione e all’ansia che accompagnavano lo scorrere rapido dei minuti.
“Ehi, Capopalestra elettrico!”. A quel richiamo il ragazzo puntò i suoi occhi in basso, nel verso opposto rispetto a quello dell’acqua che aveva osservato fino a quel momento, proprio in tempo per vedere una signorina sedersi con assai poca grazia per terra, affaticata.
“Lo sai vero che se avessi usato uno dei tuoi Pokémon sarebbe stato più immediato e meno stancante e pericoloso?” chiese il ragazzo sollevando un sopracciglio.
“I miei Pokémon sono già liberi e pronti ad aiutare le persone della tua città. E poi devo tenermi in forma!” esclamò quell’altra allegramente, battendosi il pugno sul petto. Si raddrizzò poi, spazzolandosi i vestiti con i palmi delle mani. “È terribile. Quello che... beh, quello che sta per succedere, per quanto strano sia dirlo”.
“Non me ne parlare Marzia... non me ne parlare" mormorò piano l'altro in risposta.
"Ehi, non ti crucciare troppo! Sia io che Omar siamo qui per dare una mano... sono sicura che andrà tutto bene. So che Aaron è andato a parlare anche con Fannie e forse anche Pedro e Ferruccio, loro potrebbero esserci d'aiuto... riflettendoci anche Gardenia... e...!"
"Ci serve tutto l'aiuto possibile, ma posso capire se non verranno. Sinceramente, sono sorpreso che già voi due siate qui... è una richiesta talmente assurda, dopotutto..."
"Tu ti fidi troppo poco delle persone, Corrado. E talvolta non è neanche necessariamente una cosa negativa, ma il troppo stroppia". Marzia gli regalò un luminoso sorriso. "Forza, adesso andiamo! C'è un sacco da fare qui!" esclamò con forza, per poi avviarsi come se volesse scendere, bloccandosi subito dopo. "Mh... com'è che scendiamo adesso?".
 

-33 ore, 32 minuti e 06 secondi

Anneke fissava assorta la città di Arenipoli, ormai innaturalmente silenziosa. Era tutto perfettamente immobile e in ordine, ma lei non riusciva a togliersi dalla testa quelle visioni di distruzione, e quali si sovrapponevano alla perfezione allo scenario ordinario che le si parava di fronte.
Sospirò, affranta. Sembrava che tutto girasse attorno ad Ayumi. Che la giovane Guardiana di Articuno fosse il tassello mancante, la chiave di volta?
'Un'Aura Impura, così vicina al baratro oscuro e così pericolosa per se stessa e chi la circonda... certo, potrebbe essere... o forse perché è il loro punto sicuro, su noi altri non sanno molto... c'è qualcosa in lei, quasi sicuramente... altrimenti perché accanirsi tanto su una singola Guardiana, quando siamo un gruppo?'
La Guardiana del Tempo scosse la testa. Ancora una volta, quei pensieri non la stavano portando da nessuna parte. "Sembra tutto un mero scherzo del destino" mormorò piano, solo per il desidero di spezzare quel silenzio.
“Sì, è quello che pensano tutti, me compreso”. Kurai se ne stava appoggiato al tronco d un albero, riparato dall’ombra dei suoi rami e fissava il mare. “Siamo creature nate da degli esperimenti, sconosciute al genere umano. Le persone normali ci devono vedere come dei mostri” sbuffò ancora, come se trovasse quella situazione divertente. Non era il suo caso, comunque, e Anneke lo sapeva benissimo.
“Fai sempre il duro e quello che non vuole amici... ma in realtà tieni a noi più di quanto non vuoi far vedere, non è così?”. L’altro ricambiò il suo sguardo per alcuni secondi, prima di tornare a fissare il vuoto.
“Darkrai ti chiama ‘Figlia di Dialga’. Tu sei meno Umana di tutti noi Guardiani... e in quanto tale non hai, o hai avuto, una famiglia”. Tornò a fissarla e Anneke lesse nelle sue iridi dorate e venate d’azzurro quanto dolore nascondeva in realtà il Guardiano degli Incubi. “Se tu fossi come me e avessi passato e visto quello che io ho vissuto... credimi, faresti di tutto perché questo non accada di nuovo, a te ma anche alle persone che volenti e nolenti ti stanno accanto. Perché la loro agonia diventa la tua”. Quando la Guardiana di Dialga non trovò niente da replicare, Kurai continuò. “Ogni tanto tendo a dimenticarmi che siamo dei ragazzi. Quanti anni ha il maggiore di noi, venti? Beh non molti di più. Ti pare giusto? Quella ragazza, Ayumi... non so tanto di lei, è vero, ma... ha quindici, sedici anni e ha perso chiunque, tranne il fratello. E anche i ho perso i miei genitori e ho meno di due anni in più di lei. Quando vivi in questa situazione, è normale non volersi affezionare ad altri, perché poi ha sempre il terrore di vederli sparire dalla tua vita come tenui e vacue spirali di fumo... lasciandoti solo, al punto di partenza. Tu non hai avuto una famiglia... e queste cose non le puoi sapere. E io ti invidio, per questo” sussurrò Kurai.
“Ti ringrazio per avermelo detto. Ho l’impressione che tu ti stia tenendo dentro da tanto... perché lo stai dicendo a me? E perché adesso?”. Anneke era inquieta. Un discorso lungo da parte di Kurai era anormale e in quella situazione non lasciava presagire nulla di buono.
Il Guardiano di Darkrai sbuffò nuovamente. “Siamo al capolinea, no? Ricordati che il tipo Buio mi conferisce una certa empatia nei confronti di ciò che mi circonda. Ho delle... sensazioni, diciamo così. Non so quale sarà l’esito finale di tutto questo casino, ma di sicuro tu andrai avanti. Sei la Figlia di Dialga, praticamente una divinità. E quindi persevererai nel tempo, e racconterai ai nostri successori cosa noi abbiamo affrontato e ciò che devono veramente e apprendere; non sto naturalmente parlando del dominio del proprio Potere. Io ti ho raccontato ciò che provo perché tu possa tenerne conto in un futuro e per quanto riguarda il momento... ho delle sensazioni, non prevedo il futuro. Per quanto ne so, un albero potrebbe cadermi in testa e schiacciarmi la zucca tra... mh... quanto rimane?”
“Trentatré ore, ventisette minuti e cinquantotto secondi”
“Ecco. Questo è quanto. Ora vieni, c’è un sacco di lavoro da fare”.
 

-29 ore, 56 minuti e 38 secondi

Seoyun stava aiutando tenendo  bada i più piccoli, facendoli giocare e stando attenta che non si perdessero nel bosco o che non venissero a contatto in modo pericoloso con un Pokémon selvatico. Aveva detto loro che potevano chiamarla come volevano, benché le facessero intendere che stavano parlando con lei.
“Sorellona, mi prendi in braccio?” chiese una bimba che mostrava sui quattro anni. Yun la tirò su prendendola sotto le spalle e facendola girare una volta che fu staccata da terra, facendola ridere. La ragazza però aveva lo sguardo assente e la mente da un’altra parte. Fu riportata a terra dalla bimba che afferrò il suo braccio con le piccole mani per poi indicare con l’indice un punto tra gli alberi. “Perché ci sono le ambulanze?” aveva chiesto la piccola.
“Perché le persone in ospedale qui devono essere spostate. Adesso tu guarda i tuoi amici e tienimeli a bada, ok? O devo andare a parlare con quelle persone”. La Guardiana aspettò che la piccola annuisse con foga, gonfiando il petto con aria importante e marciasse via, prima di dirigersi verso i nuovi arrivati. “Buongiorno” salutò cordiale.
“Buongiorno a lei signorina. Che cosa sta succedendo qui? Non ci hanno spiegato bene il perché e il percome, ci hanno solo detto di venire con le ambulanze... sembra qualcosa di totalmente insolito!” borbottò l’autista di uno dei mezzi, grattandosi il mento completo di barba con fare pensieroso e sgranando gli occhi quando Mew si materializzò lì vicino, per scomparire un attimo dopo.
“Insolito a dir poco. È un po’ complesso da spiegare, ma ora le chiamo Corrado, d’accordo?”. Quando l’altro le diede un cenno affermativo, Yun lo liquidò con un veloce ‘arrivo subito’ e iniziò svelta a cercare tra la folla il Capopalestra della città, facendo slalom tra le centinaia di persone presenti. E finendo per sbattere contro Leonardo.
“Ciao Yun. Ti mancavo?” scherzò lui, facendole l’occhiolino.
“Cortesia simpatia, Len, non fare l’idiota. Hai visto Corrado?” sbuffò la rossa, togliendosi una ciocca ribelle dall’occhio sinistro.
“Sì, dovrebbe essere sotto l’altura che circonda il lago. Vieni con me, magari è ancora lì” rispose lui tornando immediatamente serio e prendendo la mano della ragazza, per poi condurla versi il luogo citato.
Corrado era effettivamente ancora lì, a discutere in presenza di Camilla con Fannie e Pedro, appena arrivati dopo essere stati avvertiti da Aaron.
“Corrado!” irruppe nel discorso senza annunciarsi Seoyun, “Sono arrivate le ambulanze. Ti aspettano al confine degli alberi, da quella parte... io non ho saputo dirgli nulla di più”.
“Ah, grazie mille... ehm...”
“Seoyun” suggerì la Guardiana, concedendosi un piccolo sorriso.
“Seoyun. Bene, signori, credo di avere un’altra priorità al momento. Continueremo il discorso dopo, se non vi dispiace” si congedò il Capopalestra di Arenipoli, prima di seguire di due Guardiani. Accanto alle ambulanze trovarono anche Omar, che parlava in modo amichevole con gli autisti. “Grazie ragazzi. Andreste a cercare mia sorella, per favore? Non la vedo da stamattina e non capisco dove sia finita”.
“Non c’è problema. Ma... dopo com’è che facciamo a rintracciare te?”. Ci fu un secondo di silenzio, poi Len scosse le spalle. “Yunnie, io vado con Corrado, tu cerca Ayumi. Tanto sembra che in un modo o nell’altro ci incontriamo, o scontriamo in questo caso, nonostante tutto” cinguettò allegro, facendo l’occhiolino alla ragazza e schivando un calcio che lo avrebbe preso dritto negli stinchi.
Il tutto sotto gli sguardi confusi e divertiti dei presenti.
 

_Grotta Ritorno_
 
-28 ore, 15 minuti e 59 secondi

Shirley seguiva a poca distanza Ayumi mentre quest’ultima si inoltrava a passo svelto nella Grotta Ritorno. Davanti loro due, un’ombra scura e dall’aspetto quasi fangoso, liquido, che si trascinava senza emettere suono, guidata in quel suo strisciare da due punti rossi luminosi. Giratina era dunque in una forma quasi buffa ed esteticamente non adatta al suo calibro, ma a livello pratico era stata la scelta migliore poiché la grotta, influenzata dall’ultimo portale aperto del Mondo Distorto che nascondeva, si plasmava e cambiava in continuazione. Era dunque necessario muoversi vicine e la Leggendaria non poteva permettersi di assumere le sue normali sembianze, sia perché attraverso le porte create a grandezza d’uomo non ci passava, sia perché usando Oscurotuffo per attraversare queste ultime, dunque sparendo e riapparendo oltre l’ostacolo, avrebbe rischiato di perdere le due Guardiane.
“State vicine” raccomandò nuovamente mentre scivolava attraverso un’insenatura. Le due ubbidirono, marciando silenziosamente attraverso la porta. Shirley sbuffò, un po' seccata. Era un quarto d'ora che camminavano in tondo per stanze tutte uguali, aggirando o abbattendo rocce che ostacolavano loro il cammino, evitando passaggi che si richiudevano all'improvviso e tetti che franavano; il tutto per raggiungere chissà che luogo per chissà quale motivo, dato che né Ayumi, né Giratina si erano prese la briga di dirle nulla.
"Questa è la terza sala con il solito pilastro centrale che passiamo. C'è una logica in quello che stiamo facendo o stiamo girando totalmente a casaccio?" chiese, avvicinandosi ulteriormente ad Ayumi.
"Coloro che adoravano Giratina in passato venivano spesso perseguitati, perché lei era vista come una sorta di demonio dagli antichi: un Pokémon Leggendario nato per servire il Caos e ribellatosi agli ordini imposti dalla natura, e dunque Arceus; ancora oggi non viene compreso il ruolo significativo e necessario di Giratina, che viene chiamata ancora il 'Pokémon Ribelle'. Dunque Giratina stessa, plasmando dal Mondo Distorto la Terra, creò la Fonte Saluto, una specie di spazio segreto accessibile solamente a coloro i quali non ignoravano la sua collocazione mentre il Sentiero Fonte restava invisibile agli occhi degli ignari. All'interno della Fonte si creò la Grotta Origine, che offriva loro rifugio e protezione. In fondo alla grotta c'è un santuario, dove i Seguaci del Caos si riunivano per adorare la loro dea. Anche se dire così non è del tutto corretto" disse l'albina.
"In che senso?"
"Nel senso che il santuario era solo un modo per separare la stanza dalle altre. I riti e le preghiere avevano luogo direttamente nel Mondo Distorto. Ma la dimensione non doveva rischiare di essere contaminata dagli Umani, loro non potevano controllarla, non potevano conquistarla. Nonostante fossero profondamente devoti, c'era comunque il rischio. Dunque la Grotta Origine porta all'ultimo portale del Mondo Distorto ancora aperto nel mondo, ma esso porta ad una zona limitata. Il Mondo Distorto supera qualsiasi concezione razionale, pertanto è possibile bloccare delle zone come se fossero circondate da delle mura invisibili. Soltanto Giratina può superarle”.
Detto questo le tre entrarono nell’ultima sala. Non c’erano più aperture o passaggi o rocce che spuntavano casualmente dal terreno: tutto era immobile e silenzioso. Shirley si voltò verso l’ingresso e vide la luce del giorno illuminarlo, l’acqua della fonte visibile. “Cosa diamine...?” si ritrovò a borbottare, confusa. Ayumi le sorrise leggermente.
“Non devi cercare un senso in questo luogo. È così e basta” le disse semplicemente. La Guardiana dello Specchio annuì e si rigirò verso il centro della stanza. Un dislivello roccioso e quadrangolare pareva fare da altare, con le colonne ai quattro vertici e la sua posizione che lo vedeva collocato precisamente al centro. Vi era una grossa lastra con iscrizioni antiche e , davanti ad essa, lievitava nell’aria una sfera nebulosa di un blu scuro tendente al violaceo, talvolta attraversato da dei bagliori di varie tonalità di rosso.
“Quello è il Portale?” chiese Shirley, avvicinandosi ed inclinando la testa. Giratina uscì dalla sua ombra, mostrandosi in tutta la sua statura nella sua forma Terrena.
“È così. Sembra piccolino, ma è solo perché siamo ancora lontani. Avvicinati, Shirley, e vedrai” aveva detto la Leggendaria. La Guardiana rimase a fissarla per un momento, per poi salire lentamente i gradini di pietra che la portarono su dislivello.
Fino a che non arrivò ad un palmo di muso dal Portale non successe nulla, ma quando provò a sfiorarlo con una mano quello si spostò verso la lastra. Lievemente divertita, la Guardiana di Latias continuò a sospingere la sfera, fino a quando questa non arrivò a toccare la stele. Quest’ultima era di ossidiana, levigata fino a renderla lustra alla pari di uno specchio: un’enorme superficie riflettente nera. La nebulosa sfera si sciolse e andò ad inseristi all’interno delle incisioni, illuminandole di una luce violetta; infine la stele sembrò diventare un vetro. Dall’altra parte, il Mondo Distorto.
“Cosa ci facciamo qui?” chiese Shirley.
“Due motivi: tu adesso sai come raggiungere questo luogo, voglio che lo trasmetti telepaticamente agli altri Guardiani e, nel caso che le cose si mettano male,  che guidiate il Popolo di Arenipoli nel Mondo Distorto. In secondo luogo, c’è una cosa è cedo sia bene recuperare, qui dentro: la Grigiosfera” spiegò Giratina.
“La Grigiosfera” ripeté lentamente la mora.
“Esatto. La Grigiosfera è come l’Adamasfera e la Splendisfera nel caso di Dialga e Palkia. È sostanzialmente un oggetto cerimoniale per stabilire un contatto e aprire un varco, ma potenziano anche i nostri poteri. Immagino che riuscire a distorcere la realtà, in questo caso, potrà tornarmi molto utile”. La Guardiana di Latias annuì e poi raggiunse Ayumi nel Mondo Distorto. Da lì le due assistettero alla trasformazione di Giratina dalla Forma Terrena alla Forma Origine. “La Grigiosfera mi permette di restare nella mia forma originaria. Procedete, è più avanti”.
Giratina rimase a sorvegliare il Portale, mentre le due camminavano per la dimensione, avanzando cautamente per evitare di venir colte di sorpresa da uno degli improvvisi cambi di gravità. Dovettero anche saltare un paio di volte da un piano all’altro, trovandosi a camminare in una posizione girata ad angolo retto rispetto alla precedente. “Cosa diamine succede in questo posto?” si ritrovò a chiedere Shirley, fissando Ayumi, finita a testa in giù all’improvviso.
“Vale la stessa risposta di prima: non devi cercare un senso. Comunque sappi che qui c’è tutto ciò che sulla terra non  deve mai accadere... tipo i cambi di gravità o le cose che cambiano all’improvviso” rispose l’albina, tendendo una mano verso l’altra per aiutarla ad arrivare nella sua stessa posizione.
“Ammetto che mi gira un po’ la testa” ridacchiò l’altra. La Guardiana dei Venti Gelidi annuì.
“Da piccola venivo qui a giocare. Per questo ho imparato a muovermi abbastanza bene, ma all’inizio è... beh, una sensazione strana”. L’albina si girò ed indicò poi un punto più avanti, dove un prisma di un grigio assai particolare era incastrato in una specie di strana costruzione contorta, simile ad una radice. “Quella è la Grigiosfera”.
Ayumi si avvicinò e la prese tra le mani. La struttura che la sosteneva si sgretolò all’improvviso, lasciando Ayumi libera di portare via con sé l’oggetto. “Torniamo indietro”.
 

_Fonte Saluto_
 
-27 ore, 02 minuti e 45 secondi

Seoyun aveva seguito il consiglio di Articuno di aspettare la sua Guardiana all’entrata della Grotta Ritorno. “Ma non ti azzardare ad entrare là dentro da sola, quella grotta è un vero labirinto e trovare qualcuno là dentro è impossibile” l’aveva avvertita, per poi andarsene.
Così Seoyun aveva raggiunto il molo sospeso sopra la fonte, all’incirca a cinque metri dal pelo dell’acqua e aveva atteso.
E atteso.
E atteso ancora.
Sdraiata sul pontile con le gambe a ciondoloni, Seoyun rimpiangeva il sole, in particolar modo quello estivo, ma anche quello del giorno non sarebbe stato male, dato che a quell’ora, circa l’una di notte, la notte regnava sovrana. Poco più di un giorno li separava alla catastrofe e Yun non si sentiva pronta ad affrontarla.
Una volta compresa la loro preziosità, gli abitanti di Arenipoli avevano iniziato ad essere pieni di aspettative nei loro confronti, e la Guardiana dei Venti Roventi ne era stata spaventata. Sentiva tutti quegli sguardi su di sé, che la giudicavano e la soppesavano, come se stessero cercando di capire se lei fosse degna oppure no del suo compito. Aveva odiato quella sensazione, e si era rifugiata dai bambini. Loro non capivano appieno la situazione e guardavano semplicemente e puramente incantati ciò che lei e gli altri Guardiani sapevano fare. Senza aspettative, perché non sapevano che aspettarsi.
Finalmente, colei la quale stava attendendo fece capolino dalla Grotta Ritorno, accompagnata da Shirley e Giratina, la quale possedeva la sua Forma Origine nonostante fosse senza ombra di dubbio sulla terra. Yun si alzò in piedi e saltò giù dal pontile, assumendo la forma Guardiana e utilizzando il Potere del Volante per mantenersi in levitazione, sostenuta dall’aria a pochi  centimetri dal pelo dell’acqua sottostante.
“Tuo fratello vuole vederti Ayu” disse solamente, tendendo una mano all’altra. Ayumi la osservò per qualche istante, per poi fare un cenno verso Shirley, che alzò il pollice in segno di approvazione. Poi, le due Guardiane di Moltres e Articuno svanirono in un vortice di vento.
 
Ricomparvero poco lontane dai confini di Arenipoli. In lontananza si udivano delle sirene. “Le ambulanze devono essere partite” disse Seoyun mentre camminavano verso la piazza di Arenipoli. Entrambe le Guardiane percepivano appieno la presenza di Leonardo poco distante dal posto dove si trovavano.
Ed infatti lo trovarono seduto su una panchina al limitare dello spiazzo vuoto, ad accarezzare un Jolteon che mugugnava contento, gli occhi chiusi. Vedendo le due Guardiane avvicinarsi, il ragazzo alzò una mano in segno di saluto, con un sorriso un po’ mesto sul volto. “Ohi. Mi hai trovato Yun, che ti dicevo?” disse.
L’altra sbuffò. “Sei un cretino. Sì, ti ho trovato e non so perché: non farti strane illusioni”.
Ayumi li osservava bisticciare mentre un piccolo sorriso le affiorava sul volto. “Articuno, Zapdos e Moltres sono un trio e sono legati. Pensate a loro come fratelli. In quanto tali, riescono uno a sentire la presenza dell’altro. Non è così anormale dunque il fatto che vi troviate sempre: è un riflesso che ancora non riuscite a gestire, probabilmente. E tra il legame che lega i due Leggendari e i vostri sentimenti...” la Guardiana dei Venti Gelidi lasciò la frase in sospeso mentre i due arrossivano. L’albina fece finta di non notarlo e indicò il Pokémon acciambellato sulle gambe di Len. “E lui?”.
“Ah! È... di tuo fratello. È uscito prima dalla Pokéball e mi si è attaccato alle gambe. Corrado ha provato a richiamalo un paio di volte, poi si èmesso a ridere e mi ha detto che gli piaccio. E quindi mi sono messo con lui ad aspettarvi qui, mentre tuo fratello è andato alla Torre. Ti aspetta lì, Ayu... credo che voglia parlarti da solo” spiegò il ragazzo, regalando a Jolteon un grattino dietro all’orecchio.
“Va bene. Tu che fai?” domandò la ragazza al Pokémon. L’altro, in risposta, sbadigliò e chiuse gli occhi, facendo ridere i tre. Poi, con un lieve saluto, Ayumi scomparve di nuovo, lasciando una fredda brezza dietro di sé. Seoyun sospirò e abbassò gli occhi sulle sue mani congiunte in grembo.
“Sono preoccupata” disse.
“Anche io” ammise cristallino il suo ragazzo, posandole una mano sulle sue, mentre quella posava i suoi occhioni turchesi su di lui, che fissava il vuoto. “È triste ed è... difficile. Ma credo che gli abitanti di Arenipoli stiano soffrendo più di noi. E quindi sto provando ad apparire il più sereno possibile”.
“Lo so. E hai ragione”. Altro silenzio. Poi Len si alzò, dopo aver fatto saltare giù Jolteon dalle sue gambe.
“Andiamo? Non ci facciamo una bella figura a stare qui con le mani in mano mentre c’è ancora molto da fare”
“È quello il problema” borbottò mesta Yun. Non rispose allo sguardo interrogativo di Len. Semplicemente, si alzò e iniziò a camminare verso la Fonte Saluto.
 
Ayumi comparve a pochi metri da Corrado.
“Chissà perché mi aspettavo che saresti comparsa a caso e all’improvviso” borbottò il ragazzo, senza alzare gli occhi dal pannello elettrico che stava controllando, con espressione corrucciata e concentrata.
“Per questo non ti sei spaventato?”
“Volevi spaventarmi?”. Ayumi fece spallucce, sorridendo. Corrado scosse la testa e si rialzò. “Vieni con me” disse. Scortò la sorella fino alla stanza di controllo, dove solo lui poteva accedere. Lì recuperò da uno zaino una Pokéball e la tese alla ragazza. “Credo che tu le manchi. Ogni tanto mi guardava negli occhi e sembrava chiedermi dove tu fossi” le spiegò il Capopalestra.
Come se si fosse sentita chiamata in causa, Vaporeon saltò fuori dalla sua sfera e si lanciò contro la sua padrona, facendole le feste. La Guardiana si inginocchiò velocemente e abbracciò la sua amica. Le era mancata davvero tanto. Però...
Fissò la Pokéball che suo fratello le porgeva e scosse la testa. “Preferirei la tenessi tu. Se tutto quel casino finirà la riprenderò, ma fino ad allora... è più al sicuro con te” disse piano. Corrado rimase a fissarla per un istante, poi annuì.
“D’accordo” disse solamente, rimettendo la sfera da dove l’aveva presa, per poi avvicinarsi alle grandi finestre. Nonostante fosse notte, la città era illuminata da diversi lampioni e segnaletiche luminose. “Questa città, da quando è diventata la patria di Sinnoh della tecnologia ha sempre avuto almeno una luce accesa. Che fossero i lampioni per strada, una lampada in casa o le luci della Palestra... c’è sempre stato qualcosa. E tutto questo... sta per essere distrutto. Ma sono felice di averlo saputo. La mia gente ha potuto salvarsi e io ho il tempo di osservare questo panorama più attentamente di quanto non abbia mai fatto. Trovo sia una fortuna”. Il ragazzo ripercorse nuovamente la sala, sotto gli occhi lilla della sorella che lo osservavano attentamente. “Ora che i nostri pazienti dell’ospedale sono stati spostati potrò spegnere la città, per la prima volta. Ho pensato che, dato che ci saranno danni ingenti non solo in superficie, ma ovunque, l’elettricità potrebbe essere pericolosa. Allora ho aspettato che le ambulanze partissero e ho fatto in modo di rinforzare alcune parti della Torre. Anneke ha detto di averla vista ancora in piedi nella sua visione. Se non sarà danneggiata troppo, sarà un ottimo punto di partenza da cui ricominciare a costruire la città da capo. Adesso è tutto ultimato... devo solo... spegnere l’interruttore”. Corrado sospirò.
“Mi dispiace tanto” sussurrò Ayumi.
“Non hai nulla di cui scusarti. Smetti di assumerti la responsabilità per tutto” la riprese dolcemente il Capopalestra. Poi, dopo aver preso un profondo respiro, Corrado abbassò la leva.
Arenipoli piombò nel buio.
 

-23 ore, 17 minuti e 11 secondi.
 
Il sole stava per sorgere, non doveva mancare poi molto. Era stata la prima notte all’esterno per gli abitanti della città. Una notte poco silenziosa e rilassata, illuminata da torce, fuochi e Pokémon e animata dal fermento dei preparativi. Ovunque sorgevano tende e tendoni di ogni forma, dimensione e colore. Alcune persone stavano iniziando a preparare la colazione per tutta la città sotto un’enorme tendone proprio ai piedi del dislivello che conduceva alla Fonte.
Rein osservava tutto questo, seduto in disparte in un angolo. Le luci dell’alba tardavano ad arrivare in autunno e tutto era ancora immerso nel buio e nella quiete della notte. Nonostante l’aria fresca gli accarezzasse la pelle, lui non tremava, il fuoco che gli apparteneva lo riscaldava costantemente e gli impediva di tornare.
Il Guardiano dell’Arcobaleno osservava, ma in realtà non stava vedendo realmente ciò che lo circondava, immerso nei suoi ricordi. Più precisamente, rifletteva su quel discorso riguardante i Leggendari che aveva avuto una manciata di ore prima con Ayumi e Shirley, prima di quell’esodo. Continuava a rimuginare su Ho-Oh e su quanto il Leggendario fosse sgarbato. Era davvero stufo del comportamento del suo comportamento, ma per quel periodo aveva decisamente osato troppo.
Aveva parlato anche di quello con Ayumi e la ragazza si era limitata a sorridere lievemente nell’ascoltare i suoi dubbi, senza interrompere il suo resoconto di dubbi e domande. Rein le aveva detto che non si piegava quel coraggio da parte sua e come esso aveva potuto influenzare il resto del gruppo.
“In realtà è più semplice di quello che pensi Rein. Tu eri, fino a poco tempo fa, terrorizzato da noi... e da te stesso. Certi sentimenti possono riuscire ad occultare e bloccare parte di noi e quindi il tuo potere non si era mai manifestato. Ma quando la tua rabbia ha cancellato ogni cosa, tra cui i tuoi timori verso il tuo Leggendario e il tuo destino, anche il fuoco di Ho-Oh ha divampato più intensamente di prima. Ho-Oh rappresenta la voglia di vivere e la forza di volontà, come un fuoco, per l’appunto, che arde nel cuore delle persone. E tu sei finalmente riuscito ad accenderlo dentro di te e, inavvertitamente, quella volta hai infervorato anche i nostri animi. Direi che il tuo aiuto è stato prezioso ed indispensabile” aveva spiegato l’albina, sorridendogli più calorosamente, per poi allontanarsi da lui, voltandogli le spalle. Si era però fermata dopo pochi passi, come ripensandoci. Da quella posizione gli aveva parlato di nuovo. “Sai... anche Fujiko aveva avuto questo genere di problema. Era così insicura, pensava di essere inutile e debole... ma poi ha compreso quanto la sua presenza fosse speciale... e lo ho capito anche io. Probabilmente non ho mai fatto capire quanto tenevo a lei... probabilmente è una cosa che rimpiangerò a vita...”. Ayumi si era voltata a fissarlo di nuovo. “Quando mi hanno detto che era morta ho sentito come una freccia che si impiantava nel mio cuore. Mi ero dimenticata quanto male facesse”. Si era messa una mano sul petto, stringendo lievemente la stoffa della sua maglia per poi lasciarla andare. “Non sono senza cuore” aveva detto la ragazza, “E credo di capire come ti sei sentito... almeno in parte”.
Rein aveva annuito, con il cuore in gola. Probabilmente non era mai riuscito a capirla veramente, Ayumi.
“La Guardiana dei Venti Gelidi è un po’ criptica”. Rein sobbalzò nel sentire la voce di Ho-Oh accanto a lui. Scattò in piedi, sentendo nuovamente la rabbia montare dentro di lui. Il suo Potere lo stava facendo una testa calda, pensò il ragazzo.
‘Ma d’altronde, con un Leggendario così...’ borbottò nella sua testa.
“Guarda che so cosa stai pensando, sai? E datti una calmata, sono qui per parlare, ragazzino” s’intromise la sua controparte. Rein strinse i pugni, ma s’impose di rimanere calmo e immobile. Anche distaccato, sì.
“Dimmi allora” mormorò, piatto, tornando a guardare davanti a sé. Per un po’ Ho-Oh non proferì parola, limitandosi a fissare il proprio Guardiano.
“È difficile anche per noi, sai?” iniziò poi. Non era l’inizio che Rein si era esattamente aspettato, così sobbalzò appena, ma combatté contro l’impulso di voltarsi a fissare il Leggendario con gli occhi curiosi, stupiti e sgranati. “Tutta questa situazione... è nuova anche per noi. Forse è vero che abbiamo paura”.
“Ma dai” commentò piano il ragazzo, “Io mi ero convinto che voi non provaste sentimenti” concluse, con una punta di sarcasmo.
“Ti eri convinto della cosa sbagliata” ribatté Ho-Oh, serissimo. “Non siamo creature vuote. Semplicemente abbiamo dei criteri diversi... e siamo radicati su ciò che sappiamo”. Anche il Leggendario voltò il lungo collo per fissare l’attività circostante, la popolazione di Arenipoli che si risvegliava lentamente con il profumo della colazione pronta che si diffondeva. “Ma quello che avete fatto qui... è meraviglioso e ci sta aprendo gli occhi” mormorò rapita la fenice arcobaleno. Questa volta Rein non poté trattenere lo stupore e si voltò verso il suo Leggendario, che a sua volta intercettò i suoi occhi. “Penso che abbiamo molto da insegnarci vicendevolmente, ma prima non me ne rendevo conto” concluse.
Fu il turno del Guardiano per rimanere in silenzio qualche istante. Poi scosse leggermente la testa, sorridendo appena. “Allora credo sia il caso di iniziare a provare ad andare d’accordo” disse. Ho-Oh annuì con fare solenne.
“Credo anch’io”.
 

-19 ore, 51 minuti e 59 secondi.
 
Angeallen sorvolava Arenipoli. Disegnava nel cielo ampi cerchi circolari sopra ai confini della città e anche oltre, cantilenando con la sua voce dai molti timbri una melodia triste. Con essa, stava avvertendo tutti i Pokémon dell’imminente pericolo, invitandoli a scappare abbastanza lontano o di rifugiarsi pacificamente con gli abitanti della città alla Fonte saluto.
Così stavano facendo in molti e, incoraggiati dai Leggendari che facevano come da intermediari, stavano persino aiutando le persone, anche solo ad intrattenere i bambini che si intrattenevano a nutrirli e ad accarezzarli, talvolta giocando ad acchiaparello tra gli alberi.
Una volta finito ciò, il Leggendario dell’Estremo Confine si posò nuovamente a terra, avvolgendosi tra le sue candide spire e ripiegando le quattro al ordinatamente sulla schiena. Con i vigili occhi arancioni osservò i dintorni, per poi dedicare tutta la sua attenzione a colui che lo stava aspettando.
Lugia aveva un’aria tormentata e sembrava a disagio. La coda sferzava l’aria nervosamente e gli occhi avevano quella stessa espressione malinconica che l’accompagnava da ormai nove anni, ma se possibile intensificata.
“Lugia” disse solo Angeallen, con un sospiro. “Volevi parlarmi di una cosa importante, giusto?”
Il Leggendario d’argento annuì lentamente, restando in silenzio per un po’. “Credo che tu sappia cosa voglio chiederti” mormorò infine.
“Non ne sono pienamente convinto. La sofferenza che emerge da te annebbia qualunque altro percepibile concetto. So solo che tu vuoi liberarti da questa sofferenza... solo, non capisco perché ti stai rivolgendo a me” ribatté pacatamente Angeallen.
“Non prendermi in giro, per favore. Tu sei un Primordiale, il Leggendario della Vita e della Morte. Tu sai che questa sofferenza che provo non è in realtà mia... è Mary... lei piange per il destino della figlia, ed è una sensazione straziante. Lo sento risuonare nella mia testa di continuo e... semplicemente non posso più sopportarlo. Non so perché si stia intensificando, non ci voglio pensare... ma ti prego, falla smettere” supplicò Lugia.
Angeallen lo fissò, muto. “Tu vuoi liberarti dell’anima della tua Guardiana” disse infine, piano, come se fosse un segreto. L’altro annuì, senza posare il suo sguardo sul Primordiale.
“Io ho voluto bene davvero a Mary... ma non penso che potrà mai riposare in pace se resta intrappolata e concatenata alla mia anima” sussurrò.
“E va bene. Non so cosa si provi... nel perdere la propria Guardiana, intendo. Shinseina non era Umana nemmeno in parte. Deve essere davvero atroce se... se le vuoi dire addio così, tanto da arrivare a supplicarmi” acconsentì Angeallen. Lugia lo fissò, voltandosi. “Non so cosa sentirai. Potresti soffrire o potresti non provare nulla. Potresti sentirti svuotato o semplicemente sollevato. Sei sicuro di volerlo fare?”.
“Devo farlo” rispose Lugia.
“E allora, lascia che l’anima di Mary torni a me”. E Angeallen sciolse l’intreccio delle anime di Lugia e Mary, richiamando a sé la Guardiana delle Immersioni.
Lugia rimase immobile anche ad operazione finita, ad analizzarsi. Aveva sentito come se Gli avesse strappato qualcosa, tipo l’aria dai polmoni. Aveva sentito una forte oppressione, che si era poi volatilizzata velocemente, lasciando una traccia un... vuoto dietro di sé. E, soprattutto, non percepiva più il pianto disperato e le parole incomprensibili di Mary risuonare nel suo cuore.
“Come ti senti?” gli chiese Angeallen.
“Non lo so” rispose sinceramente Lugia.
 

-0 ore, 12 minuti e 04 secondi.

La giornata era passata in fretta. Il sole era sorto, il sole era calato, la notte era giunta e in quel momento stava per terminare: l’alba sarebbe giunta tra poco.
Ma quando il sole avrebbe ripreso possesso del cielo, Arenipoli sarebbe già stata ridotta a un cumulo di macerie.
L’aria fredda delle quattro del mattino sfiorava la pelle di Ayumi senza che lei la sentisse realmente. La Guardiana si trovava al limitare del bosco che circondava la Fonte Saluto, abbastanza lontana dall’accampamento per riuscire unicamente ad intravederlo. Camminava piano tra gli alberi mentre sentiva l’ansia salire. Con lei c’erano Corrado, Shirley, Vaporeon e naturalmente Absol, teso come la sua padrona. Percepiva il disastro incombente.
“Tutta Arenipoli è sveglia e sono tutti sotto i grossi tendoni che fungono da... refettorio, diciamo. Anneke è lì. I Guardiani tracciano il perimetro delle persone e i Leggendari, beh, almeno quelli qui presenti, formano un cerchio ancora esterno perché non sappiamo se ci saranno altre soprese. Giratina è in attesa, levita sopra la Fonte, in attesa. E poi... ci siamo noi che... cos’è che stiamo facendo esattamente, Ayu?” borbottò la Guardiana dello Specchio, affiancandosi all’altra con i suoi occhi ambrati per merito dell’Unione.
Tutti i Guardiani erano in Unione. Anche Ayumi che non trovò le parole per rispondere. Non c’era un motivo particolare. Semplicemente, non riusciva a rimanere con tutte quelle persone. Aveva sentito il bisogno impellente di stare attaccata il più possibile alla sua città natale ora che... stava per essere distrutta. Aveva ignorato fino a quel momento ciò che stava per succedere, perché così era abituata a sopportare le cose che le succedevano.
Ma non riusciva più a sopportarlo.
“Torna indietro Shirley” riuscì solo a mormorare con la voce leggermente arrochita dai suoi prolungati silenzi e dalle lacrime trattenute. L’amica annuì e tornò indietro. In qualche modo, Shirley capiva sempre, anche quando le persone stesse non riuscivano a spiegarsi cosa provavano.
Con Ayumi restarono solo il fratello, i suoi Pokémon e Luciano, il Superquattro che prediligeva i Pokémon di tipo Psico. L’uomo la fissava son un ghigno ironico sul volto.
“Cosa farete se questa... tragedia... si rivelerà un vaneggiamento e voi un gruppo di giovani pazzi?” chiese, appoggiando la schiena al tronco di un albero lì vicino. Corrado si voltò, stizzito.
“Di un po’, come mai se così sicuro che tutta questa situazione sia una farsa?” sibilò il Capopalestra. L’altro alzò le mani, come per schermarsi dal tono velenoso dell’altro, anche se l’espressione sul suo volto rimaneva arrogante.
“Ma come siamo agitati...! Io sto solo analizzando criticamente la situazione. Dopotutto, è solo la loro parola, che a conti fatti vale... beh il niente” rispose. Quando Corrado aprì la bocca per controbattere, Ayumi scattò.
Teneva il capo chino, l’albina, ma lo aveva alzato di colpo, gli occhi dell’Unione che si scurivano, passando dal normale rosso brillante a un bordeaux inquietante e vagamente minaccioso. Aprì la bocca leggermente come per dire qualcosa, ma se un suono lasciò le sue labbra, esso venne coperto dallo straziante ululato che Absol lanciò alle chiome degli alberi.
Lo udì Anneke che serrò forte le palpebre, conscia che la Visione stava diventando realtà. “Il futuro è qui” sussurrò, anche se nessuno la ascoltò.
Lo sentirono i Guardiani e i Leggendari, che si scambiarono occhiate cariche di ansia e significato tra di loro, preparandosi ad intervenire.
Lo sentì Giratina che, in bilico sul pelo dell’acqua e con la Grigiosfera in corpo, si apprestò a liberare il suo potere e quello del Mondo Distorto e a distorcere la natura per salvare quelle vite innocenti.
Una vibrazione si insinuò sotto i piedi dei presenti, Uomini, Guardiani o Pokémon che fossero, accompagnata da una paura comune. Poi, tutto prese a scuotersi con violenza sempre maggiore.
La terra si riempì di profonde spaccature, gli alberi iniziarono a sradicarsi e crollare, le onde del mare iniziarono ad aumentare di volume: il tutto venne accompagnato da un rombo in costante aumento di volume.
Ayumi si riscosse improvvisamente, richiamò Absol e intimò a Vaporeon di avvicinarsi a lei. Poi prese la mano di Corrado e afferrò un lembo della camicia di Luciano e, incurante delle unghie che il Pokémon Bollajet le aveva impiantato nella gamba in preda al terrore, teletrasportò via tutti, facendoli atterrare all’interno della bolla di sicurezza creata da Giratina prima che quest’ultima, conscia dell’assenza dell’albina, la chiudesse del tutto.
All’interno di quello scudo, creato dai poteri di Giratina, supportato da quello dei Guardiani, dei Leggendari e dei rari Pokémon che conoscevano mosse come Schermoluce, Riflesso, Salvaguardia o Distortozona. La terra continuava a tremare, non c’era nulla da fare per quello, bisognava solo sopportare le vibrazioni che si insinuavano nella pelle. Però sembrava come se tutto fosse immerso in un’enorme e invisibile gelatina. Le cose tremavano appena, ondeggiavano, ma non si rompevano o spezzavano e non crollavano. Le persone guardavano con occhi sgranati ciò che succedeva attorno a loro, sobbalzando quando Giratina ruggiva facendo piangere un bambino o un albero fuori dallo scudo crollava, infrangendosi e venendo riflesso e sbalzato via dalla barriera.
Il tutto durò tanto, troppo, per essere un terremoto: quasi tre minuti. Con un ultima vibrazione, poi, tutto cessò. Ci furono degli istanti vuoti, regnati da un silenzio teso.
Poi iniziarono le urla, i pianti e i balbettii delle persone che avevano perso la loro casa e di coloro che alla visione non ci avevano creduto del tutto.
Ayumi lanciò un ultimo sguardo al fratello, pallido in volto, per poi incrociare gli occhi con tutti i Guardiani, altrettanto provati. Ci fu un momento di stallo dove solo le loro iridi parlarono. Poi, come se fossero una sola persona, il gruppo si mise a correre verso il mare e la spiaggia fuori Arenipoli. Corsero perché volevano vedere il disastro con i loro occhi, perché dovevano sfogare la frustrazione e perché, in cuor loro temevano, non era ancora finita. C’era una brutta tensione, carica di negatività che ancora aleggiava nell’aria; i Guardiani la percepivano, la respiravano e ne venivano intossicati come se fosse fumo.
Saltando su un ultimo tronco caduto, Ayumi si diede la spinta e decollò battendo le ali celesti, per ammirare in tutto il suo tetro splendore quella città che non c’era più. Solo la Torre era ancora in piedi, come Anneke aveva detto. Il resto era tutto polvere e frammenti senza ormai una forma concreta e definibile. La Guardiana iniziò a piangere senza rendersene davvero conto. Quello era stato il suo nido... e non esisteva più. Era arrabbiata, anche. Perché prendersela con delle povere persone innocenti?
Ma la sua tristezza e la sua rabbia avrebbero avuto modo di essere smaltite.
“Ayumi!”.
La Guardiana, a quel richiamo venuto dal basso, da qualcuno la cui voce era stata distorta dal vento, si voltò. Così i suoi occhi videro il mare ribelle lanciarsi verso la costa sottoforma di un’onda gigantesca, che macinava metri ad una velocità spaventosa e acquistando sempre più volume.
 
“Non è ancora finita”
 

Angolino nascosto nell’ombra:
...
Che vi devo dire...
Ciao. (?)
Con tutto quello che ci ho messo, non mi sorprenderei di ritrovare la storia quantomeno deserta ma... non è del tutto colpa mia.
Non del tutto. Il mio professore di matematica e fisica ci mette del suo. E anche la professoressa di italiano. E anche tutto il resto del mondo.
Porco kimchi.
Ehm... comunque. Io non so cosa ne sia venuto fuori. Mi sembra carino come capitolo. (E sono dodici pagine di World, quasi il doppio di un capitolo normale... per farmi perdonare. Non è vero, è perché è venuto fuori così ^^”)
Comunque... niente. I Gameplay, le altre storie da scrivere (e che non si fanno scrivere) e la scuola sono nemici da superare per poter scrivere questa storia, e purtroppo non sempre è facile. Abbiate pietà di me.
“MiciomiciobaubauEtchìsaluteCincin” is the new “Salakabula Magikabula” and “Oketi Poketi”.
Perché certe perle di… mh, saggezza (?) devono essere condivise, anche se completamente a caso.
Vi prego, niente spiegazioni a riguardo. È pura follia, perché i miei neuroni e nervi sono messi a dura prova.
 

Aura_
  
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