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Autore: Akira Yuki    13/12/2016    1 recensioni
Gilbert Beilschmidt è un famoso quanto temuto agente della Gestapo, il quale viene incaricato di condurre un'indagine su un certo Roderich Edelstein, accusato di proteggere illegalmente degli ebrei. Tuttavia gli eventi prenderanno una piega davvero inaspettata.
Gilbert x Roderich. Scene di violenza.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Germania/Ludwig, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Quella mattina Gilbert si alzò prima del solito, tanto che persino suo fratello ancora  dormiva. Il sole non era ancora salito, era ancora notte praticamente, mentre lui si preparava, vestendosi e sistemandosi. Uscì di casa e prese la macchina, partendo. C'era solo lui a giro, le luci nelle case erano tutte spente. Si diresse verso la periferia e parcheggiò in un piccolo parcheggio. Scese dalla macchina e si diresse nelle vicinanze della villa del signorino Edelstein: se era davvero coinvolto in operazioni illegali, la mattina presto e la sera tardi erano i momenti più adatti per poterlo colpire sul fatto. Si avvicinò alle sbarre del cancello della villa e si mise a  guardare la casa: nulla di sospetto per ora, tutte le luci erano spente, com'è giusto che fosse. Gil si poggiò contro le sbarre con una spalla e prese da una tasca della sua giacca un panino rinvolto in alcuni tovaglioli: quella sarebbe stata la sua colazione che si era preparato la sera prima.

I minuti passarono e il sole sorse. Nelle case vicine c'era chi già si stava svegliando per andare a lavoro, tuttavia Gilbert dovette aspettare fino alle sei e mezza di mattina per vedere qualcosa: la ragazza che gli aveva aperto la porta il giorno prima stava uscendo di casa, aveva una giacca e un cestino con sè. Forse si stava dirigendo al mercato.

Gilbert si nascose dietro un muro per non farsi vedere dalla ragazza e questa, senza accorgersi di nulla, se ne andò verso il centro della città a piedi, tranquilla. L'albino si avvicinò allora al cancello notando che la ragazza lo aveva lasciato aperto. Entrò e si diresse verso la casa. Bussò alla porta.

Roderich aprì con aria seccata. "Sì? Chi è-?". Si bloccò quando vide che era l'uomo della mattina precedente. "Voi.. Che ci fate qui?", chiese il ragazzo.

"Un giro di controllo. Posso entrare?". Gilbert lo guardò. Roderich non potè far altro che annuire e farlo entrare.

"Perchè così presto oggi?". Roderich richiuse la porta e tornò a guardarlo, mentre Gilbert si guardava attorno.

"State nascondendo qualcosa?". Gil smise di guardarsi attorno e guardò il ragazzo dritto negli occhi, togliendosi il cappello.

"No, certo che no".

"Allora smettete di fare domande". L'albino tagliò corto e si incamminò verso il grande salotto. Roderich si era offeso per quel tono e quella risposta, quindi se ne tornò in cucina a finire il suo thè. Gilbert controllò la casa, ma solo il piano terra. Dopo mezz'ora tornò in salotto, trovandovi Roderich che leggeva un libro sulla sua poltrona.

"Che cosa fate esattamente voi tutto il giorno?", chiese Gilbert curioso, ma sempre serio. In realtà non poteva immaginarsi quel signorino alle prese con qualche lavoro.

Roderich fece passare un minuto di silenzio, finendo di leggere il paragrafo, poi alzò la testa e lo guardò. "Molte cose".

"Ovvero?".

"La mattina faccio colazione, poi leggo, in seguito suono il piano forte". Roderich era fiero di dire ciò che faceva, ritenendo che quelli erano i compiti di un aristocratico.

"Tutto qui?". Gilbert lo guardava, non riuscendo a credere che il ragazzino non facesse nulla di produttivo la mattina.

Roderich si alzò dalla poltrona offeso. "Come sarebbe a dire "tutto qui"?? Guarda che nessuno a Berlino è abile come me nel suonare il pianoforte o il violino".

"Sì ma non fai nulla di produttivo. Di pomeriggio che fai di solito?". 

"Non cambiate discorso!", Roderich si avvicinò all'albino. "Esercitare la mente è molto più importante che esercitare i muscoli!". 

Gilbert lo guardava seccato: sì, davanti a sè aveva decisamente un principino viziato. "Anche se esercitate la mente, voi non fate nulla di utile per la società", gli rispose.

Roderich si offese ancora di più e, una volta davanti a lui, gli puntò il libro che stava leggendo davanti. "Ascoltatemi bene voi, il solo avermi qui come cittadino tedesco fa alzare di molti punti la reputazione tedesca riguardo la musica".

Gilbert lo guardava, aveva capito che non c'erano tante speranze con lui, ma poi guardò il libro che gli stava puntando contro e gli prese un polso, bloccandolo. "Questo libro è..", disse, strappandogli il libro di mano e lasciandolo. Guardò meglio la copertina del libro leggendo. " "Gente di Dublino", di Joyce".

Roderich indietreggiò di un passo. "Si.. è un libro interessante, particolare nel suo genere", disse.

"Con particolare intendete "proibito"?". Gilbert guardò il principino con fare arrabbiato. "Questo scrittore non merita nulla e tutti i suoi libri sono stati dati alle fiamme. Dove avete trovato questa copia?".

Il ragazzo ora era preoccupato. "Me lo ha venduto anni fa un signore in un mercato..".

"Quanti anni fa?", chiese l'albino.

"Due se non sbaglio.. L'ho ritrovato solo poco fa e ho deciso di leggerlo".

"Beh, mi spiace per voi ma credo proprio che non lo finirete". Gilbert si rimise il cappello tipico degli agenti della Gestapo e strinse il libro in una mano. "Questo libro è sequestrato".

"Cosa? Non potete farlo!". Esclamò Roderich, anche se in realtà sapeva che lui poteva eccome, anzi, era fortunato se il nazista non gli avrebbe fatto di peggio che solo sequestrargli un libro.

"Devo. Ora scusatemi".

Gilbert si avvicinò alla porta d'ingresso ed uscì dopo averla aperta, ma prima di richiuderla alle sue spalle guardò Roderich con la coda dell'occhio. "Non mi dimenticherò di questo episodio, signorino Edelstein. Se avete altri libri proibiti vi consiglio di farli sparire prima che i miei uomini tornino, o prima che torni io stesso".

Gil chiuse la porta e andò via, superando il giardino e il cancello. Vide che la ragazza che abitava nella villa stava tornando dal mercato e anche lei lo notò, poichè si fermò di scatto a guardare nella sua direzione preoccupata. L'albino si allontanò, tornando alla macchina. Per quella mattina aveva fatto abbastanza, in casa sua, almeno nelle stanze del piano terra, non c'era nulla di strano. Accese la macchina e si diresse al quartier generale della Gestapo. 

Una volta arrivato, parcheggiò e scese dalla vettura, prese il libro e entrò nel palazzo. Appena entrato però, un soldato, dopo avergli fatto il saluto, gli parlò urgentemente: "Tenente Beilschmidt! Ci sono dei problemi. Nel quartiere di Mitte qualcuno ha distribuito e sparso tantissimi volantini contro la nostra Patria. Gli ufficiali sono già andati a controllare e sgomberare il posto, ma pare stiano avendo dei problemi".

"Problemi di che tipo?". Chiese Gilbert.

"Dei ragazzi stanno protestando, studenti universitari, ma sono stati avvistati anche molti studenti di famiglie ebree".

"Ho capito". Gilbert lo guardò e gli si avvicinò. "Ponetemi la mano, soldato". Il soldato lo guardò sorpreso, ma fece come ordinato. Gil poggiò il libro trovato da Roderich sulla sua mano e con un accendino gli diede fuoco. Il soldato era preoccupato che anche la sua mano avrebbe finito per bruciare. "Sbarazzatevene", gli ordinò Gilbert prima di andar via. Il soldato fece un sospiro di sollievo e corse a gettare il libro in fiamme. 

Dopo pochi minuti le volanti della SS arrivarono nel quartiere. Molti soldati stavano cercando di fermare i ragazzi, ricorrendo anche alle maniere forti. Gilbert si ritrovò nel mezzo del caos. Prese allora la sua Luger P08 e sparò un colpo in aria. Tutti i civili, spaventati si fermarono immediatamente, calmandosi momentaneamente. In quell'esatto istante i soldati ne approfittarono per arrestare i ragazzi che avevano a portata di mano e poco dopo iniziò un fuggi fuggi generale da parte degli studenti, che ora pensavano bene a ritirarsi e non farsi arrestare.

Tra le truppe di vigilanza intervenute vi era anche quella dove lavorava Ludwig. Nel caos c'era chi ancora non si era arreso: qualcuno lanciò un grande sasso appuntito ferendo proprio il fratello di Gilbert. Colpito alla testa da dietro, con tale forza, lui perse i sensi per un attimo e cadde in ginocchio. Si passò una mano dietro la testa appena si riprese, sentendo un fortissimo dolore, e riportandosi la mano davanti vide che stava sanguinando molto. 

Gilbert aveva assistito a tutta la scena da qualche metro di distanza. Preso da una rabbia esplosiva, si diresse verso il colpevole, del quale era riuscito a vedere i lunghi capelli biondi. Un collega stava aiutando Ludwing ad allontanarsi di lì per portarlo da un medico. 

A causa delle troppe persone in mezzo, il ragazzo non riuscì a fuggire in fretta che qualcuno lo afferrò per i capelli, tirandolo in dietro e costringendolo in ginocchio. 

Intanto la folla di ragazzi si era dispersa, erano rimasti solo i soldati che stavano portando via i ragazzi arrestati e altri soldati che si stavano occupando di ripulire le strade dalla confusione che si era creata, raccogliendo anche i volantini stampati dalla Resistenza. 

Ludwig si era rifiutato di andare da un medico subito, allora si era appoggiato al muro di una casa. Guardando davanti a sè vide Gilbert, a vari metri di distanza da lui, che teneva per i capelli un ragazzino inginocchiato davanti a lui.

"Se sei stato tanto avventato da fare una cosa del genere allora immagino tu sia uno dei responsabili della distribuzione di quei volantini". Gilbert non ci vedeva dalla rabbia e continuava a tirargli i capelli mentre con un piede lo costringeva a terra.

"Argh! Sì! Sono stato io contento?!". Il ragazzo sputò verso di lui. "Porco nazista. Dovete morire proprio come avete ucciso mio padre!".

"Oh, immagino allora tuo padre fosse ebreo..". Gilbert aveva un tono di voce calmo ora, ma sempre carico di una strana tensione.

"Tsk. Lunga vita alla Rivoluzione, figlio di puttana".

"Ebreo e anche comunista. Quale feccia ho davanti?". Gilbert accennò un sorriso mentre poggiava la canna della sua pistola contro la testa del ragazzo. 

Il ragazzo iniziò a sudare freddo sentendo il freddo metallo contro la sua tempia.

"Non meriti nulla di più della morte". Gilbert premette il grilletto.

Ludwig guardò la scena sorpreso, quasi impressionato e spaventato da come facilmente suo fratello avesse ucciso una giovane vita. Tutte le persone nelle vicinanze si girarono per vedere cosa era succeso.

L'albino lasciò i capelli del ragazzo e questo cadde a terra morto. Attorno a lui si stava allargando una pozza di sangue.

"Gilbert! Che hai fatto?!". Un suo collega gli si avvicinò. 

"Mh?". Gil si tolse col dorso della mano un po' di sangue che gli stava macchiando il viso. "Il mio dovere". Detto ciò gli passò accanto e senza fermarsi disse: "Ripulite voi qui", dirigendosi verso il fratello. Una volta davanti al soldato biondo parlò di nuovo. 

"Fratello, stai bene?", ora era preoccupato.

Ludwig rimase a guardarlo, ancora sorpreso. "Tutto a posto.. Sto bene, è solo un graffio", gli rispose.

Gilbert lo guardò, poi guardò il soldato accanto al fratello. "Tu. Portalo da un medico". Il soldato annuì, ma Ludwig si alzò dal muro, protestando: "Sto bene, davvero!".

"Lud, non si discutono gli ordini". Gilbert gli lanciò un'occhiata gelida, tanto che il fratello non ebbe il coraggio di protestare oltre. Mentre Ludwig si dirigeva verso l'ospedale più vicino, Gilbert se ne andò, facendosi riportare a casa da un collega.

Tornato a casa, poggiò la giacca e il cappello all'appendi abiti, per poi sedersi sul divano e riposare. 



Si risvegliò quando era ormai ora di cena. Il fratello stava entrando in casa in quel momento.
"Ah, Gil.. ", fece Ludwig appena lo vide. Entrò e chiuse la porta, per poi poggiare il cappello su un mobile vicino.

"Lud, come va la testa?".

"Tutto apposto, il dottore mi ha messo dei punti". Il soldato aveva una fascia bianca attorno alla testa, così che le bende tenessero. Ludwig andò davanti al fratello.

"Gil.. Non c'era bisogno di ucciderlo".

"Invece c'era. Tanto se non lo avessi fatto io lo avrebbe fatto qualcun'altro". Disse l'albino con non curanza.

Il fratello lo guardò sorpreso. "Come può importarti così poco? Non lo hai ucciso.. Gli hai fatto un'esecuzione!". 

"Che servirà di lezione a tutti gli altri che ci vorranno riprovare a fare quei casini". Gil lo guardava tranquillamente, mentre il fratello non capiva come potesse essere così freddo di fronte ad un'azione così violenta.

Il biondo rimase in silenzio, poi il fratello maggiore decise di parlare, alzandosi dal divano. 

"Lud vai a riposare, ci penso io alla cena". Il fratello rimase in silenzio, annuendo solo dopo. 

"Ti chiamo quando è pronto", detto ciò Gilbert si avviò in cucina.
  
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