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Autore: Ulissae    21/05/2009    5 recensioni
[Mini one shot su Embry e il rapporto con la madre]
Era sempre stato così, fin da bambino, quando non riusciva a dormire finiva, inevitabilmente, in cucina, a guardare divertito dalla finestra la pioggia che scendeva, arrampicandosi con una sedia sul lavandino, e lì, con le mani sotto il mento, contava goccia per goccia l’acqua.
Fan fiction partecipante al contest 100 prompts!indetto da C.O.S.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quileute
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ululati vari'
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Night Arguments



La cucina di casa Call era piccola, minuta, quasi nascosta all’interno della casa; con i suoi colori caldi a racchiudere, come in un abbraccio familiare, tutti i suoi ospiti, fin troppo radi di quei tempi.
Sulle mensole gravava il peso del cibo, aumentato a dismisura da quando Embry aveva iniziato ad assomigliare più ad un colosso che ad un ragazzo di soli sedici anni; poco più avanti, attaccati al frigo, si trovavano dei disegni stilizzati, creati dalla fantasiosa mente e dall’incerta mano di un bambino.
Erano colorati, sgargianti, ed in ogni piccolo quadro troneggiavano due figure: una madre ed un figlio; sempre uniti, come un’unica cosa, un unico sentimento: affetto.
Quell’affetto che fa scordare ogni problema, quell’affetto che riempiva il cuore di entrambi, quell’affetto che rendeva ogni litigata un semplice pizzicorio alla coscienza, che svaniva all’istante.
La cucina era buia, come al solito la luna non era una buona aiutante, preferiva rimanere nel suo cantuccio, coperta dalle nuvole, ammirando una parte di mondo più allegra ed interessante di quella riserva senza tempo che arrancava negli anni che passavano; non c’era nessuno in giro, tutti dormivano, tutti tranne uno, un ragazzo che vagava per la casa con i sensi di colpa che lo seguivano, come mastini feroci pronti a mordergli il cuore.
Era sempre stato così, fin da bambino, quando non riusciva a dormire finiva, inevitabilmente, in cucina, a guardare divertito dalla finestra la pioggia che scendeva, arrampicandosi con una sedia sul lavandino, e lì, con le mani sotto il mento, contava goccia per goccia l’acqua.
La cucina, così pensava, era l’unico ambiente della casa che non fosse abitato da mostri neri e polverosi, che invece, dispettosi intrusi, proliferavano sotto il divano, in bagno e in qualunque altro luogo.
In quel momento, invece, l’unica cosa che potevamo vedere, era un diciassettenne che si distruggeva i capelli, infilandoci le mani dentro, in modo rabbioso e frustrato. Si chiedeva, senza sosta, se quello che stava facendo fosse giusto, se il seguire gli ordini, quelle leggi creati millenni prima, fosse la cosa migliore da fare, se tagliare i ponti con tutti fosse l’unica soluzione.
Ma lui non aveva risposte, aveva solo domande e paura, una paura che lo costringeva a rintanarsi, proprio come da bambino, in quella piccola cucina, che sembrava rimpicciolirsi ogni giorno che passava.
A quei tempi aspettava pazientemente che la madre arrivasse a consolarlo, che lo prendesse in braccio e, dopo avergli cantato una ninna nanna abbastanza convincente, lo rimettesse a letto, rimanendogli vicino finché non si addormentava.
Adesso invece non era sicuro di desiderare la stessa cosa: aveva iniziato a provare uno strano sentimento per sua madre, qualcosa che fino a poco tempo prima non aveva mai sentito. Rabbia.
Si infuriava con lei ogni volta che, la mattina, una volta tornato a casa dopo i turni con il branco, lo sgridava, supponeva cose non vere.
Diceva che si drogava.
Falso.
Diceva che andava a trovare una ragazza.
Idiota.
Diceva che si andava ad ubriacare.
Stronzata.
Diceva che frequentava brutte compagnie.
Forse vero, forse falso.
Si infuriava quando lo sgridava e lui era costretto a chiudersi in camera sbattendo la porta, tentando di dormire l’unica ora che gli rimaneva, da solo, senza nessuno a consolarlo.
Embry deglutì sonoramente quando vide la madre entrare in cucina, non voleva vederla, non voleva che lo vedesse così distrutto.
Sussultò sentendo l’abbraccio caldo, tiepido in confronto a lui, stringerlo e avvicinarlo a lei.
Odiava questa cosa, sapeva bene che era solo l’inizio della solita tragicommedia, il prologo di quel libro che era diventata la sua vita.
La donna si spostò e, proprio come da copione, poggiò le labbra sui capelli corti e disordinati di lui, pronunciando le parole di rito.
<< Tutto bene, amore? >>
Lui grugnì un sì di risposta e si scostò infastidito, alzandosi dalla sedia e incrinando leggermente lo schienale di legno di ciliegio.
Da bambino aveva ripromesso a se stesso che non avrebbe mai e poi mai procurato anche un solo graffio, al suo rifugio segreto.
Non sopportava il suo tocco, non sopportava che lei fosse sua madre, non da quando nel suo cervello si era proiettata nitida e precisa la sua intrusione nel branco. Lì, per tutti, lei era la puttana; quella che se ne era andata a letto con un altro e aveva partorito lui: Embry, il figlio illegittimo. Certo in sua presenza quel nominativo carico di disprezzo veniva eliminato, per normale civil vivere.
La madre ebbe un brivido di paura, poi prese fiato e cercò di riprendere un po’ di autorità che, ogni volta che litigavano, veniva meno, sommersa dalla preoccupazione.
<< Attento a come parli! >> sbottò agitando un dito in aria, mentre il ragazzone si era alzato e tremava violentemente.
<< Mamma, non mi scocciare >> ringhiò, un ringhio che non sarebbe dovuto uscire dalla sua bocca, un ringhio animale che lo fece trasalire, spaventato di se stesso.
La signora Call indietreggiò spaventata, finendo attaccata al lavandino, mentre la pioggia scendeva.
Il ragazzo uscì sbattendo la porta e lei rimase lì, sul lavabo, nella cucina, aspettando che il suo bambino tornasse.

Aspettando che quello ritornasse il loro posto speciale.



Angolo autrice:

Ogni volta che pubblico mi guardo intorno, ho una tremenda paura che qualcuno mi uccida per non farmi postare.
Non ho molto da dire, ff scritta di getto, folgorata dall'ispirazione che sicuramente riceverà un numero di commenti pari a 0.
Se qualcuno di voi segue le altre mie ff e pensa che sia dispersa, non si preoccupi, aspetto di trovare tempo e voglia di scrivere, le idee ci sono tutte, non ho la scusa dell'ispirazione <_<.

Questa fanfiction partecipa al Contest 100 prompts indetto dal Fanfiction Contest ~ { Collection of Starlight since 01.06.08 }.


   
 
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