Primo capitolo: Il maniero
La neve c’era, ovviamente, ed era
abbondante. Lena aveva i piedi gelati perché le sue costose scarpe si erano
bagnate nell’istante stesso in cui era scesa dall’aereo privato per salire
nella berlina nera che l’aspettava. Con uno sbuffo le sfilò contenta di poter
aver la macchina tutta per sé.
“Perché non stiamo partendo?” Chiese
all’autista, perplessa. L’aveva visto caricare i suoi bagagli e ora non capiva
cosa stessero aspettando.
“Mister Luthor
e la sua fidanzata arriveranno a minuti, Miss.” Per un attimo si era quasi
strozzata a sentire quel nome, ma poi sorrise, era ovvio che si riferisse a
James e non a suo padre.
“Lui preferisce Olsen,
meglio che te lo ricordi, Richard.”
“Certo, Miss.” Disse l’autista mentre
lei volgeva la testa verso la pista principale dove un grande aereo di linea
stava atterrando.
Pochi minuti dopo riconobbe l’alta
figura di James, doveva aver messo su parecchi muscoli dall’ultima volta che lo
aveva visto, perché anche con la pesante giacca appariva massiccio. Gli occhi
di Lena però si soffermarono sull’esile figura che lo seguiva. Indossava un
ridicolo cappello color salmone, con un pompon sulla punta, dal quale sbucavano
due trecce bionde. Sul volto della giovane che trascinava la propria valigia,
vi era un sorriso luminoso. La testa ruotava in tutti i sensi come a voler
catturare l’intero paesaggio nel minor tempo possibile. Un sorriso increspò le
labbra di Lena, aveva come l’impressione che quella ragazza fosse la vivacità
in persona e nell’istante stesso in cui lo pensò la vide cadere a terra e poi,
anche dall’interno dell’autovettura, poté sentire la risata piena di gioia e di
vita della giovane. Sorrise di nuovo poi distolse lo sguardo e sospirò,
ricordando le buone maniere infilò di nuovo i tacchi e uscì dalla macchina
cercando di apparire rilassata e tranquilla.
Rise dello scivolone e quando James
le diede la mano si lasciò sollevare, poi incrociò gli occhi divertiti di una
donna. Indossava un tailleur più adeguato all’ufficio che alla montagna e delle
scarpe con un tacco alto. Kara non poté fare a meno
di pensare che fosse bella con quei capelli scuri che incorniciavano un volto
pallido in cui spiccavano due occhi di ghiaccio a far da contrasto a morbide
labbra rosse.
“Mia sorella.” Le disse James, poi
prese anche la sua valigia, malgrado lei gli avesse assicurato che poteva
cavarsela da sola, e si diresse con passo deciso verso la donna. “Ciao, sorellina.”
“Jimmy.” Disse lei, l’aria divertita
che non abbandonava i suoi occhi.
“Lo sai che non mi piace essere
chiamato così.”
“Giusto, James.” Mormorò dando al
nome un tono ricco e pomposo. “E tu invece, chi saresti?” Chiese nel notare
lei, che era appena sopraggiunta, un poco intimorita.
“Ehm… ehm… sono Kara
Danvers.”
“Piacere di conoscerti, Kara Danvers.” Sembrò assaporare
il nome, poi sorrise. “Vogliamo entrare in macchina prima di congelarci o… fare
altri scivoloni?”
“Sì.” Rispose lei, non c’era stato
sarcasmo nel suo tono e Kara sorrise mentre James
apriva il baule e, aiutato dall’autista, aggiungeva le loro valige al
bagagliaio.
“Lena, ti sei portata tutto
l’armadio?” Commentò il ragazzo, ma lei non si degnò di rispondere invece tornò
in macchina rabbrividendo.
“Ti piace la montagna?” Chiese Kara imbarazzata dal silenzio che era calato tra di loro
mentre i due uomini si stavano ancora domandando come far stare i loro bauli.
“No, la detesto.”
“Oh…” Lena si voltò verso di lei, il
sorriso divertito di prima che ricompariva sulle sue labbra.
“Vedrai che tu ti divertirai, James è sempre stato un buon intrattenitore e ti
porterà a scoprire le meraviglie che questa valle nasconde.” A quelle parole
lei annuì, poi però corrugò la fronte.
“E tu?”
“Io?” Chiese lei stupita. “Io, me ne
starò chiusa in camera fingendo di…” Si guardò alle spalle controllando che
James fosse impegnato poi si tese verso di lei con aria complice. “In quelle
valige non ci sono solo abiti, ma un’antenna satellitare che mi permetterà di
mantenermi collegata al lavoro. Che resti un segreto però, se Wallace lo scopre
finirò in punizione.” Le fece l’occhiolino, ma si scostò da lei non appena
James aprì la porta per entrare.
“Fatto!” Annunciò soddisfatto l’uomo
e Kara gli sorrise, ma quando lui si tese per darle
un bacio si scostò arrossendo, la mano che correva ad aggiustarsi gli occhiali
da vista. Gli occhi di Lena erano fissi davanti a lei, ma a Kara
sembrò di vedere un guizzò in essi e fu quasi sicura che non le era sfuggito
nulla. Sorrise a James che rassegnato si sistemò accanto a loro e iniziò a
ricordare l’ultima volta che era venuto lì.
Kara lasciò che quelle chiacchiere la
cullassero, mentre i suoi occhi non si staccavano dal finestrino e dal
bellissimo paesaggio innevato che stavano oltrepassando.
Le chiacchere di James erano un
fastidioso ronzio nella sua testa, mentre lei cercava di concentrarsi sul
rapporto che aveva letto quella mattina prima di partire e al quale doveva
rispondere, lui non la smetteva di blaterare su quanto si fosse divertito a
sciare tra quei monti. Sembrava completamente dimentico della sofferenza che
aveva causato lasciandola solo in quella famiglia di pazzi, proprio il famoso
Natale di cui parlava tanto allegramente. Lanciò uno sguardo a Kara che sembrava più intenta ad osservare il paesaggio che
ad ascoltare il fidanzato e sorrise. Sembrava vedesse la neve e le montagne per
la prima volta.
Il viaggio fu lungo e quando
finalmente raggiunsero il maniero l’unico aspetto positivo fu vedere
l’entusiasmo di Kara. La ragazza sembrava essere ad
un passo dallo saltellare talmente era felice.
Wallace Luthor
li aspettava nel grande salone, così mentre i domestici scaricavano i loro
bagagli, lo raggiunsero. La stanza era esattamente come la ricordava, il fuoco
scoppiettava allegro mentre suo nonno sonnecchiava sul divano posto proprio
davanti ad esso.
James gli si inginocchiò davanti e lo
chiamò, posando delicatamente una mano sulla sua spalla. L’uomo aprì gli occhi
lentamente e Lena si rese conto di quanto fosse invecchiato, forse, malgrado
quello che dicesse anche lui aveva sofferto per l’incarceramento di Lex e di Lilian.
“Oh, oh… siete già qui?” Chiese un
poco confuso.
“Sì, Wallace.” James fece un largo
sorriso e il vecchio sorrise a sua volta, poi si voltò e vide lei.
“Oh, c’è anche la piccola Lena!
Vieni, ho preso una cosa per te dall’Egitto.” Il sorriso si congelò sulle
labbra di James. Erano anni che non vedeva suo nonno e non si era reso conto
che la demenza senile se lo stava portando via. Lena invece sorrise e si piegò
su di lui per dargli un bacio sulla guancia.
“Grazie nonno, la palla di neve con
la piramide di Cheope è bellissima.” Il vecchio annuì sorridendo poi notò Kara che se ne stava dritta, timidamente in attesa di
essere presentata.
“E tu sei un’amichetta di Lena?”
Chiese l’anziano signore.
“È la mia fidanzata.” Intervenne
bruscamente James, confuso dalla situazione.
“Oh…” L’uomo fissò perplesso i presenti,
scombussolato da quell’informazione.
“Vuoi che ti faccia portare un po’ di
tè, nonno?” Chiese allora Lena folgorando il fratello adottivo con lo sguardo.
“Sei gentile, sì, mi piace il tè.”
Si allontanò per chiamare la servitù
e James la seguì, deciso.
“Non mi avevi detto che il nonno
stava così male!”
“Non mi pare tu abbia chiesto nostre
notizie, Olsen.” Lena vide quelle parole colpire il
giovane e si rese conto di aver parlato troppo bruscamente, ma l’abbandono di
James la feriva ancora.
“Mi dispiace.” Disse allora l’uomo,
sorpreso dalla sua durezza. Lena scosse la testa e sospirò.
“Il medico dice che è demenza senile,
bisogna solo assecondarlo, il più delle volte ci vede come bambini, magari
potrebbe metterti in castigo oppure regalarti una caramella.” Lena si strinse
nelle spalle. “Lilian approfittava della sua debolezza, le sue battute lo
ferivano, ma quest’anno lei non c’è e sarebbe bello se potesse passare un bel
Natale con i suoi nipoti.” Lena sentì il nonno ridere e si voltò verso il
salone, sorpresa. Kara era in ginocchio accanto a lui
e gli stava parlando fitto.
“Non è meravigliosa?” Chiese James
che aveva seguito il suo sguardo. Lena aggrottò la fronte, ma non rispose al
fratello, invece notò una cameriera passare e le chiese di servire del tè.
Bevvero la bevanda calda davanti al
fuoco, ma ben presto Wallace si addormentò, così lo lasciarono riposare. James
accompagnò Kara alla loro stanza, mentre lei risalì
gli scalini fino a raggiungere la sua, nella torretta Nord.
Guardò l’ampio letto e le sue cose
già sistemate negli armadi, notò l’antenna posizionata sulla scrivania accanto
al suo computer e annuì soddisfatta, poi si sedette e iniziò a lavorare.
“Questo posto è magnifico!”
“Sì, ma non mi aspettavo che Wallace
fosse così malato…” James fece una smorfia.
“Vedrai che gli farà bene stare con
voi, malgrado la servitù è ovvio che si sente solo in questa grande casa.”
“Lena avrebbe potuto dirmelo.”
“Immagino di sì, ma credo che abbia
avuto le sue ragioni per non farlo, dopo tutto ha passato un anno difficile,
dovresti starle vicino.” Il ragazzo si voltò a guardarla perplesso e lei si
strinse nelle spalle. “Mi hai sempre parlato di lei come di una manager dai
denti aguzzi, ma a me è sembrata simpatica.”
“Simpatica?” L’uomo alzò un
sopracciglio. “Scommetto che a quest’ora starà già sul suo laptop a scrivere
rapporti e a preparare bilanci.”
“Ama il suo lavoro cosa c’è di male?”
Si sentì di difenderla Kara.
“Ehi, ehi, ho capito: ti piace! E tu
sei una da primo sguardo quindi non tenterò di farti cambiare idea.”
“Cosa significa che sono una da primo
sguardo?”
“Che senti le persone a pelle: o ti
piacciono o non ti piacciono.”
“Sono brava a giudicare le persone.”
Si difese lei.
“Lo so, infatti ti sono piaciuto al
primo sguardo.” Si tese verso di lei per baciarla, ma il suo cellulare squillò
e lui si tirò indietro con una smorfia. “Lavoro.” Disse.
“Potrebbe essere importante.” James
annuì e rispose. Dieci minuti dopo era ancora la telefono e parlava agitato. Kara si affacciò a quello che era il loro piccolo salottino
e fissò il ragazzo che, concentrato, ascoltava la voce dall’altra parte del
telefono. Stanca di aspettare decise che poteva fare un giro del maniero da
sola.
L’edificio era ricco di decorazioni
antiche, i soffitti delle stanze erano affrescati oppure decorati con elaborate
volte a cassettone. I pavimenti erano altrettanto ricchi che fossero in mogano
o in pietra. E poi vi erano i dipinti, le statue, le armature, i lampadari e i
mobili, tutti bellissimi. Fece il giro dell’intero edificio, evitando solo le
stanze private di Wallace e della servitù, fino a quando non si ritrovò ad
inerpicarsi per una stretta scalinata in pietra, che partiva dal pianerottolo
sul quale raggiungeva la camera sua e di James. Incuriosita decise di andare a
vedere cosa ci fosse lassù. Doveva trattarsi di una torre e magari avrebbe
potuto beneficiare di una bella vista. In cima però vi era una porta chiusa. Lei
bussò educatamente. In tutto il suo giro non aveva incontrato nessuno se non
qualche cameriera o un valletto, quindi ora fu sorpresa di sentirsi rispondere
dalla voce calda di Lena.
“Scusa, non volevo disturbarti.” La
donna la guardò entrare con aria perplessa. “Stavo facendo un giro delle stanze
e questa era l’ultima che mi restava.”
“Allora avresti dovuto immaginare che
dentro avresti trovato me.” Gli occhi della donna brillavano di nuovo di
ironia, mentre si fissavano nei suoi.
“Ehm… già.” Disse allora lei arrossendo
per quell’evidenza. Presa dall’esplorazione non aveva riflettuto.
“James ti ha già abbandonata?” Chiese
poi la donna e nel suo tono Kara percepì una punta di
sarcasmo, non rivolta a lei, ma al fratello adottivo.
“È al telefono e…”
“Sei qui! Finalmente, ti ho cercata
ovunque.” James gettò un’occhiata alla scrivania di Lena, ma non fece commenti
nel notare l’antenna e il laptop aperto.
“Cosa succede?” Chiese Kara, James aveva una faccia colpevole ed era chiaramente
imbarazzato.
“Cosa hai fatto questa volta?” Chiese
allora Lena che evidentemente conosceva bene il fratello, malgrado non lo
vedesse da anni.
“Io… devo rientrare per qualche
giorno, massimo cinque.”
“Rientrare?” Chiese stupita Kara.
“Sì, è successo un casino alla CatCo e… sono il responsabile ora, non posso lasciare che…”
Scosse la testa poi sorrise. “Ma tu puoi restare, ovviamente, in men che non si
dica sarò di ritorno.”
“Aspetta, non posso mica…” Cercò di
protestare Kara.
“Lena si occuperà di te, vero,
sorellina?” La donna sgranò gli occhi, fu sul punto di dire di no, ma colse lo
sguardo afflitto di Kara e prima che avesse il tempo
di riflettere per davvero, annuì.
“Va bene.”
“Va bene?” Chiese James, stupito
quasi quanto Kara.
“Sì, va bene.”
“Grande!” Disse allora il giovane poi
guardò Kara che lo fissava rossa in volto. “A te va
bene, non è vero?”
“Io…” La ragazza guardò Lena, fu un
secondo, i loro occhi si allacciarono e quelli di Lena assunsero una sfumatura
verde. Incantata da quella metamorfosi annuì. “Sì, se non sono di disturbo.”
“Certo che no.” Proruppe James poi
corse via, probabilmente a preparare le valige e ad avvisare l’autista.
Le due donne rimasero sole nella
stanza tonda della torre.
“Grazie.” Mormorò Kara
e Lena le sorrise.
“Lo sapevo che non sarei riuscita a
lavorare…” Ma nel suo tono non vi era reale esasperazione, solo la solita
divertita, ironia. Kara sorrise, dopo tutto, forse, non
sarebbe stato così male passare del tempo con lei.