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Autore: SweetMelany    15/12/2016    1 recensioni
Questa storia parla di una Kagome e di un Inuyasha nel mondo di tutti i giorni.
Kagome è una studentessa delle medie che sta iniziando a rapportarsi con ciò che l'aspetta non appena frequenterà le superiori. Qui conoscerà Inuyasha in una circostanza alquanto insolita. E i due, tra un litigio e l'altro, cominceranno a provare affetto l'uno per l'altra.
Inuyasha è un ragazzo disastrato. Abbandonato dalla famiglia e dalla donna che amava, non riesce a vedere il suo futuro se non come un enorme buco nero. Ma per fortuna ci penserà Kagome, con la sua vitalità e la sua testardaggine, a far sciogliere l'odio che lo circonda e a fargli ritrovare la voglia di vivere e di essere felice.
Ma purtroppo quando le cose tra i due sembreranno finalmente arrivare a una svolta, ecco ricomparire qualcuno che metterà in dubbio e in pericolo l'affetto di entrambi.
Se volete scoprire chi è questo qualcuno, leggete e scopritelo voi stessi ;)
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Kikyo, Miroku, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome, Inuyasha/Kikyo, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Passano i giorni e, nonostante questo, la mamma non mi ha ancora perdonata per essere rientrata a casa così tardi. Come se fosse stata colpa mia… beh si, un po’ lo è stata ma chi poteva prevederlo?
Comunque cerco di ignorare le sue occhiate di rimprovero e mi convinco che presto le passerà.
Oggi è venerdì e come al solito mi trovo con le altre all’incrocio a pochi isolati dal tempio. Prendiamo la metro e ci dirigiamo a scuola.
All’ingresso vedo Hojo, il quale mi saluta allegramente. Le mie amiche mi danno di gomito e iniziano a rifarmi mille domande sul nostro “appuntamento”, come lo chiamano loro.
- Ragazze, ve l’ho detto, siamo solo andati a mangiare un boccone insieme. Non si può certo chiamare appuntamento – ripeto.
- Ah ah e dopo che è successo? – mi ignorano.
Sospiro. – Niente, siamo andati a prendere la metro e ci siamo salutati. Tutto qui – rispondo.
Okay, forse le cose non sono andate esattamente così. Ma non ho avuto il coraggio di raccontare loro la mia piccola avventura. Soprattutto perché 1) sarebbe stato imbarazzante ammettere di aver dimenticato per l’ennesima volta lo zaino da qualche parte e 2) non mi sembrava il caso di nominare il ragazzo conosciuto in quel frangente.
Prima che possano ricominciare con i loro incoraggiamenti e consigli non richiesti, mi avvio verso l’entrata.
La giornata passa tra una lezione e l’altra e come al solito i professori decidono di riempirci di compiti in vista del prossimo esame.
Quando l’ultima campana suona, sospiro amareggiata.
Appoggio la testa sul banco e la circondo con le braccia. Le mie amiche arrivano subito a consolarmi e mi promettono di prestarmi tutti i loro appunti. È in questi momenti che le adoro più che mai.
Raccolgo la cartella e insieme ci dirigiamo all’uscita.
- Allora Kagome cos’hai deciso per questo weekend? Pensi di riuscire a venire? – mi chiede per la centesima volta Eri.
Vorrei risponderle di sì, ma la parte più razionale di me decide di prendere il sopravvento.
- Lo sai che non posso – rispondo sconsolata. È la verità purtroppo.
- Oh andiamo Kagome! Si tratta solo di una sera e il posto non è lontano da qui – mi prega Yuka.
- Lo so, e infatti il problema non è questo come ben sai… -. Le altre abbassano gli occhi, non sapendo più cosa replicare. Il fatto è che non ho abbastanza soldi da permettermi di partecipare alla festa. Già facciamo fatica ad andare avanti così con la misera pensione del nonno e le offerte del tempio. Non posso chiedere anche altri soldi per comprarmi dei vestiti e dei trucchi, il taxi per il ritorno e magari qualcosa da bere quando sono là.
- Quello che ti chiediamo è solo di proporre la cosa a tua madre, tutto qua – esordisce Ayumi.
Certo, come se non avesse già il suo da fare per cercarsi un lavoro decente e badare a mio fratello.
- Non vi prometto niente ragazze, ma almeno ci proverò – consento alla fine. La loro reazione mi tira su di morale, il che mi infonde abbastanza coraggio da domandarlo ai miei parenti.
Non l’ho detto alle altre, ma in realtà è anche la consapevolezza di essere in una mezza punizione a frenarmi. Dopo quella sera e averli fatti preoccupare a tal punto mi sono sentita talmente in colpa… non mi sembra il caso di proporre proprio ora, che le cose sembrano migliorare, di poter partecipare a una festa. Per di più sarebbe a casa di un ragazzo della B, che neanche conosco di persona.
È stata Ayumi a procurarci l’invito. Ha conosciuto il ragazzo perché è anche lui un rappresentante di classe e al consiglio degli studenti si sono visti spesso. Per di più sono convinta che abbia una cotta per lei, e le ragazze si trovano d’accordo con me. Ayumi è una bellissima ragazza e anche Mamoru è un tipo a posto e piuttosto affascinante da quel che ho sentito. Ma io sono l’ultima a poter giudicare, vista la mia situazione con Hojo.
Non appena apro la porta di casa, l’odore del curry mi investe, facendomi venire l’acquolina in bocca. Il coraggio acquistato poco prima sembra scemare sempre più, man mano che mi avvicino alla cucina. Sembra che mia madre l’abbia fatto apposta a cucinare il mio piatto preferito, come se volesse farmi sentire ancora più in colpa. Chissà se quando sarò madre avrò lo stesso sesto senso…
- Ciao Kagome, com’è andata a scuola? – mi domanda.
Mentre mi accomodo al tavolo le faccio un riassunto della giornata. Sento provenire dal soggiorno un chiacchiericcio che immagino provenga dalla TV accesa e immagino che il nonno e Sota siano seduti sul divano a guardarla.
Forse questo è il momento buono.
- Mamma, posso chiederti una cosa? – inizio. Lei smette di mescolare la carne e si volta, prestandomi tutta la sua attenzione.
- Ma certo, tesoro, dimmi pure -.
Mi accarezzo le mani, cercando le parole più adatte.
- Ecco… mi domandavo se… se… se potevo andare a una festa sabato sera! -. Praticamente l’ultima frase mi esce urlando, e spero che il nonno e Sota non abbiano sentito.
Non ho il coraggio di vedere la reazione di mia madre, così tengo gli occhi fissi sul tavolo.
Prima che abbia il tempo di dire qualcosa, arriva mio fratello. – Sorellona tutto bene? Io e il nonno ti abbiamo sentito gridare -. Ecco e ti pareva…
Non ho neanche il coraggio di rispondergli per paura di minare in qualche modo la decisione della mamma. Mi limito ad annuire.
- Kagome, perché avevi paura a parlarmene? – domanda lei, prendendomi alla sprovvista.
È allora che decido di incontrare il suo sguardo.
Non vorrei mettere il dito nella piaga e sottolineare così la nostra situazione economica, ma non saprei cos’altro rispondere.
- È per via del castigo? -. Incredibilmente, questo mi facilita le cose. Colgo l’occasione al volo e annuisco.
- Beh, penso di averti punita abbastanza e immagino che tu abbia riflettuto a sufficienza su i tuoi errori. Per cui, non vedo per quale motivo tu non debba non andare a questa festa -.
Non credo alle mie orecchie.
- Dopotutto, hai quasi sedici anni. È normale che tu voglia divertirti un po’ -.
E detto questo riprende a cucinare il curry, come se niente fosse.
- Sorellina, ti senti bene? -. Non mi ero nemmeno resa conto che Sota era rimasto in cucina.
- Non l’ho mai vista così… mamma, credi che sia in stato di shock? -.
 
 
 
- E questo come mi sta? – domando per la milionesima volta ad Eri. Yuka e Ayumi sono andate a bere qualcosa nella caffetteria qua di fronte, mentre lei mi fa compagnia.
- Eh? Ah sì, molto bene – risponde, anche se immagino che ormai persino un sacchetto per la spazzatura somigli attraente per lei. Penso che le altre si siano pentite di aver insistito tanto perché andassi alla festa con loro, anche se quando ho riferito la risposta di mia madre hanno saltato dalla gioia e mi hanno abbracciato per almeno mezzora.
È il pomeriggio prima del fatidico evento. Mancano più o meno tre ore. E io ancora non so cosa indosserò. Sono un disastro.
- Ti ripeto che il quinto vestito che hai provato ti stava meravigliosamente, quindi ti prego… compra quello e andiamo -. Forse dovrei seguire il suo suggerimento. D’altronde devono prepararsi anche loro e non posso rivendicare per me tutto il tempo.
- D’accordo. Lo compro – acconsento alla fine. Eri sospira felice, come per dire “Era ora!”. E scommetto che anche Yuka e Ayumi avranno la stessa reazione.
Usciamo dal negozio e ci separiamo. Io vado con Eri e promettiamo con le altre di aspettarle fuori dall’abitazione nel caso arrivassimo prima di loro.
Eri mi ha permesso di prepararmi a casa sua e mi presterà anche i trucchi di cui dispone, che sono davvero tantissimi.
Non mi piace approfittare degli altri, ma lei ha insistito talmente tanto che se avessi rifiutato avrei finito per compromettere la nostra amicizia.
Quando siamo entrambe pronte ed Eri ha finito di applicarmi il trucco – ombretto, mascara e un po’ di lucidalabbra – usciamo. Le nostre madri hanno insistito molto che prendessimo un taxi, perché a parer loro la metro non è molto sicura a quest’ora. Fortunatamente il nostro mezzo è già lì fuori che ci attende.
Mentre ci accomodiamo sul sedile posteriore do una ricontrollata al nostro look. Eri indossa un paio di shorts di jeans, con sotto le calze a rete, e una maglia beige con le maniche che le arrivano al gomito. Ha optato per un trucco pesante e porta degli stivali da cowgirl.
 
Io invece indosso l’abito che ho comprato oggi, nero, con le maniche lunghe trasparenti e la scollatura a cuore. Mi arriva a metà coscia e non mi delinea bene le curve come altri che ho provato, ma per una prima festa va bene così.
I tacchi che porto me li ha prestati Yuka, dato che abbiamo lo stesso numero. Un’altra gentilezza che non ho potuto rifiutare.
Quando arriviamo all’indirizzo, troviamo già le nostre amiche ad attenderci. Ayumi suona il campanello e dopo pochi secondi un ragazzo, che sarà alto almeno venti centimetri più di me, viene ad aprirci. Ci rivolge un sorriso sexy che farebbe sciogliere qualsiasi ragazza.
- Ciao, voi dovete essere amiche di Mamoru. Prego, entrate pure – e detto questo spalanca la porta per farci accomodare.
Come benvenuto devo dire che non mi dispiace affatto e lo stesso può dirsi delle mie amiche.
Lo sconosciuto porta i capelli legati in un codino e ha profondi occhi blu notte. È… affascinante.
- Io sono Miroku, piacere di conoscervi – si presenta, mentre ci guida all’interno.
Miroku… perché quel nome mi suona familiare?
Non ci bado molto e seguo le mie amiche fino al soggiorno, che è già parecchio affollato.
- Ehi, ce l’avete fatta, mi fa piacere – afferma un ragazzo che immagino essere il padrone di casa.
- Bene, visto che siete in buone mani vi lascio alla vostra festa – e prima che qualcuno protesti, se n’è già andato.
- Che voleva dire con questo? – domando.
- Oh, mio cugino intendeva dire che… - ma non fa in tempo a finire la frase che viene salutato da altra gente appena arrivata. Siamo sicuri che c’è abbastanza spazio in questa casa?
Nel frattempo il dj ha messo su alcuni pezzi che si sentono spesso alla radio e prima che me ne accorga vengo sospinta sulla pista da ballo improvvisata, dalle mie amiche. È una sala adiacente il soggiorno, che immagino sia stata svuotata dei mobili per fare spazio alle persone e al banco del dj.
Dopo una decina di minuti di scuotimenti e di salti, mi viene sete e decido di raggiungere la cucina. Le mie amiche non sembrano pensarla come me, dato che sono ancora intente ad agitare le braccia in aria.
Mi allontano e spero di tornare prima che si accorgano della mia assenza.
La cucina, in compenso, è deserta. Appoggio la pochette nera – altro acquisto della giornata – sull’isola al centro della stanza e apro il frigo, in cerca di qualcosa di dissetante.
- Trovato niente? -. Per poco non sbatto la testa contro un ripiano dallo spavento. Quando chiudo il frigo per vedere chi è il deficiente che per poco mi fa venire un infarto, resto di sasso.
Tra tutte le persone, non mi sarei mai aspettata di vedere lui. E tra tutti i posti in cui potevo incontrarlo non mi sarei mai aspettata di vederlo qui.
- Che cavolo ti dice il cervello? – domando alla fine, il cuore che batte ancora per la paura.
Lui si caccia a ridere e prima che possa aggiungere altro si avvicina riapre il frigo. Sono così scioccata che non mi accorgo di trovarmi a pochi centimetri da lui finché non mi porge una bottiglia di acqua gelata. Io la afferro, ancora intontita, mentre lui fruga nelle credenze alla ricerca di un bicchiere. Quando trova il ripiano giusto, ne prende due. Riprende l’acqua e ne versa in ognuno.
- Alla salute – dice, mettendomene uno in mano.
Lo guardo bere avidamente, una goccia d’acqua che gli cola giù per il collo, solcando il pomo d’Adamo che va su e giù a ogni sorso, fino ad arrivare alle clavicole. I capelli spettinati gli conferiscono un’aria sbarazzina e sono sparati in tutte le parti, bagnati dal sudore. È addirittura più bello di come lo ricordassi, mi rendo conto in quel momento, mentre la rabbia se ne va, sostituita da qualcos’altro.
Solo quando ha finito mi accorgo di quanto sembri patetica e ridicola per averlo fissato tutto il tempo. Bevo anch’io, calmando la mia sete.
Solo quando mi sono ripresa decido di parlargli. – Che ci fai qui? -.
Lui inarca le sopracciglia. – Scusami? -.
- Insomma, non mi aspettavo di rivederti a una festa delle medie – spiego.
- Infatti non sono venuto a questa festa. Al piano di sotto ce n’è un’altra, che ha organizzato Miroku. Non ci tengo proprio alle vostre festicciole da studenti, sai? Di certo questa non si può chiamare festa, ma l’hai vista? -. Io arrossisco, non potendo controbattere facendo paragoni dato che questa è la prima a cui partecipo.
Non trovando altri motivi per rimanere, esco in cucina. Solo allora mi accorgo di avere ancora il bicchiere stretto in mano. Lo appoggio con nonchalance a un mobiletto affiancato alla parete, sperando di passare inosservata.
Ritrovo le mie amiche e ricomincio a ballare, cercando di distrarmi, di dimenticare il ragazzo con il quale ho condiviso quell’avventura.
Non lo rivedo per tutta la sera.
 
 
Quando arriviamo a casa mia sono talmente distrutta che non ho neanche le forze per mettermi sotto la doccia. Saluto Yuka con il quale ho condiviso il taxi e le auguro una buona domenica.
La mamma è ancora sveglia e mi accoglie con un sorriso, chiedendomi com’è stata la serata. Tra uno sbadiglio e l’altro le racconto l’esperienza, tralasciando l’incontro con Inuyasha.
Quando finalmente mi lascia salire al piano di sopra, mi butto sulle coperte e piano piano il respiro si calma.
Quella notte non sogno nulla.
La mattina dopo mia mamma mi chiama per dirmi che il pranzo è pronto. Alzo la testa, ancora insonnolita, e guardo l’orario sulla sveglia. Le 12:11.
Mi metto supina e stiro braccia e gambe. Indosso ancora il vestito di ieri sera.
Prima di scendere, decido di farmi una doccia e quando mi sento abbastanza rinvigorita esco, mi asciugo e mi vesto. Imbocco le scale proprio quando la mamma mi richiama per la seconda volta quel giorno.
Mangiamo in silenzio. Sota e il nonno non fanno domande, probabilmente la mamma ha già raccontato loro l’evento.
Quando sparecchio la tavola esco in giardino a prendere una boccata d’aria. La temperatura sta lentamente salendo con l’avvicinarsi dell’estate. Se penso che fra poco finirò la scuola media mi viene mal di testa.
Sospiro e mi siedo sulla panchina al fianco della casa. Le foglie di Goshinboku mi riparano dai raggi del sole e una lieve brezza le muove, riempiendo il silenzio di quel suono così calmante.
Chiudo gli occhi e respiro con il naso, cercando di rilassarmi completamente.
Vorrei che la mia vita fosse sempre così: fatta di momenti felici, una sera vado alla festa e il mattino dopo mi rilasso… conoscere gente nuova… magari, chissà, un ragazzo carino che mi chiede di uscire… Prima che me ne renda conto sogno un paio di occhi scuri velati da riflessi bluastri, una mano poderosa che scosta i capelli mori da essi e se li spara in tutte le direzioni… 
   
 
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