Anime & Manga > Inazuma Eleven
Segui la storia  |       
Autore: lickmelyca    15/12/2016    2 recensioni
[Ex "Copypasted Nightmare"]
[Storia ad OC]
--
Un hobby alternativo? Sakuma rideva alla sola idea. Uscire la sera per intrattenimento non portava soldi, creava fatica e non gioviava al futuro. Eppure c'erano esseri umani che ancora professavano la loro arte senza ricorrere alle apposite macchine, lottando contro il sistema. Volendo, anche loro avrebbero potuto trovarsi un vero lavoro e contribuire a perfezionare il mondo tutti insieme. Non sarebbe stata una gioia maggiore? L'arte era per bambini, dopotutto. Bambini molto sciocchi.
--
Un mondo in cui il lavoro diventa divertimento e il divertimento soccombe al lavoro. Ma l'arte può veramente morire?
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

#four. (facciamoci sentire)

 

Hardwork City, quartiere dei piaceri,
bordello locale per adulti “Il Licaone”

 

 

Anja aveva passato una notte agitata, durante la quale aveva dormito sì e no un paio di ore a intervalli irregolari. In parte, il motivo era dovuto alla camera in cui si trovava: essendo l'unica ragazza del gruppo, era riuscita ad ottenere la stanza prediletta della cameriera Beta, tornata a casa sua quella sera, dotata di un grosso letto a baldacchino e un bagno integrato, mentre Fey e Atsushi condividevano un altro stanzino e Zack aveva dichiarato di non aver problemi ad accomodarsi su un divanetto. Stare da sola in quel vano però non la tranquillizzava affatto, anche perché le pareti erano molto sottili e i rumori che trapelavano lasciavano ben poco spazio all'immaginazione. Ma non era solo qualche schiamazzo eccitato a tenerla vigile, bensì pensieri malinconici e preoccupati rivolti alla zia, Sabine, la persona a cui voleva più bene insieme a Zack. Era stata proprio la parente a prendersi cura di lei dopo che fuggì di casa dalle angherie dei suoi genitori, entrambi Nevros, in cerca di un luogo in cui potesse disegnare in piena libertà e con l'animo tranquillo. Era stata sempre lei, in veste sia di mentore che di ex pittrice, a spingere la nipote ad allontarsi dalla sua casetta di periferia non troppo lontana da Sauvestay Town per seguire gli Artisti che le avevano salvato la vita e con cui aveva fatto amicizia e lottare per riconquistare i loro diritti perduti. Ogni rischio che aveva corso, ogni lacrima che aveva versato, ogni goccia di sudore caduta, ogni cosa che Anja faceva era per poter riabbracciare Sabine e dirle che ce l'aveva fatta, rigraziandola per aver creduto in lei fin da sempre. Per questo la ragazza non riusciva a darsi pace e ancora si colpevolizzava per aver rallentato il gruppo. Rassegnatasi all'idea di dormire, prese la sua borsa e si recò in bagno, pronta a creare una rivoluzione per sé stessa: tingersi i capelli. Non era certo la prima volta che lo faceva, era anzi un rito che compiva ogni volta che le spettava un compito importante. Le miscele da lei personalmente create erano i suoi colori e i suoi capelli la sua tela, e lei aveva proprio bisogno di realizzare un'opera che la riscattasse, che la rendesse più forte di prima, proprio come la maestosa fenice che aveva tatuata sul braccio.
Poche ore dopo il sole era sorto e già alto nel cielo, e Anja, con i suoi freschi capelli lilla dalle ciocche azzurre laterali, si sentiva finalmente rilassata come se avesse dormito per una giornata intera. Dopo aver pulito con scarso impegno il mezzo disastro che aveva creato nel bagno, si avviò con passo sicuro per aprire la porta, trovandosi all'improvviso davanti Zack.
“Oh, scusa, non volevo certo spaventarti!” l'attore le sorrise, vedendo che la sua apparizione l'aveva fatta sobbalzare “Ero venuto a svegliarti, ma a quanto pare sei in piedi da un po'. Stai molto bene così, complimenti.”
Colta ancora più alla sprovvista dal complimento dell'amico, la diciottene ci mise un po' a rispondere, finendo per mordersi la lingua un paio di volte. Finalmente, riuscì a bonfocchiare a testa bassa:
“B-Beh, grazie… Stanotte non riuscivo proprio a dormire…”
“Neanche tu? Anch'io ho fatto un po' di difficoltà. Mi spiace non aver trovato un posto migliore dove nasconderci, ma le mie risorse sono alquanto limitate. Questo è il primo posto che mi è venuto in mente, forse perché quando mio cugino non è in riabilitazione è sempre qui e mi tocca venire a riprenderlo…”Gli occhi di Zack erano stanchi e dispiaciuti. Non sapendo come fare per migliorare la situazione, la sua amica si limitò ad invitarlo ad entrare nella sua camera e farlo sedere sul letto. Zack Avalon era sempre stato un ragazzo sorridente, ma in qualche modo indecifrabile. Forse per questo motivo la pittrice si era affezionata così tanto a lui. Si mise a sedere a pochi centimetri di distanza, senza però guardarlo in faccia.
“Non sapevo questa cosa di tuo cugino… In realtà, so proprio poco di te…”
“È vero,” sospirò l'altro “non parlo mai di me. Scusami, non lo faccio neanche apposta. Non ne sento semplicemente il bisogno… ma forse è giusto che ti racconti qualcosa. Vedi, sono molto simile a te sotto molti punti di vista: i miei genitori, soprattutto mia madre, disprezzano i miei ideali e le mie passioni, e mi sono dovuto allontanare dalla mia famiglia. L'unico parente rimastomi vicino è mio cugino Zanark, un ragazzo consumato dalla sua dipendenza, ma quando non è in giro a subire le conseguenze dell'overdose posso assicurarti che è una persona a modo suo piacevole. A volte però ho nostalgia della mia vita e soprattutto dei miei fratellini…”
“Hai dei fratellini?”
“Due maschietti e una femminuccia. È per intrattenerli che mi sono interessato al teatro tradizionale che poi è diventato la mia più grande passione. Devo molto a loro, ma adesso…”
Si bloccò. Era evidente che parlare di sé era un'esperienza a lui nuova e che ancora gli risultava scomoda. La giovane gli toccò istintivamente la mano come per dirgli che anche se non voleva esprimersi, apprezzava il suo sforzo. Il contatto però la fece arrossire, spingendola a ritirare la mano… ma il ragazzo la riafferrò, stringendola con dolcezza.
“Grazie, Anja. Sono felice che sia stata proprio tu ad ascoltarmi, tra tutti. È una situazione difficile, ma ne usciremo.” Le sorrise di nuovo, lasciandole finalmente la mano e alzandosi dal letto “Comunque, Gamma mi ha detto che a breve chiuderà il locale, quindi dobbiamo andarcene. Gli ho dato un piccolo compenso e in cambio il suo autista ci porterà alla stazione in un mezzo dai vetri oscurati. Ho già avvisato Atsushi e Fey, si stanno preparando e ci incontreremo tutti a breve…”
“Siamo già qui.”
Gli altri due ragazzi fecero capolino nella stanza, anche loro con lo sguardo assonnato. Il più giovane era determinato a nascondere il più possibile il suo stato turbato, essendo anche la sua camera dotata di mura sottili, e sfoggiare il sorriso più convinto possibile per compensare l'espressione imbronciata del pasticcere, la quale rivelava che per preservare la propria incolumità bisognava evitare di parlare con lui. Il piccolo Rune tirò quindi fuori Robin il coniglio e lo lasciò raccontare qualche barzelletta delle sue, che fecero ridacchiare Anja e Zack.
“Grazie, Robin, ne avevamo proprio bisogno” Il maggiore sorrise, dando poi loro le spalle “Gamma ci ha detto di ritrovarci entro mezzora davanti all'ingresso, quindi finiamo di preparci e rechiamoci lì, d'accordo?”
I ragazzi annuirono e cominciarono ad avviarsi verso il luogo stabilito. Tutti tranne Atsushi, ancora imbronciato, che teneva i piedi ben piantati a terra. Fey lo guardò, inclinando la testa.
“Pensavo che avessi detto che odiassi questo posto, allora perché non ci segui? Raggiungeremo gli altri finalmente e non dovremo più sentir parlare di bordell- locali per adulti!”
Pronunciò le ultime parole imitando il tono altezzoso di Gamma, nel tentativo di strappare una risata anche al suo caro amico, ma Atsushi sembrava irremovibile. Alzò lo sguardo, d'un tratto diventato più pensieroso che altro.
“Come fai?”
“Prego?”
“Come fai a non andare nel panico, come fai ad essere tranquillo in questa situazione? Hai solo quattordici anni, sei poco più che un bambino e hai insistito per immischiarti in questa rivoluzione… Ho paura per te, Fey. Da quando sei entrato nella mia vita, nella mia famiglia addirittura, ho giurato che ti avrei protetto.”
“E io lo apprezzo, Atsushi, davvero. Da quando i miei genitori sono morti, tu e tua madre mi avete accolto nella vostra famiglia e mi avete restituito la gioia di vivere. Solo che adesso… l'hai persa tu preoccupandoti troppo per me, e questo non va bene. Sono felice che ti fidi di me, anch'io mi fido di te, ma dobbiamo entrambi aprire il nostro cuore e la nostra mente agli altri. Mi sono sentito così bene quando ho fatto ridere Anja e Zack poco fa, mi hanno ricordato per cosa stiamo combattendo. Ne vale la pena, Atsushi, te lo giuro.” Gli toccò la spalla, guardandolo dritto negli occhi “Appena arriviamo in un posto più sicuro, voglio che tu cucini una delle tue torte al cioccolato per me. Se vuoi, la cucineremo insieme. Perché il tuo sorriso è il più prezioso di tutti ed è assente da troppo tempo!”
Takahashi rimase a bocca aperta. Fey, il suo amico Fey, la persona a cui teneva di più, era veramente maturato da quel freddo giorno di inverno in cui gli aveva offerto un riparo dalla neve e un buon pasto caldo e, soprattutto, la sua incondizionata amicizia. L'unico bambino tra loro era soltanto lui. Aveva pensato solo a sé stesso, si era aggrappato a qualche pregiudizio irrazionale e basta, dimenticandosi cosa significasse essere un Artista: divertirsi e far divertire. E anche se non approvava l'eccentricità di Touya o l'alone misterioso di Zack, collaborare con loro era la chiave per ritrovare il suo sorriso, necessario per far sorridere gli altri. Il diciassettenne annuì, ricambiando il suo sguardo con più sicurezza. Poi scosse la testa e alzò le spalle, rivolgendo la sua attenzione all'ingresso e ad una macchina scura parcheggiata fuori.
“Vogliamo andare allora? Se passo un altro secondo in questo bordello implodo.”

 

 

 

Sauvestay Town, Strada Ovest
Albergo “La Fonte”

 

 

Midori non era il tipo di persona che faceva incubi, o comunque sogni talmente brutti da destarla in un bagno di sudore. Fu quindi molto sorpresa quando quella mattina, alle prime luci dell'alba, le capitò proprio quello. Era sempre stata una persona irremovibile, un pilastro su cui fare affidamento, una solida roccia. Ma anche le rocce più solide erano capaci di sgretolarsi. Le numerose fasciature che avvolgevano le sue gambe, per quanto cercasse di nasconderle, ne erano un costante promemoria. Aveva cominciato la sua carriera di circense proprio per sconfiggere la fragilità del suo corpo e, ai suoi tempi, anche della sua anima. Allontanata dai genitori, separata da suo fratello minore, divenuta sola al mondo, non le restava che mettersi alla prova. Il circo era diventato la sua nuova famiglia, un punto di riferimento nella sua vita divenuta vuota e opaca. Nel suo quartiere, era diventata famosa come “Midori la danzante”, poiché non appena si alzava in aria per i suoi volteggi e le sue acrobazie o camminava su una superfice instabile quale un filo sottilissimo a decine di metri da terra perdeva la sua proverbiale rigidità per lasciar posto ad una danza soave. Finché la giovane non decise di spingersi più in là e tentare la professione di fachiro, esercitandosi ogni giorno a camminare sul vetro… ma con scarso successo. Si ferì numerose volte, una delle quali fu più grave delle altre: un pezzo di vetro si conficcò in profondità nel suo piede sinistro, colpendo un nervo e danneggiandolo in maniera irreparabile. Il piede non era più in grado di mantenere un perfetto equilibrio come lo era prima, segnalando dunque il termine della danza di Midori. Ma allora perché, se non poteva più cimentarsi nella sua arte, lottava con così tanta determinazione per riprendersela? Forse, pensava, perché anche se lei aveva perso così tante cose non era giusto che le perdessero anche gli altri. Forse, anche, perché l'arte l'aveva condotta da Touya, come un segno del destino. Forse, addirittura, quello stesso segno le indicava che avrebbe dovuto raccontare al prestigiatore tutta la verità. Ma la roccia si era quasi del tutto sgretolata, e lei era troppo fragile per trovare il coraggio.
“È tutta colpa sua.” Pensò ad alta voce, tentando di chiudere di nuovo gli occhi “Solo colpa di Klaïr.”
“Che c'entra Klaïr?”
La rossa era talmente assorta nei suoi pensieri che non aveva notato Cassandra sveglia e seduta nel letto accanto al suo, intenta a stropicciarsi gli occhi ancora assonati dopo le quattordici ore lavorative del giorno prima. Era strano vederla già alzata, considerando tutto il sonno arretrato. Midori arrossì, rendendosi conto che il suo inaspettato incubo la aveva costretta ad urlare e, probabilmente, aveva svegliato l'intero albergo.
“T-Torna a dormire” Balbettò, con un'insicurezza approssimativamente ostentata “Pensavo ad alta voce e basta.”
“Ah, ormai sono sveglia.” Insistì l'altra, sorridendole curiosa “Ti ho mai detto che ho la passione dell'oniromanzia?”
“Hai perso tua zia?”
“O-ni-ro-man-zi-a! L'interpretazione dei sogni, in parole povere. Per farla breve, è palese che tu abbia avuto un incubo e mi interesserebbe saperne qualcosa in più al riguardo. Me lo racconteresti? Cos'è che ti affligge?”
La rossa allontanò lo sguardo, scocciata. Non voleva minimamente parlare del suo sogno, orinomanzia o meno. Del resto lei e Cassandra non erano certo amiche, nonostante fosse proprio Midori la persona con cui la spia si manteneva in contatto via radio durante i suoi insediamenti alla sede centrale. Se doveva essere sincera, il costante sorriso della castana destava in lei qualche sospetto e aveva sempre evitato di rimanere sola con lei troppo a lungo. Ma anche se odiava ammetterlo, aveva bisogno di sfogarsi, di urlare al mondo del suo stato di malessere dovuto alla ferita al piede e della sua necessità di prendere a pugni tutto e tutti, e visto che aveva davanti a sé un viso amichevole e un orecchio teso pronto ad ascoltare il suo rantolio disperato, sospirò e si preparò ad urlare contro alla sua malcapitata vittima. O almeno, così avrebbe voluto, se non che tutta la sua rabbia le si bloccò in gola e al posto di gridare riuscì solamente a mormorare quelle quattro parole che meno avrebbe voluto pronunciare.
“Ho sognato mio fratello.”
Voleva mandare già al diavolo tutto. Sentiva di essersi scavata la fossa da sola, prevedendo l'ovvia affermazione che seguì.
“Non sapevo tu avessi un fratello!”
“Siamo stati separati quando eravamo piccoli” Sbuffò, districandosi la lunga chioma mentre raccontava “Quando io avevo tre anni e lui appena uno. I miei genitori erano poveri in canna e non potevano permettersi di badare a due marmocchi, tant'è che dovettero vendere il minore.”
“Ma è terribile!”
“Già. Ma pare che lo abbia preso una famiglia molto dolce, che si è subito innamorata di lui e conservò il suo nome, ma non gli raccontò le sue origini. Io ero solo una poppante, eppure questa cosa mi ha segnata. E quando un giorno anch'io venni allontanata dai miei genitori, accusati di evasione fiscale, decisi che avrei ritrovato quel fratello perduto… Che lo avrei ritrovato grazie ai miei spettacoli. Che le mie performance sarebbero diventate la mia voce e che un giorno lui l'avrebbe sentita. E il mio desiderio si realizzò davvero. Lo rincontrai, all'improvviso, nel più casuale dei modi. E lo sai cosa gli dissi?”
“Assolutamente niente?”
“Assolutamente niente. Perché per lui, io ero assolutamente niente. Dirgli che ero sua sorella non mi avrebbe resa tale ai suoi occhi. Che stupidaggine, vero?”
“Per nulla. È un pensiero molto nobile. Stupido e sbagliato, ma nobile.”
“Eh?!”
“Dirgli che sei sua sorella ti renderebbe ancora più sua sorella di quanto lo sei già, anche se fa paura e anche se non ti accetta. Riflettici, Midori. Non voglio prendere decisioni per te o altro, ma pensa bene a quest'ultima cosa. Ti lascerei in pace, adesso, però non hai ancora risposto alla mia domanda.”
“Sarebbe?”
“Che c'entra Klaïr?”
La circense si morse il labbro, odiandosi per aver lasciato trapelare quel nome poco prima. Per quanto sapesse che sarebbe stato inutile, tentò di sviare nuovamente la conversazione.
“Nulla, te l'ho detto, stavo solo pensando ad alta voce!”
“Sicura? Guarda che lavoro con Klaïr ogni giorno e sapere segreti imbarazzanti sul suo conto può tornarmi utilissimo con Kidou!”
Sorrise appena. Sì, era stato totalmente inutile. Ma la aveva aiutata a capire che in Cassandra c'era una buona amica. E un'amica era un ottimo sostegno per una roccia vicina allo sgretolamento totale.
“E va bene. C'è una cosa che non ti ho detto di mio fratello…”

 

 

Sauvestay Town, Piazza della Cattedrale,
Parco della Cattedrale

 

 

Dall'avvento della Nevros cinque anni prima, i capolavori architettonici erano diventati molto più blandi e spogli. Per evitare l'incoraggiamento all'arte, la sede centrale aveva fatto rimuovere gran parte delle decorazioni, sia interne che esterne, sostiuito le vetrate con colori più sobri ed esaltato unicamente gli aspetti funzionali del luogo in questione. Le statue, i rosoni, i busti e quant'altro erano stati per la maggior parte distrutti, mentre una frazione minore era stata tenuta dal capo della Nevros sotto sua esplicita richiesta, anche se cosa volesse farci Kidou con un gran numero di statue abbandonate, però, non era mai stato chiaro a nessuno.
Per Pyotr, scultore ed orefice, era stato un duro colpo, quasi quanto la morte di sua moglie Lina poco prima della riforma Nevros. Lina era stata, oltre che la modella di gran parte delle sue opere, la compagna di una vita e un sostegno prezioso durante i primi acciacchi della vecchiaia, fisici o psicologici che fossero. Ma fu proprio l'età in avanzamento che stroncò la vita della modella prima del dovuto, lasciando suo marito indietro e creando in lui una sorta di tentennamento che mai aveva provato prima di allora. L'uomo, però, non si era fatto abbattere: sicuramente Lina gli mancava molto, ma l'esperienza gli aveva insegnato a rialzarsi anche dopo una brutta ferita. La morte non lo aveva mai spaventato, tutt'altro: la accettava come la fine naturale di ogni creatura, un sollievo finale che premiava le sofferenze della vita. La distruzione delle opere d'arte, anzi, lo aveva spronato a rimettersi in piedi ancora più in fretta di prima e a prendere parte alla rivolta degli Artisti. Si era inizialmente stupito vedendo che l'età media dei rivoltosi non superasse i trent'anni, poiché anche se sapeva che la gioventù era per antonomasia il periodo della ribellione non gli sembrava possibile che gli adulti si fossero invece arresi dinnanzi a un'evidente ingiustizia. Presto, però, il gruppo di Artisti divenne la sua nuova famiglia e lui stesso cominciò a sentirsi ringiovanito, se non addirittura immortale. Il suo cuore era sempre stato quello di un bambino, dopotutto, lo diceva sempre anche Lina.
“A cosa pensi, Pyotr?”
Era rimasto così assorto nel guardare la devastata cattedrale di Sauvestay che si era dimenticato che Touya fosse ancora seduto accanto a lui su quella fredda panchina del parco. Quando si perdeva nei suoi pensieri, l'orefice aveva l'abitudine di accarezzarsi la barba, cosa che non passava mai inosservata a chi lo conosceva bene. Il prestigiatore, infatti, era indubbiamente uno degli Artisti con cui aveva legato di più, forse perché, quando guardava dritto negli occhi grigi del diciottenne, rivedeva sé stesso a quell'età; un giovanotto che ardeva di passione, determinazione e voglia di conoscere, dare il massimo, ma soprattutto di guardare avanti. Sapeva che Touya era molto legato al nonno, il suo maestro di vita anche lui spirato pochi anni prima, e lo era stato anche lui in gioventù. Il ragazzo gli aveva confessato di rivedere in lui proprio suo nonno e si era sentito veramente fiero di ciò. Lui e Lina non avevano mai avuto bisogno di ampliare la propria famiglia, ma se mai avesse avuto un figlio o un nipote a Pyotr non sarebbe affatto dispiaciuto qualcuno come Touya. L'unica cosa che non approvava di lui era il suo eccentrico abbigliamento dal quale non si separava in nessun caso, anche se aveva fatto saltare più e più volte la sua copertura. Il signor Volcov lo aveva criticato innumerevoli volte per questa sua caratteristica, ma lui si era semplicemente limitato a rispondergli che senza i suoi abiti da mago era come un cavaliere senza armatura, tanto anonimo quanto vulnerabile. E se riusciva a trovare la forza per combattere, pensava Pyotr, anche solo grazie a dei vestiti un tantino bizzarri, allora tanto di cappello. O di cilindro, nel caso di Touya.
“Al tempo.” Rispose con un sospiro “Tu, invece? Non pensare che non mi sia reso conto di quanto siano in agitazione i tuoi pensieri.”
“Non posso certo darti torto. Sto pensando a molte cose: ai ragazzi rimasti nella capitale, al tradimento di Shindou, a Klaïr, ai cambiamenti… più molte cose che richiedono azione, piuttosto che riflessione. Forse dovremmo cominciare a muoverci.”
“Credo tu abbia ragion-”
Ma l'affermazione di Pyotr fu interrotta da un acuto latrato. Guardando poco più in basso, i due Artisti notarono la presenza di un buffo cagnolino, con il muso appoggiato sulla panchina mentre si reggeva in piedi sulle zampe posteriori. Era di statura minuta ma tozza, di colore marrone chiaro, le orecchie grandi e rivolte all'insù. Ma la particolarità più evidente dell'insolito animaletto era il fatto che indossasse un ampio tutù rosa che non sembrava dargli alcun fastidio.
“E questo…” Biascicò l'anziano, un po' titubante. Gli animali gli piacevano molto, ma solo se erano lontani da lui “Questo cosetto da dove sbuca?”
“È un cagnolino, Pyotr.” Rispose Touya con molta tranquillità “Sarà di qualcuno nelle vicinanze. È molto particolare, ma sembra amichevole. Sei venuto a salutarci, piccolino?”
Per tutta risposta, il cane fece una piroetta aggraziata, accompagnata da un secondo latrato. Osservandolo con attenzione, Touya notò un collarino anche esso rosa, dotato di una medaglietta su cui vi era scritto “Nana”, che lasciava intuire che fosse il nome dell'animale e che si trattasse di una femminuccia. L'altro dettaglio del collare era un piccolo foglietto incastrato, come se fosse una lettera. Nonostante sapesse che probabilmente ciò non lo riguardava minimamente, il prestigiatore non riuscì a resistere alla sua curiosità fanciullesca e aprì il foglio per leggerlo ad alta voce. Dovette ricredersi subito.
“Ascolta qui: 'Siamo vostri amici, ma ancora non lo sapete. Radunate i vostri compagni e seguite Nana, vi porterà da noi. Speriamo che il nostro spettacolo sia di vostro gradimento e che la musica vi arrivi dritta al cuore. Firmato: gli SpacciArtisti.'… Che dire, è sospetto… Molto sospetto. Ma forse dovremmo indagare.”
“Vuoi davvero dar retta a un messaggio portato da un cane, Touya?” L'orefice sbuffò contrariato mentre cercava di tenere lontano Nana, desiderosa di ricevere attenzioni anche da lui “È molto probabile che sia una trappola.”
“E di chi, dei Nevros? Certo, riesco proprio a immaginarmi Kidou che lo ordina ai suoi subordinati: 'dobbiamo rintracciare il gruppo di Geist! Presto, mettete un tutù a questa bestiola e fategli traspostare questo messaggio criptico con una firma discutibile!' Non lo so, Pyotr, non mi sembra probabile. Ma forse dovremmo sentire prima gli altri.”
“Fai come credi. Mi dissociò da qualsiasi responsabilità, però.”
Annuendo, Touya fece qualche carezza alla piccola Nana, per poi rivolgere la sua attenzione all'albergo dove, per quanto ne sapeva lui, Midori e Cassandra ancora dormivano beatamente.

 

 

Sauvestay Town, periferia,
circa un'ora più tardi

 

 

“Ma chi è questa cagnolina bravissima? Sei tu? Sei tu? Sì che sei tu!”
C'era stato un consulto, una discussione, una decisione messa ai voti. Durante tutto questo, però, Cassandra non aveva mai smesso di coccolare la cagnolina con il tutù, di cui si era praticamente innamorata. Nana, dal canto suo, era felicissima di tutte le attenzioni che stava ricevendo e, quando il gruppetto comunicò di aver deciso di seguirla, si mise a trotterellare lentamente, poiché zoppicava appena, senza mai perdere di vista la cantante, fermandosi ogni tanto per ricevere delle coccole extra. Dopo quella che sembrava un'eternità, la cagnolina si era fermata davanti a un cantiere dichiarato inagibile, un tempo destinato alla costruzione di un mercato ma abbandonato pochi mesi più tardi perché ritenuto pericolante. Tre persone su quattro avevano quindi dichiarato di voler tornare indietro, preoccupate per la loro incolumità, ma Cassandra continuava a fidarsi ciecamente dell'animale, insistendo per dare almeno un'occhiata. Seguendo quindi nuovamente Nana fino al retro del cantiere, che già pareva essere più stabile dell'interno, notarono una fila di persone incappucciate molto sospette, in attesa di qualcosa. Poi, la più insolita delle sorprese: la melodia di un violino. Niente di registrato, semplicemente un brano che proveniva da un violino vero, vecchio ma ancora funzionante, suonato da un ragazzo molto giovane nell'angolo. Subito dopo, apparve una femmina, apparentemente sua coetanea, che cominciò a danzare soavemente seguendo la musica. Fu a quel punto che la cagnolina rinunciò alle coccole di Cassandra per unirsi alle danze, con delle piroette graziose degne di una piccola ballerina che mai sarebbero state associate ad un cane. Gli Artisti furono pienamente coinvolti dall'inaspettato spettacolo; non ricordavano l'ultima volta in cui avessero visto la performance di un artista di strada al di fuori delle loro, tanto che tutti e quattro furono sopraffatti dalla nostalgia e dalla commozione… Soprattutto Midori, che guardando la danza non poté fare a meno di sentirsi sopraffatta dal dolore al piede, che ogni tanto ricompariva, ma che era costretta a ignorare.
Pochi minuti dopo la melodia terminò e i due ragazzi e il cane ringraziarono il pubblico con un inchino. Le persone incappucciate si avvicinarono a loro per mettere qualche monetina dentro a un cappello, dileguandosi poi in tutta fretta. Anche Pyotr e Cassandra, gli unici ad avere ancora qualche spicciolo, decisero di donare un piccolo contributo.
“Complimenti davvero!” La castana allargò un sorriso, chinandosi poi di nuovo a carezzare Nana “Siete stati tutti e tre fantastici, vi meritereste molto di più di questi pochi spiccioli! Siete voi che ci avete scritto la lettera? Siete gli SpacciArtisti? Lo sapete che avete un cane bellissimo?”
“Ma grazie, come sei carina!” La ragazza del duo ricambiò con dolcezza il sorriso, carezzando il cane a sua volta “Sì, siamo stati proprio noi! È un piacere conoscervi, compagni Artisti. Vi abbiamo visti arrivare ieri notte con l'ultimo treno e ne siamo stati davvero felicissimi! Io sono Kinako Nanobana, mentre lui è mio fratello Natsu e… Beh, direi che Nana la conoscete già!”
“Così li disorienti, Kinako!” Il ragazzo di nome Natsu alzò gli occhi al cielo, fin troppo abituato alla vivacità della sorella “Ho capito, vi spiego io: come diceva mia sorella e come avete potuto vedere, siamo Artisti anche noi. Voi venite dalla capitale, giusto? So che molti Artisti ribelli sono lì, per rivoltarsi più facilmente alla Nevros. Noi non ce la siamo mai sentiti di abbandonare casa nostra, anche se sapevamo che un giorno avremmo dovuto farlo, se mai avessimo voluto provare a salvare la nostra arte, la nostra passione. C'è un luogo particolare in cui sentiamo il bisogno di andare. Per poter partire, però, avevamo bisogno di soldi e così abbiamo aperto la nostra attività.”
“Attività?” Midori spalancò gli occhi “Stai dicendo che voi…?”
“Esatto. Noi traffichiamo l'arte illegalmente, se vogliamo metterla così. Raduniamo persone appassionate che hanno bisogno di un sorriso per andare avanti in questo regime tanto ingiusto e suoniamo e danziamo nel retro di questo cantiere in cambio di soldi.”
“E non vi hanno mai beccati?”
“No. Vedi, questa zona è insonorizzata, perché quando questo ancora era un cantiere degli inquilini delle case qui attorno si erano lamentate dell'assordante rumore dei trapani, senza contare che essendo una zona pericolante nessuno ci mette piedi al di fuori degli interessati. Per noi quindi è perfetto, se non che viviamo con il terrore dei crolli e i soldi che riceviamo bastano solo a sfamarci. E poi…”
Natsu si zittì, intristito. Strinse forte a sé il suo violino e bonfocchiando un 'scusatemi un attimo' uscì dal cantiere, sull'orlo delle lacrime. Kinako si alzò in piedi, perdendo per un attimo il sorriso e riprendendo il discorso al posto del fratello.
“Scusatelo. Si sente in dovere di proteggermi e quindi si prende lui tutte le responsabilità, ma anche lui ha i suoi momenti di debolezza. La verità è che noi non ce la facciamo più a suonare nell'ombra. Noi vogliamo uscire allo scoperto e farci notare, farci sentire, come ogni artista dovrebbe fare. Per questo quando vi abbiamo visti arrivare eravamo così entusiasti. Abbiamo capito di aver bisogno di alleati se vogliamo che il nostro piano funzioni.”
“Piano?” Intervenì Touya “Di che state parlando? Quale piano? L'unica cosa che possiamo fare è cercare un luogo sicuro e non arrenderci finché la Nevros non avrà capito.”
“E invece no! Per riportare l'arte al suo antico splendore, dobbiamo recarci all'antico splendore dell'Arte!”
“Non starete alludendo a quella città?!” Pyotr si portò una mano alla barba non appena vide la ballerina annuire “Ormai non è altro che un cumulo di macerie e rovine.”
“È il momento di farla rinascere invece! È il modo migliore di riscattarci, credetemi. Abbiamo solo bisogno di più alleati possibili, solo allora la voce della nostra passione potrà essere udita da quei duri d'orecchie dei Nevros!”
I quattro Artisti rimasero in silenzio. Non sapevano bene se fidarsi di due perfetti sconosciuti e un cane in tutù, ma in fondo erano tutti sulla stessa barca. Inoltre, non avere un piano d'azione avrebbe finito per condurli sulla stessa strada di Shindou Takuto, quella rinunciataria e destinata al fallimento. Si guardarono a vicenda e annuirono con decisione. Fallire insieme dopo averci almeno provato era sempre meglio che andare alla deriva.
“Chiama Natsu.” Dichiarò Touya “Spiegateci un po' questo vostro piano. E Pyotr… tu sai di che città stanno parlando?”
L'anziano fece un passo in avanti. Continuò ad accarezzarsi la barba, più pensieroso che mai, ma altrettanto determinato.
“L'antico splendore dell'Arte… Indubbiamente, si tratta della leggendaria Flumea City.”

--
Falalala lalalanope.
Salve a tutti! È tipo dal uhm... diciassette giugno che non aggiorno restART. Mi spiace davvero per il ritardo. Che dire... beh, intanto ho passato gli esami, ma l'anno prossimo tanto mi toccano quelli di stato quindi sì evviva- Quindi sì, devo assolutamente portarmi un minimo avanti con questa storia e pubblicare il primo capitolo di Karma'd, in arrivo, se tutto va bene, verso gennaio!
Dunque, innanzitutto una premessa: in questa storia Kinako e Fey non hanno alcun legame di parentela. In compenso, la cara Kinako ha un fantastico fratello gemello di nome Natsu, l'OC della mia amica Any, purtroppo non iscritta ad EFP ma che comunque ci teneva molto a partecipare, quindi ho selezionato il suo OC esattamente come avrei fatto con qualsiasi altro. Comunque, che ne dite degli SpacciArtisti? Ne combineranno delle belle!
Come anticipato, questo capitolo era interamente dedicato agli Artisti, anche se molto più di transizione rispetto a quello dei Nevros. Ne ho approfittato per approfondire i personaggi, in modo che possiate conoscerli meglio. Chi vi è sembrato il più interessante finora?
Un piccolo indovinello prima di salutarvi: di che razza è Nana? Uhuhuh, io amo alla follia i cani, non potevo resistere alle tentazione di aggiungerne uno!
Ora scappo davvero, si è fatto tardi!
Spero di sentirvi il più presto possibile, grazie a chi legge, gradisce e magari anche recensisce! E buone feste!
Bis Bald!
Ursy

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: lickmelyca