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Autore: Elizabeth_Carre    17/12/2016    1 recensioni
"Ma in questo giorno più triste di altri, la certezza che due di noi potrebbero morire nelle prossime settimane ci fa sentire già tutti morti, e forse un po' lo siamo già."
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questo capitolo non è un granché, ne sono consapevole ma meglio di così credo che non avrei potuto fare. Spero comunque che vi piaccia e che il prossimo abbia più tempo per scriverlo in modo tale da soddisfare le mie e le vostre aspettative.

Spero di poter aggiornare sabato, se non dovesse accadere non demordete, prima o poi pubblicherò.

Ci tenevo a dire grazie a tutti quelli che leggono e recensiscono e ci tenevo a chiedere scusa se posso sembrare un po' fredda o poco socievole ma già faccio fatica a mantenere rapporti umani con la gente che mi circonda figuriamoci con persone via chat.

Vorrei davvero che mi scusaste per questa mia poca espansività ma è una questione di carattere.

Ma grazie, grazie davvero per quei cinque minuti che mi dedicate  leggendo ogni capitolo.

Ps: vi prego di scrivermi comunque qualora aveste consigli da darmi o anche per farmi critiche. Giuro che non mi scompongo. :)

 

CAPITOLO 6

 

 

 

 

Al Centro di Addestramento, Effie, Cinna, Portia e il resto del nostro staff, ci scortano su un ascensore che ci porterà nel nostro appartamento.

A noi, essendo del Dodici, e quindi l'ultimo dei distretti, è stato assegnato l'attico.

Ad ogni tributo e ad i suoi accompagnatori spetta un alloggio su un intero piano in base al distretto di provenienza.

Non ero mai salito su di un ascensore prima d'ora, anche se so per certo che ce ne sia uno al Palazzo di Giustizia del dodici.

Ma questo ha le pareti di cristallo e mentre sale velocissimo offre  una visuale dell'intera città.

La trovo ai miei piedi, luminosa e caotica. Vedo gente passeggiare in ogni dove. Non un angolo di Capitol City è privo di vita. E' sgargiante nella sua moltitudine di colori.

Mio malgrado penso sia bella. Ma non posso non sentire, misto all'ammirazione, anche un po' di disgusto al pensiero che tutta questa ricchezza sia superflua. Che sia frutto del sudore della fronte e del duro lavoro di dodici distretti, della gente che li abita e che si da da fare affinché Snow possa vivere nel lusso più assoluto a discapito di tutti gli altri.

Penso alla mia famiglia, al pane stantio che il più delle volte ci siamo ritrovati a dover mangiare. A tutte le cose che ci sono state precluse a favore di una sola città. Una città che ha tutto in abbondanza.

Se pur affascinato da tutte quelle luci, distolgo lo sguardo.

Katniss al contrario mio, non riesce a staccare gli occhi dallo splendore che sovrasta.

Ha una mano appoggiata al vetro e i suoi occhi brillano di una luce che non le avevo mai visto in tutti questi anni passati ad osservarla. Risplendono per la bellezza di cui si riempiono, per la poesia che solo un disarmonico caos come quello può offrire. 

Un sorriso mi nasce spontaneo sulle labbra prima che io possa fermarlo.

Effie Trinket continua a ciarlare sulla cerimonia. Si dice orgogliosa di noi. Continua a farci i complimenti per gli abiti, anche se noi ne abbiamo alcun merito, e anche per come ci siamo comportati durante la parata. E' esaltata dal nostro successo più di quanto non lo siamo noi.

Siamo la prima squadra scortata da lei ad avere fatto una buona impressione sul pubblico di Capitol.

Sostiene di conoscere tutti quelli che contano e di averci fatto una buona pubblicità per cercare di procurarci degli sponsor.

Ma io non le do ascolto e continuo a saziarmi delle immagini di lei. A vivere con lei le sue emozioni.

- Però sono stata molto vaga – continua Effie riducendo gli occhi a due fessure – perché naturalmente Haymitch non si è disturbato a comunicarmi le vostre strategie – sospira esasperata dal comportamento del nostro mentore il quale, tra l 'altro, si è dileguato nel momento stesso in cui abbiamo messo piede fuori dal treno e ancora non si fa vedere. - Comunque ho fatto del mio meglio. Ho parlato di come Katniss si sia sacrificata per sua sorella e di come entrambi vi siate sforzati di andare oltre le barbarie del vostro distretto.

Durante tutto lo sproloquio di Effie io non ho staccato un attimo gli occhi da Katniss che al suono della parola “barbarie” si irrigidisce istantaneamente staccando la mano dal vetro e voltandosi a fronteggiarla. La bellezza sparita dai suoi occhi.

- Ognuno ha le sue riserve, ovviamente – continua Effie che non si è accorta di nulla – dato che venite dal distretto del carbone. Ma io ho detto, ed è stato molto astuto da parte mia, ho detto, be', che se c'è abbastanza pressione, i pezzi di carbone si trasformano in perle.

Effie ci elargisce un sorriso così radioso che il cipiglio di Katniss sparisce e  si mostra entusiasta per la sua trovata, anche se è del tutto sbagliata.

Il carbone non si trasforma in perle. Quelle crescono solo nei molluschi.

Spero che le persone con le quali ci ha fatto pubblicità per tutto il giorno siano abbastanza intelligenti da saperlo o spero quanto meno che non diano tanta importanza alle parole di Effie quanta ne hanno data a noi grazie alla sfilata e agli abiti di Cinna e Portia.

- Purtroppo non posso chiudere contratti di sponsorizzazione per voi. Solo Haymitch può farlo – conclude avvilita. - Ma non datevi pensiero, lo costringerò ad occuparsene, anche a costo di puntargli una pistola alla tempia.

La sua determinazione nel farsi ascoltare dal nostro mentore è ben visibile nella linea dura e sottile delle sue labbra e nelle contrazioni della mascella.

Non posso fare a meno di ammirarla almeno un pochino. E non posso fare a meno di desiderare lei come nostro mentore, nonostante tutte le sciocchezze che le escono di bocca.

Di sicuro, nel suo piccolo ci sta aiutando di più di quell'ubriacone di Haymitch.

Con l'avvertimento che la cena sarà servita tra non meno di due ore, Effie ci lascia ognuno nella propria stanza.

L'arredamento della mia camera è lussuoso proprio come il vagone del treno.

Un letto a due piazze e mezzo con una trapunta bordeaux domina tutto l'ambiente. Accanto ad esso vi è un pannello con dei tasti che rivelano dei gadget automatici quasi per ogni cosa. Riscaldano il letto o lo raffreddano. Accendono e spengono le luci o ne diminuiscono l'intensità. Azionano un tremolio del materasso sul quale sono seduto come fosse un massaggio.

Le pareti sono di un colore giallo ocra che stona un po' con tutto il resto. Sa di antico, mentre qui tutto è più che moderno.

Di fronte al letto invece c'è una vetrata che dà sulla città. Scopro tuttavia che mi basta premere un pulsante perché la finestra ne inquadri altre zone alla distanza prescelta.

In bagno trovo pulsanti che regolano la temperatura dell'acqua, la pressione del getto, i saponi, gli oli, i profumi o le spugne per i massaggi.

Rimango un po' sotto l'acqua bollente e penso alle domande inespresse negli occhi di Portia dopo la parata.

Persino Cinna deve avere capito qualcosa. Dovrò parlargli presto delle mie intenzioni perché senza il loro aiuto non potrò fare molto per salvare Katniss. Perché ormai sono più che deciso.

Lo farò presente alla prima occasione a tutto il nostro staff compreso Haymitch.

Quando esco dalla doccia salgo su di un tappetino che aziona dei condotti di aria calda che mi asciuga dalla testa ai piedi e per pettinarmi basta che metta la mano su di una scatola che manda corrente al cuoio capelluto e li districa dai nodi.

Per vestirmi programmo l'armadio su qualcosa di semplice e comodo. Pantalone grigio scuro e camicia bianca con una giacca leggera.

Guardo l'ologramma dell'orologio sul soffitto e vedo che è passata a malapena un'ora da ché sono entrato in camera mia ma decido comunque di andare in sala da pranzo nella speranza che gli altri mi raggiungano prima di Katniss.

Il tavolo per la cena è già apparecchiato con gli antipasti.

In ogni angolo della stanza ci sono degli uomini e delle donne con delle tuniche rosse dall'atteggiamento sottomesso.

Stonano anche loro con tutto il resto perché non indossano abiti sfarzosi né parrucche strane e il sul loro viso non vi è ombra di trucco.

- Buona sera – dico pacatamente, ma questi non alzano neanche la testa per rispondere al mio saluto.

- Sono dei Senza Voce, Peeta.-

La voce roca di Cinna mi raggiunge alle spalle. Mi volto di scatto e vedo Portia accanto a lui.

-Non possono risponderti – mi dice tranquilla lei posandomi una mano  sulla spalla e guidandomi su un divano.

- Cosa sono i Senza Voce?-

Non sono sicuro di volerlo sapere.

Gli occhi di Portia mentre mi accompagna sul divano mi dicono più di quello che voglio sapere. Sono carichi di intensità e di ammonimenti. Ma la domanda mi è venuta spontanea ed è uscita prima che potessi fermarla.

- Sono persone che hanno commesso un crimine e a cui è stata tagliata la lingua.

Non posso crederci. La situazione a Capitol è peggiore di quello che credessi.  Pensavo che le uniche vittime di questa città fossero mietute tra gli abitanti dei distretti. Ma questa non è gente dei distretti.

Sono abitanti di Capitol, lo si vede chiaramente dal colore della loro pelle così diafana a da quel certo non so che, che caratterizza tutti gli abitanti della capitale.

Di che crimine possono essersi macchiati per ricevere una punizione del genere?

- Usciamo a prendere un po' d'aria. Ti va? - mi chiede Cinna aiutandomi ad uscire dallo stordimento ricevuto nello scoprire ancora un po' della cattiveria di Snow.

Come un automa li seguo mentre loro mi guidano fuori in balcone e poi su per una rampa di scale che porta sul tetto. 

C'è una piccola stanza a cupola e una porta che dà all'esterno. L'aria gelida mi toglie il respiro per un momento.

- Qui il vento è più forte – mi dice Cinna. Portia è rimasta in balcone a fare la guardia evidentemente.

- Come mai ci lasciano salire quassù? Non hanno paura che qualche tributo decida di scavalcare e buttarsi?

- Non si può – mi dice – c' è un campo di forza che li ributterebbe istantaneamente sul tetto.

Camminiamo rasenti un parapetto lungo il bordo del tetto. La città scintilla ai nostri piedi. Si possono sentire le macchine e i loro motori e le grida della gente per strada occupata a far festa.

Uno strano tintinnio in contrasto con tutto il resto mi giunge all'orecchio e ne seguo la provenienza arrivando così in un giardino pieno di alberi in vaso e aiuole. Il tintinnio che ho seguito è dato dalle campane a vento appese ai rami degli alberi.

Il loro rumore basta per permetterci di parlare senza la paura di essere ascoltati. Era qui che voleva portarmi.

- Gli Hunger Games sono solo una parte del male che affligge il nostro paese - comincia mesto – sono uno strumento per Snow per controllarvi. Per incutervi timore. Ma vedi, Peeta, la paura dilaga anche tra chi si è sentito al sicuro una volta esentato dalla mietitura – si affaccia dal parapetto e faccio fatica a sentire ciò che mi dice. - Molti tra noi sono contrari ai giochi. Tanti si sono azzardati a mostrare il proprio dissenso col solo risultato di vedersi torturati o schiavizzati. E' tutto molto più grande di voi, di noi. E non c' è modo di controllarlo. Perché Snow – si interrompe in preda a tremori che non sono dovuti solo al freddo per l'aria che ci accarezza la pelle - non conosce pietà. -

La sua storia, adesso che conosco il male dietro il male, so che deve essere molto dolorosa per fare tremare un uomo della sua stazza

- Ma allora perché fate questo? - gli chiedo. - Perchè partecipate a questo show che sono gli Hunger Games? Perchè ci agghindate per il suo spasso? Perchè se anche voi siete contrari? Come potete rendervi complici di questo crimine?

Troppe domande si affollano nella mia mente. Troppa incertezza. E non so come gestirle tutte queste informazioni.

Come farò ad aiutare Katniss se a quanto ho capito siamo seguiti in tutto quello che facciamo? Se scoprissero le mie intenzioni, cosa mi farebbero? Mi ritroverei anche io con la lingua mozzata?

- Lo facciamo col desiderio di salvarvi – mi dice guardandomi negli occhi – sappiamo di non potervi aiutare tutti, ma ci proviamo. Vogliamo che i nostri...tributi, abbiano il meglio delle possibilità per farcela. -

E so che non posso più tenermi dentro il mio desiderio. So che loro faranno di tutto per salvarla così come farò anche io.

- Io e Portia abbiamo richiesto il Dodici esplicitamente come nostro primo incarico, perché in voi abbiamo visto qualcosa.

- Cinna io non voglio uscire vivo dall'arena .

I suoi occhi marroni mi guardano inespressivi. So per certo che quel qualcosa che ha visto non riguarda me, ma mi va bene così.

- Io voglio che facciate di tutto per salvare lei. Io farò ciò che devo per aiutarvi a farla uscire viva dall'arena. Ma dovete salvare lei.

- Perchè, Peeta? - mi chiede tranquillo. So già che ha capito, ma vuole che glielo dica io. E così faccio.

-Perchè l'amo. L'amo da sempre – sussurro abbassando gli occhi.

Non avevo mai espresso a nessuno i miei sentimenti. Dentro di me esiste da che ricordo, ma mai ho pronunciato ad alta voce ciò che provo per lei. Dirlo liberamente mi fa tremare di emozione. Lo rende così reale. Così possibile che io possa amarla, proteggerla.

Lo sento sospirare nonostante il tintinnio delle campanelle.

- Ne sei sicuro? -

Penso sia d'obbligo chiedere a chi ha appena dichiarato di voler morire se ne sia sicuro o meno e perciò annuisco guardandolo di nuovo negli occhi.

- Allora faremmo meglio a mettere al corrente Portia.

Il nostro colloquio è finito.

Scende rapido le scale fino al balcone dove ancora Portia ci attende con un bicchiere di vino in mano.

- Ho fatto vedere a Peeta il giardino e se n'è innamorato. Vuole farlo vedere anche a Katniss - le dice quando la raggiungiamo parlando in codice e guardandola intensamente per farle capire che i loro sospetti erano fondati.

Evidentemente qui potrebbero esserci orecchie indiscrete ad ascoltare i nostri discorsi.

Portia mi guarda per qualche secondo ed io sostengo il suo sguardo per farle capire che sono sicuro. Sorseggia un altro po' di vino e annuisce prima di farci segno di rientrare in sala da pranzo.

Katniss e Effie ci stanno aspettando e ci accomodiamo subito a tavola  mentre un uomo in tunica bianca riempie i nostri calici con del vino.

Non assaggio neanche un sorso di quel liquido ambrato che so ottenebri i sensi, voglio rimanere sobrio per non perdermi neanche una parola sulle strategie che si pianificheranno stasera.

Haymitch entra in scena proprio quando viene servita la cena. Sbarbato, ripulito, pettinato e tirato a lucido per benino, sembra quasi un'altra persona. Sembra persino un uomo.

Per la prima volta lo vedo mangiare e parlare in modo civile persino con Effie.

Vengono serviti zuppa ai funghi e verdure varie amarognole con pomodorini, roast-beef al sangue, tagliatelle in salsa verde e un formaggio che si scioglie come neve a contatto con la saliva servito con uva nera.

E' tutto delizioso ma non riesco a godermelo pur continuando a mangiare.

Sono teso come un arco.

Tutti i commensali a parte Katniss, che sorseggia vino, non fanno che scambiarsi convenevoli senza decidersi a parlare di pianificazione e strategia per i giochi.

Chiacchierano sul vestito mozzafiato che indosserà Katniss per l'intervista che ci faranno tra qualche giorno ma non dicono nulla sul modo di procurarsi acqua e cibo nell'arena.

Tutto ciò è snervante. Sembra che l'unico a cui importi qualcosa sia io.

A fine serata, quando io ormai penso che sto per scoppiare, una ragazza porta in tavola una torta dall'aspetto gustoso e le dà fuoco sotto i nostri occhi. Quando le fiamme si spengono vorrei applaudire per la meraviglia dello spettacolo che ci ha offerto ma mi trattengo.

Effie, Haymitch, Cinna e Portia devono avere assistito ad una cosa del genere miliardi di volte e mi vergognerei a dare sfogo al mio entusiasmo da ragazzino davanti ai loro sguardi per niente stupefatti.

L'unica emozionata come me è Katniss ovviamente. Ha la bocca spalancata a formare un “ooooh” per lo stupore. - Cos'è che la fa bruciare? E' alcol? - chiede prima di alzare gli occhi verso la ragazza con i capelli rossi. - E' l'ultima cosa che… Oh! Ma io ti conosco! - afferma.

A queste parole il brusio a tavola finisce e tutti e quattro gli adulti guardano Katniss con durezza.

La corda del mio arco invece si è spezzata e mi pietrifico sulla sedia incapace a dire e a fare alcunché.

La Senza Voce è pallida in viso per la paura che tutto ciò comporti una punizione maggiore per lei. Scuote la testa energicamente in senso di diniego e va via frettolosamente.

Sento i toni di rimprovero che Haymitch ed Effie rivolgono a Katniss ma non capisco cosa le dicono.

Devo riprendermi in fretta per evitare ripercussioni sia su Katniss che sulla ragazza. Hanno già sofferto abbastanza entrambe, così mi sforzo per dare un senso a quello che dicono.

- E anche se fosse, non devi rivolgere la parola a nessuno di loro, a meno che non sia per dare un ordine – dice Effie con la sua solita calma – E' ovvio che non la conosci davvero.

- No, immagino di no, solo… - dice Katniss balbettando e abbassando gli occhi sulla tovaglia.

Schiocco le dita come se avessi avuto un'intuizione - Delly Cartwright – dico d'impulso andando in suo soccorso adesso che la paura ha smesso di annebbiare il mio cervello. - Ecco a chi somiglia. Anche io continuavo a dirmi che aveva una faccia nota. Poi ho capito: è identica a Delly!

Appoggio la mano sul mento guardandola con intenzione.

So che lei capirà. Delly non ha niente in comune con la Senza Voce. E' bionda, non rossa.

Un guizzo di comprensione passa nel suo sguardo e si riprende.

- Certo, ecco a chi pensavo! - dice guardando solo me – Deve essere per via dei capelli.

- Un po' anche gli occhi – aggiungo per rafforzare la nostra storiella e finalmente la tensione si allenta.

- Oh, be',  se è tutto qui – dice Cinna – E si, nella torta c'è dell'alcol, ma adesso è bruciato. L'ho ordinato apposta, in onore del vostro fiammeggiante debutto.

Dopo la torta ci spostiamo in salotto a guardare la replica della cerimonia di apertura.

Presentarci come amici e non come avversari facendoci tenere per mano, ci ha dato quel qualcosa in più rispetto agli altri tributi che se ne stavano distanti tra loro.

Io e Katniss restiamo in silenzio mentre gli adulti gioiscono per le critiche positive ricevute.

- Domattina c'è la prima sessione di addestramento. Vediamoci a colazione e vi spiegherò nel dettaglio come voglio che ve la giochiate – ci dice Haymitch. – E adesso andatevene a dormire un po', mentre i grandi discutono.

Mestamente io e lei eseguiamo l'ordine e ci incamminiamo l'uno accanto all'altra verso le nostre stanze.

Katniss è diventata taciturna dopo l'episodio della Senza Voce.

E' turbata e non voglio che vada a dormire col pensiero di tutto quello che è successo.

Infondo anche io avrei voluto parlarne con qualcuno che potesse capirmi quando ho avuto queste rivelazioni, perciò, quando arriviamo davanti alla porta della sua stanza mi appoggio allo stipite per avere la sua attenzione.

- Allora era Delly Cartwright. Ma pensa, trovare qui una sua sosia…- le dico lasciando la frase in sospeso per farle capire che se vuole parlarne io sono disposto ad ascoltare.

La vedo combattuta nella sua indecisione. Parlarne con me oppure no? Considerarmi amico o nemico?

Il suo sguardo frenetico si sposta da me alla porta e dal pavimento di nuovo al mio viso.

Capisco che c' è qualcosa di più dietro la storia della sua conoscenza con la ragazza rossa e forse non è il caso di parlarne qui, perciò le chiedo se ha già visto il tetto. Le dico che il rumore del vento però è un po' troppo forte per farle capire che lì potrà parlare liberamente.

- Possiamo salire? - mi chiede tremante.

- Ma certo, vieni -.

Arrivati sul tetto le mostro il campo elettrico attorno al palazzo per informarla che non si può scappare perché so che  ne sarebbe capace.

Tendo la mano e a 30 centimetri di distanza dal parapetto un lampo si sprigiona quando le mie dita toccano il campo di forza facendomi ritirare subito il braccio.

Ignoro il tremolio che va dalla punta delle dita alla spalla, e porto Katniss in giardino.

Qui si sente libera di parlarmi, di rendermi partecipe dei suoi pensieri. Ed è la prima volta che mi fa entrare nel suo mondo. Un mondo che ho osservato da lontano per tantissimo tempo.

- Un giorno eravamo a caccia nei boschi. Nascosti in attesa della selvaggina – bisbiglia.

- Tu e tuo padre? - le chiedo per sapere in che linea temporale collocare questo suo ricordo.

- No, io e il mio amico Gale – sussurra ancora.

Chi altri se non Gale?

Lascio correre il mio fastidio a saperla con lui nei boschi da sola e mi inizio ad ascoltare.

Mi racconta di quel giorno in cui era a caccia con il suo amico Gale quindi. Gli uccelli ad un certo punto avevano smesso di cantare tranne uno che continuava a cinguettare come fosse la sirena di un allarme.

Videro, la ragazza dai capelli rossi e un ragazzo, scappare con i vestiti a brandelli nel folto del bosco come se qualcosa di orribile li stesse rincorrendo.

L'hovercraft era sbucato dal nulla e aveva ucciso il ragazzo tirandogli una lancia in pieno petto e lo videro issare poi a bordo insieme alla ragazza che era stata intrappolata in una rete.

- Loro vi hanno visti? - le chiedo dopo averle fatto riprendere fiato.

- Non lo so – risponde. – Eravamo sotto una sporgenza di roccia.

La vedo tremare e so per certo non sia solo per il freddo.

La storia ha scosso persino me, non oso immaginare a come debba essersi sentita lei alla vista del ragazzo ucciso e al suono delle urla della ragazza.

- Stai tremando – affermo.

Mi tolgo la giacca e lei dopo un momento di diffidenza mi permettete di appoggiargliela sulle spalle. La vorrei abbracciare per tranquillizzarla ma so che non me lo consentirebbe mai.

Il mio bisogno di sentirla al sicuro e di farla sentire protetta però ha il sopravvento e per farle percepire il mio calore la stringo nell'indumento che sa ancora di me, allacciandole il bottone sul collo.

- Erano di qui? - le chiedo e quando annuisce le chiedo dove crede stessero andando.

- Non lo so proprio. E non so nemmeno perché volessero andarsene da qui – mi dice stringendosi nelle spalle.

- Io me ne andrei da qui – le rispondo ridendo e guardandola negli immensi occhi grigi che oggi, col chiarore della luna ad illuminarli e stretta nella mia giacca, la fanno apparire ancora più piccola di quanto non sia.

- Tornerei a casa adesso, se solo me lo permettessero. Però devi ammetterlo: il cibo è ottimo – concludo cercando di smorzare la tensione.

Katniss però mi guarda ancora spaurita perciò le propongo di rientrare perché sta cominciando a far freddo.

Mentre camminiamo per tornare in casa ripenso alla sua storia e non riesco proprio ad immaginare come possa essere stato tragico assistere alla scena. A come sia stato per lei ritrovarsi oggi davanti proprio alla ragazza dai capelli rossi  e scoprire che adesso è una Senza Voce, scoprirlo dopo anni che sicuramente ha trascorso ripensando alle urla di quella giovane capitolina in fuga.

- Il tuo amico Gale. - le dico.

Mi ritorna in mente ciò che ha detto. L'ha definito amico.

Queste parole mi sono penetrate nella mente e non posso fare a meno di chiedere.

- E' quello che ha portato via tua sorella alla  mietitura?

Anche se so chi è non posso farle una domanda diretta, posso solo cercare si saperne di più con domande che non la mettano in allarme.

- Si. Lo conosci?-

- Non proprio. So che le ragazze parlano parecchio di lui. Credevo fosse tuo cugino o qualcosa di simile. Vi somigliate.

Quando hanno iniziato a farsi vedere in giro insieme nel distretto, davvero ho pensato fossero cugini. Stessi capelli neri, stessi occhi grigi.

Per caso un giorno però avevo sentito Delly e le altre parlare tutte eccitate di quanto fosse carino il ragazzo del Giacimento e che Katniss fosse fortunata ad essere la sua ragazza.

Stupidamente intervenni dicendo loro che erano cugini, ma Delly era più che sicura che non lo fossero. Ma che se la spassassero insieme.

Prestai più attenzione da quel giorno, e ogni volta che li vedevo insieme li studiavo più del solito, cercando di vedere se ci fossero atteggiamenti che facessero pensare ad un rapporto più che amichevole tra di loro.

Per giorni e giorni non feci altro che stargli dietro come un avvoltoio senza che se ne accorgessero.

Lei parlava solo con lui e Madge Undersee, la figlia del sindaco, altrimenti preferiva isolarsi.

Lui parlava con tutti, ma guardava solo lei. La guardava come fosse di sua proprietà.

Presto mi accorsi che di queste sue attenzioni Katniss non ne era per nulla consapevole.

Io guardavo entrambi e dentro morivo sempre un po' di più.

Non li vidi mai in atteggiamenti intimi e questo mi fece sperare che non tutto fosse perduto perché contro Gale non avrei avuto un minimo di possibilità.

Non che abbia fatto mai qualcosa per farle sapere della mia esistenza a parte gettarle del pane in una pozzanghera, però vedere che il loro sembrava un rapporto di amicizia mi rincuorò parecchio anche se continuai a restare nell'ombra.

- No, non siamo parenti – mi risponde.

- E' venuto a trovarti? - forse non abbiamo raggiunto una confidenza tale da farmi dire se tra loro c'è qualcosa adesso oppure no, ma devo sapere.

- Sì – mi sussurra guardandomi intensamente.

Quello sguardo indagatore ma allo stesso tempo così diretto mi fa capire che non devo nascondere i miei sentimenti. Anche fosse la ragazza di Gale non l'amerei di meno.

L'unica cosa che voglio infondo è proteggerla. Non voglio essere amato da lei. Non posso permettermi di farmi amare se poi dovrò lasciarla.

- E' venuto anche tuo padre – mi dice. - Mi ha portato dei biscotti.

- Davvero? Be', tu e tua sorella gli piacete - le dico – penso che avrebbe desiderato una figlia invece di una casa piena di maschi . -

Gli ho chiesto esplicitamente di prendersi cura di sua madre e sua sorella e ho sempre saputo che era a conoscenza dei miei sentimenti per Katniss pur non avendogli mai detto nulla, quindi non mi stupisco del fatto che sia andato ad augurarle buona fortuna.

Mio padre.

Era innamorato di sua madre da ragazzo, me lo disse il primo giorno di scuola.

- Lui e tua madre si conoscevano da piccoli – non le dico la verità perché non servirebbe. Non ha motivo di sapere che sua madre ha spezzato il cuore a mio padre quando si è sposata. E' irrilevante.

Mi mormora qualcosa che non sento perso come sono nei ricordi del mio amato padre.

E ormai siamo arrivati davanti alla porta della sua stanza e io vorrei non lasciarla in preda ai suoi incubi e ai tremori che ancora non l'abbandonano.

- Ci vediamo domattina – mi dice restituendomi la giacca.

Mi ha congedato.

- Ci vediamo – le rispondo avviandomi a malincuore verso la mia camera.

Tutte le rivelazioni di stasera mi hanno stremato oltremisura perciò quando arrivo nella stanza mi butto sul letto con tutti i vestiti.

Domattina dovrò parlare con Haymitch. Prima della sessione di addestramento.

Ma adesso cerco di svuotare la mente.

Via mio padre. Via la Senza Voce dai capelli rossi. Via il dolore per una situazione che non posso cambiare.

Sono qui. A Capitol City. Combatterò nell'arena degli Hunger Games per cercare di salvare la ragazza di cui sono innamorato. E forse è un bene che mi trovi al suo fianco per sostenerla e accompagnarla alla vittoria con tutte le mie forze.

Dal distretto non avrei potuto fare alcunché. Mi sarei limitato a vederla morire. Il destino mi ha voluto qui.

Non voglio pensare a nient'altro.

Non voglio pensare a nulla che non siano due occhi grigi come il mare in tempesta che mi guardano ridenti e una bocca dolce che mi sorride e la sua voce che dice: “amico”.

 

   
 
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