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Autore: naisia    18/12/2016    1 recensioni
Modificate le caratteristiche il 19/11/16, in seguito ad (im)provvista/prevista botta d'ispirazione: i capitoli saranno quattro e non tre. Grazie per l'attenzione ^.^
Questa mi è uscita fuori più o meno una settimana fa, quando le mie manine da goblin hanno ghermito in fumetteria il manga di Sherlock, appena uscito in Italia nella sua versione cartacea. Così mi sono chiesta: come reagirebbe Sherlock nella realtà alle tre cose che hanno contribuito a renderlo famoso: ovvero il blog di John, la serie tv e (adesso) il fumetto ispirato alla serie?
Magari ficcandoci dentro un po' di slash e di fluff che non guastano mai.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Manga



Eeeee, sono mortificata.
Quella che doveva essere una banalissima raccolta di one shot alla mine mi è sfuggita di mano ed è diventatata....una pseundo-long di due capitoli preceduti da due O.S?
Lasciamo stare.
Quello che conta è che questo ultimo capitolo riguarderà ben poco il manga e in un certo senso ciò riflette pure i miei sentimenti in proposito.
E' bello, le illustrazioni sono carine e abbastanza ben adattate ad un contesto non nipponico e i personaggi sono ben rappresentati maaa....mhè!? Non aggiunge nulla di concreto al canon visto che è fin'ora è stata solo la fedelissima trasposizione cartacea della serie.
Reazione tiepida: voto 6 su 10.
Quindi in poche parole userò questa utima versione di una delle più belle serie della BBC di sempre per concludere indegnamente questa lon...raccol.....O.S.......quello che è!
Spero di non aver fatto un casino.



Imbarazzo.
    1. a. Ostacolo, molestia, impaccio provocato da persone o cose che impediscono il libero movimento: essere d’i.; dare, creare, provocare i.
    2. Stato di perplessità in cui viene a trovarsi una persona che non sappia risolversi tra contrastanti soluzioni.
    3. Stato di disagio provocato da timore, soggezione, ecc.: trovarsi in i. Mettere in; levare d’i.; non hai che l’i. della scelta;
       
Probabilmente se fosse andato su un dizionario digitale John Watson avrebbe trovato, oltre che alla descrizione precedente, una foto della sua faccia con l'espressione che aveva da quasi due settimane.
Imbarazzo.
La parola che dalla bellezza di dodici giorni dominava incontrastata l'intero 221B di Baker street.
John chiuse con un sospiro il romanzo che teneva in mano, dopo essersi accorto che stava leggendo la stessa riga per quella che doveva essere almeno la quinta volta di fila.
Sherlock non era in casa in quel momento. Effettivamente da quando era accaduta quella "Cosa" vedeva di farsi trovare per l'appartamento il meno possibile.
Usciva il mattino presto e rientrava la sera tardi, impegnato in casi che, John ne era sicuro, in una situazione normale non avrebbe degnato neanche di uno sguardo schifato.
Il dottore avrebbe mentito a sé stesso se avesse sostenuto di non essere preoccupato.
Uno Sherlock normale già si prendeva a malapena cura di sè stesso e l'Ippocrate dentro l'ex soldato non voleva nemmeno immaginare come avesse trascurato se stesso durante quei giorni.
Ma davvero John non si sentiva in grado di affrontarlo per fargli la consueta ramanzina al momento.
Dal momento in cui usciva in casa sino a quando rientrava, solitamente a tarda notte quando lui ormai era già a letto vittima dell'insonnia, viveva in una tensione continua.
Era teso perchè Sherlock era da qualche parte a Londra, da solo, ad affrontare pericolosi criminali.
Era teso perchè temeva che rientrasse mentre lui si trovava ancora in soggiorno e tra loro si innalzasse di nuovo quel muro fatto di silenzi dove avrebbero dovuto esserci lunghi discorsi e parole impacciate dove prima bastavano occhiate complici.
Era teso perchè ogni mattina, quando scendeva al piano di sotto con l'orecchio teso a carpire eventuali rumori, aveva paura di trovarci Sherlock che gli ribadiva che lui era sposato con il suo lavoro, che i sentimenti gli erano d'intralcio e che quindi la loro collaborazione doveva finire.
E non dormiva, e continuava a ripetersi che era stato un completo idiota a lasciarsi trascinare così tanto, che avrebbe dovuto fermarsi prima e che, per l'amor di Dio, com'era possibile che alla soglia dei quarant'anni si ritrovasse ad avere una cotta adolescenziale per il suo migliore amico?
Appoggiò il romanzo sul tavolino accanto a sé, rimanendo a fissare per qualche istante l'altra poltrona che aveva davanti.
Quella dal design moderno in pelle nera che di solito ospitava l'essere che era riuscito a farlo impazzire in ogni accezione del termine.
La poltrona che al momento lo stava fissando (John ci avrebbe potuto giurare) con l'aria tremendamente invitante del proibito.
Ma sì, in fondo che cos'altro aveva da perdere?
Si tirò su e, dopo un paio di passi, si lasciò cadere nella seduta appoggiando le mani ai braccioli squadrati e stupendosi di quanto fosse morbida nonostante l'aspetto essenziale e un po' austero.
E chissenefrega se Sherlock al rientro avrebbe dedotto che ci si era seduto osservando il modo in cui erano state disposte le tazzine da thè nel lavello.
Al momento aveva voglia soltanto di stargli vicino, anche se per farlo doveva ricorrere a miserevoli espedienti da tredicenne con gli ormini sballati.
Lasciò vagare lo sguardo lungo ogni superficie del salottino di quella che ormai considerava da tempo casa sua, provando un brivido di terrore al pensiero di ciò che sarebbe successo se Sherlock gli avesse chiesto di andarsene.
Avrebbe potuto opporsi, controbattere che spesso, essendo le entrate del suo compagno piuttosto misere, era lui a pagare affitto e bollette e che non poteva costringerlo ad andarsene.
Ma sapeva benissimo che in quel caso, dopo un paio di litigate, semplicemente Sherlock avrebbe raccattato le sue cose e senza colpo ferire avrebbe levato le tende.
E a quel punto cosa sarebbe rimasto a John Watson? Un appartamento nel centro di Londra con un ottimo affitto e vicino alla fermata della metropolitana desolatamente vuoto.
Perchè era inutile ormai raccontarsi balle. In quei dodici giorni il medico aveva avuto modo di riflettere su quello che lo aveva spinto ad ingozzarsi in un solo pomeriggio di racconti romantici con loro due come protagonisti.
John Hamis Watson amava William Sherlock Scott Holmes.
Forse non dell'amore idealizzato e assoluto di cui parlavano quei racconti ma si, ad una prima diagnosi aveva riconosciuto tutti i sintomi:
Tachicardia, ipeidrosi improvvisa, xerostomia (o secchezza delle fauci per chi non parlva il medichese) e desiderio di saltare addosso all'oggetto delle sue elucubrazioni le due volte in cui si erano incrociati per sbaglio in corridorio senza guardarsi neppure negli occhi.
Si era innamorato dell'essere umano più distante dal suo concetto di potenziale partner sulla faccia della terra.
Chiuse gli occhi per un secondo, soffermandosi sui pensieri che da tempo si affacciavano nella sua mente.
Pensieri su come sarebbe stato bello accarezzare quella pelle di marmo e assaggiare quelle labbra da sogno.
Le palpebre si alzarono di scatto mentre sbuffava amaramente divertito. Evidentemente un po' del masochismo di Sherlock doveva essergli rimasto attaccato addosso in quegli anni di convivenza.
Nessuna persona con a cuore la propria sanità mentale si sarebbe soffermata su simili immagini in un momento del genere.
Un piccolo pacchetto traslucido su tavolo attirò la sua attenzione e lo riscosse dal torpore di quel sogno ad occhi aperti.
Alzò gli occhi al cielo esasperato, era stato quasi sul punto di dimenticarsene.
Si avvicinò al mobile e afferrò con irritazione il fumetto giapponese che qualla mattina gli aveva recapitato il loro agente. Già a quanto pare adesso avevano pure un agente, o meglio un tizio che "curava la loro immagine pubblica", proprio come dei cazzo di attorucoli Hollywoodiani. Per fortuna Sean aveva abbastanza cervello per farsi sentire il meno possibile, e soprattutto, quando lo faceva era soprattutto attraverso le mail e i messaggi.
Fissò il manga (si chiamavano così giusto?) come se fosse il responsabile di tutti i suoi guai.
Strappò la carta trasparente e fece flippare velocemente le pagine, a quanto pare dovevano dare il loro consenso prima che venisse pubblicato, e lui voleva dargli almeno un'occhiata prima che divenisse di dominio pubblico.
Indugiò un istante ad osservare la copertina, uno Sherlock in 2D gli restituì uno sguardo glaciale. John si ritrovò a sorridere, dopotutto l'autrice aveva fatto un lavoro decente.
Certo aveva esagerato le caratteristiche principali del suo amico ma dopotutto doveva pur sempre renderlo riconoscibile. Guardò però con aria critica il suo doppio cartaceo.
Sembrava...giovane? Non lo convinceva fino in fondo, era come se la disegnatrice si fosse impegnata per renderlo riconoscibile senza riuscirci.
Sospirò, leggermente afflitto, se il mondo conosceva quel fantastico essere che era Sherlock Holmes era in gran parte merito suo, ma era davvero raro che qualcuno lo riconoscesse in giro quando era solo.
D'altronde come dar loro torto? Difficile farsi notare quando eri la spalla di una sottospecie di dio greco della conoscenza sceso in terra e con manie di protagonismo per di più.
E di nuovo si ritrovava a divagare! Perchè quando c'era Sherlock di mezzo gli riusciva così difficile concentrarsi!?
Aprì il fumetto, ben deciso a dedicare attenzione solo ed esclusivamente sul suo contenuto di inchiostro e parole.
Passò i primi venti minuti a non capire assolutamente un'acca di quello che stava leggendo (perchè le vignette avevano l'ordine sballato?) prima di ricordarsi che quei cosi si leggevano al contrario.*
Fortunatamente i dialoghi e le scene erano molto simili a quelle della serie così riuscì a raccapezzarsi più o meno.
Vi era tuttavia un piccolo dettaglio che non riusciva in alcun modo ad ignorare.
La bocca di Sherlock.
John era il primo a sostenere che i sogghigni del suo migliore amico fossero spesso raccapriccianti (soprattutto se a mezzo metro di distanza c'era il cadavere di un poveretto barbaramente ucciso) però qui si esagerava.
Ma in fondo era pur sempre un ottimo lavoro, nè Sherlock nè quell'attore che lo interpretava, quel Cumberbatch, avevano dei tratti facili.
Finì di leggere con un sorriso sul volto, non sarebbe stato un problema dare l'okay per la pubblicazione, e sarebbe stato anche parecchio divertente vedere che reazione avrebbe avuto Mycroft quando avrebe visto che l'autrice aveva completamente sbagliato a disegnargli il naso.
Chiuse il manga sospirando, mentre con la punta delle dita sfiorava le linee che costituivano il profilo di Sherlock e lo fissava con triste dolcezza.
Si chiese che razza di patto con il diavolo dovesse aver stipulato per essere...bhè per essere Sherlock Holmes, prima di poggiare le mani sui braccioli e tirarsi in piedi evitando di far forza sulla gamba che, di lì a qualche giorno, era tornata a fargli un po' male.
Alzò gli occhi da terra e le sue pupille incrociarono delle ginocchia fasciate da quelli che sembravano pantaloni di un completo elegante molto familiari.
Il suo sguardo risalì lungo un paio di cosce affusolate, scalò i ben noti fianchi snelli e si inerpicò su un vertiginoso e pallidissimo collo prima di inchiodarsi in una coppia di iridi di ghiaccio.
Rimasero a fissarsi per un tempo indefinito.
Potevano essere stati solo una manciata di istanti o interi minuti, questo il dottore non avrebbe potuto dirlo con certezza.
Si rese solo conto ad un tratto di quanto quella situazione fosse imbarazzante e abbassò gli occhi, fissando il tappeto e concentrando tutta la sua attenzione su un paio di macchie di cui, ne era certo, non voleva sapere la provenienza.
Si schiarì la voce e tamburellò le dita sul bracciolo di pelle nera con nervosismo.
Aveva una sola possibilità, buttarla sull'ironia e sperare che Sherlock gli desse corda.
"Sai sono quasi sicuro che l'inclinazione a rincasare cogliendo sempre il proprio coinquilino con le mani nel sacco possa considerarsi una deformazione professionale." disse alzandosi e dirigendosi verso la cucina.

Un passo.

Silenzio. Meglio non farsi illusioni però, lo sai che è un mastino.

Due passi.

Ancora nulla, ma è troppo presto per cantare vittoria John.

Tre passi.

Forse, forse solo per questa volta potrebbe lasciare perdere....

Quattro passi.

Bene così John, stai andando bene, devi solo sperare che non noti la tua mano che trema.

Cinque passi.

Ci siamo quasi....

"John".

Nel silenzio il nome del biondo risuonò come uno schiocco di frusta, sortendo l'effetto di bloccarlo sul posto.
-Ti prego Dio, no. Non adesso, non ancora.- si ritrovò a pensare il medico senza voltarsi perchè, diavolo, era un ex medico militare ed era stato in Afghanistan, ma in quel momento aveva ansia liquida che gli scorreva nelle vene al posto del sangue.
Qualche passo ovattato alle sue spalle e un leggero spostamento d'aria fu l'unico segnale che ebbe del fatto che Sherlock si fosse avvicinato.
Si sentì sfilare il fumetto dalla mano destra e si voltò sorpreso a guardare il suo migliore amico fissare la copertina e sfogliarlo con aria di sufficenza.
"Francamente non so che ci trovi" disse con il suo classico tono baritonale "Secondo me la versione originale è molto meglio" aggiunse sorridendo.
Non storcendo la faccia in uno dei suoi soliti sogghigni storti.
Sorridendo.
Proprio a lui.
John era quasi tentato di darsi un'occhiata alle spalle per controllare che il consulting detective non si stesse rivolgendo ad un ipotetico interlocutore dietro di lui.
Poi arrivò l'illuminazione.
Rapida, accecante e devastante al pari di una bomba atomica, che inondò di luce il suo intero corpo da dentro.
Il calore si propagò fino al suo volto ed esplose in un sorriso incredulo che, John ne era sicuro, doveva dargli un'aria un po' ebete.
Sherlock tuttavia proseguì con il suo discorso.
"Sai ho datto un'occhiata a qualcuna di quelle storielle che stavi leggendo giorni fa" mormorò facendosi più vicino e intrecciando con cautela le sue lunghe dita da vioinista a quele calde del dottore.
"Mi piacerebbe metterne in pratica qualcuna" sussurrò in modo a malapena percepibile "Sempre che tu...che tu sia d'accordo, certo." borbottò poi alzando lo sguardo verso il soffitto, in un moto di imbarazzo che John trovò adorabile.
"Non chiedo di meglio" rispose prima di alzarsi in punta di piedi e dare il primo di una lunga serie di baci.



*chiedo infinitamente perdono per il modo profano in cui John si rivolge ai manga. Personalmente a me piacciono abbastanza, ma solo alcuni generi (es: Berserk, Claymore e Hellsing.....seeee....i miei gusti sono abbastanza.....particolari...) ma ho pensato che John, che non rispetta proprio il target principale a cui è destinata la vendita di manga e graphic novel fosse abbastanza ignorante a riguardo.

Eeee.... è finita finalmente.
Quasi non ci credo. Mi sono venuti i calli ai polpastrelli a furia di digitare ma anche questa è fatta.
Che dire, complimenti se siete riusciti ad arrivare fino alla fine, perchè se già io che la stavo scrivendo ho fatto fatica non oso immaginare voi.
E che altro? Ah sì, non faccio gli auguri di Natale quì perchè sono più scontata di una pubblicita di poltron&sofà e quindi ho una fic in cantiere che pubbilcherò per quel periodo e li farò allora (se non mi mangio prima le dita guardando i trailers ASSOLUTAMETE NON ANGST della s4. Che diavolo avranno architettato quei due sadici bastardi dei Moffits? Ho paura di scoprirlo).
Va bene, mi dissolvo.
Al 25!
   
 
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