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Autore: _mary_laura_    18/12/2016    0 recensioni
Azzurra Delos ha sedici anni, un bel passato alle spalle e coraggio da vendere.
Quando sua madre si trasferisce a casa del suo nuovo compagno, tutto il fegato che Azzurra ha conservato nella sua vita, deve venire fuori all'istante se non vuole restare uccisa durante un plenilunio. Perché la città dove si è trasferita non è una città come la altre. E' Beacon Hills.
E proprio in questo paesino incredibilmente anormale si nasconde il ragazzo che sembra essere il più ordinario di tutti. Si chiama Stiles Stilinski. E sembra l'unico che riesce a capire Azzurra, quando anche le persone ci cui si fida di più sembrano essere diventate l'ombra di se stesse.
***
-Che ti importa di quello che faccio io? Non sei il mio ragazzo!
-Non sono il tuo ragazzo, ma non posso permetterti di rotolarti nelle lenzuola con un tipo che da un momento all'altro potrebbe trasformarsi in una lucertola assassina!
***
-No, Stiles, non hai capito niente! Perché se hai pensato anche solo un istante che io potessi essere innamorata di qualcuno che non sia tu, non hai capito un bel niente! Non c'è Jackson o Scott o Isaac che tengano! Io sono innamorata di te...
***
Genere: Avventura, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
Capitoli:
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Usciamo dall’acqua ridendo e schizzandoci come due bambini. Le guance rosse dal freddo, la pelle d’oca, il trucco colato e i capelli appiccicati alla fronte.
E io lo trovo semplicemente perfetto.
Saltello sul posto passandomi le mani sulle braccia mentre aspetto che lui mi passi qualcosa per asciugarmi e poco dopo mi da un asciugamano da mare cobalto. Mi avvolgo in esso per poi guardarlo tremare cercando qualcos’altro per potersi riscaldare, quindi mi avvicino a lui e lo abbraccio, riscaldandolo.
Sentire le sue braccia attorno al mio corpo umido è ancora un’emozione troppo grande per me, persino dopo ciò che mi ha detto poco fa. Il mio sguardo incrocia il suo e una mano mi scosta i capelli da davanti agli occhi. Trattengo il respiro mentre mi metto in punta di piedi e lo bacio lentamente, imprimendomi bene nella mente il sapore delle sue labbra. E’ un bacio dolce, questo. Non possiede l’irruenza e l’impazienza di quello di poco fa. Mi stacco da lui e mi lego i capelli in una treccia che poi arrotolo sulla testa e mi rivesto lentamente, osservandolo di soppiatto fare lo stesso.
Il sole dell’Ottobre californiano è come quello del Maggio del Kentucky, ma l’aria fresca della sera inizia a farsi sentire. Osservo per qualche istante la cascata sulla mia sinistra, con le mani affondate nelle tasche della felpa e una strana gioia dentro di me.
E’ una specie di calma che si spande da un punto in mezzo alla pancia e che piano raggiunge ogni anfratto del mio corpo, riscaldandomi e facendomi rilassare. Mi sveglio con un sussulto dal mio stato di trance e mi ricordo del borsone che ho portato qui.
Con un sorriso mi giro verso Stiles, che sta rimettendo i resti del pranzo nella borsa-frigo e mi avvicino a lui, che alza curioso lo sguardo sul mio volto.
-Che hai?
Mi domanda alzandosi in piedi e aggrottando la fronte.
In risposta io lo prendo per una mano e lo porto verso il borsone, per poi tenderglielo.
-Avanti, aprilo.
Lo esorto, mentre lui afferra uno dei manici con diffidenza per poi guardarmi di traverso.
Alzo gli occhi al cielo e lo spingo amichevolmente per una spalla.
-Mica ti morde! E’ una sorpresa che volevo darti ieri sera, ma poi me ne sono dimenticata…
Spiego stringendomi nelle spalle e socchiudendo gli occhi.
Stiles appoggia la borsa a terra e tira la lunga zip, rivelando il contenuto della sporta. Immediatamente vedo i suoi occhi brillare, poi una sua mano fasciata afferra un manico di una racchetta e la tira fuori, guardandomi mentre sorride.
-E’ attrezzatura da lacrosse!
Esclama, soppesando l’attrezzo per poi fare un passo verso di me e abbracciarmi forte.
Sento il suo cuore battere veloce attraverso la stoffa delle nostre felpe e ciò è la cosa che mi rende più felice.
-Ti piace?
Domando mentre lui rovista in mezzo alle varie cose.
-Certo, è ottima. Dove l’hai presa?
Chiede intanto che io mi accovaccio di fronte a lui, in modo da essere alla stessa altezza.
-Nel garage di Martin. Lui da giovane abitava qui e faceva parte della squadra di lacrosse della scuola.
Gli spiego mentre lo guardo attraverso una ciocca di capelli biondi, che lui subito mi riporta dietro un orecchio.
-Grazie mille, davvero. Avevo un disperato bisogno di cambiare la mia attrezzatura, ma non avevo abbastanza soldi per acquistarla nuova. Questa invece sembra tenuta davvero bene.
Ammette arrossendo leggermente e balbettando.
Mi mordo un labbro e mi avvicino a lui, cingendolo con un braccio.
-Non devi vergognarti di nulla con me, Stiles. So bene cosa voglia vivere da soli con un genitore e, anche se è difficile crederlo, nemmeno io volevo pesare sui guadagni di mia madre.
Lo rassicuro, accarezzandogli i capelli corti sulla nuca mentre lui si volta a guardarmi con un sorriso dolce.
Inaspettatamente, poi, appoggia la testa su una mia spalla, vicino all’incavo del collo, e mi lascia un bacio distratto appena sopra la clavicola. Sorrido per questo contatto, accarezzandogli la schiena mentre il suo fiato caldo mi smuove i lembi della felpa.
-Oh, aspetta, ho trovato anche un’altra cosa.
Faccio, ricordandomene improvvisamente e tirando fuori da uno scomparto del borsone una polaroid bianca vecchio stile, con un arcobaleno che la attraversa in tutta la sua lunghezza.
Stiles sorride, poi prende la macchina fotografica tra le mani, rigirandola e inquadrando qualcosa.
-Stai scherzando? Non vedevo una Polaroid autentica da non so quanto tempo!
Esclama, per poi puntare la fotocamera verso di me e scattare.
Non faccio in tempo a protestare, che lui schiaccia già il bottone per lo sviluppo dell’immagine e un suono metallico mi avverte che sta uscendo la fotografia. Lo raggiungo e lo guardo alzando un sopracciglio.
-Funzione anche!
Continua lui, prendendo in mano il rettangolino di carta e agitandolo su e giù per farlo sviluppare.
-Certo che funziona, sono diventata matta per trovare le ricariche per questo modello…
Faccio prendendo in mano la macchinetta e schioccando la lingua sul palato.
-Bastava che me lo chiedessi, non serviva sprecare carta da stampa.
Lo rimprovero.
In realtà non me ne frega nulla della carta da stampa, figuriamoci, ma odio essere fotografata, soprattutto se non sono in posa. Lui sembra capirlo, perché mi attira a se e mi posa un bacio tra i capelli, mostrandomi la fotografia sviluppata.
-Smettila, sei venuta benissimo.
Mi dice, incontrando i miei occhi.
In effetti non ha tutti i torti, ho un sorriso spontaneo e forse così è ancora meglio. Sorrido di rimando, quindi punto la fotocamera verso di lui e gli dico di mettersi in posa.
Passiamo una mezz’ora buona a scattarci fotografia a vicenda o che ci ritraggono assieme, poi lui mi convince a farci una foto mentre ci baciamo. Riesco a scattarne una prima che scoppiamo a ridere, poi la faccio sviluppare e gliela mostro.
Abbracciata a lui, a guardare il cielo diventare nero, lontani da ogni cosa. E’ la cosa più bella del mondo, ma purtroppo non può essere così per sempre, perché tutto finisce, troppo presto. E dieci minuti dopo è arrivato il momento di tornare a casa, da quelle persone che riescono solo a rendermi infelice. Non dico una parola per tutto il tragitto in auto, ma Stiles mi tiene una mano e ciò basta a darmi sicurezza.
Parcheggia a distanza dalla casa di Martin e ci avviamo verso il retro assieme, in completo silenzio. Quando arriviamo, però, sotto la finestra della mia camera, mi giro verso di lui e lo abbraccio forte, affondando il volto nella sua maglietta.
-Oh, ehy…
Dice, passandomi le mani sulla schiena cercando di calmarmi.
-Ehy…
Continua, prendendomi il volto tra le mani e chinandosi a baciarmi velocemente.
Stringo i denti e chiudo gli occhi. Staccarmi da lui è un dolore così reale da sembrare fisico, come se mi togliessero una parte di me.
-Non voglio che tu vada via.
Lo supplico, cercando in tutti i modi di ritardare l’inevitabile.
-Non posso stare qui per sempre, anche se vorrei.
Si scusa, accarezzandomi la guancia con il pollice, tracciando la linea dello zigomo e scendendo verso la mascella lentamente, facendomi venire la pelle d’oca.
-Sono sempre qui per te, ricordalo.
Dice poi dopo qualche istante, premendo con un dito sotto il mio seno sinistro, indicando il cuore.
Arrossisco per quel contatto intimo, poi gli faccio un piccolo sorriso e lui avvicina la fronte alla mia, sospirando sulle mie labbra.
-Che cosa mi hai fatto, Azzurra? Perché mi fai stare così bene? Che cosa mi sta succedendo?
Chiede tenendo gli occhi chiusi e strizzandoli leggermente, come se si stesse concentrando per trovare le risposte a queste domande.
Gli prendo una mano e gliela poso sul mio petto, facendogli sentire il battito del mio cuore.
-Ricordi la sera che sei rimasto da me a dormire?
Domando, mentre lo osservo tenere le palpebre abbassate.
Lui ride apertamente, senza però staccarsi da me.
-Certo, non potrei mai dimenticarlo.
Anche se lo dice con una nota giocosa nella voce, questa sua affermazione mi colpisce davvero.
Perché si sente lontano un miglio che è di una sincerità disarmante. Davvero lui non potrà mai dimenticarlo, non so come, ma è vero. Come è vera la stessa cosa per me.
-Beh, tu mi hai fatto appoggiare la testa sul tuo petto ed io ho sentito il battito del tuo cuore. Ricordo che andava velocissimo.
Dico in un sussurro, facendolo sorridere.
-Come adesso d’altronde.
Mi fa notare, facendomi arrossire.
-Sì, è vero.
Ammetto, ridendo leggermente.
-Ma senti…
Dico portando l’altra sua mano al suo petto, facendogli sentire il battito del suo cuore.
Non appena capisce spalanca gli occhi e mi guarda fisso, con la bocca semiaperta in cerca di un filo d’aria.
-Sono uguali.
Constata in un sussurro, leccandosi le labbra.
-Non so cosa ti stia succedendo, Stiles, né perché.
Gli dico, accarezzandogli il dorso di una mano.
-Ma sono sicura di una cosa…
Improvvisamente si sposta, circondandomi la vita con un braccio e attirandomi verso di lui, quasi facendomi perdere l’equilibrio.
Quando incontro nuovamente i suoi occhi non riesco a fare a meno di sorridere.
-Sta succedendo anche a me.

***

Il ritorno a scuola, per me, è come una boccata d’aria fresca dopo essere stati chiusi per ore in uno sgabuzzino. Anche se sono stata via con Stiles tutto sabato, la domenica l’ho dovuta passare rinchiusa in camera mia, dato che lui aveva da fare con Scott e Allison per andare a parlare con Gerard Argent. Mi sarebbe piaciuto andare con loro, ma poi ho convenuto fosse troppo rischioso uscire di casa per due giorni interi.
Ho passato in fremente attesa che le interminabili cinque ore di lezione mattutina finissero, prima di fiondarmi insieme alla riccia in mensa, dove ci stavano già aspettando tutti quanti.
Compreso Jackson.
Anche se adesso sto con Stiles non riesco a non sentire un fremito ogni volta che lo guardo. Non so perché, ma una parte di me lo desidera, tanto da farmi mancare il respiro quando il mio sguardo incrocia il suo. E’ come se un piccolo pezzo di me fosse rimasto comunque infatuato di Jackson, nonostante senta che amo davvero il mio ragazzo.
Pensare che il moro che ho atterrato la prima notte che ho trascorso a Beacon Hills sia diventato il mio fidanzato mi fa ridere, ma non riesco ancora ad abituarmi al fatto di essere legata a lui, dopo tanto tempo che sono stata un’anima libera.
Solo Allison e Scott per ora sanno che io e Stiles stiamo assieme e gli abbiamo chiesto di mantenere la cosa segreta, perché non vogliamo fare scalpore e, soprattutto, non voglio attirare l’attenzione nuovamente su di me, dopo che mi sono appena abituata alla mia nuova vita.
Mi siedo accanto a quella che è diventata la mia migliore amica qui e le stringo una mano sotto al tavolo, per poi puntare i miei occhi in quelli di Stiles, seduto davanti a me.
Non ho avuto occasione di salutarlo decentemente stamattina perché sono arrivata in ritardo e lui è stato anche troppo gentile ad aspettarmi fuori dalla mia classe per abbracciarmi e darmi un rapido bacio prima di accertarsi che mi presentassi a pranzo per parlare della loro visita ad Argent.
Gli sorrido leggermente, pero poi spostare la mia attenzione su Scott.
-Avanti, parla!
Lo esorto, dando voce agli occhi puntati su di lui.
L’Alpha sbuffa, poi fa una smorfia e guarda Allison.
-Non dovremmo parlarne in un posto più appartato?
Domanda infine, supplicandoci quasi.
Lydia sbuffa e rotea gli occhi, poi lo guarda con ironia.
-Scott, se non vuoi parlarcene tu, allora può dirci tutto la tua ragazza.
Propone, facendo arrossire Allison, che mi stringe più forte la mano.
-Io veramente…
-Okay, lo dico io!
Esclama alla fine Stiles, alzando le mani e facendo focalizzare l’attenzione del branco su di lui.
-Ieri pomeriggio siamo andati a fare visita a Gerard Argent nella casa di riposo dove è ricoverato. E’ nelle stesse condizioni in cui lo abbiamo lasciato a inizio estate e i medici non sanno spiegarsi a cosa si deva la fuoriuscita del liquido nero che ha, anche se noi tutti sappiamo a cosa si debba ciò.
Allison mi ha spiegato che suo nonno, malato di tumore, ha voluto essere morso da Derek per diventare un licantropo e quindi guarire. Purtroppo, però, non sempre il morso agisce su una persona nel modo in cui essa lo desidera e talvolta il corpo può addirittura rifiutare la trasformazione. Ciò è quello che è successo ad Argent.
-Quando noi gli abbiamo parlato del kanima e di ciò che sta facendo lui non si è mostrato sorpreso, al contrario. Nel bestiario degli Argent questa creatura è ampiamente citata e lui aveva già capito di cosa si trattasse. Tuttavia ha affermato di non essere il padrone di Jackson, anche se gli avrebbe fatto comodo.
Dice mimando le virgolette in aria.
Molti sbuffano spazientiti, gettando la testa all’indietro, io invece mi sporgo sul tavolo sgranando agli occhi.
-Cosa?!
Esclamo, non riuscendo a credere alle mie orecchie.
-Vi siete fidati cecamente delle parole di un vecchio pazzo?!
Domando incapace di credere che i miei amici possano essere stati tanto ingenui.
-No, ovvio che no, Azzurra.
Interviene Scott, schiarendosi la gola.
-Vedi, l’Alpha ha un potere particolare, che gli consente di vedere i ricordi di una persona quando mi collego con gli artigli al suo midollo spinale.
Mi spiega, facendo scattare fuori le unghie come delle lame e facendomi sobbalzare.
-Scott, tieni dentro le grinfie, siamo in mensa.
Lo rimprovera sibilando Lydia, ubbidita subito dal ragazzo.
Non ero a conoscenza di questa ulteriore abilità degli Alpha, dovrei aggiungerlo alla lista di cose inspiegabili che stanno capitando da due mesi a questa parte.
Mi sembra di sentire la mia sanità mentale fare le valigie e lasciarmi per sempre.
-Quindi tu hai osservato i suoi ricordi e hai visto che non poteva essere il padrone?
Domando assottigliando gli occhi per il sole che entra dalle grandi vetrate dello stabile.
-Esattamente.
Conferma Scott, provocando un ulteriore moto di sconforto nel branco.
Mi prendo la testa tra le mani, poi mi passo una mano tra i capelli respirando profondamente ad occhi chiusi. Non so se ritenerla una notizia positiva oppure no. Abbiamo perso un potenziale colpevole, ma almeno sappiamo che non abbiamo a che fare con uno psicopatico assetato di potere.
-E adesso?
Chiede Isaac, dando voce ai pensieri di tutti quanti.
-Credo che dovremmo concentrarci sullo scoprire chi sia questo Fernando Montenegro e capire se possa essere davvero implicato in quella faccenda.
Risponde Allison, intrecciando le dita con le mie.
-Beh, questo posso farlo io anche oggi subito dopo la scuola.
Si propone Stiles con un’alzata di spalle.
In questo istante suona la campanella e tutti si alzano, compreso il mio ragazzo, che segue Scott per farsi dare il nome esatto della persona su di cui deve cercare il fascicolo. Allison mi saluta con un cenno e sto per andarmene anche io, quando mi accorgo che qualcuno è rimasto seduto al tavolo.
Jackson.
Lo guardo giocare distrattamente con una posata che fa girare sul tavolo, appoggiato con un gomito sul ripiano e la testa ripiegata sulla mano. Non ha proferito parola per tutto il tempo e mi sembra abbastanza turbato. Forse è questo o forse il fatto che non sia ancora del tutto immune al suo fascino, ma mi avvicino a lui e mi siedo al suo fianco. I suoi occhi si alzano sui miei e sorride debolmente.
Sembra così vulnerabile ora, solo un ragazzo di sedici anni posseduto da uno spirito maligno più grande e forte di lui.
-Ehy.
Sussurra, lasciando cadere la posata.
Un groppo mi sale in gola e faccio fatica a rispondere.
-Ehy, come stai?
Chiedo piano, come se dovessi parlare a un animale spaventato.
-Beh…bene, credo.
Sospira e si morde un labbro, pensieroso e dilaniato dentro.
Vederlo così in conflitto con se stesso mi spinge a prendergli una mano con la mia e ad accarezzargliela piano, quantomeno per fargli capire che con me può parla senza avere paura.
-E’ solo che sono così strano, Azzurra. Sto malissimo.
Esplode poi, liberando in un fiume di parole tutto ciò che sta provando.
-Sono io che le uccido, ti rendi conto? Sono io che quando torno a casa devo lavarmi via il loro sangue dalle braccia, il volto, il petto. Io non le conosco nemmeno, non hanno fatto nulla di male. E’ orribile, Cristo!
Lascia la mia mano per passarsi le sue tra i capelli in un modo che esprime una sofferenza incredibile.
Vorrei solo stringerlo a me e dirgli che va tutto bene, che tutto si sistemerà. Eppure mentirei.
-Io…non ho scelto io il mio padrone, non ho scelto io di diventare un tale mostro! Non hai nemmeno idea di come io mi senta, se non mi rendessi conto di ciò che sto facendo mentre mi trasformo sarebbe cento volte meglio. Ma sentire le loro grida, la mia mente che urla al mio corpo di fermarsi e il mio corpo che si rifiuta di obbedirmi e che continua a straziarle, a seminare terrore…è terribile, il peggiore incubo che tu possa avere.
Il suo dolore è talmente forte che mi sembra di riuscire a palparlo nell’aria, e tutto ciò che riesco a fare è restare a guardarlo con gli occhi pieni di compassione e la bocca semiaperta.
-Troveremo un modo per liberarti da tutto ciò, Jackson.
Tento di rassicurarlo, sfiorandogli piano un braccio.
Lui però scuote la testa amareggiato, prendendo di nuovo la mia mano.
-Non vedi? A loro interessa solo perché sono ansiosi di sconfiggere l’ennesima creatura sovrannaturale, non gliene importa nulla di come mi senta io. Parlano di me come se nemmeno fossi presente.
Mi risponde, tracciando invisibili linee sul dorso della mia mano.
L’intensità dei suoi occhi mi fa dimenticare per un attimo di essere fidanzata con Stiles e la tentazione di abbassarmi a baciarlo è così forte che mi devo impiantare le unghie nella gamba.
-Magari non si accorgono di come tu ci stia male…
Tento di difenderli, sapendo lo stesso che sono indifendibili.
E’ vero, non si sono mai preoccupati della situazione di Jackson, forse nemmeno Lydia.
-Almeno ci sei tu, dai. Il mio piccolo miracolo.
Resto interdetta per un attimo a quelle parole, pronunciate con una dolcezza tale che mi fa sciogliere il cuore.
Pensare che forse io ho appena spezzato il suo mi fa sentire una merda.
-Il tuo cosa?
Chiedo, sperando di non aver capito bene.
-Il mio piccolo miracolo. Sei piombata nella mia vita portandomi un po’ di sollievo, perché non sei come gli altri. Hai visto che a te importa di me? A te importa di tutti, nessuno è più importante degli altri.
Resto a bocca spalancata, con la gola secca e il cuore a mille. Incapace di credere che in tre frasi ciò che sono veramente, ciò che altri hanno impiegato anni a capire.
Ciò che riesco a pensare ora è solo che ormai non c’è più nulla da fare, ma che sono inevitabilmente divisa.
Amo Stiles come non ho mai amato nessuno, ma anche Jackson è parte integrante di me e mi attrae a se come una calamita. Perché è tutto così complicato?
Mi avvicino lentamente al ragazzo e gli poso la testa sulla spalla, mentre le sue braccia mi cingono dolcemente i fianchi. Non c’è nessun secondo fine nel mio gesto, solamente è un modo per averlo più vicino, perché lui mi abbia più vicino.
-Promettimi che resterai al mio fianco in questa battaglia.
Mormora con la voce spezzata.
-Te lo prometto.
Riesco finalmente a dire dopo vari tentativi di ricacciare indietro le lacrime.

***

Avere casa libera il pomeriggio quando non ci sono compiti da svolgere è il massimo.
Potrei fare ciò che voglio, invitare mezza scuola per una festa, dare fuoco alla casetta degli attrezzi di Martin, allagare il bagno e usarlo come piscina…
Invece da qualche giorno ciò che mi attira più di ogni altra cosa è il garage sul retro della lavanderia, quasi mai usato dai piccioncini, che preferiscono quello vicino all’entrata. Per mia fortuna, oserei dire. Mi hanno infatti concesso di usarlo come meglio credo e io ho deciso di trasformarlo in una specie di salottino dove organizzare delle serate, spero tranquille, con i miei amici. Quindi ho iniziato a tirare fuori tutti gli scatoloni che ci trovo e catalogare i vari oggetti come salvabili o da gettare nella spazzatura. E’ in questo modo, tra le altre cose che ho trovato l’attrezzatura da lacrosse per Stiles e la vecchia polaroid. Adesso ho deciso di spostare la mia attenzione sulle scatole impilate su una struttura metallica rossa simile ad una gigantesca libreria, solo ricolma di polvere e ferro vecchio.
Dopo alcuni tentativi di trovare qualcosa di interessante da rivendere da qualche parte in modo da tirare su un gruzzoletto che mi servirà per acquistare i mobili da mettere qui dentro, mi capita tra le mani una scatola di biscotti di quelle che solitamente trovi piene di aghi, rocchetti di filo e bottoni. Sicura di fare un altro buco nell’acqua la apro e rimango a fissarne il contenuto con la bocca aperta.
E’ piena di fotografie, polaroid ad essere precisi.
La carta è consunta e ingiallita e i colori leggermente sbiaditi, ma riconoscerei il viso del ragazzo che ho di fronte ovunque.
E’ Martin.
E queste sono le fotografie che ha scattato con la Polaroid che ora sto utilizzando io. Chiudo velocemente la scatola arrossendo, cercando di frenare la curiosità che mi spinge a curiosare sempre tra le cose degli altri. Appoggio la scatola il più possibile lontano da me e mi avvicino nuovamente agli scaffali. Mi blocco improvvisamente, portando nuovamente la mia attenzione sul suo coperchio colo petrolio, poi con due passi la raggiungo e inizio a scorrere le fotografie. E’ incredibile come non sia cambiato quasi per nulla durante gli anni. Le immagini portano tutte la data e sono risalenti agli anni ottanta, quindi sono passati più di trent’anni, eppure la luce nello sguardo di quell’uomo è rimasta la stessa.
Maliziosa, a tratti maligna.
Prepotente e arrogante.
Lascio cadere nella scatola la foto che lo ritraeva con un ragazzo vestito con la maglietta da lacrosse della scuola, poi mi blocco ad osservare una fotografia. C’è lui, in piedi davanti ad una struttura circolare che si apre in alto, che sta abbracciando una ragazza parecchio più bassa, con indosso un abito blu notte ad una spallina sola. I suoi lunghi capelli rossi svolazzano nella brezza proveniente dal mare vicino e guarda Martin con una specie di adorazione. Poi un flash di immagini mi scorre davanti agli occhi, mentre risento dentro la mia testa la voce di Scott che descrive le ragazze uccise.
Rimango boccheggiante ad osservare la fotografia e la data che riporta scritta sopra, mentre sento il cuore scalpitarmi in petto e un urlo di terrore che mi muore in gola.
1986.
Esattamente trent’anni fa, quando Martin aveva appena compiuto vent’anni.
Posso scommettere una mano che la ragazza che sta abbracciando si chiamava Elizabeth Harley e che non avesse idea che dopo qualche tempo sarebbe stata vittima di un mancato omicidio.

   
 
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