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Autore: Agapanto Blu    18/12/2016    1 recensioni
[EmiMiche/MichEmil]
***
“Non sei discreto, Mickey. Per niente.” Sara si tranne a malapena dall’alzare gli occhi al cielo a suo fratello. Aveva la sensazione che le sarebbero finiti così indietro nel cranio da non tornare più indietro.
***
Quando Emil manda un messaggio alla sua cotta Italiana dicendo che è nervoso per la sua prossima performance nella sua città di origine, Michele assolutamente non prende il primo volo per nascondersi in un bar scadente subito fuori la pista di pattinaggio per guardare l'altro in TV. Semplicemente passava di lì per caso, d'accordo?
Sara non ha più tutta questa pazienza.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Emil Nekola, Michele Crispino, Sara Crispino
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Dal Tumblr di Agap'
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Zerbino



“Oh, andiamo!”

“Non sei discreto, Mickey. Per niente.” Sara si tranne a malapena dall’alzare gli occhi al cielo a suo fratello. Aveva la sensazione che le sarebbero finiti così indietro nel cranio da non tornare più indietro.

Michele, l’imbecille patentato, voltò la testa verso di lei di scatto e la fulminò con un’occhiataccia, ma solo per un secondo prima di tornare a fissare la TV all’angolo in alto del piccolo café dove l’aveva trascinata. E onestamente, la sua scusa di voler spendere un po’ di tempo insieme alla sorella e lontano dagli altri pattinatori — che secondo lui avevano tutti una cotta per lei — poteva essere credibile solo fino ad un certo punto se tutto ciò cui lui prestava attenzione era la competizione di pattinaggio artistico trasmessa sullo schermo.

Il pattinatore in onda al momento finì il proprio pezzo, perfetto, e si inchinò al pubblico. Si affrettò a lasciare la pista e i giudici annunciarono il prossimo partecipante. Michele saltò visibilmente sulla sedia, e le sue mani ne afferrarono la seduta con tanta forza da far sbiancare le nocche.

Le parole dei commentatori erano completamente incomprensibili per entrambi, ma il nome “Emil Nekola” era abbastanza familiare da permettere loro di coglierlo nel mezzo della frase.

Sarah sbirciò l’espressione corrucciata e concentrata del fratello e prese un grosso morso dalla propria brioche, stando attenta che il suo volto mostrasse effettivamente tutta l’irritazione che stava provando. “Lo sai che a quest’ora noi potremmo essere, non so, alla pista? Potresti addirittura già essere al Kiss and Cry, se non fosse per la tua stupida fase di dinieg-”

La mano di Michele atterrò sulla sua bocca, riuscendo a farla tacere e anche ad attirare su di loro un po’ di sguardi confusi e vagamente accusatori. Il ragazzo si affrettò a lasciarla andare quando un uomo grosso e muscolo dal bancone iniziò a farsi scrocchiare le nocche minacciosamente.

Sara si morse il labbro inferiore nello sforzo epico di trattenere la propria risata, ma gli angoli della bocca le si arricciarono comunque in un ghigno.

“Ti odio,” Michele ringhiò, incrociando le braccia sul tavolo e posandovi la testa sopra per tornare a guardare lo schermo, lì dove Emil aveva ormai raggiunto il centro della pista e stava salutando il pubblico della sua città natale. “E smettila di parlare inglese, la gente ti capisce.”

Sara voltò la testa verso di lui con la più incredula espressione che le riuscisse, le sopracciglia così alte da quasi sparire nei capelli. “Credi davvero che farti tutto il volo dall’Italia a qui, sedere in un bar di fronte alla pista, zittire chiunque ogni volta che il nome di Emil viene pronunciato da qualcuno e guardare una gara commentata in Ceco, di cui non conosci una parola a morire, solo perché lui ti ha mandato un messaggio dicendo che non era molto convinto della sua routine, non sia abbastanza palese di per sé?!”

Ma era troppo tardi. La musica di Emil era già cominciata e tutto ciò di cui Mickey la degnò fu un offeso “Shhh!” senza nemmeno voltarsi a guardarla, gli occhi incollati allo schermo. 

Le labbra le si tirarono in una linea rigida prima che lei rubasse la cosa briochosa — non aveva idea di quale fosse il nome, ma non le importava — dal piatto del fratello e ne strappasse un morso enorme. Se all’idiota piaceva sbavare dietro ad un ragazzo che era praticamente già in ginocchio ai suoi piedi, perfetto, libero di farlo! Ma che non andasse a lamentarsi da lei perché Sara stava provando a farli mettere da mesi ormai!

“Michele Crispino, sei assolutamente ridicolo.”

Michele non si accorse nemmeno dell’insulto. Non che lei si fosse aspettata diversamente.

Il suo telefono giaceva innocuo sul tavolo.

***

Emil non era sicuro della sua nuove routine, per nulla, da…mai. L’aveva messa insieme con l’aiuto del suo allenatore e con il proposito di portarla al prossimo Grand Prix e obiettivamente si trattava di una buona routine, con una discreta difficoltà ma nulla dell’eccesso che gli aveva costato la qualificazione l’anno prima. La musica era carina e i salti erano cuciti insieme con grazia, ma ancora gli sembrava… ugh. Era buona, sembrava buona, ma lui non la sentiva bene.

A Emil non piaceva pattinare quella routine; così tanto che quel mattino, fra una nevrotica visita al bagno e un’infinita serie di riscaldamenti e camminate avanti e indietro, aveva fatto l’impensabile e scritto a Michele Crispino riguardo la cosa. Michele Crispino. La sua non corrisposta, cieca come tutto, senza speranza ma dio così sexy, cento per cento made in Italy, cotta.

Che razza di idiota fa una cosa del genere?!

Ovviamente, non aveva ricevuto risposta, ma si era immaginato la faccia di Mickey, l’espressione schiacciata a mo’ di spaventoso bullo di strada mentre gridava imprecazioni in italiano, e si era in qualche modo un po’ rilassato.

Più o meno quando il pattinatore prima di lui era a metà routine, il suo telefono era squillato. Emil si era quasi sciolto sotto l’occhiata furente del suo allenatore e si era affrettato ad afferrarlo dalla borsa per spegnerlo.

Era come un suo personale potere da supereroe, ormai, ma la sua mente registrò il nome Crispino sullo schermo senza che lui lo leggesse veramente e immediatamente aveva già il messaggio aperto.

Gemello sbagliato, purtroppo.

Da: Sara Crispino. 

Testo: Mi devi duecento euro e sei ore della mia vita tra check in e volo ad un’ora indecente che manco so se fosse notte o mattino, Emil. Prego. [File allegato.]

Emil sgranò gli occhi quando la foto finì di caricare per mostrare il profilo di un bellissimo Michele, lo sguardo puntato verso qualcosa in alto di fronte a lui, con la luce del mattino che gli cadeva addosso dalla finestra che appariva sullo sfondo. I capelli spettinati da quello che doveva essere stato un volo improvviso e le labbra semi-aperte, quegli occhi viola a malapena visibili attraverso e palpebre socchiuse e la pelle abbronzata in un meraviglioso contrasto che il cielo azzurro e…

Controllati, Emil! Non puoi andare sul ghiaccio con la bandiera a mezz’asta.

Prese un respiro profondo, dando fine ad ogni riserva di autocontrollo che possedesse, prima di dare un’altra sbirciatina alla foto. L’avrebbe salvata in una cartella protetta del suo telefono.

Un altro suono, un altro messaggio. Il coach lo avrebbe ucciso, ma lui controllò comunque.

Da: Sara Crispino

Testo: Muovi il culo e fai quello che devi prima che muoia di autocombustione. Ah, e siamo al bar di fronte al palazzetto: portami del cavolo di caffè decente prima che ammazzi qualcuno. Nella fattispecie, il tuo futuro marito.

Sorrise.

***

“Che cazzo sta-? Cosa?! COSA?! Che cos’era quello?! Sara, l’hai visto?! Che cazzo sta cercando di fare?! Ma è umano davvero?!”

Sara si era decisa a lasciare che il continuo sfogo di suo fratello le entrasse da un orecchio per uscire dall’altro, completamente ignorato, dopo il decimo complimento offeso che lei era stata costretta a sentirgli pronunciare. Tanto Michele era troppo occupato ad afferrare la sedia, il tavolo, l’argenteria, la sua mano e quello le avrebbe lasciato un fottuto livido dannazione, per notare di averla persa.

Aveva finito la colazione di suo fratello, quindi era finalmente tornata a mangiare la propria — ma non era altrettanto buona quando il cibo rubato, quella era una regola — e la sua espressione blanda le aveva fatto guadagnare l’attenzione curiosa e un po’ divertita della loro cameriera.

Michele sobbalzò quando Emil tentò un quadruplo Salchow e sbuffò pesantemente quando atterrò perfettamente. Sibilò quando Nekola mancò una combinazione e masticò un’imprecazione che gli avrebbe fatto guadagnare una bella strigliata se la loro nonna lo avesse sentito. Sara la catalogò assieme a tutti gli altri segreti ‘da ricatto’ nella sua mente.

Tutto sommato, Emil andò bene. Aveva fatto qualche errore, ma aveva completato la sua routine con entusiasmo e un gran sorriso sulla bocca. Quando arrivò la fine, mandò baci a tutti sugli spalti.

“Ma che cazzo?” Michele era tornato a corrugare la fronte, di già. “E diceva di non essere convinto! Lo prendo a calci in culo appena lo vedo!”

“Certo che lo farai, Michele Zerbino.”

“Che cosa hai detto?!”

“Nulla!” La voce civettuola di Sara e il suo sorriso smagliante erano qualcosa da temere, Michele decise. Doveva davvero imparare a non cascarci più, e in fretta se non voleva finire nei guai. Magari sua sorella aveva avuto ragione quando diceva che avevano bisogno di diventare più forti separatamente. “Oh, è l’amico di Emil!”

Cazzo, Michele si era perso il Kiss and Cry e il punteggio per fulminare sua sorella. Imprecò sottovoce, quindi incrociò le braccia e procedette a fulminare con lo sguardo il pattinatore ora sul ghiaccio. Un amico di Emil, uh? Al Crispino non piaceva. Sembrava un’arrogante borioso.

“Mickey, piantala di guardar male la TV, stai spaventando il proprietario.”

“C’è qualcosa che un uomo possa fare senza che sua sorella lo tormenti per questo?!” esclamò, gettando le braccia in aria con esasperazione. Sara non sembrò colpita, quindi con un broncio notevole cercò di prendere la propria colazione. Se non fosse che questa non c’era più. “Sara!”

“Tanto non l’avresti mangiata comunque! Eri troppo preso a sbavare dietro Emil!”

“Sbavare dietro a E-…! Non stavo-! Io non sono-! Non stavo sbavando! Decisamente non l’ho fatto!” Si alzò in piedi prima che sua sorella potesse ribattere. “Vado a prendere qualcos’altro da mangiare! Tu stai qui e…uh…non parlare con gli estranei! Li gonfio di botte!”

“Quanti anni ho, tre?” ma Michele stava già andando. Sara lo guardò con la testa premuta su un pugno chiuso e sospirò. Voltando lo sguardo pigramente sulla porta d’ingresso del bar, sorrise nel notare, attraverso i vetri di questa, la figura di un certo pattinatore che, con appena un giaccone gettato malamente sulle spalle, tentava di attraversare la strada prima che il coach alle sue spalle potesse agguantarlo. “Fate proprio una bella coppia di squilibrati, eh?” Ridacchiò tra sé e sé quando Emil notò il loro tavolo e si illuminò come un cavolo di albero di Natale la notte della Vigilia.

Oh be’, meno male che il matrimonio gay era legale, in Italia, no?

  
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